Bio, vegan, kosher, halal: cosa sono e come riconoscerli
Bio, vegan, kosher, halal sono certificazioni che sempre più spesso ritroviamo sui prodotti che acquistiamo al supermercato. Ma sappiamo cosa significano realmente e cosa comporta acquistarli? Ecco alcune dritte per comprendere meglio il loro significato ed essere certi di cosa mettiamo nel carrello.

È sempre più comune trovare sugli scaffali dei supermercati prodotti che riportano in confezione loghi come Bio, Vegan, Halal e Kosher. Che si tratti di denominazioni legate a scelte etiche, sistemi produttivi oppure che certifichino il rispetto di tradizioni culinarie legate alla religione, destreggiarsi tra le varie alternative può sembrare complesso. L'importante è conoscere le caratteristiche dei singoli loghi per poterli riconoscere. Ecco cosa c'è da sapere per scegliere consapevolmente.
Sistemi produttivi responsabili o scelte etiche
Se il biologico è un certificato che identifica quegli alimenti prodotti secondo tecniche di agricoltura e allevamento definiti da un disciplinare europeo preciso e specifico, i marchi vegetariani e vegani non sono legati ad alcun disciplinare o altra indicazione di legge e si riferiscono all’assenza di ingredienti di origine animale nell’alimento. Nella maggior parte dei casi sono ottenuti per “autocertificazione” dell’azienda richiedente. Ma le differenze sono molte altre, vediamole insieme.
Rilasciato da un ente accreditatore (e sottoposto a controlli e disciplinari previsti da una normativa specifica), il logo Biologico o Bio, se applicato a un alimento, certifica che questo è stato ottenuto secondo le tecniche di agricoltura biologica previste da norma di legge, che limitano l’utilizzo di farmaci, concimi chimici e pesticidi (fatti salvi alcuni di origine naturale, meno pericolosi per l’ambiente). I principi alla base di questa agricoltura sono:
- Protezione dell’ambiente: gli agricoltori biologici nell'Unione europea sono tenuti a rispettare i sistemi e i cicli naturali, a garantire la salute del suolo, dell’acqua, delle piante e degli animali, a contribuire a un elevato livello di biodiversità. Devono anche fare un uso responsabile dell'energia e delle risorse naturali, come ad esempio acqua, suolo e aria.
- Benessere animale: in base al trattato di Lisbona del 2009, che riconosce che gli animali hanno sentimenti, l'Unione europea e i suoi membri hanno preso in considerazione il benessere degli animali nel complesso delle attività che li coinvolgono (allevamento, trasporto, attività di ricerca). Inoltre le razze allevate devono essere robuste, resistenti alle malattie e adatte alle condizioni locali (per questo motivo spesso sono autoctone). Queste razze devono essere allevate, per quanto possibile, all’aperto e nutrite con foraggio biologico.
- Qualità dei prodotti alimentari: la qualità dei prodotti alimentari è garantita attraverso il sistema dei controlli e l’utilizzo del logo europeo. Le pratiche adottate nell’ambito della produzione biologica sono: la rotazione delle colture, rigorose restrizioni per quanto riguarda l'uso di pesticidi chimici, fertilizzanti sintetici, antibiotici e altre sostanze chimiche, il divieto di utilizzo di organismi geneticamente modificati (OGM).
Possono essere denominati biologici solo i prodotti che contengono almeno il 95% degli ingredienti di provenienza biologica. Il restante 5% può essere costituito da ingredienti non provenienti da agricoltura biologica, ma comunque autorizzati nella produzione di alimenti chi si definiscono bio. Devono essere assenti nella formulazione dei prodotti biologici aromi sintetici che rispondono alla voce “aroma/i”, mentre possono essere presenti sostanze aromatizzanti naturali, ad esempio “mentolo naturale”, “bacche di vaniglia” e preparazioni aromatiche naturali o “aromi naturali” senza bisogno di ulteriore specificazione.
In un prodotto trasformato biologico possono essere presenti solo alcuni additivi, espressamente autorizzati per legge. Anche gli ingredienti OGM sono vietati (anche se è ammessa una contaminazione accidentale fino allo 0,9%, come per gli alimenti non bio).
Il logo comunitario
Quando un prodotto si definisce biologico in etichetta deve essere riportato il logo comunitario che identifica i prodotti ottenuti da agricoltura biologica, rappresentato da una foglia stilizzata costituita da 12 stelline bianche su sfondo verde. Il logo può essere presente sul fronte o sul retro della confezione e in etichetta deve essere riportato obbligatoriamente anche il numero di codice dell’organismo di controllo cui è soggetto l’operatore che ha effettuato la produzione o preparazione più recente. Tale codice inizia con la sigla identificativa dello Stato membro (IT per l’Italia) o del Paese terzo, cui viene affiancato un termine che rinvia al metodo di produzione biologico (BIO nel caso dei prodotti etichettati in lingua italiana) e da un numero, al massimo di 3 cifre, assegnato dalle autorità competenti e che identifica l’autorità o l’organismo cui è stato demandato il controllo. Un esempio in etichetta è: IT BIO XXX.
In presenza sull’etichetta di un prodotto biologico del logo comunitario, il regolamento obbliga l’operatore a riportare un’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto. Questa indicazione deve comparire nello stesso campo visivo del logo e deve essere presentata in una delle seguenti forme:
- Agricoltura UE, quando la materia prima agricola è stata coltivata nella UE
- Agricoltura non UE, quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi
- Agricoltura UE/non UE, quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nella Comunità e parte di essa in un paese terzo
Queste indicazioni possono essere sostituite o integrate con l’indicazione di un Paese nel caso in cui tutte le materie prime agricole di un prodotto composto siano state coltivate in quel Paese.
Nati da poco per esigenze etico-ambientali, sulle etichette alimentari si trovano spesso loghi che indicano l’idoneità al consumo per vegetariani e vegani - ovvero che escludono il consumo di alimenti di origine animale. Non essendo normati in maniera univoca a livello Europeo, sono marchi rilasciati da enti privati alle aziendche differiscono molto l’uno dall’altro: alcuni sono apposti in etichetta tramite autocertificazione, altri invece prevedono un controllo del prodotto di terza parte.
Grazie a questa poca chiarezza a livello legislativo, molte aziende usano la scritta vegetale, vegetariano o vegano sui propri prodotti, stabilendo in maniera autonoma e senza un disciplinare l’appartenenza etica del prodotto (consapevoli di dover rispondere unicamente alle responsabilità e alle pratiche leali d’informazione imposte dalla legge).
Dal punto di vista alimentare, sono marchi che generalmente vengono applicati a prodotti trasformati ricchi di ingredienti di diversa origine ( come snack, gelati, patatine, pani): la loro funzione, infatti, è quella di assicurare al consumatore la conformità del prodotto all’utilizzo in una dieta vegetariana e vegana. Non avrebbe senso ad esempio che l'olio extravergine d’oliva riporti il logo vegano poiché le materie prime utilizzate per la produzione, così come i processi lo rendono già di per sé idoneo.
Le certificazioni
I primi a essersi affermati sul mercato sono stati i marchi rilasciati da V-Label con il patrocinio dell’Associazione Vegetariana Italiana (AVI). Successivamente si è affermata sul mercato il marchio VeganOK creata dall’omonimo ente. Sui prodotti italiani possiamo trovare:
- Qualità vegetariana
- Qualità vegetariana Vegan
- VeganOk
Il marchio Qualità vegetariana viene utilizzato per i prodotti vegetariani che contengono ingredienti di origine animale BIO e che non hanno comportato sacrificio di animali, mentre Qualità vegetariana Vegan si utilizza per i prodotti che escludono completamente l’utilizzo di ingredienti di origine animale (sui prodotti in vendita sui mercati internazionali troviamo V-vegetarian e V-vegan). Il rilascio di questi loghi prevede il controllo e l’approvazione documentale del prodotto da certificare, senza una terza parte, anche se viene spesso coinvolto un ente esterno che analizza e controlla fisicamente le linee produttive. Sfortunatamente però queste certificazioni sono poco utilizzate, probabilmente a causa della maggior esposizione dell’azienda richiedente e del costo.
Più economica e fruibile dalle aziende, quindi più presente sui prodotti alimentari in commercio, è la certificazione VeganOK. Alla base di questa certificazione non c’è una normativa apposita, ma indicazioni fornite dall’unione Europea nella direttiva sull’etichetta “ambientale” di tipo II, ossia quella effettuata senza certificazione di terza parte indipendente.
Ciò significa che l’ente privato che rilascia il marchio crea un disciplinare in cui definisce i requisiti che i prodotti devono rispettare per ottenere il marchio stesso, e le aziende che desiderano apporre il marchio sui propri prodotti possono utilizzarlo solamente una volta verificata la conformità dei prodotti stessi alle condizioni del disciplinare (e pagata la quota prevista all'ente di certificazione). L’azienda dichiara sotto la propria responsabilità che nessuna sostanza presente nei prodotti a marchio VeganOK sia di origine animale o che implichi direttamente e volontariamente l’uccisione, la detenzione o lo sfruttamento di animali.
Soddisfatti i requisiti previsti dal disciplinare, l’azienda stessa appone in maniera autonoma il marchio di idoneità vegana, senza che vi sia alcun controllo fisico da parte dell’ente accreditatore ne tanto meno da un ente di terza parte.
Certificazioni d'identità culturale e religiosa
Questi loghi certificano il rispetto delle tradizioni culturali e religiose da parte di un prodotto alimentare. I più diffusi e presenti sui prodotti alimentari sono quelli che riguardano la comunità ebraica, ossia il logo Kosher, e quello mussulmana, ovvero Halal. In entrambe le lingue la traduzione della parola è “conforme alla legge o lecito” e riguardano soprattutto i differenti metodi di macellazione delle carni, diversi da quello occidentale. Vediamo le differenze.
Un prodotto alimentare Kosher deve rispondere alle regole principali stabilite dalla bibbia ebraica, osservate non solo dagli ebrei ortodossi ma anche da quelli osservanti. Queste regole comportano il divieto di mescolare carne e latticini nello stesso pasto, la possibilità di consumare unicamente animali ruminanti e dallo zoccolo fesso (diviso in due parti) ossia si a bovini e ovini (no quindi a conigli e suini ad esempio). Niente rettili, rapaci e pesci senza squame e pinne (crostacei e molluschi). La macellazione degli animali ammessi avviene con un solo taglio alla gola dell’animale e il dissanguamento deve avvenire completamente poiché l’ebraismo vieta il consumo del sangue.
I prodotti trasformati devono essere conformi alle leggi del Kasheruth e, per essere considerati tali, la certificazione Kosher deve essere rilasciata da apposite associazioni Rabbiniche o da altre associazioni accreditate.
La certificazione Halal garantisce che i cibi, oltre ad essere conformi alle normative italiane ed europee in tema di igiene e sicurezza, devono essere preparati secondo le regole islamiche. La carne di maiale è proibita al consumo e, come per il marchio Kosher, le carni ammesse vanno macellate senza lo stordimento dell’animale ma con il dissanguamento totale dopo l’uccisione. Inoltre sono vietati, negli alimenti e nelle bevande, alcol e sostanze inebrianti. Per quanto riguarda i prodotti trasformati, è importante che non vengano realizzati nelle stesse linee di produzione dei prodotti che non sono certificati Halal.
Tutti gli ingredienti complessi, come il formaggio grattuggiato, i condimenti, le spezie e gli additivi, per essere utilizzati nei prodotti con tale certificazione devono essere esaminati e approvati dall' Autorità Halal Italia affichè non siano ottenuti da animali proibiti, vegetali inebrianti, microbi o fonti sintetiche “haram” (quindi, in arabo, proibite) e che tutti questi non abbiano alcol al loro interno. I prodotti vengono certificati quindi dall'autorità o da enti accreditati da questa, la quale opera in sinergia con la Comunità religiosa islamica italiana.
Qual è il nostro parere
Il biologico è un sistema di produzione collaudato e certificato, che segue regole precise definite da norme europee. Acquistare prodotti biologici significa contribuire alla sostenibilità dell’ambiente e del territorio. Non dobbiamo pensare, però, che il consumo di prodotti biologici abbia un impatto più positivo sulla nostra salute rispetto al consumo di prodotti convenzionali.
Sulle dichiarazioni vegetariane e vegane ci sono molte perplessità, in quanto l’autodichiarazione non rappresenta una garanzia per i consumatori e le aziende che richiedono ulteriore certificazione presso enti terzi sono poche. Chi osserva una dieta vegetariana o vegana dovrebbe cercare il più possibile di acquistare prodotti semplici, locali e di origine vegetale, che per loro natura sono già indicati per vegetariani e vegani, limitando il ricorso ad alimenti trasformati che richiede la necessità di affidarsi a certificazioni non completamente affidabili.
Le certificazioni d’identità culturale e religiosa sono indicate per i membri delle rispettive comunità. Rispondono quindi in primo luogo a delle esigenze comunitarie di carattere etico, pertanto non implicano direttamente un valore aggiunto a livello qualitativo sul prodotto e se non si fa parte di una di queste comunità il loro acquisto risulta superfluo.
Contenuto realizzato nell’ambito del progetto La Spesa Che Sfida finanziato dal Ministero dello sviluppo economico (DM 7 febbraio 2018)