Chatbot e AI: come li usano (davvero) le persone e cosa possono fare
Addestrati su enormi quantità di dati testuali, i chatbot con intelligenza artificiale sono in grado di comprendere il contesto delle conversazioni, interpretare le sfumature del linguaggio e generare risposte naturali e pertinenti. Grazie all’apprendimento continuo possono diventare strumenti fondamentali per la nostra quotidianità. Ma come li utilizzano le persone? Abbiamo chiesto a diversi utenti di raccontarci la loro esperienza.

L’intelligenza artificiale è la grande novità informatica degli ultimi mesi, un campo che vede innovazioni e miglioramenti succedersi a gran ritmo, un po’ come accadeva nei primi periodi dell’arrivo degli smartphone. La novità più recente è che, come già accaduto per i social network quando è arrivato TikTok, l’egemonia americana nel campo dei cosiddetti chatbot AI (dove AI sta per artificial intelligence, intelligenza artificiale in italiano) è stata scossa dall’arrivo della concorrenza cinese: ai già noti ChatGPT, Gemini, CoPilot e Grok si sono affiancati DeepSeek (sviluppata dall’omonima azienda con sede a Hangzhou) e Qwen (sviluppato da Alibaba, multinazionale con sede nella stessa città).
In particolare DeepSeek ha fatto parlare molto di sé perché stando a quanto dichiarato è stato sviluppato impiegando una frazione delle risorse necessarie per sviluppare i concorrenti americani, sia per quanto riguarda il costo vero e proprio che per quanto riguarda l’energia consumata, il che è un’ottima notizia, essendo i modelli di intelligenza artificiale notoriamente voraci.
Ma quanto sono diffusi i chatbot tra le persone? E per cosa vengono utilizzati? Abbiamo effettuato un'indagine sulla nostra piattaforma ACmakers per avere un'idea più precisa, ecco quali sono i risultati.
Torna all'inizioIn quanti utilizzano gli strumenti di AI e quali vengono utilizzati
Abbiamo interpellato un campione di circa millequattrocento utenti comuni all'interno della nostra piattaforma ACmakers per indagare il loro rapporto con gli strumenti di intelligenza artificiale.
Come mai non utilizzi gli strumenti di AI?
Prima di osservare il parere di chi li usa, vediamo quali sono le ragioni delle 441 persone che hanno risposto di non utilizzarli. In cima tre c'è “non saprei per cosa usarli” seguito da “non mi fido” e da “vorrei usarli ma non so come si fa”. Minoritarie le altre risposte, come la mancanza di interesse o la non conoscenza.
Quali sono gli strumenti di AI più diffusi?
Tra i mille intervistati che hanno detto di utilizzare questi strumenti, ChatGPT (lo strumento che per primo è arrivato al grande pubblico) la fa da padrone: solo 51 utilizzatori dei chatbot hanno risposto che non lo usano mai, mentre 399 persone lo usano spesso o sempre e altri 391 ogni tanto. Secondo, ma a grande distanza, tra gli strumenti utilizzati è Gemini, sviluppato da Google, seguito da CoPilot di Microsoft. I due chatbot di origine cinese sono ancora poco utilizzati, così come Grok, il chatbot integrato in X (ex Twitter). Alcuni utenti ci hanno segnalato di utilizzare anche altri chatbot tra cui Claude, Perplexity, Mistral.
Quanto ritieni affidabili gli strumenti di AI?
Abbiamo chiesto ai nostri utenti quanto ritengono affidabili le risposte ottenute dai chatbot, e qui non ci sono grandi differenze tra un sistema e l'altro: la gran parte delle risposte si assesta su "abbastanza". ChatGPT risulta comunque quello che riscuote più fiducia tra i suoi utenti, Qwen quello che ne riscuote meno. Discorso simile anche per le risposte alla domanda "Quanto sono diventati utili questi strumenti nelle tue attività quotidiane?": prevale "abbastanza", con ChatGPT in testa e Qwen in coda.
Quanto sono diffusi gli strumenti di AI diversi dai chatbot?
La domanda "Hai mai usato altri strumenti di Intelligenza Artificiale diversi da un Chatbot, per esempio i sistemi per disegnare come Dall-E o MidJourney?" mostra come i chatbot per il momento la facciano da padrone tra gli strumenti basati sull’intelligenza artificiale: solo 160 persone su 1000 hanno usato qualche altra tipologia di IA.
Torna all'inizioCome vengono utilizzati i chatbot
La parte più interessante dell'indagine è quella in cui gli utenti ci hanno raccontato come utilizzano questi strumenti: siamo ancora agli inizi, ma già si vede quanto è grande la varietà degli impieghi possibili. Ecco quali sono gli utilizzi più diffusi dei chatbot, in ordine di utilizzo, secondo le risposte dei 1000 intervistati.
- Scrivere un testo (711/1000)
- Trovare risposte a domande e problemi in compiti ed esami (550/1000)
- Dare sfogo alla propria fantasia e generare immagini (529/1000)
- Assistente per individuare servizi convenienti (340/1000)
- Aiuto per trovare ispirazione nella composizione di biglietti d'auguri (325/1000)
- Aiuto nell'organizzare itinerari di viaggio (313/1000)
- Utilizzo per sostenere lunghe conversazioni senza uno scopo pratico diretto (303/1000)
- Aiuto per presentazioni in PowerPoint (200/1000)
In questa domanda abbiamo anche lasciato la possibilità di raccontarci più nel dettaglio che uso viene fatto di questi strumenti, e le risposte sono interessanti e variegate. Di seguito una breve selezione.
“Ho iniziato per curiosità, poi più seriamente per correggere dei compiti di inglese per mia figlia... al momento ancora mi stupisco di quello che un'AI è capace di fare ma l'utilizzo è ancora minimo.”
“Approfondire argomenti di storia, letteratura, filosofia, scienze, trovare facilmente risposte a domande di ogni genere, fare calcoli e operazioni matematiche, aiuto professionale in ambito medico. Non sono utili dove le mie conoscenze di base sono molto carenti, nell’aggiornamento in tempo reale, in ambito statistico.”
“Aiuto nello scrivere formule Excel”
“Al posto di ricerca su Google mi sembra che le risposte siano più complete, una specie di riassunto dei risultati dei motori di ricerca.”
“Per montaggio ed editing video, e per chiedere consigli su come riparare apparecchi elettronici”
“Sono molto utili per le spiegazioni di concetti economici (che studio all'università) e perché riescono in pochi secondi a cercare su centinaia di siti diversi, cosa che io impiegherei ore a fare.”
“Lavoro nella pubblica amministrazione: l'AI mi è utile per analizzare e riassumere documenti e circolari e per redigere documenti che comportano la citazione di articoli e riferimenti di legge. Effettuo comunque sempre un'opera di revisione e verifica finale.”
“Mi sono molto utili per assistere mia figlia dsa nei compiti e nello studio orale.”
“Per sintetizzare dei testi particolarmente voluminosi, per eseguire delle ricerche per le quali, avendo già utilizzato i motori di ricerca tradizionali, i risultati ottenuti non sono stati sufficienti, per ottenere possibili soluzioni per problemi apparentemente insolubili”
I chatbot sostituiscono Google?
E quali sono, infine, le risposte alla domanda forse più temuta da Google e dagli altri produttori di motori di ricerca tradizionali, ovvero "con quale frequenza utilizzi strumenti di intelligenza artificiale al posto dei motori di ricerca?" Circa la metà degli intervistati (432 persone) hanno risposto "ogni tanto", 199 "spesso" e 26 addirittura "sempre". Solo 254 persone hanno risposto "raramente" e 89 "mai".
I chatbot più diffusi
Ogni giorno salta fuori un nuovo chatbot che differisce per alcune caratteristiche (promette funzionalità diverse) rispetto a quelli già esistenti. Vediamo però, più nel dettaglio, quali sono i sei più diffusi attualmente e come sono fatti.
ChatGPT
Il più famoso e più utilizzato tra i chatbot odierni è ChatGPT, sviluppato dall'americana OpenAI. Mantiene in memoria la cronologia delle conversazioni, da cui volendo si possono eliminare singoli elementi. Offre una versione gratuita e una "Pro" a pagamento, che utilizza un modello computazionale più avanzato; per la maggior parte degli utenti la versione gratuita è più che sufficiente, ma presenta un limite al numero di domande che gli si possono rivolgere in un giorno. Integra al suo interno anche le capacità di Dall-E, un creatore di immagini specializzato (anche questo di uso limitato per gli utenti della versione gratuita). È molto aggiornato e in grado di effettuare ricerche sul web, per fornire risposte anche ai quesiti di più stretta attualità. Ha un'app per iOS e Android.
Copilot
Sviluppato da Microsoft, Copilot ha un funzionamento molto simile a ChatGPT. Tra le principali differenze: non conserva in memoria la cronologia delle conversazioni passate e non ha limiti di utilizzo. Inoltre può lavorare in sinergia con programmi Microsoft classici come Word, Excel, PowerPoint e Teams per scrivere documenti, analizzare dati o creare presentazioni, e può anche gestire email e calendari all'interno di Outlook. Nelle nostre prove si è comportato bene con i quesiti di attualità, grazie all'integrazione con le funzioni di ricerca sul web tradizionale. Interessante il fatto che aggiunga note a piè pagina, per aggiungere affidabilità alle sue risposte (l'incertezza sull'affidabilità delle risposte è attualmente uno dei principali problemi dei chatbot AI). Offre anche la versione Pro a pagamento.
DeepSeek
Sviluppato dall'omonima azienda cinese, DeepSeek è il chatbot che ha cambiato le carte in tavola, grazie al suo impiego di risorse più contenuto rispetto a ChatGPT. È finito nel mirino del nostro Garante della privacy per via di problematiche nel trattamento dei dati degli utenti, ragion per cui attualmente in Italia è utilizzabile solo tramite il sito mentre l'app non è disponibile per essere installata sui nostri telefoni. Rispetto a ChatGpt attualmente le sue funzionalità sono più limitate: non crea immagini, non sa interpretarle (ma è in grado di estrarre testo da un'immagine caricata), non consente conversazioni vocali e nonostante possieda la funzionalità di ricerca su web nel periodo in cui abbiamo fatto le prove non funzionava e dunque i risultati non erano aggiornati. Non risponde a domande relative ad argomenti delicati per il governo cinese.
Gemini
Sviluppato da Google, Gemini presenta un'interfaccia "classica" a finestre di testo, ma con l'app lo si può anche usare in modalità conversazione: gli si può parlare e risponderà a voce. Non ha limiti al numero di domande che si possono porre. Sta per essere integrato con gli altri strumenti del gigante californiano: è accessibile dalla barra degli indirizzi di Google Chrome scrivendo "@Gemini", per le sue risposte sa utilizzare Google Maps o YouTube, se lo autorizziamo può accedere a Gmail e fare un riassunto delle mail che abbiamo ricevuto. Ora è stato integrato nei risultati delle classiche ricerche su Google, attraverso la funzione "AI Overview". Attualmente evita ogni riferimento politico, non rispondendo nemmeno a domande del tutto innocue come "Chi è il presidente della Repubblica italiana?". Ha anche una versione Advanced a pagamento, che svolge compiti più complessi.
Grok
Il chatbot che più si distingue dagli altri, per via della sua integrazione con il social network X (l'ex Twitter) è Grok. Vi si accede cliccando sul simbolo di Grok dalla homepage di X. Oltre all'uso normale, è interessante l'uso applicato a X: gli si può chiedere un'analisi di un qualunque utente del social e se ne otterrà un breve riassunto. Per un breve periodo è stato disponibile anche un analogo pulsante "explain this post", che cercava di spiegare e contestualizzare il contenuto di un tweet. Nel momento in cui scriviamo questa funzionalità non è più disponibile direttamente come opzione, ma si può ottenere un risultato simile commentando un post scrivendo "@grok" e aggiungendo la propria domanda. Non accetta input audio (ovvero: non si può dargli comandi a voce, bisogna scrivergli) e ha un limite di utilizzo di 15 domande ogni due ore.
Meta AI
Da qualche settimana, su WhatsApp di tantissimi utenti è comparsa un'icona circolare blu, verde e viola nella schermata principale: è Meta AI ed è l'assistente virtuale basato sull'intelligenza artificiale di Meta (proprietaria anche di Facebook e Instagram). Permette di fare domande, ricevere consigli, traduzioni, spiegazioni e suggerimenti in tempo reale, anche nei gruppi se taggata con @MetaAI. Non legge le chat private, che restano protette dalla crittografia. Attualmente non può essere né scaricata né rimossa manualmente. L'attivazione avviene automaticamente con gli aggiornamenti dell'app e le funzioni più avanzate (generazione di immagini o modifica di contenuti), non sono ancora disponibili in Italia. Se non vuoi usarla, puoi semplicemente ignorarla senza conseguenze: basta non interagire con l'icona e non menzionarla nelle conversazioni.
Torna all'inizioCosa sa fare un chatbot AI?
Le applicazioni che fanno uso dell’Intelligenza Artificiale sono tante e anche molto diverse tra loro. Ad aver catturato l’attenzione del grande pubblico in questi mesi sono i cosiddetti chatbot o LLM (“Large Language Model”), modelli di intelligenza artificiale addestrati con enormi quantità di dati e in grado di interagire con gli utenti comprendendo ciò che dicono, svolgendo compiti di vario tipo (per esempio tradurre, proporre ragionamenti, generare testi) e rispondendo alle domande attraverso una conversazione svolta con linguaggio naturale.
All’interno di questa categoria si possono individuare due categorie diverse: i chatbot generalisti, di cui ci occupiamo in questo articolo, che possiedono un ampio ventaglio di conoscenze e sono rivolti al grande pubblico, e quelli più specializzati, addestrati su insiemi circoscritti di dati e per ora rivolti principalmente a una clientela professionale, come strumento supporto, per esempio nel campo della medicina, della ricerca biomedica o della finanza.
Creazione testi
Un chatbot può aiutarti a comporre testi (per esempio puòessereusato per superare il blocco dello scrittore, dando spunti sull’inizio di un articolo o sulla prosecuzione di un racconto), riassumere libri o articoli, aiutarti con i compiti, scrivere una mail in un linguaggio formale, scrivere codice informatico e moltissimo altro ancora. Tra le caratteristiche comuni a tutti i chatbot ci sono che:
- sono in grado di capire le nostre richieste e rispondere usando un linguaggio indistinguibile da quello umano
- l’interazione può avvenire per iscritto o, in molti casi, anche parlando.
- non c’è bisogno di conoscere un linguaggio di programmazione: fai finta di avere di fronte a te un assistente che sa tantissime cose e chiedigli ciò di cui hai bisogno.
Interpretazione immagini
Un compito per il quale i chatbot sono molto portati è l’interpretazione delle immagini. Per esempio, puoi scattare una foto con il telefono a una pianta e chiedere come si chiama, oppure caricare immagini già salvate sul PC o sullo smartphone e chiedere di descriverne il contenuto.
Creazione di immagini e disegni
Molti dei chatbot generalisti sono anche in grado di creare disegni a partire dalle nostre richieste scritte. Vuoi disegnare la Monna Lisa come l’avrebbe disegnata Salvador Dalì? Non c’è bisogno di saper tenere una matita in mano, basta chiederlo.
Come per il testo, anche per le immagini i chatbot considerano il contesto della conversazione, per cui una volta generata un’immagine si può chiedere di affinarla, per esempio cambiando lo stile, l’inquadratura, aggiungendo o togliendo elementi dal disegno, etc.
Torna all'inizioCosa non sa fare un chatbot AI?
Per utilizzare al meglio questi programmi, bisogna anche capirne i limiti. Il limite principale è che le enormi quantità di dati usati per addestrarli sono aggiornate fino a un certo punto.
Come si comportano con l'attualità?
Se stiamo indagando qualcosa di stretta attualità, probabilmente il chatbot non è lo strumento migliore: meglio la cara vecchia ricerca con Google. Per esempio, se si ricercano informazioni sul Festival di Sanremo di quest'anno, è possibile che i chatbot facciano confusione e non forniscano dati corretti (su presentatore, artisti in gara, vincitore...) perché non possono elaborare dati aggiornati.
Per ovviare a questo problema, ormai quasi tutti i chatbot principali includono la funzionalità di ricerca sul web, di cui però rielaboreranno i risultati, in modo da presentarli nello stile del chatbot (quindi come risposta unica) e non con il tradizionale elenco di pagine web.
Come faccio a sapere se quello che dice un chatbot è vero?
Attualmente con un chatbot è più difficile capire se e quando fidarsi della risposta ottenuta rispetto a un tradizionale motore di ricerca. Quando facciamo una ricerca classica, i risultati che otteniamo sono “firmati”: il sito su cui li leggiamo ci dà una idea piuttosto precisa del grado di attendibilità della risposta. Viceversa, la risposta fornita da un chatbot è di fonte ignota e a noi che la leggiamo mancano gli elementi per valutare se fidarci oppure no, e il tono autorevole della risposta, sommato al fatto che le risposte in effetti spesso sono pertinenti, può trarre in inganno.
Per esempio, chiedendo informazioni su un romanzo (specificando il titolo) può accadere che nella risposta venga citato come autore del romanzo un nome sbagliato, e come trama del romanzo una storia che non ha nulla a che vedere con quella del libro richiesto. Ma questo lo può sapere solo chi conosce il vero contenuto del libro, mentre chi è a digiuno dell’argomento rischia di essere ingannato dal tono sicuro della risposta fornitaci dal chatbot, che risulta essere totalmente inventata, quindi fate attenzione!
Come soluzione attuale a questa problematica, sono apprezzabili l’approccio di Copilot, che include nelle sue risposte delle note a pie’ pagina e quello di Gemini, che fornisce la funzionalità di verifica della risposta. Non è un caso che questi strumenti siano sviluppati rispettivamente da Microsoft e Google, ovvero due aziende con pluridecennale esperienza nel campo dei motori di ricerca tradizionali.
Torna all'inizioI chatbot e la censura
Infine c’è il problema della censura. Sono note le restrizioni del governo cinese relative alla discussione di determinati argomenti, e a quanto pare tali restrizioni si applicano anche ai chatbot sviluppati in Cina. La politica però è in generale un tema delicato per tutti, anche per i chatbot sviluppati in occidente, al punto che Gemini, sviluppato da Google, in questo momento non risponde a una domanda del tutto innocua come “Chi è il Presidente della Repubblica Italiana?”. Da notare che, facendo prove nel corso di questi mesi, abbiamo visto che le restrizioni su argomenti sensibili cambiano con una certa frequenza, chiaro segno del fatto che la via ottimale va ancora trovata.
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