Informarsi su HIV e AIDS: prevenzione, test e centri specializzati
In occasione della giornata mondiale contro l’AIDS, riprendiamo alcuni concetti basilari su HIV e AIDS per difenderci al meglio da questa malattia.

La giornata mondiale contro l’AIDS è stata istituita nel 1988, la prima giornata mondiale dedicata a un tema di salute. Si svolge il 1° dicembre di ogni anno per sensibilizzare e educare la popolazione su questa malattia infettiva, ma anche per esprimere solidarietà con i malati e commemorare tutti coloro che sono morti a causa sua - più di 35 milioni in totale - in quella che può essere definita una delle pandemie più distruttive della storia.
Anche se oggi sappiamo finalmente come prevenirla e curarla, non c’è ancora una terapia per guarire definitivamente e nel mondo molte persone malate non hanno ancora accesso ai farmaci necessari. Continuare a informare la popolazione, per prevenire il più possibile l’infezione da virus HIV, che è alla base della malattia, è quindi estremamente importante. In Italia ogni anno si registrano centinaia di nuovi casi: secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia nel 2022 ci sono state 403 nuove diagnosi di AIDS e 1888 nuove diagnosi di infezione da HIV, vale a dire circa 3 nuovi casi ogni 100.000 persone, poco al di sotto della media europea. Si tratta perlopiù di soggetti giovani, nella fascia d’età 25-39 anni.
In occasione della giornata mondiale vogliamo tornare sul tema per chiarire alcuni dubbi di fondo e dare alcune informazioni su come proteggersi e come proteggere gli altri.
Torna all'inizioCosa sono HIV e AIDS
Oggi non si parla più di HIV e AIDS quanto un tempo ed è possibile che alcuni concetti di fondo non siano così chiari, cosa che è testimoniata dalle molte ricerche su cosa siano l’HIV, l’AIDS e in cosa consista la loro differenza.
HIV è l’acronimo inglese per human immunodeficiency virus, che in italiano è tradotto come virus dell'immunodeficienza umana. Questo virus, quando penetra nell’organismo, attacca alcune specifiche cellule del sistema immunitario indebolendo progressivamente le naturali capacità di difesa da molte malattie. La persona infetta mantiene il virus in circolo, anche se sviluppa nel sangue particolari anticorpi, che però non sono protettivi e che possono essere individuati con un test specifico: motivo per cui le persone infette si dicono anche “sieropositive” o, più correttamente, “sieropositive per HIV”. All’inizio e magari per un lungo periodo, l’infezione non dà sintomi evidenti e si sta bene, ma è possibile infettare gli altri.
AIDS è la sigla in inglese di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita ed è la conseguenza, a distanza anche di molto tempo, di un’infezione da HIV non curata con farmaci antivirali. Per colpa dell’HIV non trattato, la persona inizia a sviluppare tumori e infezioni rare (di cui non soffrono di solito le persone sane) chiamate “opportunistiche”, perché il virus dà loro “l’opportunità” di diffondersi e di prendere il sopravvento, che sono la spia di una probabile immunodeficienza. L’AIDS è una malattia grave, letale, per cui non esiste una cura definitiva, anche se da qualche anno è disponibile una terapia farmacologica che ne ha migliorato la sopravvivenza.
HIV è quindi il nome del virus, mentre AIDS è il nome della malattia causata dall’infezione. Essere sieropositivi, cioè positivi per HIV, significa essere stati infettati dal virus.
Torna all'inizioÈ davvero così facile contrarre l’HIV?
Il rischio di infettarsi dipende da molte variabili non esattamente quantificabili come, per esempio, dalla quantità di virus presente nel sangue o nelle secrezioni genitali di una persona, che è massima nelle prime settimane dopo l’infezione, spesso quando una persona non può sapere di essere stata infettata. Al contrario, il rischio diminuisce fino ad azzerarsi nelle persone in terapia antiretrovirale continua, se seguita correttamente, in quanto elimina quasi totalmente la presenza del virus nel sangue (pur non significando una guarigione, in quanto se si sospende la terapia, il virus riprende a replicarsi).
Come si trasmette l’HIV
L’HIV può essere trasmesso solo da persone infette da HIV che non sanno di aver contratto il virus o che non stanno facendo una terapia antiretrovirale efficace. Può essere trasmesso anche da chi già ha la malattia vera e propria, cioè l’AIDS. La trasmissione è possibile solo attraverso il contatto con alcuni liquidi biologici delle persone infette e solo se penetrano nell’organismo, attraverso rapporti sessuali, ferite e lesioni di cute o mucose. Gli unici liquidi biologici pericolosi sono lo sperma e le secrezioni vaginali, il sangue e i suoi derivati e (più raramente) il latte materno.
Ci si può contagiare nei modi seguenti:
1) rapporti sessuali (anche attraverso sesso orale), questa è la modalità più frequente: ci si può contagiare tramite rapporti sessuali senza preservativo, sia eterosessuali, sia omosessuali. Oltre ai rapporti vaginali, i rapporti anali sono particolarmente a rischio. Senza il preservativo sono a rischio anche i rapporti orali sui genitali maschili, se c’è contatto del liquido seminale con la bocca, dove spesso ci sono piccole lesioni. La stimolazione dei genitali femminili con la lingua è a rischio solo se ci sono lesioni sanguinanti (o mestruazioni) o lesioni sulle mucose di entrambi i/le partner. Il rischio di infettarsi con l’HIV facendo solo sesso orale è quindi basso, ma non è pari a zero. Inoltre, il sesso orale senza preservativo mette a rischio di contrarre altre infezioni sessualmente trasmesse come il papillomavirus (HPV), la sifilide e l’herpes genitale, che possono essere presenti contemporaneamente all’infezione da HIV. La masturbazione reciproca non è invece a rischio;
2) attraverso il sangue con lo scambio di siringhe e aghi già usati da una persona infetta per iniettare sostanze endovena, oppure con tatuaggi e piercing eseguiti con strumenti non sterilizzati. In passato e ancora in alcuni paesi con poche risorse, la trasfusione era un metodo di trasmissione importante, ma fortunatamente ora in Italia ed Europa le donazioni sono molto controllate e negli ultimi 25 anni non si sono più verificati casi di trasmissione con trasfusioni di sangue, plasma e altri derivati. Anche gli operatori sanitari possono infettarsi se vengono in contatto tramite mucose o ferite con sangue o strumenti acuminati contaminati da poco;
3) dalla madre al bambino durante la gravidanza, il parto e l’allattamento: tuttavia il rischio è molto ridotto se la donna inizia il prima possibile ad assumere la terapia antivirale durante la gravidanza (o da prima) continuando ad assumerla regolarmente.
Quali sono le situazioni a rischio e quali no
Le situazioni più a rischio riguardano in ogni caso i rapporti non protetti con persone che non si conoscono bene e che potrebbero essere positive e laddove il rapporto coinvolga zone particolarmente soggette a piccoli traumi e ferite, che facilitano l’ingresso del virus, come quelli anali ricettivi. Anche un singolo rapporto senza protezione può bastare, anche se la probabilità di contagio è bassa ed è stata calcolata intorno al 1.3% per chi “riceve” un rapporto anale, mentre è dello 0.08% per la donna e dello 0.04% per l’uomo durante un rapporto vaginale.
Il rischio di infettarsi pungendosi casualmente con una siringa usata abbandonata con un qualche goccia di sangue è praticamente inesistente, perché fortunatamente il virus si inattiva rapidamente – cioè “muore” - nell’arco di pochi minuti quando esposto all’ambiente. In questo caso, si corre un rischio maggiore per i virus dell’epatite B e C, che sono molto più resistenti ai fattori ambientali e che sono un rischio importante anche per tutte le procedure chirurgiche con strumenti non sterilizzati o monouso. In Italia anche i dentisti sono tenuti alla sterilizzazione degli strumenti utilizzati o all’utilizzo di strumenti monouso e quindi le cure dentistiche da un professionista sono sicure. Non esiste neanche il rischio di trasmissione tramite punture o morsi di zanzare e altri insetti.
Situazioni non a rischio
Fortunatamente è certo che la trasmissione del virus non è possibile durante rapporti sociali con sieropositivi o malati di AIDS perché il virus non c’è nel sudore, nelle lacrime, nelle urine e nelle feci. Ciò significa che non c’è rischio nello stringere la mano, toccarsi, abbracciarsi, baciarsi, respirare vicino, mangiare insieme, condividere il bagno o la piscina con una persona infetta e neppure mangiare cibo preparato da chi ha l’infezione o anche la malattia. Il virus non sopravvive sulle superfici e quindi non sono a rischio maniglie, tavoli, posate, bicchieri, asciugamani condivisi. In generale, più per il rischio di altre infezioni differenti da HIV, è però sempre meglio evitare la condivisione di oggetti personali e lavarsi le mani dopo essere stati in bagno e dopo aver frequentato spazi pubblici.
Torna all'inizioPrevenzione dell’infezione
La protezione più semplice ed efficace per chi potrebbe avere rapporti a rischio è l’utilizzo del preservativo (o profilattico), che dovrebbe essere usato sempre, fin dall’inizio. Da qualche anno anche le persone non infette che hanno rapporti a rischio o con persone sieropositive o malate, hanno la possibilità di fare una profilassi, cioè di diminuire il rischio di infettarsi, utilizzando gli stessi farmaci che assumono i pazienti. Se si ha un partner che sappiamo essere sieropositivo, la migliore protezione è che lui inizi il prima possibile una terapia antiretrovirale che, con un utilizzo continuativo e costante, potrà renderlo non più infettivo, oltre ad evitare che l’infezione o la malattia peggiorino: in tal caso il preservativo non sarà più strettamente necessario.
L’importanza del preservativo
Esistono tanti tipi diversi di preservativi, ma la cosa più importante è che il preservativo sia della giusta misura, non scaduto e attentamente conservato. Va usato fin dall’inizio del rapporto e alla fine del rapporto deve essere sfilato senza rovesciarne il contenuto. Se è necessario un lubrificante, si possono usare quelli a base di acqua o di silicone e non quelli grassi (tipo vaselina, burro o creme), perché questi ultimi danneggiano il preservativo, che può rompersi più facilmente.
Particolare attenzione per le donne
I dati sulle percentuali di rischio dei rapporti vaginali dimostrano che le donne hanno più probabilità di contrarre il virus da un partner infetto: quindi, è importante che insistano perché il partner usi il preservativo, laddove questo non sia d’accordo. Esiste anche un preservativo per le donne, che in Italia è meno usato, ma che si può trovare in alcune farmacie, sexy shop e sul web. Si tratta di una guaina morbida, resistente e trasparente, che si inserisce nella vagina prima di un rapporto sessuale e che copre il collo dell’utero, le pareti vaginali e una parte della vulva: è efficace quanto il preservativo maschile.
La profilassi farmacologica
Esistono due tipi di profilassi, da usare in situazioni diverse:
1) La PreP - Profilassi Pre Esposizione - consiste nell’assumere per bocca prima dei rapporti sessuali a rischio una combinazione di farmaci attivi contro l’HIV (farmaci antiretrovirali), racchiusi in un’unica compressa. L’assunzione va quindi programmata in anticipo. In Italia esiste da pochi anni e il protocollo più diffuso comporta l’assunzione di una compressa tutti i giorni nel caso si preveda di avere regolarmente rapporti a rischio oppure due compresse da 2 a 24 ore prima del singolo rapporto sessuale a rischio, seguite da un’altra compressa a 24 ore di distanza dalla prima assunzione e infine da un’altra compressa dopo altre 24 ore. È una terapia che ha effetti collaterali e che non può essere fatta da soli, né prescritta dal medico di famiglia, ma deve essere valutata insieme allo specialista infettivologo in un Centro per le infezioni sessualmente trasmissibili. Informazioni più approfondite su indicazioni, modalità di assunzione ed efficacia sono disponibili sul sito di Lega italiana per la lotta contro l’AIDS.
2) La PPE o PEP - Profilassi Post Esposizione - si può invece utilizzare in situazioni di emergenza e deve essere iniziata il prima possibile dopo un rapporto a rischio e comunque entro 48-72 ore e poi proseguita per 4 settimane. Il rapporto è a rischio quando il partner è infetto e non in terapia; quando ci sono motivi validi per sospettarlo e non si è usato il preservativo; oppure, se il preservativo si è rotto; infine, in caso di violenza sessuale e nel caso di esposizione professionale a sangue infetto. La valutazione della necessità e della eventuale prescrizione dei farmaci necessari deve essere fatta da un Medico di Pronto Soccorso o di un Centro per le infezioni sessualmente trasmesse e, di solito, richiede l’assunzione quotidiana di più compresse, per lo più ben tollerate. La profilassi è molto efficace ma non al 100% e quindi è importante essere controllati durante e dopo la sua assunzione.
Torna all'inizioTest HIV e AIDS: come funzionano
L’infezione da HIV può non dare sintomi che, quando ci sono, sono vaghi e non specifici. Se c’è il dubbio di essersi contagiati non è possibile fidarsi della presenza o meno dei sintomi e bisogna fare il test specifico, nei tempi giusti. Il virus HIV può poi rimanere silenzioso molto a lungo (anche 8-10 anni), continuando a replicarsi nell’organismo e potendo essere trasmesso ad altri. La diagnosi di AIDS viene fatta quando, in presenza di test positivo all’HIV, un particolare tipo di cellule immunitarie, i linfociti CD4, scendono sotto i 200 per microlitro di sangue, rendendo così possibili infezioni generali e opportunistiche. Sul sito di HelpAIds della regione Emilia Romagna si può approfondire quali solo le varie fasi della malattia e quali patologie comporta l’AIDS.
Test HIV
Esistono vari tipi di test dell’HIV:
- Test ELISA (sigla che indica una particolare metodica di laboratorio), sono i più diffusi e rilevano nel sangue gli anticorpi, purtroppo non protettivi, che vengono prodotti dall’organismo dopo il contatto con HIV. È fondamentale però sapere che sono test che diventano positivi solo dopo 3 mesi dal comportamento a rischio - il cosiddetto “periodo finestra”, in cui l’infezione c’è ma non è rilevabile con il test - e che è inutile e fuorviante farli prima. Se si è fatta una Profilassi Post Esposizione, nei pochi casi in cui non ha funzionato, il periodo finestra può ulteriormente allungarsi
- I test Combinati (o ELISA di quarta generazione) rilevano, oltre agli anticorpi anti-HIV, anche una particolare proteina (l’antigene P24), che compare nel sangue più precocemente: infatti, questi test si possono fare già dopo 30-40 giorni dal comportamento a rischio. Un “periodo finestra” seppur più breve, esiste sempre.
- I test rapidi sono più recenti e meno diffusi. Il nome può trarre in inganno: la rapidità si riferisce solo al fatto che l’esito si vede dopo pochi minuti dall’esecuzione dell’esame, mentre negli altri due casi sarà necessario aspettare i tempi delle analisi e della refertazione. Possono essere fatti, oltre che sul sangue, anche sulla saliva (e raramente sulle urine): possono essere di tipo ELISA o Combinati e hanno gli stessi periodi finestra di quelli tradizionali.
- Autotest: sono acquistabili in farmacia senza ricetta, a un prezzo intorno ai 20-25 €. Si fanno su una goccia di sangue dal polpastrello oppure su un campione di saliva. Sono attendibili ma, in caso di positività, devono essere confermati da un test in laboratorio ELISA di quarta generazione.
Dove fare il test dell’HIV
I test di screening sono gratuiti e anonimi se eseguiti nei Centri per le malattie sessualmente trasmesse e anche in strutture di volontariato, ma possono essere eseguiti anche in laboratori pubblici e privati, pagando solo il ticket se c’è una prescrizione medica. Il test di screening è gratuito e consigliato per tutte le donne in gravidanza, anche se non a rischio e ne hanno diritto anche gli stranieri con o senza permesso di soggiorno. Per saperne di più, è possibile consultare il sito della propria regione o dell’Asl di appartenenza, oppure consultare il sito della Rete AIDS coordinata dall’ISS per trovare i numeri di telefono utili per informarsi su dove fare il test.
Test AIDS
Per capire se una persona ha l’AIDS e cioè un’infezione da HIV che sia proseguita fino a dare la malattia, si usano gli stessi test dell’HIV. Se sono positivi, si procede poi alla conta dei linfociti CD4 (che nell’AIDS scendono di solito sotto i 200 per microlitro di sangue) e alla quantificazione della carica virale, per avviare e monitorare la terapia, oltre ad altri esami per valutare la gravità della malattia.
Torna all'inizioA chi rivolgersi e terapie disponibili
Grazie alle recenti terapie antivirali l’infezione da HIV si è trasformata da una malattia che portava sempre ad AIDS e a morte, in una malattia cronica con un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale. Questo è possibile solo se la terapia è iniziata precocemente e continuata correttamente per tutta la vita.
Le strutture a cui rivolgersi
Le terapie e tutti gli esami necessari ai pazienti sieropositivi sono prescritti gratuitamente dagli ambulatori dei Centri per le Infezioni Sessualmente Trasmissibili o IST (una volta chiamate Malattie Sessualmente Trasmesse o MST) e negli ospedali con reparti di Malattie infettive: l’elenco è disponibile sui siti delle diverse regioni e anche sul sito della ReTe AIDs coordinata dall’ISS, dove è disponibile un elenco aggiornato dei centri di cura con indirizzi, orari e numeri di telefono.
Per la Profilassi Pre Esposizione è necessario rivolgersi ai Centri per le Malattie Sessualmente Trasmissibili per avere la prescrizione da parte di uno specialista infettivologo, previa l’esecuzione del test HIV e di alcuni altri esami. I centri sul territorio italiano sono sparsi in modo disomogeneo, con alcune regioni che offrono molti ambulatori e altre che ne offrono molto pochi.
In caso non ci sia un centro vicino alla propria residenza, è possibile anche rivolgersi al servizio a distanza di Teleprep di LILA Milano: dopo aver prenotato un colloquio conoscitivo on line un infettivologo potrà prescrivere a distanza gli esami necessari e successivamente la PrEP.
Per la Profilassi Post Esposizione dopo un rapporto a rischio bisogna invece recarsi in Pronto Soccorso segnalando il problema e chiedendo di parlare con il medico infettivologo di turno, oppure rivolgersi al medico di un Centro per le Infezioni Sessualmente Trasmesse.
Gratuità delle cure ed esenzione dal ticket
L’infezione da HIV dà diritto, su certificazione di uno specialista, di ottenere una specifica esenzione dal pagamento del ticket per le malattie croniche, l’esenzione E020 che, oltre alle terapie, copre con scadenza illimitata tutte le prestazioni sanitarie appropriate per il monitoraggio della malattia, le sue complicanze e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti.
La Profilassi Post Esposizione, successiva ai rapporti a rischio, è gratuita, così come la Profilassi Pre Esposizione, che è stata introdotta gratuitamente nelle regioni italiane nel 2023 (seppur a macchia di leopardo).
La terapia antivirale
Oggi sono disponibili più di 20 farmaci antivirali per l’HIV, chiamati anche antiretrovirali o ARV, che contrastano la replicazione del virus e che hanno diversi meccanismi d’azione. Fra i farmaci più usati ci sono emtricitabina-FTC, lamivudina-3TC, abacavir, tenofovir, nevirapina, che hanno diversi nomi commerciali e possono già essere combinati nella stessa compressa.
La terapia prevede l’uso di più farmaci contemporaneamente, a seconda della situazione clinica individuale. Ciò significa che è necessario assumere quotidianamente più compresse e che bisogna seguire scrupolosamente le dosi e i tempi prescritti, perché saltare dosi o interrompere la terapia può addirittura peggiorare la situazione, rendendo il virus rapidamente resistente ai farmaci. La resistenza è purtroppo un rischio noto anche se c’è un’assunzione corretta ed è anche per ridurlo che si utilizzano insieme più farmaci con meccanismi diversi d’azione.
La terapia va monitorata non solo per gli effetti collaterali, ma anche per verificare ciclicamente la carica virale, perché quando la carica diventa non più rilevabile (Undetectable-U) significa che non c’è più rischio di contagiare gli altri (Untrasmittable-U), né che la madre trasmetta il virus al feto, anche se il virus non è mai eliminato del tutto. Si usa la formula U=U per esprimere che se la carica virale non è rilevabile, il rischio di trasmissione dell’HIV è nullo.
Torna all'inizioEsiste un vaccino contro l’HIV e l’AIDS?
Purtroppo, un vaccino per prevenire l’HIV ancora non esiste, nonostante molti tentativi falliti. I motivi sono vari, anche se il principale sta nella capacità del virus di mutare continuamente, sfuggendo così alle difese immunitarie, insieme alla capacità di nascondersi integrandosi nel DNA dei linfociti e di altre cellule immunitarie.
Si porta avanti anche lo studio di vaccini terapeutici, come quello che ha impiegato la proteina TAT, per ridurre il serbatoio di virus latente nascosto nell’organismo, di solito inattaccabile dalla sola terapia antiretrovirale, allo scopo di rallentare ulteriormente la progressione della malattia.
Nuove promettenti strategie riguardano la possibilità di stimolare linfociti B “vergini” a produrre “anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro”, che oggi sono spontaneamente prodotti, anche se tardivamente, dal 10% circa delle persone infettate e anch’essi già usati come farmaci complementari della terapia antivirale classica.
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