Siccità: la situazione in Italia, i rischi e le azioni necessarie
La crisi idrica preoccupa. Perché ci troviamo in questa condizione? Quali le aree più colpite, le prospettive e i provvedimenti presi? E cosa fare per affrontare una stagione così critica, per la quale già si è parlato anche di rischio razionamento?
- contributo tecnico di
- Claudia Chiozzotto

La crisi idrica in Italia preoccupa anche - e ancor di più - in questo 2023; il rischio è che la carenza di acqua possa impattare sempre più negativamente sulle forniture civili, sull'agricoltura e sulla produzione energetica.
Perché ci troviamo in questa situazione? Cosa potrebbe comportare? Quali sono le aree più colpite e quali i provvedimenti presi? E, soprattutto, cosa bisognerebbe fare per affrontare una stagione così critica, per la quale già si parla di rischio razionamento?
Perché manca l’acqua e dove?
Anche l’ultimo inverno è stato molto secco; le precipitazioni nevose sulle Alpi sono state molto più basse della media storica e questo porterà, nelle regioni prealpine, a una grave riduzione dei contributi ai fiumi da parte dello scioglimento della neve durante la primavera e l'estate 2023.
L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) definisce “medio” il grado di “severità idrica” per le regioni dell’Italia centro-settentrionale. Ed è piuttosto grave per essere ancora in piena primavera: il grado "medio" di "severità idrica" indica infatti che lo stato di criticità si è intensificato; che la quantità di acqua presente in fiumi, canali, laghi ecc. risulta inferiore alla media; che le temperature elevate determinano una necessità d’acqua (per irrigazione a altri usi) superiore alla norma; che l’acqua accumulata negli invasi e nei serbatoi non è sufficiente, con tassi di erogazione standard, per i vari utilizzi. “Sono probabili danni economici e impatti reversibili sull'ambiente”, conclude Ispra nel descrivere la situazione in cui si trova l’Italia centro-settentrionale.
È in particolare il Nord, il cosiddetto bacino idrografico del fiume Po, il più colpito dalla siccità, con effetti già visibili. È proprio in questa area che avviene il maggiore prelievo nazionale di acqua: 2,8 miliardi di metri cubi, pari al 30,5% del totale nazionale, solo per gli usi potabili (dati Istat). Ai quali si somma, naturalmente, anche il massiccio prelievo d’acqua a scopi irrugui per le coltivazioni della Pianura Padana. Sono quindi Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Valle d'Aosta le regioni più colpite al momento.
Ad esempio, in Lombardia, la disponibilità idrica è ai minimi storici: mancano all'appello quasi 3,5 miliardi di metri cubi di acqua rispetto alla media degli ultimi 15 anni (dati Arpa Lombardia ).
Non si registrano dati rassicuranti neanche in Piemonte, dove ha piovuto l’80% in meno lo scorso febbraio rispetto al periodo di riferimento (1991-2020) utilizzato per le misurazioni. Secondo gli ultimi dati Utilitalia sono 13 i Comuni al massimo livello di criticità, in cui i gestori del servizio idrico si stanno attivando con interventi di emergenza per non lasciare la popolazione senza acqua (es. riempimento di serbatoi di riserva, ricorso a fonti che di solito non si utilizzano).
Quanta acqua abbiamo, quanta ne usiamo e quanta ne resterà?
La quantità di acqua utilizzata per uso potabile (impieghi domestici, pubblici, commerciali, artigianali, industriali e agricoli della rete comunale) è di 9,19 miliardi di metri cubi nel 2020 e colloca l’Italia in testa ai paesi Ue da questo punto di vista. All'acqua usata per uso potabile vanno poi aggiunte quantità molto maggiori prelevate per uso irriguo, la cui contabilizzazione è molto frammentata.
L’Ispra stima che la disponibilità di risorsa idrica totale per l’Italia ammonti a circa 141,9 miliardi di metri cubi. Una disponibilità ampia che, però, non è da dare per scontata: nell'ultimo l’ultimo trentennio 1991– 2020 il valore annuo medio di risorsa idrica si è ridotto del 19% rispetto a quello del trentennio 1921–1950 (che rappresenta il valore di riferimento storico).
E il futuro è ancora meno roseo. A livello nazionale si prevede una riduzione della disponibilità di risorsa idrica, che va dal 10% al 40% (con punte del 90% per il Sud Italia), a seconda dell’approccio che l’Italia riuscirà ad avere verso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e nelle opere di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.
Quali le possibili conseguenze per agricoltura, industria e cittadini?
La mancanza di acqua impatta su molti settori, quello agricolo innanzitutto che, appunto, è il primo utilizzatore delle nostre risorse idriche. Non avere acqua per irrigare significa subire un calo di produttività o in qualche caso, un aumento dei costi per rifornirsi presso altre fonti, diverse da quelle normalmente previste. In ogni caso il risultato, in questa eventualità, potrebbe essere un aumento di costi d'acquisto di frutta e verdura per i cittadini ma anche la loro scarsa disponibilità.
I cittadini, oltre a ricevere nuovi inviti a risparmiare più acqua possibile, potrebbero essere impattati anche dal rischio di razionamento dell'acqua. Si tratterebbe di decisioni prese localmente e probabilmente nelle aree più affollate e idrovore, come ad esempio quelle turistiche.
Il razionamento consiste nella sospensione, in determinate face orarie, dell'acqua corrente; una realtà che interessa già varie aree del Paese in realtà. Come certifica anche l'Istat, nel 2021 - prima ancora che i riflettori puntassero sull'emergenza siccità - sono state adottate misure di razionamento dell’acqua in 15 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (erano 11 nel 2020), due anche nel Centro-Nord (in generale succede maggiormente al Sud, ad esempio in Sicilia e Calabria). In questa eventualità sarebbe quindi necessario riorganizzare i propri consumi nel corso della giornata e dotarsi della riserva necessaria per quando l'acqua corrente è sospesa.
L'industria potrebbe essere il settore meno impattato dalla carenza di acqua, ma anche lì gli impianti produttivi che necessitano di grandi quantità di acqua potrebbero avere difficoltà. E' la produzione di energia, invece. quella che sarebbe più direttamente colpita dalla siccità; in particolare la produzione di energia idroelettrica, la principale fonte di energia rinnovabile disponibile in Italia. Anche questo potrebbe avere un effetto sui costi dell'energia, sia per le aziende che per i cittadini.
Perché la crisi idrica è legata al cambiamento climatico?
I due fenomeni sono strettamente connessi perché, per la regione mediterranea, il cambiamento climatico - con l'aumento delle temperature medie, l'alterazione dei ritmi delle precipitazioni, la desertificazione ecc. - comporta soprattutto un impatto immediato sulla disponibilità di acqua e sugli equilibri del ciclo idrico.
L’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organo dell’Onu che raccoglie le conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico e sulle strategie di mitigazione e adattamento identifica quattro categorie di rischio per l'Europa tra cui proprio la scarsità di risorse idriche, insieme agli effetti delle ondate di calore su popolazione ed ecosistemi; i danni alla produzione agricola; i rischi prodotti da maggiore frequenza delle inondazioni.
Ma l’acqua non è solo una “vittima” della crisi climatica, è anche un’arma necessaria per contrastarne gli effetti sul territorio: la presenza di acqua è infatti fondamentale in un territorio per la termoregolazione degli ecosistemi (l’acqua ha un’inerzia termica maggiore rispetto al suolo arido, assorbe meno calore e lo restituisce in tempi più lunghi, smorzando i picchi di temperatura).
Insieme al consumo di suolo – che prosegue alla velocità folle di due metri quadrati al secondo in Italia, registrando un record anche nel 2021 – l’acqua rappresenta dunque l’elemento fondamentale che bisogna affrettarci a gestire meglio, per proteggere il nostro territorio dai gravi impatti della crisi climatica.
Cosa fare? Ridurre le perdite e riutilizzare le acque depurate
Come dicevamo l’Italia è prima in Europa per prelievi di acqua per usi civili ma molta di questa acqua non arriva neanche alle utenze perché la nostra rete di distribuzione è obsoleta e con forti perdite idriche; l'altro grande problema italiano è, inoltre, che si utilizzano molto poco le acque reflue depurate.
- Servono, innanzitutto, più investimenti sulla rete (in parte arrivati con il Pnrr, che trattiamo a seguire).
Oltre il 40% dell’acqua prelevata e immessa al consumo si perde lungo la rete di distribuzione (dato Arera). Secondo i dati Utilitalia, quasi un terzo (32%) degli investimenti degli acquedotti nel 2020-2021 è stato destinato al contenimento dei livelli di perdite idriche. Ma le differenze tra diverse aree del Paese sono molto forti. In media gli acquedotti investono 56 euro per abitante all’anno nella manutenzione della rete e del servizio idrico, con punte di 65 euro per abitante al Centro e valori ancora molto bassi al Sud, con 35 euro per abitante.
Il punto debole sono le gestioni “in economia”, cioè quelle in cui sono gli enti locali a occuparsi direttamente del servizio idrico integrato: qui gli investimenti medi annui si fermano a 8 euro per abitante. Un valore decisamente inadeguato a garantire persino la manutenzione dell’esistente riparando i guasti, figuriamoci a ottimizzare la rete per le ingenti perdite che ci sono. In Europa, invece,si investono mediamente 100 euro per abitante all’anno in servizio idrico.
- E' necessario, inoltre, investire sull’ottimizzazione delle risorse idriche esistenti: in Italia solo il 5% delle acque reflue depurate viene utilizzato per scopi irrigui. E nel settore agricolo, responsabile del prelievo di almeno metà dell’acqua dolce disponibile in Italia, il basso costo dell’acqua fa sì che non ci siano mai state, negli anni, innovazioni per ridurre e efficientare i consumi.
Sarebbe necessario, in particolare, investire sulla raccolta e conservazione di acqua piovana e sul riutilizzo di acque depurate, che va regolamentato e incentivato in agricoltura: questi strumenti offrirebbero enormi vantaggi sul fronte del risparmio idrico. Con il riuso di acque reflue depurate, ci sarebbe inoltre anche il vantaggio di rifornire i suoli di più nutrienti e ridurre così anche l’impiego di fertilizzanti.
Siamo ancora molto indietro, però c’è da dire che gli acquedotti hanno cominciato a lavorare sul riutilizzo delle acque depurate e gli operatori del settore si attendono, nel breve-medio periodo, quasi un raddoppio degli impianti di riuso.
- A queste misure va aggiunto un monitoraggio assiduo della siccità e una pianificazione degli usi dell'acqua soprattutto in riferimento all'agricoltura: l’uso potabile delle risorse idriche di buona qualità è prioritario e le risorse idriche più nobili vanno conservate e protette dall’inquinamento per poterle destinare all’uso potabile, anche in uno scenario di peggioramento e depauperamento delle risorse idriche quale è quello che si prospetta con la crisi climatica nell’area mediterranea. D'altro canto, l’uso agricolo dell’acqua va regolamentato meglio e integrato con gli altri usi della risorsa sul territorio: serve maggiore efficienza e innovazioni che permettano di ridurre gli sprechi di acqua in agricoltura
Cosa prevede il Pnrr sull’acqua?
Il Pnrr ha destinato alla tutela del territorio e della risorsa idrica 4,4 miliardi di investimenti, di cui 3,5 miliardi per le aziende del servizio idrico integrato, cioè l'insieme dei servizi pubblici di raccolta e distribuzione di acqua (tramite gli acquedotti), di fognatura e di depurazione delle acque reflue scaricate nella pubblica fognatura.
Come si legge nella relazione di marzo 2022 della Corte dei Conti sono previsti:
- 2 miliardi di euro circa per investimenti in infrastrutture idriche per l’approvvigionamento idrico.
Per il 50% circa i fondi sono riservati al completamento di grandi opere incompiute nelle Regioni del Mezzogiorno. L’obiettivo è rendere più efficienti e resilienti le infrastrutture idriche per superare l’attuale situazione di emergenza. La misura prevede il finanziamento di almeno 75 progetti di manutenzione straordinaria, potenziamento e completamento delle infrastrutture che portino ad incrementare la sicurezza dell'approvvigionamento idrico e della resilienza in almeno 25 sistemi idrici.
- Un miliardo circa è destinato alla riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti.
I finanziamenti destinati alle reti di distribuzione hanno come obiettivo la riduzione del 15% delle perdite di acqua potabile su 15.000 km di rete da perseguire anche tramite la digitalizzazione e l’utilizzo di nuove tecnologie.
- 600 milioni di euro circa sono destinati a misure per le fognature e la depurazione delle acque; i finanziamenti sono volti a raggiungere gli standard dettati dalle direttive europee sul trattamento delle acque reflue urbane e superare così le procedure d’infrazione che l’Ue ha già aperto nei nostri confronti (sono centinaia i comuni che, in Italia, non hanno una rete fognaria e depuratori o, se ce l'hanno, è irregolare).
Gli appalti per tutti questi interventi devono essere aggiudicati entro dicembre 2023 e le opere vanno completate entro marzo-giugno 2026, con alcuni obiettivi intermedi per gli investimenti relativi alla rete di distribuzione e al comparto fognario-depurativo.
Buona parte di questi fondi è già impiegato in progetti pre-esistenti di riduzione delle perdite di rete e ammodernamento delle strutture, anche e soprattutto in regioni del Sud, ma secondo operatori del settore bastano appena a riparare situazioni di grave arretratezza delle reti e non sono sufficienti a rendere tutto il Paese pronto ad affrontare la situazione di cronico stress idrico che ci aspetta.
Cosa prevede il Decreto Siccità?
Nel frattempo, vista la criticità della situazione nell’immediato, il 6 aprile scorso il governo ha approvato il Decreto Siccità, che introduce “disposizioni urgenti per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche”.
È stata istituita una cabina di regia, presieduta dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che dovrà effettuare entro 30 giorni una ricognizione delle opere e degli interventi urgenti per far fronte, nel breve termine, alla crisi idrica. Verrà inoltre nominato un Commissario straordinario nazionale per la scarsità idrica. Entrambe le strutture avranno la possibilità di sostituirsi agli enti locali e concessionari che dovrebbero prendere le misure necessarie, in caso di loro inadempienza.
Si prevedono poi alcune misure:
- un regime semplificato per le procedure di realizzazione delle infrastrutture idriche (come potrebbero essere ad esempio invasi, pozzi, dighe ecc.);
- l'aumento dei volumi degli invasi (cioè dei bacini costruiti per raccogliere grandi quantità di acqua per vari usi);
- la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche (cioè derivante dalle precipitazioni) per uso agricolo;
- il riutilizzo delle acque reflue depurate per l’irrigazione;
- semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione (che rimuovono il sale dalle acque marine, per poi riutilizzarle per scopi civili e industriali)
Il tema, però, non è tanto costruire nuove strutture idriche come pozzi, dighe, invasi: se il problema è che l’acqua disponibile sta diminuendo è evidente che questo non potrà essere una soluzione (senza contare che di cemento, in Italia, ne abbiamo già troppo, come detto).
E anche gli impianti di desalinizzazione su cui – è vero – siamo indietro in Europa, non possono essere considerati una soluzione perché si tratta di opere molto energivore e costose.
La speranza è che su alcuni punti importanti - come il riutilizzo delle acque reflue - si riescano a fare finalmente dei passi avanti, come annunciato negli intenti.
Cosa possono fare i cittadini?
Dal quadro descritto è evidente che le azioni di efficientamento idrico sono innanzitutto in capo alle istituzioni e agli enti locali che amministrano sul territorio le nostre risorse e che queste misure vanno indirizzate fortemente al settore agricolo e industriale. D’altro canto, i cittadini sono chiamati a contribuire utilizzando in modo responsabile le risorse idriche a loro disposizione.
Nelle nostre case arriva acqua potabile di buona e ottima qualità per l’uso alimentare (se hai dubbi, puoi utilizzare il nostro servizio di analisi dell'acqua): facciamo quindi attenzione ed evitiamo di sprecare una risorsa preziosa e non inesauribile. In questo contenuto indichiamo alcuni semplici gesti per risparmiare acqua attraverso cui si può dare un prezioso contributo alla tutela del nostro patrimonio idrico. Gran parte dell’acqua che usiamo se ne va in attività di igiene personale (bagno, doccia, wc), in preparazione dei cibi, pulizia delle stoviglie e della casa: attraverso questo calcolatore puoi capire come utilizzi l'acqua, se i consumi della tua famiglia sono in linea con il consumo medio italiano e in cosa potresti migliorare.