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La contraddizione italiana sui rischi catastrofali

Il paese è uno dei più esposti in Europa agli eventi climatici ma ha una copertura assicurativa tra le più basse: colpa (anche) di un approccio non regolamentato alla gestione delle calamità naturali.

01 dicembre 2022
Terremoto casa

Eventi come la tragica alluvione nelle Marche di questo settembre riportano in primo piano l’attenzione verso l’emergenza climatica e sui rischi legati al crescente numero di calamità naturali che si stanno verificando. La mappa del rischio climatico di Legambiente certifica che da gennaio a luglio di quest’anno sono stati registrati in Italia 132 eventi climatici estremi, il numero più alto della media annua dell’ultimo decennio. Dal 2010 ad oggi, nota ancora l’Associazione, il paese è stato interessato da 1.318 eventi, di cui quasi il 40% sono stati allagamenti dovuti a piogge intense, seguiti da trombe d’aria (28%) e danni da piogge (12%).

In un tale scenario, il ricorrere ad un’assicurazione contro i rischi catastrofali sembrerebbe una logica conseguenza. Eppure, tale idea fa fatica a permeare la mente degli italiani. L’ultimo rapporto dell’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicurative (ANIA) evidenzia che circa il 75% delle abitazioni italiane è esposto ad un rischio significativo di calamità naturali ma che poco meno del 5% di esse ha una polizza contro questo tipo di eventi. Anche tra chi possiede un’assicurazione sulla casa (la cui percentuale sul totale delle abitazioni è comunque bassa, intorno al 52%) il rischio catastrofale è poco sentito: a fine marzo 2022 le polizze erano circa 11.9 milioni ma quasi l’89% di esse non aveva alcuna estensione per il rischio climatico. In base ai dati ANIA, il 4.9% possedeva un’estensione che copriva il solo rischio terremoto, il 2.3% solo il rischio alluvione ed il 4.2% presentava entrambe le coperture.

È vero che queste polizze sono cresciute costantemente negli ultimi anni: dal 2009 (anno del Terremoto dell’Aquila) il numero delle coperture è cresciuto di circa 40 volte, segno di una progressiva sensibilizzazione verso questo tipo di rischi. Ma in termini assoluti, i dati risultano comunque ampiamente insufficienti.

Il trattamento del rischio: Italia vs Europa

Uno dei motivi per cui le percentuali in questo settore sono così basse è il fatto che “l’Italia è forse l’unico paese industrializzato privo di un meccanismo regolamentato per la gestione delle calamità naturali” dice ANIA. In pratica, il paese attua una gestione di tipo ex-post, stanziando degli aiuti ad hoc (quindi di natura straordinaria) solo al verificarsi di un determinato evento. Questo tipo di approccio ha contribuito a diffondere la convinzione che esista una sorta di garante di ultima istanza per queste casistiche quando in realtà tutto è lasciato alla discrezionalità (e disponibilità) dello Stato in quel preciso momento.

La situazione è diversa in paesi con un’emergenza climatica simile a quella dell’Italia dove però esistono sistemi di gestione del rischio regolamentati. In Francia, ad esempio, le compagnie gestiscono ogni aspetto dell’attività assicurativa ma lo Stato interviene come riassicuratore di ultima istanza tramite la società pubblica Caisse Centrale de Reinsurance (CCR). In Spagna, invece, le compagnie si occupano solo della sottoscrizione e della liquidazione dei sinistri mentre i premi sono versati ad un ente statale (Consorcio de Compensacion de Seguros) che si occupa di gestire questo tipo di rischio. Lo Stato spagnolo funge, come in Francia, da riassicuratore di ultima istanza in caso il consorzio non abbia fondi sufficienti. Meccanismi semi-volontari o a forte incentivazione esistono anche in Regno Unito, Danimarca e Svezia. Al di là delle differenze specifiche, comunque, tutti questi schemi hanno in comune la partecipazione congiunta del settore assicurativo privato e dello Stato attraverso meccanismi che garantiscono la mutualizzazione dei rischi. Come è certificato anche da un report della Commissione Europea (e come è anche logico aspettarsi), i paesi che prevedono schemi obbligatori o semi-obbligatori sono quelli con i tassi di penetrazione assicurativa più elevati.

Possibili soluzioni

Il governo italiano negli anni ha provato a intraprendere qualche iniziativa per incentivare il ricorso a polizze catastrofali. Ad esempio, a partire dal 2018 ha approvato una norma che ha eliminato l’imposta fiscale sui premi di questo tipo di polizze ed introdotto la loro detrazione al 19% ai fini IRPEF. Ma benché tali agevolazioni stiano producendo degli effetti positivi, il loro effetto è, secondo ANIA, ancora molto limitato e non più sufficiente. L’Associazione da tempo chiede di rendere le assicurazioni contro gli eventi catastrofali obbligatorie. Secondo ANIA, attraverso uno schema nazionale di copertura, il premio medio di queste polizze si attesterebbe su valori contenuti anche per le abitazioni situate nelle zone a più elevato rischio ambientale, favorendo, tra le altre cose, anche un alleggerimento del costo a carico dello Stato.

Il coinvolgimento della controparte pubblica rimane comunque fondamentale dato che gli eventi catastrofali non sono facilmente assicurabili e in futuro, con l’aggravarsi della crisi climatica, potrebbero esserlo ancora meno. Infatti, secondo l’agenzia di rating Fitch, la loro crescente gravità e frequenza potrebbe far lievitare i premi richiesti e causare una possibile contrazione dell’offerta per questo tipo di coperture, dato che i clienti saranno sempre meno disposti a (o non potranno più permettersi di) pagare una protezione del genere.

Dal punto di vista privato, invece, le compagnie dovrebbero puntare a semplificare la proposta contrattuale per favorire la vicinanza al consumatore. Gli italiani considerano le polizze assicurative poco chiare, ha rilevato recentemente un’indagine dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni Ivass. Secondo l’istituto, infatti, solo il 34% del campione considerato ha definito il set informativo dei prodotti assicurativi “abbastanza comprensibile”. La generale comprensibilità del linguaggio assicurativo è considerata dalla maggior parte degli intervistati (54%) come la principale caratteristica su cui si dovrebbe investire, seguita dalla maggiore chiarezza su aspetti specifici (53%) e sulla durata contrattuale (44%).

Ma qualunque direzione si voglia intraprendere, occorrerà farlo in tempi rapidi. Se è vero, infatti, che il gap di protezione assicurativa è in costante aumento in tutto il mondo (secondo il Resilience Index del colosso riassicurativo Swiss Re, nel 2021 il gap a livello globale ha raggiunto il massimo storico) è anche vero che in Italia esso è particolarmente elevato. L’Agenzia Ambientale Europea ha calcolato che nel periodo 1980-2020 gli eventi catastrofali hanno generato danni per circa 90 miliardi di euro di cui solo 5 sono stati coperti da assicurazione. Ed anche i risarcimenti da parte dello Stato sono solo una minima parte del totale dei danni subiti (in media circa il 10%, secondo alcune stime).

Beffe, oltreché danni.

La proposta di Altroconsumo Connect 

In un simile contesto, AC Connect, il broker della fondazione Altroconsumo, ha pensato di offrire a tutti i soci la possibilità di sottoscrivere una polizza studiata in collaborazione con Net Insurance ed RCApoint Broker per poter assicurare la propria abitazione contro i rischi di eventi catastrofali (terremoto, alluvioni e bombe d’acqua). 

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