Farmaci: tutto quello che devi sapere
Come si riconoscono i farmaci? Come si assumono? Se ho una reazione avversa, cosa posso fare? Quanto e quando devo pagare? È vero che i generici funzionano tanto quanto gli originali? Cosa sono i biosimilari di cui sempre più spesso si sente parlare? Ecco le risposte ai dubbi più frequenti.

Il termine farmaco deriva dal greco phármakon, parola che racchiude in sé il duplice significato di “rimedio” ma, allo stesso tempo, quello di “veleno”. Ebbene sì, perché essendo una sostanza di natura chimica o biologica, oltre ad esercitare una funzione terapeutica, non dobbiamo dimenticarci che non è esente da reazioni avverse; va assunto seguendo le indicazioni di un operatore sanitario o riportate nel foglio illustrativo; va conservato e smaltito adeguatamente. Insomma, bisogna essere consapevoli di quanto sia importante farne un uso corretto. Inoltre, non dimentichiamoci che è un prodotto peculiare e soggetto ad una regolamentazione molto strutturata e ben diversa da quella di integratori, cosmetici, dispositivi medici, etc. Ma come lo riconosco? Come lo assumo? Se ho una reazione avversa, cosa posso fare? Quanto e quando devo pagare? È vero che i generici funzionano tanto quanto gli originali? Cosa sono i biosimilari di cui sempre più spesso si sente parlare?
Ecco le risposte ai dubbi più frequenti.
- Cosa sono i farmaci
- Come si assumono i farmaci
- Dove si conservano e come si smaltiscono
- Quanto i farmaci sono sicuri e come si segnalano reazioni avverse
- Quando si pagano e quando serve la ricetta
- Tutto sui farmaci generici
- Cosa sono i farmaci biologici e biosimilari
Vuoi sapere se esiste un farmaco che costa meno rispetto a quello di marca, con lo stesso principio attivo e con un'efficacia del tutto paragonabile? Consulta gli oltre 14.000 farmaci del nostro servizio online. Per ognuno ti indichiamo se è necessaria la ricetta oppure no.
Un farmaco (o medicinale) è una sostanza o un’associazione di sostanze, introdotta nell'organismo attraverso diverse vie, impiegata per curare o prevenire una malattia o i suoi sintomi. La differenza principale tra un farmaco ed altri prodotti quali, ad esempio, integratori alimentari, cosmetici e prodotti a base di erbe (-quest’ultimi, a meno che non siano classificati come “medicinali”), è che un farmaco possiede un’indicazione terapeutica ben definita, come indicata sul foglietto illustrativo. Solo i farmaci, quindi, a differenza degli altri prodotti, possono vantare una funzione terapeutica o curativa.
È composto da un elemento, il principio attivo, da cui dipende l’azione curativa vera e propria, e da uno o più “materiali” privi di ogni capacità terapeutica chiamati eccipienti che possono avere la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche, facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure mascherare eventuali odori o sapori sgradevoli del farmaco stesso. Il farmaco può essere classificato in vari modi e secondo diverse caratteristiche:
- gli organi su cui agisce o il tipo di azione che svolge (in tal caso si parla di classe o categoria terapeutica);
- le modalità di produzione (galenici – se allestiti in farmacia, dietro prescrizione medica o su larga scala- e di origine industriale - oggi quasi la totalità dei medicinali è confezionata industrialmente o nella sua produzione interviene un processo industriale. A differenza del galenico, il medicinale industriale per entrare in commercio deve infatti presentare domanda alle autorità competenti e ottenere l’AIC, Autorizzazione all’Immissione al Commercio).
In ogni confezione del farmaco, è presente un foglio illustrativo, chiamato anche “bugiardino”. Oltre ad avere un valore prettamente “legale”, il foglio illustrativo rappresenta una preziosa guida all’uso del farmaco. Contiene, infatti, tutte le informazioni relative alla composizione del farmaco, alle patologie per le quali è indicato, alle modalità di somministrazione e di conservazione, ai rischi che potrebbero verificarsi in caso, ad esempio, di sovradosaggio o di interazione con altri farmaci che si stanno assumendo.
- Indicazioni terapeutiche: a cosa serve
- Controindicazioni: chi non lo deve prendere
- Precauzioni d'uso: chi può prenderlo ma con attenzione
- Avvertenze speciali: consigli di utilizzo in casi particolari
- Posologia: quanto assumerne e per quanto tempo
- Effetti indesiderati: detti anche "reazioni avverse", si tratta di effetti spiacevoli che il farmaco potrebbe causare
- Interazioni: con quali farmaci può interagire
- Sovradosaggio: cosa fare in caso di assunzione di una dose troppo forte.
Come riconoscere un farmaco dalla confezione
Un farmaco si riconosce da una serie di caratteristiche riportate sulla confezione.
- Un nome di fantasia (per esempio Moment® o Voltaren®) o un nome uguale al principio attivo contenuto
- Uno o più principi attivi in un certo dosaggio o in una certa concentrazione (per es. 200 mg o 5%)
- L'elenco degli eccipienti
- Un codice a barre
- Un numero di Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC). L' AIC è il risultato del lungo processo di registrazione di un farmaco, durante il quale l'azienda farmaceutica ha dimostrato sperimentalmente che il farmaco possiede tre caratteristiche essenziali: qualità, efficacia e sicurezza. L'azienda protegge i dati riguardanti la sostanza su cui ha fatto ricerca con un brevetto sul farmaco, con il quale si garantisce l'esclusività di vendita per un certo periodo di tempo. Una volta scaduto il brevetto, altre aziende possono produrre il farmaco. Sia i farmaci di marca sia i generici-equivalenti hanno un’AIC.
- Un'azienda titolare dell'AIC.
Farmaci di importazione parallela
Talvolta l’imballaggio di un farmaco acquistato in una farmacia italiana ne nasconde un altro in una lingua straniera.
In questo caso, non preoccuparti: si tratta di un farmaco “importato parallelamente”. Ciò significa che il medicinale è stato prodotto in un altro paese europeo, l’azienda che lo commercializza lo ha poi venduto a un grossista intermedio e quest’ultimo si è occupato di riconfezionarlo secondo quanto prescritto dalla legge, adattandolo alle esigenze (linguistiche e commerciali) del paese europeo in cui è stato importato, in questo caso l’Italia.
Il fatto che sia prodotto in un paese diverso da quello in cui viene venduto non implica che il farmaco non sia sicuro: infatti, esiste una procedura, regolata da normative stringenti, che disciplina anche questa fase di distribuzione. Nessun medicinale, infatti, può essere immesso in commercio in un altro paese europeo senza aver ricevuto prima un'autorizzazione da parte delle autorità nazionali competenti. Le stesse sono tenute ad autorizzare un medicinale importato come prodotto parallelo solo se ritengono che tale prodotto, nonostante possa contenere eccipienti differenti, non ponga problemi per la salute pubblica. L'autorizzazione all’importazione è valida per cinque anni, allo scadere del quale è rinnovabile per altri cinque.
Il modo in cui si presenta un prodotto farmaceutico importato varia a seconda che il prodotto sia venduto agli ospedali o attraverso le farmacie, ai consumatori. Nel primo caso, infatti, i prodotti sono somministrati ai pazienti direttamente da professionisti, per i quali la presentazione del prodotto riveste poca importanza. Nel secondo caso, invece, la presentazione del prodotto è di maggiore importanza per il consumatore e viene prestata particolare attenzione al riconfezionamento al fine di non creare falsi allarmismi.
ll riconfezionamento è consentito unicamente se necessario, se non altera la condizione originale del prodotto, se nella nuova confezione figura il nome di chi lo ha riconfezionato e di chi lo ha fabbricato. Il riconfezionamento non è consentito, però, qualora l'importatore parallelo voglia riconfezionare il prodotto e riapporre o sostituire il marchio d'impresa esclusivamente a fini di profitto commerciale. La legge infatti tutela la reputazione del marchio e del suo titolare e prescrive che il titolare del marchio riceva un preavviso prima che il prodotto riconfezionato venga messo in vendita.
Il riconfezionamento causa il deterioramento del farmaco?
Per quanto riguarda la possibilità che il riconfezionamento causi il deterioramento del farmaco, la rimozione di imballaggi blister, bottigliette, boccette, fiale o inalatori dalla confezione esterna originale e il loro collocamento in una nuova confezione esterna non deve influire sulla condizione originale del prodotto all'interno della confezione. Lo stesso vale per operazioni consistenti nell'apporre etichette autoadesive a bottigliette, boccette, fiale o inalatori, nell'aggiunta alla confezione di nuovi foglietti illustrativi nella lingua dello Stato membro di importazione o nell'inserimento di un articolo extra, ad esempio un inalatore, proveniente da fonte diversa da quella del titolare del marchio d'impresa.
I farmaci devono essere assunti regolarmente per assicurarsi di avere una quantità efficace di sostanza attiva nel corpo in ogni momento. Infatti, per essere efficaci, molti farmaci devono raggiungere un certo livello nel sangue. Assumere una dose troppo presto potrebbe portare a livelli di farmaco troppo alti. Dimenticare di assumere una dose o aspettare troppo a lungo tra due dosi, potrebbe ridurre la quantità di farmaco nel corpo e impedirgli di funzionare correttamente. Quindi, se devi prendere un medicinale a intervalli regolari cerca di suddividere i tempi di dosaggio nel modo più uniforme possibile: ad esempio, ogni 12 ore per un farmaco che deve essere preso due volte al giorno oppure ogni 8 ore per un farmaco che deve essere assunto tre volte al giorno. Prepara un programma che si adatti alla tua routine quotidiana e prova a prendere i farmaci entro un’ora da ciascun orario programmato.
Cosa faccio se dimentico una dose?
Se occasionalmente dimentichi una dose, probabilmente è meno preoccupante rispetto alle dosi non assunte frequentemente o all'assunzione di dosi errate. Se dimentichi una dose provvedi al più presto, a meno che non sia prossima l'assunzione della dose successiva. Non raddoppiare la dose successiva perché ciò potrebbe causare effetti collaterali.
Ecco cosa fare per semplificare l'assunzione:
- per non dimenticare di assumere il farmaco, abituati ad assumerlo sempre alla stessa ora;
- assumi i farmaci a intervalli regolari durante il giorno;
- assumi tutte le dosi prescritte ogni giorno;
- se dimentichi una dose provvedi al più presto, a meno che non sia prossima l'assunzione della dose successiva.
Posso assumere un farmaco insieme ad alimenti, bevande, integratori o altri farmaci?
Ciascun medicinale ha una propria composizione chimica che fa sì che esso possa interagire con altre sostanze. Le sostanze a cui ci riferiamo possono essere non solo altri farmaci, ma anche integratori che erroneamente consideriamo naturali e quindi “innocui”, alimenti o bevande. Basta leggere la voce “Interazioni” sul foglietto illustrativo per scoprirle. Fai attenzione, ad esempio:
- all’alcool con il paracetamolo, l’acido acetilsalicilico (quello dell’aspirina) o gli antinfiammatori (come l’ibuprofene);
- al succo di pompelmo con la ciclosporina, alcune benzodiazepine o farmaci calcio-antagonisti, antistaminici e per l’ipertensione;
- alle fibre con le statine.
Il deterioramento dei medicinali può essere velocizzato da agenti come umidità, luce diretta, fonti di calore e alte temperature. Ecco perché la giusta conservazione è fondamentale per preservarne l'efficacia.
In casa, i farmaci devono essere riposti in un luogo fresco e asciutto, preferibilmente all'interno di una scatola o in un armadietto chiuso a chiave, se in casa sono presenti dei bambini. Meglio evitare il bagno e la cucina, due ambienti che per caldo e umidità potrebbero non essere indicati. Il salotto, la camera da letto o il ripostiglio, invece, essendo luoghi generalmente più freschi e asciutti, sono da preferire. Salvo indicazioni diverse riportate sulle confezioni, i medicinali vanno conservati a temperature comprese tra i 20 e i 25° C. Attenzione anche ai medicinali come insuline o vaccini: questi vanno conservati in frigorifero a una temperatura tra i 2 e gli 8° C.
E in vacanza, sai come vanno conservati per evitare che vengano alterati? In questa news puoi trovare alcuni consigli per non danneggiarli.
Una volta aperta la confezione, quanto dura un farmaco?
La data di scadenza di un farmaco è stampata sulla confezione esterna e anche sul contenitore interno. L'azienda garantisce che, se conservato in un ambiente idoneo e alle temperature indicate (inferiori ai 25°C), il farmaco mantiene integre le sue caratteristiche fino alla data di scadenza stampata sulla confezione. Le garanzie dell'azienda farmaceutica valgono sempre per le compresse, i confetti, le capsule e tutte le forme farmaceutiche confezionate una ad una, salvo diversa indicazione.
Bisogna tener presente, però, che per alcune tipologie di farmaci, l'apertura delle confezioni può non rendere più valida la data di scadenza indicata. È il caso degli sciroppi, dei colliri, delle gocce, che, una volta aperti, hanno una scadenza più limitata rispetto a quella stampata sulla confezione.
Se, ad esempio, apriamo un flacone di collirio la cui scadenza è il 15 aprile 2022, per esempio, bisognerà considerare che dopo 15-20 giorni dall'apertura il prodotto è da ritenersi scaduto. Le compresse e le pillole sono in genere più stabili rispetto alle soluzioni liquide o delle sospensioni. In tutti i casi, il buon senso può esserci d'aiuto: se, aprendo la confezione del farmaco, notiamo dei cambiamenti come colore insolito, odore forte o cambiamenti di consistenza, il consiglio è quello di buttarlo. Compresse che si sbriciolano, pomate diventate secche, fasi separate o soluzioni intorbidite sono tutti segnali di un medicinale da non utilizzare. Sul sito Federfarma è disponibile una tabella con le scadenze dei medicinali in base alla loro forma farmaceutica, dai colliri fino agli spray per il naso.
Una volta finito o scaduto il farmaco, come devo smaltirlo?
I residui di farmaci raggiungono gli impianti di depurazione, le acque superficiali, le acque potabili e di falda. In queste acque si trovano molti farmaci di utilizzo comune, che possono essere dannose sia per l’uomo sia per l’ambiente. La comunità scientifica denuncia le possibili conseguenze di questo inquinamento chimico sia sul delicato equilibrio dell’ecosistema acquatico sia sulla salute dell’uomo. Le molecole dei farmaci sono difficilmente degradabili e persistono a lungo (anche molti anni), accumulandosi. Per fortuna, le concentrazioni rilevate nell’ambiente sono molto lontane dal poter esercitare effetti tossici acuti. Questo non significa, però, che non ci siano rischi di lungo periodo.
Per l’uomo il rischio legato all’assunzione di acqua potabile contaminata è molto improbabile. I residui di farmaci possono arrivare anche all’acqua potabile, ma il problema viene arginato grazie a particolari interventi realizzati negli impianti di potabilizzazione. Più gravi sono gli effetti derivanti dall’esposizione continua nel tempo, come per esempio l’aumento delle allergie o la minore efficacia degli antibiotici. In particolare, i residui di antibiotici che finiscono nei fiumi combattono anche i batteri utili all’ecosistema acquatico; inoltre, venendo a contatto continuo con gli antibiotici, i batteri diventano sempre più forti, il che facilita lo sviluppo di pericolosi ceppi resistenti al principio attivo.
Come fare per smaltirli correttamente?
- Imballaggio esterno:spesso è di carta e va smaltito con essa, così come il foglietto illustrativo.
- Blister, tubi e bustine vuote: una volta utilizzato il farmaco la confezione va smaltita negli appositi contenitori a seconda del materiale di cui è fatta.
- Gli integratori: non sono veri e propri farmaci dunque non vanno inseriti nei raccoglitori delle farmacie. Si può differenziare la scatola (nella carta), il blister (nella plastica) e l’integratore (nell’indifferenziata).
- Blister e boccette: se contengono ancora il farmaco vanno smaltiti in farmacia.
- Siringhe, termometri, disinfettanti e simili: vanno smaltite secondo le regole di ogni Comune.
Nessun farmaco è sicuro al 100%: fare questa premessa è fondamentale per mettere subito in chiaro che, quando si assume un medicinale, non si può escludere a priori la comparsa di una reazione avversa. I farmaci sono sostanze che esercitano un’azione sul nostro corpo. Molte di queste azioni sono note, altre sono sconosciute. L’azione terapeutica, la principale, è l’azione desiderata, quella che ci serve per alleviare un sintomo o curare una malattia. Oltre all’azione attesa, però, il farmaco può causare altri effetti, che non desideriamo e non vorremmo sperimentare, ma che fanno parte dell’azione farmacologica stessa: gli effetti collaterali, secondari o indesiderati (effetti indesiderati o reazioni avverse sono le diciture più corrette). Certo, potrebbe: non è detto che succeda, ma ci si può aspettare che accada. Chiediamoci quindi, ogni volta che prendiamo un farmaco, se ne abbiamo davvero bisogno, e teniamo conto degli effetti indesiderati da mettere in bilancio.
Cos'è una reazione avversa? Quanto sono frequenti le reazioni avverse?
La reazione avversa è un effetto nocivo e non voluto che si verifica con l’assunzione di un farmaco. Ogni farmaco può causare una o più reazioni non desiderate. L’elenco di queste manifestazioni sgradite si trova nel foglietto illustrativo, alla voce “effetti indesiderati”, che è il risultato dei dati raccolti durante la sperimentazione, prima dell’entrata in commercio. Se, in seguito alle segnalazioni, si scoprono nuove reazioni avverse, queste vengono inserite nell’elenco e il foglietto che accompagna il farmaco viene aggiornato.
Non tutte le reazioni avverse hanno la stessa frequenza: alcune sono molto frequenti, altre meno. Per questo, le reazioni avverse sono classificate come molto comuni (che colpiscono almeno una persona su dieci), comuni (una su cento), non comuni (una su mille), rare (una su diecimila) e molto rare (meno di una su diecimila).
A cosa serve la sperimentazione? Cos’è la farmacovigilanza?
Prima che un farmaco entri in commercio, le autorità valutano i dati sperimentali, cioè gli studi effettuati fino a quel momento che sono una solida base per valutare il rapporto rischi-benefici, ma non sono in grado di prevedere con certezza tutte le possibili reazioni. Durante la fase sperimentale il farmaco viene testato su persone (sia sane sia malate). I test sono eseguiti su poche centinaia di persone selezionate, cioè scelte per le loro caratteristiche. Una volta entrato in commercio, invece, il farmaco viene usato da centinaia di migliaia di persone, che possono avere anche caratteristiche diverse da quelle di chi ha partecipato alla sperimentazione. Succede, quindi, che si manifestino reazioni nuove e non ancora conosciute in fase di studio. Per questo è importante vigilare sui farmaci anche dopo l’autorizzazione al commercio.
A questo scopo, è stata introdotta la farmacovigilanza, cioè è il monitoraggio nel tempo dei rischi derivanti dall’uso dei farmaci e la valutazione della loro sicurezza a lungo termine, dopo che sono entrati in commercio. Questo controllo continuativo assicura un rapporto rischio-beneficio dei farmaci favorevole per la popolazione. Questa attività coinvolge tutti professionisti sanitari, come medici e farmacisti, che sono chiamati a segnalare gli effetti indesiderati sui pazienti. Ma anche i cittadini sono chiamati a essere parte attiva di questo monitoraggio.
Le informazioni ricevute, opportunamente controllate e rielaborate dalle autorità, servono a prendere misure più severe (per esempio, particolari raccomandazioni a medici e pazienti o l’aggiunta di nuovi effetti indesiderati nel foglietto illustrativo) che, nei casi più gravi, possono consistere nel ritiro del farmaco.
Sorvegliati speciali
Sui foglietti illustrativi di alcuni farmaci potresti trovare un piccolo triangolo nero rovesciato con a fianco l'indicazione "Questo medicinale è soggetto a monitoraggio addizionale". Si tratta di medicinali a cui prestare particolare attenzione perché contengono nuove sostanze, sono disponibili solo pochi dati sulla loro sicurezza o sono medicinali biologici (come ad esempio i vaccini). Lo scopo del simbolo è di incoraggiare operatori sanitari e pazienti a segnalare sospette reazioni avverse osservate con l'uso del medicinale. Puoi inviare la segnalazione seguendo la procedura indicata sul sito dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco).
Posso segnalare una reazione avversa?
L’attuale normativa sulla farmacovigilanza dà la possibilità anche ai cittadini, oltre che agli operatori sanitari, di segnalare eventuali reazioni avverse osservate in concomitanza o dopo l’assunzione di un medicinale. Sul sito dell’Autorità Regolatoria dei farmaci italiana (AIFA) sono spiegate le modalità con cui un cittadino o un operatore sanitario (medico, farmacista, infermiere) può segnalare le reazioni avverse.
Per i cittadini le modalità sono le seguenti:
- È possibile scaricare e compilare la scheda di segnalazione di reazione avversa cliccando sul link sopraindicato, e inviarla via fax o via email al responsabile di farmacovigilanza della propria Asl di appartenenza (qui trovi i recapiti). Nella stessa sezione è presente una guida che aiuta la compilazione.
- In alternativa, è possibile compilare e trasmettere la segnalazione di reazione avversa attraverso un apposito modulo di segnalazione on-line presente sul sito dell’AIFA. La compilazione del modulo è semplice e intuitivo sia per i cittadini che per gli operatori sanitari, e in caso di bisogno vi è una guida sul lato destro.
- Infine, la segnalazione di sospetta reazione avversa può essere comunicata (via telefono o fax o e-mail) direttamente al Titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio del medicinale che si sospetta abbia causato la reazione avversa.
Per comprendere al meglio perché a volte i farmaci si pagano interamente, mentre altre volte no, è bene fare alcune premesse. Innanzitutto, i farmaci vengono suddivisi in due classi, in base alla rimborsabilità:
- classe A (rimborsabili)
- classe C (a carico del paziente).
Per i farmaci in classe C con obbligo di ricetta il prezzo è stabilito dalle aziende produttrici.
Quali farmaci sono rimborsabili?
Sono inseriti in classe A tutti i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, quelli cioè che il cittadino riceve gratuitamente, a parte eventuali ticket introdotti dalla Regione di residenza (sono comunque previste alcune categorie di persone esenti dal ticket). Si tratta di farmaci considerati essenziali per la salute, come i farmaci per la cura di malattie croniche (quali l'ipertensione, il diabete, l'asma) o di malattie acute limitate nel tempo ma che possono essere gravi (per esempio le infezioni). Per tutti questi farmaci è necessaria la ricetta medica. Alla classe A appartengono anche i farmaci di classe H, cioè i farmaci ospedalieri, che per le loro caratteristiche (di utilizzo, indicazioni oppure effetti indesiderati) vengono distribuiti attraverso gli ospedali o le farmacie territoriali in distribuzione per conto. I farmaci di classi H sono gratuiti. Questi farmaci hanno un prezzo unico su tutto il territorio nazionale, stampato sulla confezione esterna, che viene stabilito per contrattazione tra l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e l'azienda produttrice.
Quali farmaci sono carico del paziente?
I farmaci inseriti in classe C, invece, sono a totale carico del cittadino. Si tratta di una classe eterogenea di farmaci che in genere non sono considerati essenziali rispetto ai farmaci rimborsati: alcuni sono acquistabili con ricetta medica, altri senza (farmaci di automedicazione -OTC e SOP). Per i farmaci in classe C con obbligo di ricetta, il prezzo è stabilito dalle aziende produttrici. Invece, nel caso dei farmaci di automedicazione, quelli cioè di libera vendita, il prezzo è libero: è il farmacista o il gestore dell'esercizio a definire il prezzo del farmaco, che quindi può variare da un punto vendita all'altro.
Senza prescrizione: SOP o OTC?
Tra i farmaci di libera vendita si distinguono: i SOP (senza obbligo di prescrizione), come ad esempio la Tachipirina® e gli OTC (over the counter, cioè farmaci da banco) come per esempio il Moment®. Sono entrambi vendibili, oltre che in farmacia, nelle parafarmacie e negli ipermercati in presenza di un farmacista; la differenza sta nel fatto che solo per gli OTC è consentita la pubblicità. Per i farmaci di libera vendita esiste anche un bollino di riconoscimento, che vedi sotto: una Croce Rossa insieme alla scritta "farmaco senza obbligo di ricetta".
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Cosa sono le note AIFA?
Alcuni farmaci collocati in classe C (cioè di norma a totale carico del cittadino) possono essere rimborsati in alcuni casi particolari: si dice che sono "in classe A con nota". Significa che questi farmaci sono rimborsati solo se il paziente è nelle condizioni previste dalla nota AIFA, una nota cioè che l'Agenzia del Farmaco ha definito precisamente per rimborsare il farmaco solo a determinate categorie di cittadini. Per esempio, i farmaci per l'osteoporosi quando vengono prescritti per la prevenzione delle fratture non sono rimborsati e il cittadino deve pagarli per intero; solo in caso di frattura già presente ed evidenziata da radiografia, sono dispensati gratuitamente.
Chi decide se apporre o meno la nota sulla ricetta?
Solo il medico ha la facoltà di decidere se apporre o meno la nota AIFA sulla ricetta e quindi di rendere rimborsabile o meno il farmaco (il farmacista non può farlo). Le note vengono aggiornate periodicamente dall'Agenzia Italiana del Farmaco: qui puoi consultare la versione aggiornata sul sito dell'Aifa.
Ricetta oppure no?
I farmaci possono essere acquistati liberamente oppure dietro ricetta medica. Tutti i farmaci di classe A richiedono la ricetta medica. Dei farmaci di classe C (a carico del cittadino) alcuni richiedono la richiedono, altri no. Tutti i farmaci che richiedono una diagnosi medica o che hanno un profilo di efficacia/sicurezza ancora non ben definito, soprattutto se sono farmaci appena immessi sul mercato, devono essere prescritti dal medico e quindi richiedono la ricetta. I farmaci di libera vendita, invece, sono farmaci entrati in commercio da molti anni, quindi abbastanza conosciuti nei loro effetti desiderati e indesiderati; sono farmaci indicati per la cura breve (in genere non più di qualche giorno) di piccoli disturbi per cui non è necessario l'intervento del medico. L'indicazione "farmaco da vendersi dietro presentazione di ricetta medica" oppure "medicinale di automedicazione" è riportata sulla confezione esterna del farmaco.
Esistono diversi tipi di ricetta medica. Innanzitutto, possiamo distinguere la cosiddetta "ricetta mutualistica" (rossa o verde, a seconda delle Regioni che è stata, piano piano, sostituita dalla ricetta elettronica) dalla "ricetta bianca". Per scoprire tutti i tipi di ricetta e i loro usi, leggi il nostro speciale.
Ticket ed esenzioni
Il ticket è il contributo che il cittadino dà alla spesa sanitaria pagando una quota specifica per alcune prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza. Con l'introduzione del federalismo fiscale, le regioni possono decidere autonomamente se introdurre o meno il ticket sui farmaci. Inoltre, sono previste categorie di persone esentate dal pagamento del ticket. Per una versione aggiornata sui ticket in vigore e sugli esenti dal ticket, consulta il sito di Federfarma e seleziona la tua Regione di residenza. Se vuoi saperne di più, leggi il nostro speciale.
Siamo consapevoli che intorno ai farmaci equivalenti, detti anche generici, nonostante se ne parli da anni- ed esistano studi che dimostrano che non ci siano differenze in termini di efficacia e sicurezza tra medicinali equivalenti e “di marca” -, ci sia ancora tanta diffidenza da parte non solo dei pazienti, ma anche degli operatori sanitari. In questa news cercheremo di dare delle risposte ai dubbi più comuni.
Cosa sono i farmaci equivalenti?
Dal 2001 sono entrati in commercio i farmaci generici, cioè quelli non più coperti da brevetto industriale. Dal 2005 l'AIFA ha poi deciso di sostituire il termine "generico" con "equivalente", proprio perché questi farmaci sono equivalenti a quelli di marca corrispondente. Entrambi hanno lo stesso principio attivo, nello stesso dosaggio, e la stessa forma farmaceutica, nonché la stessa efficacia e sicurezza, ma costano molto meno.
Per sapere se esiste un farmaco equivalente che costa meno rispetto a quello di marca, consulta il nostro servizio online
Gli equivalenti si caratterizzano, inoltre, per il fatto di non avere un nome di fantasia, ma di prendere il nome dal principio attivo contenuto: per esempio Atenololo DOC è il nome del farmaco a base di atenololo, equivalente a Tenormin ®, farmaco di marca a base sempre di atenololo. Garante della bioequivalenza e dell'equivalenza terapeutica dei farmaci generici rispetto ai farmaci di marca corripondenti è l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che stila periodicamente delle liste di trasparenza in cui vengono inseriti tutti i farmaci equivalenti dal punto di vista terapeutico.
I farmaci equivalenti funzionano quanto quelli “di marca”?
Per comprendere appieno perché un farmaco generico è da considerare equivalente al farmaco di marca è bene focalizzarsi su tre concetti: biodisponibilità, bioequivalenza ed efficacia.
Il concetto di biodisponibilità del farmaco si riferisce alla quantità di principio attivo misurabile nel circolo sanguigno dopo l’assunzione in un arco definito di tempo. Due farmaci sono considerati bioequivalenti quando le loro concentrazioni nel sangue nel tempo sono così simili da non comportare differenze significative in termini di efficacia e sicurezza. La biodisponibilità di un generico può variare del + o – 20% rispetto al farmaco di riferimento, una variabilità massima accettata per definire i generici bioequivalenti ai farmaci di riferimento, ma tale valore non si ripercuote sulla sua efficacia. Infatti, la biodisponibilità di un farmaco ha sempre una certa variabilità (anche se si assume lo stesso identico farmaco proveniente da lotti di produzione diversi), perché è influenzata da molti fattori e condizioni personali: una variabilità del 20% è considerata, quindi, accettabile perché riflette la variabilità individuale della popolazione che assume il medicinale. Peraltro, questa variabilità può essere ristretta dalle autorità sanitarie per farmaci particolari.
L’equivalenza del generico rispetto al farmaco di marca, inoltre, viene dimostrata con appositi studi (si chiamano studi di bioequivalenza), necessari affinché esso venga immesso sul mercato.
Per chiudere il cerchio, un altro elemento che viene messo in discussione dai professionisti e dai pazienti, sono gli eccipienti. Questi ultimi, sono sostanze che non hanno una funzione farmacologica ma servono a veicolare il principio attivo, nonché a dare consistenza, colore, sapore al medicinale. La scelta di un eccipiente piuttosto che un altro è una questione aziendale (motivata dai costi e dal tipo di formulazione, ad esempio) e lo studio della bioequivalenza fornisce, appunto, una risposta ai dubbi riguardanti una loro influenza sulla biodisponibilità.
La questione rimborsabilità
Se tra i farmaci rimborsabili esistono farmaci equivalenti, lo Stato rimborsa il farmaco equivalente a minor costo. Se il cittadino vuole ritirare il farmaco di marca, deve pagare una quota di differenza (pari alla differenza tra il costo del farmaco di marca e la quota rimborsata dallo Stato).
Perché viene indicato il principio attivo in ricetta?
Il medico, la prima volta che prescrive un farmaco a un paziente, deve indicare il nome del principio attivo. Può anche indicare, a fianco del principio attivo, il nome di un farmaco specifico (di marca o con nome generico). Per un paziente già in terapia cronica con un farmaco, invece, il medico può prescrivere in ricetta sia il principio attivo sia uno specifico farmaco (di marca o equivalente).
Il farmacista, a sua volta, deve sempre informare il cittadino dell’esistenza del farmaco equivalente, se disponibile, e proporgli il farmaco equivalente meno costoso. C’è un solo caso in cui il medico può intervenire per impedire la sostituzione di un medicinale con un equivalente da parte del farmacista: quando, per valide ragioni cliniche, sempre da spiegare al cittadino, ritiene che il suo paziente debba continuare a usare un certo medicinale. In quel caso, il medico scriverà sulla ricetta il nome del medicinale e accanto la dicitura “non sostituibile”, giustificandola in breve.
Recentemente si sente sempre di più parlare di farmaci biologici – o biotecnologici- e dei loro fratelli no logo, i biosimilari. Il primo farmaco nato dalle biotecnologie risale agli anni ‘80 quando, modificando il Dna di un batterio introducendo un particolare gene, si iniziò a produrre una nuova insulina (chiamata ricombinante), che ha modificato la qualità della vita di milioni di pazienti diabetici. Da quel momento, in tutto il mondo si è sviluppata la ricerca in campo biotecnologico e sono stati approvati numerosi farmaci per la cura di molte gravi malattie, tra cui diverse forme di tumore. Queste medicine, però, hanno un grande difetto: il costo elevato, che sta mettendo a dura prova le tasche già sofferenti del Servizio Sanitario Nazionale. I farmaci biologici sono molto più complessi rispetto a quelli classici e l’introduzione dei loro simili non è così semplice e immediata come quella possibile con i farmaci generici. Così, come è successo in passato per i farmaci tradizionali, anche per i biologici, allo scadere del brevetto, arrivano sul mercato i loro “simili”: i biosimilari. I farmaci biosimilari autorizzati dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) sono controllati, sicuri ed efficaci al pari dei loro gemelli originali.
Che cos'è un farmaco biologico?
È un medicinale derivato da fonti biologiche, come microrganismi, cellule animali o cellule umane. I medicinali biologici hanno una struttura molecolare più complessa di un medicinale non biologico prodotto chimicamente e sono approvati per la cura o la prevenzione di molte malattie quali, ad esempio, malattie infiammatorie, autoimmuni, neurologiche e degenerative, insufficienza renale cronica, tumori, ecc. La sintesi di un farmaco biologico richiede un processo produttivo molto elaborato.
Che cos'è un farmaco biosimilare?
Un medicinale biosimilare è un medicinale biologico altamente simile a uno già approvato di cui è scaduto il brevetto. I biosimilari hanno un profilo di qualità, efficacia e sicurezza simile al medicinale di riferimento. Per essere autorizzato, infatti, un medicinale biosimilare deve dimostrare qualità, efficacia e di sicurezza sovrapponibili a quelle del medicinale di riferimento. Un medicinale biosimilare deve avere la stessa modalità di somministrazione del biologico originatore.
Perché i biosimilari sono simili e non identici al medicinale di riferimento?
Tutti i medicinali biologici (quindi anche i biosimilari) sono molecole proteiche complesse, prodotte in laboratorio all'interno di sistemi viventi (come le cellule): pertanto, il processo di produzione può determinare minime differenze che si rilevano anche tra i diversi lotti di uno stesso medicinale biologico, sia originatore sia biosimilare. Tuttavia, queste differenze non ne modificano l’efficacia e la sicurezza.
È possibile sostituire un biologico con un biosimilare (cosiddetto “switch”)?
Sì, il medico può decidere sia di avviare una nuova terapia direttamente con il farmaco biosimilare, sia di sostituire in corso di trattamento il biologico con il suo rispettivo biosimilare (e viceversa), fornendo sempre al paziente le informazioni necessarie. Non ci sono basi scientifiche per ritenere che potrebbero verificarsi reazioni avverse a causa del passaggio da un medicinale all’altro. A differenza di quanto avviene per i medicinali equivalenti, il farmacista non può sostituire il medicinale prescritto dal medico con un suo biosimilare.