Farmaci mancanti, cosa fare se non trovi un medicinale in farmacia

La costante disponibilità dei medicinali in farmacia è fondamentale per assicurare ai cittadini la continuità delle terapie. Tuttavia, proprio in questo periodo in cui l'influenza sta colpendo parecchie persone, può capitare che non si trovino in farmacia proprio quei farmaci che servono all'occorrenza come sedativi per la tosse, mucolitici, ma anche farmaci antifebbrili e antidolorifici a base di ibuprofene e paracetamolo, molto diffusi anche per curare i bambini. Insomma, sono oltre 3 mila i farmaci segnalati sul sito di Aifa (l'Agenzia italiana del farmaco) che non sono presenti in farmacia, né nei suoi magazzini o addirittura che risultano irreperibili anche presso il grossista da cui la farmacia si rifornisce.
A volte queste carenze sono solo momentanee e si risolvono in breve tempo. Altre volte possono durare a lungo, di solito per problemi di produzione. Purtroppo, in alcuni casi, l’indisponibilità nasconde solo interessi commerciali. E quando un’alternativa al medicinale mancante non esiste, la carenza del medicinale si traduce in mancato accesso alle cure.
Torna all'inizioPerché a volte i farmaci non sono disponibili?
Per capire come si origina una carenza, è necessario capire come funziona l’approvvigionamento dei farmaci da parte delle farmacie sul territorio e di quelle presenti negli ospedali. Il rifornimento avviene essenzialmente attraverso due vie:
- una diretta, che prevede l’acquisto dei farmaci direttamente dall’azienda farmaceutica che li produce;
- una indiretta, che prevede uno o più attori intermedi, i grossisti, i quali acquistano i farmaci dalle aziende farmaceutiche e li rivendono a loro volta ad altri grossisti oppure alle farmacie.
Proprio da queste interazioni commerciali possono nascere alcuni problemi di reperibilità, che da un punto di vista temporale possono essere:
- di breve durata e risolvibili nel giro di poche ore o una giornata;
- di lunga durata, ma transitori e risolvibili in un certo lasso di tempo;
- non risolvibili.
Nell’ultimo caso, le carenze irrisolvibili possono essere semplice espressione dell’esaurimento delle scorte di un farmaco che il produttore ha deciso di non produrre più. Le carenze di lunga durata non legate a cessata commercializzazione possono, invece, essere determinate da svariati motivi legati alla produzione, tra i quali, ad esempio:
- l’irreperibilità sul mercato del principio attivo necessario per produrre il medicinale (le sostanze attive utilizzate possono essere prodotte da aziende diverse, da cui le farmaceutiche si riforniscono);
- vari problemi di produzione o di distribuzione del prodotto finale;
- provvedimenti di carattere regolatorio, disposti dalle Agenzie regolatorie nei confronti delle case farmaceutiche, le quali devono rispondere attuando i correttivi necessari;
- imprevista o aumentata richiesta del medicinale (rispetto a quanto preventivato) in uno o più Paesi in cui viene commercializzato. L’aumentata domanda produce una riduzione dell’offerta in altri Paesi e una momentanea carenza nelle farmacie.
Le carenze legate a motivi produttivi, si riflettono su tutto il territorio italiano e sono gestite dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) con azioni di monitoraggio. L'Aifa pubblica sul proprio sito con cadenza pressoché mensile l’elenco di tutti i farmaci carenti e mette in moto iniziative finalizzate a ripristinarne il regolare approvvigionamento delle farmacie (per esempio, autorizzazione all’importazione dall’estero oppure autorizzazione alla produzione e distribuzione da parte dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze).
A queste carenze legittime, si aggiungono poi le distorsioni distributive legate al fenomeno dell'importazione parallela che, invece, possono anche riguardare soltanto alcune aree territoriali. Recentemente, in seguito all’approvazione del Decreto Calabria, l’Aifa ha la facoltà di bloccare temporaneamente le esportazioni di alcuni farmaci al fine di prevenire o limitare stati di carenza
Torna all'inizioL'importazione parallela
L’importazione parallela di medicinali è una legittima forma di scambio nel mercato interno europeo, disciplinata dall'articolo n. 28 del trattato CE e soggetta alle deroghe previste dall'articolo n. 30 dello stesso trattato. Nei fatti, consiste nel trasferimento commerciale di medicinali da Paesi in cui i prezzi dei farmaci sono inferiori verso altri paesi europei in cui i prezzi sono più elevati. Lo scopo è appunto quello di ottenere un guadagno maggiore dalla vendita nei Paesi dove i farmaci hanno un prezzo più alto, ma con l’effetto potenziale di lasciare sfornito di medicinali il Paese da cui i farmaci sono esportati, nonostante le salvaguardie della legge. L’importazione è fatta da intermediari specifici, gli “importatori paralleli”, soggetti differenti dai produttori titolari, cioè le case farmaceutiche o da loro eventuali licenziatari. Questi possono essere piccoli operatori oppure “big” della distribuzione.
Il commercio parallelo è quindi una diretta conseguenza delle regole del mercato interno che garantiscono la libera circolazione delle merci, ma anche della differenza di prezzo dei medicinali osservabile tra gli Stati membri dell’EU.
L’importazione non è esente da regole e vincoli. Occorre infatti soddisfare alcune condizioni, al fine di tutelare la salute pubblica. Infatti, anche se l’attività di esportazione parallela è un’attività legittima, in linea con il quadro normativo europeo vigente, il ministero della Salute ritiene che, per tutelare la salute del cittadino, il distributore che esporta debba comunque:
- garantire in permanenza un assortimento di medicinali sufficiente a rispondere alle esigenze del territorio geograficamente determinato cui è proposto;
- provvedere alla consegna delle forniture richieste in tempi brevissimi su tutto il territorio nazionale.
Purtroppo, come ben sappiamo, nonostante queste prescrizioni legislative, sul territorio si verificano comunque episodi di carenze non spiegabili in altro modo se non da un eccesso di esportazione verso mercati stranieri.
Infine, carenze possono originarsi anche dal contingentamento di medicinali oggetto di commercio parallelo. Ciò si verifica quando la quantità di un determinato farmaco di solito importato da Paesi esteri si riduce. Le ragioni sono varie: un’azienda produttrice può essere costretta a diminuire la normale quota di farmaco destinato a mercati esteri oppure, a fronte di un'aumentata richiesta dall’esterno, può non essere in grado di soddisfare la domanda. Di conseguenza, la quota importata si riduce e nelle farmacie si ha una carenza.
Si possono riconoscere i farmaci di importazione parallela?
Se l’imballaggio di un farmaco acquistato in una farmacia italiana ne nasconde un altro in una lingua straniera, si tratta di un farmaco “importato parallelamente”: il medicinale è stato prodotto in un altro paese europeo, l’azienda che lo commercializza lo ha poi venduto a un grossista intermedio e quest’ultimo si è occupato di riconfezionarlo secondo quanto prescritto dalla legge, adattandolo alle esigenze (linguistiche e commerciali) del paese europeo in cui è stato importato, in questo caso l’Italia.
Il fatto che sia prodotto in un paese diverso da quello in cui viene venduto non implica che il farmaco non sia sicuro: infatti, esiste una procedura, regolata da normative stringenti, che disciplina anche questa fase di distribuzione. Nessun medicinale, infatti, può essere immesso in commercio in un altro paese europeo senza aver ricevuto prima un'autorizzazione da parte delle autorità nazionali competenti. Le stesse sono tenute ad autorizzare un medicinale importato come prodotto parallelo solo se ritengono che tale prodotto, nonostante possa contenere eccipienti differenti, non ponga problemi per la salute pubblica. L'autorizzazione all’importazione è valida per cinque anni, allo scadere del quale è rinnovabile per altri cinque.
Il modo in cui si presenta un prodotto farmaceutico importato varia a seconda che il prodotto sia venduto agli ospedali o attraverso le farmacie, ai consumatori. Nel primo caso, infatti, i prodotti sono somministrati ai pazienti direttamente da professionisti, per i quali la presentazione del prodotto riveste poca importanza. Nel secondo caso, invece, la presentazione del prodotto è di maggiore importanza per il consumatore e viene prestata particolare attenzione al riconfezionamento al fine di non creare falsi allarmismi.
ll riconfezionamento è consentito unicamente se necessario, se non altera la condizione originale del prodotto, se nella nuova confezione figura il nome di chi lo ha riconfezionato e di chi lo ha fabbricato. Il riconfezionamento non è consentito, però, qualora l'importatore parallelo voglia riconfezionare il prodotto e riapporre o sostituire il marchio d'impresa esclusivamente a fini di profitto commerciale. La legge infatti tutela la reputazione del marchio e del suo titolare e prescrive che il titolare del marchio riceva un preavviso prima che il prodotto riconfezionato venga messo in vendita.
Per quanto riguarda la possibilità che il riconfezionamento causi il deterioramento del farmaco, la rimozione di imballaggi blister, bottigliette, boccette, fiale o inalatori dalla confezione esterna originale e il loro collocamento in una nuova confezione esterna non deve influire sulla condizione originale del prodotto all'interno della confezione. Lo stesso vale per operazioni consistenti nell'apporre etichette autoadesive a bottigliette, boccette, fiale o inalatori, nell'aggiunta alla confezione di nuovi foglietti illustrativi nella lingua dello Stato membro di importazione o nell'inserimento di un articolo extra, ad esempio un inalatore, proveniente da fonte diversa da quella del titolare del marchio d'impresa.
Torna all'inizioI doveri del farmacista
La farmacia ha sempre il dovere di fornirmi il farmaco che il medico mi ha prescritto?
La legge (art. 105 e 109 del D.Lgs n. 219/2006) disciplina gli obblighi dei diversi soggetti della filiera distributiva dei farmaci. Aziende, grossisti e farmacie hanno il dovere di fornire i farmaci prescritti ed assicurare una fornitura stabile e continua dei medicinali che risponda ai bisogni del territorio.
La dispensazione deve avvenire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro le 12 ore lavorative successive alla richiesta, nel caso in cui il farmaco sia reperibile attraverso la rete dei grossisti. Qualora, invece, un farmaco risulti carente anche per i grossisti ai quali i farmacisti fanno richiesta, il farmacista è tenuto a richiedere il medicinale direttamente all’azienda produttrice, la quale è obbligata a fornire entro le 48 ore il prodotto.
Questi vincoli valgono anche per prodotti non farmaceutici (integratori, dispositivi medici, cosmetici)?
I prodotti non farmaceutici quali i dispositivi medici, gli integratori, i cosmetici, sono soggetti ad una regolamentazione diversa da quella dei medicinali. Nonostante vengano venduti anche nelle farmacie, nelle parafarmacie e nei corner degli ipermercati, non sono soggetti a normative che obblighino i farmacisti a fornirli al paziente entro tempi ben definiti.
Se un farmaco è irreperibile, cosa deve fare il farmacista?
Prima di tutto, le farmacie hanno l’obbligo di notificare l’indisponibilità dei medicinali all’associazione di categoria, Federfarma, attraverso i suoi organi provinciali. Questa, in secondo luogo, riferirà i dati all’Agenzia italiana del farmaco. La procedura prevede di:
- identificare il farmaco indisponibile;
- identificare il distributore responsabile della mancata consegna entro il termine di 12 ore. I nominativi dei grossisti manchevoli vengono segnalati anche alle regioni e province autonome.
Se il farmaco in questione risulta irreperibile anche da parte dei grossisti, i farmacisti devono rivolgersi direttamente all’azienda titolare dell’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco (cosiddetta AIC), cioè al produttore o al licenziatario. Il titolare di AIC, infatti, è obbligato a fornire entro le 48 ore un medicinale che non è reperibile nella rete di distribuzione regionale e quindi, su richiesta del farmacista, deve consegnare entro 48 ore il farmaco richiesto. È compito dell’autorità territorialmente competente mettere in atto ogni verifica per accertare che il distributore all’ingrosso abbia ottemperato all’obbligo di servizio pubblico, oppure che il distributore abbia effettuato esportazioni del farmaco resosi irreperibile a discapito del fabbisogno territoriale, nell’ambito del quale ha dichiarato di essere in grado di operare.
L’Aifa analizza tutte le segnalazioni e pubblica in maniera ufficiale solo le indisponibilità per motivi sostanzialmente produttivi o regolatori, le motivazioni riferite dalle aziende e una stima del ritorno dei medicinali sul mercato. Purtroppo, le carenze legate a distorsioni del mercato, non compaiono sulle liste di Aifa. Grazie però al lavoro di investigazione dell’Agenzia, in collaborazione con le forze dell’ordine, l’Aifa monitora la legittimità delle carenze, le eventuali frodi e contraffazioni.
Se non riesco a trovare un farmaco, cosa posso fare?
Se hai difficoltà a trovare un farmaco nelle farmacie della tua zona, in assenza di formulazioni equivalenti sul mercato, chiedi al tuo medico se, in relazione alla tua storia personale, è possibile sostituirlo con un altro medicinale con le stesse indicazioni terapeutiche.
Torna all'inizioLo stop delle aziende alla distribuzione dei farmaci
Ci si chiede allora se un’azienda può smettere da un momento all’altro di commercializzare un farmaco di cui i cittadini hanno bisogno? In base all’attuale normativa (art. 34 e 38 del D.Lgs. n. 219/2006), un’azienda detiene il diritto di interrompere la commercializzazione di un farmaco , anche quando le ragioni di tale interruzione siano di natura prettamente commerciale. L’azienda è obbligata, però, a comunicare tale decisione all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) almeno due mesi prima dell’interruzione.
L’AIFA e il Ministero della Salute, d’altro canto, non hanno alcuna voce in capitolo e non possono interferire con la libera impresa, come ha affermato anche il TAR Lazio, nella sentenza n. 8623/2012.
Un’azienda farmaceutica, inoltre, può decidere di cessare la commercializzazione di un farmaco in un paese europeo e continuare a produrlo e commercializzarlo in un altro. In questo caso, l’Aifa e il ministero della Salute hanno istituito una procedura che permette ai pazienti di ricevere comunque il farmaco di cui necessitano. Le informazioni relative all’importazione di medicinali dall’estero sono scaricabili dal sito dell’Aifa. Questo tipo di procedura, non prevista per tutti i farmaci, viene messa in atto soprattutto per alcuni medicinali ospedalieri e per i vaccini, previa pubblicazione di una Determinazione dell’Aifa che ne autorizzi l’importazione dall’estero. È compito del medico specialista di riferimento occuparsi delle procedure relative all’importazione.
Questo meccanismo potrebbe dar luogo ad alcune distorsioni, nel momento in cui la differenza di prezzo tra uno Paese e l’altro di uno stesso medicinale sia particolarmente rilevante e il meccanismo dell’importazione dall’estero venga sfruttato per vendere lo stesso farmaco ad un prezzo maggiorato. È quanto stava per accadere nel 2014 con alcuni medicinali prodotti dalla multinazionale Aspen, multata dall'Antitrust per oltre 5 milioni di euro in seguito ad una nostra denuncia per abuso della propria posizione dominante sul mercato italiano di farmaci oncoematologici.
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