Inquinanti ambientali nei cibi. Le nostre analisi
Le analisi su più di 150 prodotti rivelano la presenza diffusa di inquinanti ambientali come diossine e pcb nella filiera alimentare. Bisogna intervenire per limitare la sovraesposizione, soprattutto dei bambini.
- di
- Simona Ovadia

Diossine e Pcb sono ancora un pericolo per la nostra salute perché, sebbene si siano sostanze non più utilizzate nell’industria, sono inquinanti molto persistenti che entrano ancora oggi nella catena alimentare. Paghiamo ancora, di fatto, il loro uso e la mancanza di regole per la tutela dell’ambiente avvenuti in passato.
Lo dice la nostra inchiesta su più di 150 prodotti alimentari: con una dieta basata sugli alimenti più consumati, in Italia il limite di esposizione settimanale stabilito dall’Autorità per la sicurezza alimentare viene sempre superato. Ma se per un uomo adulto di circa 70 chili di peso la soglia di tolleranza viene sorpassata di pochissimo, nel caso dei ragazzi e ancor più dei bambini piccoli (di circa 20 kg, 5 anni) la soglia di esposizione accettabile alla diossina e ai Pcb “diossina-simili” viene superata di quasi tre volte.
Carne e pesce a rischio
Entrambi questi inquinanti tendono a concentrarsi nei tessuti grassi degli animali e nei grassi di derivazione animale, mentre sono meno presenti negli alimenti di origine vegetale. Ecco perché la carne bovina, ovina, suina, il pollame, i pesci e i frutti di mare sono i cibi considerati più a rischio, insieme a latte, formaggi, altri latticini e uova. In generale gli alimenti, soprattutto quelli di origine animale, rappresentano la fonte principale dell’esposizione umana globale alle diossine e ai Pcb. Infine, più l’ambiente è inquinato, maggiore sarà la quantità di queste sostanze nel piatto che portiamo a tavola.
I rischi per la salute
L’accumulo nell’organismo di diossine e Pcb diossina-simili è responsabile di diversi processi patologici. Queste molecole, infatti, agiscono sul sistema riproduttivo, riducendo il numero di spermatozoi, sulle ossa e i denti, contribuendo alla loro demineralizzazione. È certo, inoltre, che l’esposizione alle diossine predispone fortemente le cellule a modificazioni, con una chiara azione cancerogena.
Cosa fare, quindi?
Per ridurre l’esposizione dell’uomo alle diossine e ai Pcb è necessario agire alla fonte. Ciò significa, prima di tutto, non solo rispondere prontamente alle emergenze ambientali (pensiamo, ad esempio, agli incendi boschivi o agli incidenti industriali con conseguenti sversamenti), ma anche mettere in atto azioni mitigatrici e contenitive nelle aree dove questi inquinanti sono maggiormente presenti nel suolo o nelle acque, che siano efficaci nel ridurre la presenza di questi contaminanti nell’ambiente e nella catena alimentare. Questo significa anche abbassare i livelli massimi ammessi per legge negli alimenti, che attualmente non proteggono a sufficienza la popolazione italiana e più in generale europea.