Furto e manipolazione di immagini online: come difendersi da foto rubate e deepfake
Dal caso “Mia moglie” ai forum come Phica, fino ai deepfake creati con l’intelligenza artificiale: le immagini online possono trasformarsi in un’arma contro la privacy. Ecco i rischi più comuni e come difendersi.

In questo articolo
- Immagini online: perché la privacy è a rischio anche sui social
- Diffusione di foto senza consenso: cosa dice la legge
- Deepfake e foto manipolate con l’IA: il nuovo pericolo
- Come proteggere le proprie immagini online e scoprire abusi
- Cosa fare e a chi rivolgersi se si è vittima di diffusione illecita
La chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie” e della piattaforma Phica.eu ha riportato sotto i riflettori un tema che non riguarda soltanto i forum “segreti” del web, ma la vita digitale di ciascuno di noi: la tutela delle proprie immagini online.
In quei gruppi – frequentati da decine di migliaia di persone – foto intime di donne, condivise senza il loro consenso, venivano esposte come merce, accompagnate da commenti sessisti e offensivi. Alcune vittime hanno raccontato di essersi sentite “spezzate”, tradite, ridotte a oggetti. Ma questa è solo la punta dell'iceberg. Basta anche molto meno che finire in un forum di guardoni per subire una violazione: anche una semplice immagine condivisa in buona fede può trasformarsi in un rischio.
In un’epoca in cui ogni foto diventa un dato personale potenzialmente replicabile all’infinito, proteggere la propria identità digitale non è un lusso, ma una necessità. La tecnologia – dai social network alle app di intelligenza artificiale che creano falsi nudi – ha reso più sottile la linea che separa la libertà di espressione dalla violazione della dignità. Ed è proprio qui che occorre essere consapevoli e preparati.
Torna all'inizioImmagini online: perché la privacy è a rischio anche sui social
La condivisione “leggera” di foto sui social può avere conseguenze pesanti. È accaduto, ad esempio, con i minori, quando i tribunali hanno imposto a genitori di cancellare immagini dei figli dai social per evitare rischi di abusi. O con i documenti smarriti pubblicati per rintracciare i proprietari: un gesto apparentemente utile, ma che espone la persona al furto d’identità.
Oggi la questione è ancora più complessa perché le immagini circolano e si trasformano in tempi rapidissimi. Un esempio recente è arrivato dal concerto dei Coldplay: una coppia inquadrata dalla “kiss cam” è stata riconosciuta in poche ore, identificata online e messa alla gogna digitale. In quel caso le riprese erano legittime – chi partecipa a un evento pubblico accetta la possibilità di essere filmato – ma la diffusione incontrollata ha avuto effetti devastanti: la caccia all’identità ha travolto le vite private dei protagonisti, rivelando un tradimento e alimentando i commenti online, fino a portare al licenziamento dei due manager ripresi.
Un caso che dimostra quanto sottile sia il confine tra visibilità pubblica e violazione della privacy, e quanto rapidamente un’immagine possa trasformarsi da momento di leggerezza a questione di reputazione, lavoro e dignità personale.
Torna all'inizioDiffusione di foto senza consenso: cosa dice la legge
Il nostro ordinamento tutela l’immagine come un dato personale. Pubblicarla senza consenso è vietato, salvo poche eccezioni: quando si tratta di eventi pubblici, personaggi noti, finalità giornalistiche, scientifiche o di giustizia.
Ma ci sono limiti invalicabili: non si possono mai diffondere immagini che ledono l’onore o il decoro di una persona. Foto intime o compromettenti rientrano a pieno titolo in questa categoria, tanto che il Codice Rosso (legge 69/2019) ha introdotto il reato specifico di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Le pene sono severe: da uno a sei anni di carcere e multe fino a 15mila euro. In più, l’AI Act mira a impedire che sistemi di intelligenza artificiale ledano la dignità, la privacy e la sicurezza delle persone, includendo tutele specifiche per situazioni di rischio che coinvolgano la reputazione, l’immagine o la libertà individuale.
Particolare attenzione va posta ai minori. Le sentenze hanno più volte stabilito che anche i genitori devono essere cauti: la pubblicazione di foto dei figli senza il consenso di entrambi può comportare l’obbligo di rimozione e, in alcuni casi, anche il pagamento di risarcimenti.
Torna all'inizioDeepfake e foto manipolate con l’IA: il nuovo pericolo
Negli ultimi anni, la questione ha assunto una dimensione nuova e ancora più preoccupante: quella dei deepfake generati dall’intelligenza artificiale. Le app di “nudificazione” permettono infatti di trasformare una foto normale in un falso nudo, diffondendolo online come se fosse reale.
Il fenomeno non è marginale: secondo Indicator, l’economia della nudificazione può valere fino a 36 milioni di dollari l’anno. Un sondaggio Save the Children ha rivelato che un giovane su cinque in Spagna è stato vittima di un deepnude prima dei 18 anni. Non solo adulti, quindi, ma soprattutto adolescenti: i più vulnerabili e meno attrezzati per affrontare le conseguenze.
Torna all'inizioCome proteggere le proprie immagini online e scoprire abusi
Non esiste una protezione assoluta, ma ci sono accorgimenti che riducono notevolmente i rischi:
- prima di pubblicare, chiedersi: “Cosa potrebbe succedere se questa immagine finisse nelle mani sbagliate?”;
- limitare la condivisione di contenuti personali: evitare foto intime, ma anche immagini troppo dettagliate della vita quotidiana come geolocalizzazioni, indirizzi, documenti smarriti. Ogni dato caricato online può sfuggire al controllo;
- gestire bene la privacy sui social: valutare la possibilità di impostare restrizioni sulla visibilità dei post, scegliere con attenzione gli “amici” o follower e controllare periodicamente le impostazioni di sicurezza;
- proteggere i propri archivi digitali: bloccare l’accesso non autorizzato ai cloud con password robuste e autenticazione a due fattori;
- verificare se circolano immagini non autorizzate: si possono utilizzare strumenti di ricerca inversa delle immagini (come Google Images o TinEye) per scoprire se una foto personale è stata caricata altrove, oppure attivare Google Alert sul proprio nome per monitorare eventuali abusi.
Accorgersi di essere vittima non è semplice: spesso ci si rende conto del problema solo quando qualcuno segnala un contenuto o quando un gruppo viene chiuso dalle autorità. Tuttavia, controllare periodicamente la propria “impronta digitale” può aiutare a scoprire in tempo eventuali violazioni e a intervenire più rapidamente.
Torna all'inizioCosa fare e a chi rivolgersi se si è vittima di diffusione illecita
Affrontare una violazione della propria immagine è traumatico, ma esistono strumenti concreti di difesa:
- denunciare subito: rivolgersi alla polizia postale è il primo passo: molti reati (come revenge porn o diffamazione) si perseguono solo su querela della vittima. La querela va presentata entro 6 mesi dalla scoperta. È importante agire tempestivamente, anche per permettere agli inquirenti di raccogliere prove prima che i contenuti vengano rimossi o si disperdano;
- chiedere la rimozione: le piattaforme hanno l’obbligo di intervenire. Si può richiedere la cancellazione diretta dei contenuti, invocando anche il “diritto all’oblio”. In Italia, se il gestore non risponde, è possibile rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, che deve intervenire entro 48 ore in caso di minori. Esistono anche diversi servizi, tipo StopNCII.org o PermessoNegato che offrono supporto gratuito per l’immediata segnalazione alle piattaforme per la rimozione dei contenuti;
- documentare le prove: prima di chiedere la cancellazione è utile fare screenshot con data e ora dei contenuti incriminati perché serviranno in caso di indagine o processo;
- cercare supporto legale e psicologico: un avvocato può assistere nella procedura di rimozione e nel richiedere un risarcimento. Allo stesso tempo, rivolgersi ad associazioni specializzate in violenza di genere e cyberbullismo può offrire supporto emotivo e pratico. Tra le tante, citiamo Telefono Rosa, Di.Re e Differenza Donna.