Il linguaggio “segreto” dell’economia
Spread, BCE, inflazione, PIL, recovery plan, PNRR e debito pubblico. Sono parole che sentiamo pronunciare nei telegiornali e nei talk show e che compaiono nei titoli dei giornali. Le parole dell’economia hanno un loro significato, difficile da comprendere per chi non è esperto, che dobbiamo decifrare per capire meglio il nostro presente.

Partiamo da un titolo del Corriere della Sera: “BCE, effetto Draghi sullo spread e balzo dell’inflazione”. Leggiamo anche un titolo dell’agenzia di stampa Adnkronos: “BCE, spread. Italia in forte calo con il governo Draghi”. BCE sta per Banca centrale europea. Mario Draghi è l’attuale presidente del Consiglio italiano ed ex presidente della BCE. L’inflazione è l’aumento dei prezzi. Spread significa letteralmente differenza, e ci riferiamo alla differenza tra il tasso di rendimento dei titoli di Stato italiani a dieci anni che si chiamano BTP, cioè buoni del tesoro pluriennali, e i titoli di Stato tedeschi a dieci anni che si chiamano Bund tedeschi.
Spread, come funziona
Perché si prende questa differenza come riferimento per il mercato finanziario? Perché i Bund tedeschi sono considerati i titoli di Stato più sicuri dell’area Euro, la Germania è considerata uno Stato credibile e forte dal punto di vista produttivo e quindi i suoi titoli di Stato, che sono delle obbligazioni con cui la Germania cerca capitale sul mercato, sono considerati così sicuri da poter avere dei tassi di rendimento bassissimi. L’Italia non è forte come la Germania, quindi i nostri titoli di Stato devono garantire agli investitori un tasso di rendimento più elevato. Lo spread misura la differenza tra il rendimento dei nostri titoli di Stato e quelli tedeschi. È chiaro che se il nostro Paese diventa meno credibile agli occhi degli investitori, allora lo spread tende a salire perché è chiaro che gli investitori saranno meno propensi ad acquistare i titoli di Stato italiani. Per convincerli all’acquisto l’Italia sarà costretta ad aumentare i tassi di rendimento. Purtroppo molto spesso influenza questa credibilità anche una notizia detta male o un evento politico particolare, per esempio la caduta di un governo piuttosto che la presenza di un presidente del Consiglio considerato poco credibile.
Perché Draghi è riuscito a ridurre lo spread? Perché Draghi è considerato dagli investitori e dal mercato un personaggio molto credibile, è stato presidente della BCE per otto anni, dal 2011 al 2019. Per l’Italia la sua presenza rappresenta un’ancora di salvezza, un elemento di sicurezza anche per il mercato, quindi il tasso di rendimento dei titoli di Stato è diminuito. Nei due giorni successivi all’insediamento di Draghi i titoli di Stato italiani hanno avuto un rendimento addirittura inferiore allo 0,50%, uno dei rendimenti più bassi registrati sul mercato.
Il ruolo della BCE
La Banca centrale europea è l’istituzione principale dell’Unione Europea, il suo compito principale non è quello di tenere sotto controllo le banconote e le monete, ma di tenere sotto controllo il tasso di inflazione, il livello dei prezzi. Lo fa lavorando sui tassi d’interesse. Il tasso di riferimento della BCE viene deciso dalla stessa ogni mese. Da qualche anno è pari a zero, è un tasso importante proprio per tenere sotto controllo i consumi, la produzione e quindi i prezzi. Esiste infatti un legame tra il tasso di interesse di mercato e il livello dei prezzi. Quando la BCE decide di abbassare i tassi d’interesse è come se aumentasse la liquidità sul mercato, le imprese e le famiglie possono ottenere prestiti a tassi più bassi quindi questo aumenta la produzione, aumenta anche i consumi, l’economia cresce e parallelamente crescono anche i prezzi. Il tasso di inflazione aumenta. Quando la BCE decide di aumentare i tassi d’interesse attua una cosiddetta politica restrittiva, quindi la liquidità si riduce sul mercato, i prestiti per le imprese e le famiglie diventano più costosi, si verifica una restrizione a livello di produzione e di consumi e quindi il livello dei prezzi diminuisce, il tasso di inflazione viene così tenuto sotto controllo.
Cos’è il PIL
Partiamo da un titolo del Sole 24 Ore: “Recovery plan, l’economia italiana ripartirà dal turismo che vale il 12% del Pil”. Leggiamo anche questo titolo del Corriere della Sera: “Investimenti digitali con il PNRR, le cinque rivoluzioni che cambieranno l’Italia”. Di cosa stiamo parlando?
Il PIL è l’acronimo di prodotto interno lordo ed è la somma di tutti i beni e servizi che vengono prodotti in un determinato periodo di tempo all’interno di un Paese. Se parliamo del PIL in Italia nel 2020 il PIL rappresenterà la somma di tutti i beni e servizi prodotti all’interno dell’Italia nel 2020 sia da imprese italiane che da imprese estere. Il PIL può essere a valori correnti, a valori di mercato, e ovviamente sarà influenzato dal tasso di inflazione, cioè dal livello dei prezzi del periodo, oppure può essere a valore nominale, in questo caso si prende come riferimento il livello dei prezzi di un determinato anno e si valuta quanto è cresciuta o diminuita la produzione di beni e servizi. Il PIL rappresenta quindi un indicatore della crescita economica di un Paese, è chiaro che un PIL in diminuzione oppure un PIL stazionario è un problema perché significa che la produzione non è cresciuta nel periodo. Esiste anche il PIL pro capite, che è il PIL complessivo diviso per il numero degli abitanti e rappresenta un indicatore del benessere economico dei cittadini di un Paese.
Recovery plan e PNRR, significato e funzionamento
Recovery plan e PNRR in Italia sono sinonimi perché il PNRR è il piano nazionale di ripresa e resilienza, è il recovery plan dell’Italia. Il recovery plan è un piano programmatico che tutti i Paesi europei hanno presentato all’Unione Europea entro il 30 aprile e che rappresenta l’insieme di tutti i progetti che i Paesi realizzeranno nei prossimi tre anni per utilizzare i fondi che la Commissione Europea ha messo a disposizione, 750 miliardi di euro per tutti i paesi dell’UE, che dovranno risollevare l’economia dell’area Euro. Per l’Italia si tratta di più di 220 miliardi di euro che dovranno essere utilizzati per progetti e investimenti che riguarderanno i prossimi tre anni ma non solo. Il nostro piano si chiama piano di ripresa e resilienza proprio perché non è soltanto finalizzato a far riprendere l’economia dopo la pandemia, l’obiettivo è quello di fare degli investimenti strutturali che possano rendere il nostro Paese resiliente, resistente e adattabile a nuove crisi economiche.
Si lavorerà in aree come digitalizzazione, pubblica amministrazione, turismo, i giovani, il Sud, le infrastrutture, la parità di genere. Aree molto importanti e strategiche che bisogna sviluppare per far ripartire l’Italia.
Debito pubblico e debito buono
In questo modo però creiamo del debito. Il Corriere della Sera titola: “Debito pubblico ai massimi da oltre cento anni”. Draghi parla anche di “debito buono”.
I 750 miliardi messi a disposizione dalla Commissione Europea rappresentano un debito per l’Europa, che dovrà chiedere anche ad alcuni investitori parte di questi fondi emettendo dei titoli di Stato, i cosiddetti recovery bond. Anche l’Italia ha un suo debito pubblico. Il debito pubblico rappresenta l’indebitamento che l’Italia è costretta a fare ogni anno per poter coprire il suo fabbisogno. Fabbisogno in termini di risorse che possono essere utilizzate per coprire la pubblica amministrazione oppure per coprire investimenti e stanziamenti, per esempio alle imprese e alle famiglie. Questo indebitamento viene realizzato emettendo titoli di Stato, tra cui ad esempio i BTP di cui ci siamo occupati in precedenza. Debito significa che ci sono persone che prestano dei soldi allo Stato italiano e che questi soldi dovranno essere restituiti dallo Stato in termini di capitale e anche in termini di interesse, quindi il debito pubblico genera anche altro debito pubblico, si parla di deficit annuo. Noi abbiamo un debito pubblico enorme, se andiamo a fare il rapporto tra debito pubblico italiano e il nostro PIL questo rapporto è pari al 128%. Secondo le indicazioni dell’UE questo rapporto non dovrebbe superare il 60%, siamo a oltre il doppio rispetto allo standard consigliato. Il debito può essere anche non del tutto cattivo, il debito buono è quello che viene fatto per realizzare degli investimenti di lungo periodo. Se il denaro ottenuto con il debito viene investito nel migliore dei modi farà crescere l’economia, le imprese, il settore delle famiglie e quindi nel lungo termine potranno essere ottenute nuove risorse che servono a coprire il debito accumulato. È chiaro che uno spread più alto impone all’Italia di dover pagare degli interessi sui titoli di Stato più alti e di conseguenza di anno in anno aumenta il debito pubblico. Avere una riduzione dello spread significa anche poter beneficiare di una riduzione del debito pubblico negli anni a venire.
Economia circolare, cos’è e come funziona
L’agenzia di stampa ANSA titola: “Italia super potenza dell’economia circolare, ricicla il 79% dei rifiuti, il doppio della media europea e taglia la CO2”. Cosa significa?
L’economia circolare è un nuovo modello economico, attualmente il modello economico del nostro mercato è un modello lineare. Le imprese utilizzano delle materie prime e le trasformano, producono dei prodotti che poi vengono acquistati e consumati e generano anche rifiuti che devono essere gestiti. In un sistema con un modello economico di tipo circolare tutto il sistema funziona come un cerchio. L’Italia ricicla il 79% dei rifiuti, questo è un buon punto di partenza per avere un modello di tipo circolare, significa che la produzione non utilizzerà più soltanto le materie prime ma utilizzerà anche i rifiuti. Affinché il modello funzioni veramente dal punto di vista circolare non basta solo questo, tutti gli attori del mercato dovrebbero ragionare in modo diverso, i produttori devono pensare a prodotti che siano composti in modo che i singoli componenti siano riutilizzabili, prodotti che abbiano una lunga vita e che quindi non debbano essere cambiati dopo appena due anni dall’acquisto. Noi consumatori dobbiamo fare acquisti che siano il più possibile sostenibili, non acquisti usa e getta. In Italia siamo partiti bene ma non abbiamo ancora realizzato la completa trasformazione verso l’economia circolare.
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Articolo realizzato nell’ambito di “Ascolta il futuro”, un progetto di educazione ambientale, civica e digitale promosso da Altroconsumo e realizzato con i fondi del ministero dello Sviluppo economico - ripartizione 2020.