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Hamburger: il test per scegliere quali mettere in tavola

06 aprile 2017
hamburger

Gli hamburger di carne hanno raggiunto anche le nostre tavole e al supermercato ne troviamo di tutti i tipi. Abbiamo portato in laboratorio prodotti di macelleria, freschi e surgelati: quali sono i migliori? Un prodotto nasconde addirittura conservanti vietati. Ecco cosa abbiamo scoperto. 

L’hamburger è un classico della cucina a stelle e strisce. Questo disco di carne trita, per anni associato ai fast food e considerato un cibo poco salutare da palati grezzi, oggi si sta nobilitando, anche grazie alla diffusione di bistrot e ristoranti dove viene preparato come si deve, con carne di qualità, insalata fresca, pane caldo e salse fatte in casa. Per godersi un buon hamburger, tuttavia, non bisogna per forza andare al ristorante: l’importante è avere una materia prima di qualità e una buona padella per la griglia, soprattutto che sia ben calda. Il resto lo fa il taglio di carne di manzo utilizzato, la dimensione della macinatura, gli ingredienti che vengono miscelati alla carne, il peso e le dimensioni della polpetta.

Freschi, sottovuoto o surgelati?

Il mercato offre diverse possibilità di hamburger già pronti, da quelli freschi preparati dal macellaio o incartati in gruppi da due o da quattro nel banco macelleria dei supermercati, agli hamburger freschi sottovuoto firmati da diverse aziende, a quelli surgelati, oggi presenti anche in allettanti versioni per palati raffinati. Per capire che cosa sia meglio comprare ci siamo tuffati nel vasto mondo degli hamburger, analizzando sia le proposte fresche sia i prodotti surgelati.

Hamburger alla prova

Abbiamo acquistato e portato in laboratorio dodici hamburger freschi preparati dal macellaio o comprati al banco macelleria di altrettanti supermercati a Roma e Milano; sei hamburger surgelati; sei freschi confezionati, prodotti di marca sottovuoto o in atmosfera protettiva che hanno in genere una data di scadenza più lunga del normale prodotto fresco. Il giudizio del laboratorio e dei degustatori che ci hanno accompagnato in questa avventura non lascia spazio ai dubbi: la qualità e il sapore dell’hamburger preparato dal punto vendita stacca di parecchi punti le diverse versioni di marca. Non solo: nel punto vendita l’hamburger è preparato soltanto con trita di manzo, mentre i prodotti confezionati contengono anche una percentuale variabile di altri ingredienti meno pregiati. In un prodotto di marca, l’hamburger Il Tony di Macelleria Tonazzo, abbiamo anche trovato nitrati, un additivo vietato per questo tipo di alimento. I nitrati, stabilizzando il colore della carne, possono mascherarne il deterioramento. Per questo, lo abbiamo segnalato come prodotto da evitare.

Non contengono solo carne

Nei prodotti di marca, freschi e surgelati, la percentuale di carne varia dal 65% al 95%. Infatti a leggere bene le etichette si scopre che non si tratta di carne ma di preparazioni di carne, una denominazione che rivela l’utilizzo di altri ingredienti. Quali? Principalmente acqua e pangrattato, ma anche, a seconda dei prodotti, farina di soia, fibra vegetale, estratto di lievito, additivi, aromi... Tutti ingredienti che permettono di dare al prodotto sapore, peso e consistenza risparmiando sulla materia prima più nobile, la carne appunto. Segnaliamo il caso di Oasi Natura bio, un prodotto biologico che non indica la percentuale di carne utilizzata pur avendo altri ingredienti (acqua e acido ascorbico, un antiossidante): un'omissione che lo penalizza nei nostri giudizi. Per scoprire cosa c’è davvero nella polpetta abbiamo verificato il DNA della carne. Per fortuna non abbiamo trovato nulla di strano: niente carne di cavallo, per esempio. Non tutto il macinato, però, è di puro bovino: in qualche caso abbiamo trovato tracce di carne di maiale. Succede soprattutto tra gli hamburger freschi del punto vendita, in particolare nelle preparazioni di Mac Alimentari (Milano) e di Conad (Roma), in cui la carne estranea era tra l’1 e il 5%, probabilmente dovuta a una non corretta pulizia del tritacarne. I confezionati freschi e i prodotti surgelati, invece, non presentano tracce di altre carni, fatta eccezione per Black Angus di Carrefour (anche qui suino tra 1 e 5%).

Quali tagli vengono utilizzati

Per fare un buon hamburger non serve per forza usare un taglio di carne nobile e magro, anzi. Un pochino di grasso è necessario per dare sapore e tenerezza. Ci vuole, però, equilibrio: troppo grasso rischia di rendere la polpetta poco gradevole e pesante ed è indicativo di un taglio scadente; se insufficiente, il taglio potrà anche essere nobile, ma l’hamburger dopo la cottura risulterà troppo asciutto e stopposo. Abbiamo controllato la quantità di grasso presente nelle polpette, per capire se sono stati usati tagli magri e pregiati, come la fesa e in generale i tagli posteriori, o più ricchi di grasso e meno nobili, come la polpa di spalla e i tagli anteriori. Gli hamburger più magri sono quelli freschi delle macellerie e dei supermercati (5-10% di grasso); i più grassi sono invece quelli confezionati, in particolare i prodotti surgelati, che possono arrivare a sfiorare il 20% di materia grassa.

Troppo collagene non va bene

Il parametro che indica davvero se il taglio è di scarsa qualità è il collagene, una proteina del tessuto connettivo, e il suo rapporto con il resto delle proteine della carne. Più bassa è la percentuale di collagene presente, migliore è il taglio. Per valutare questo parametro, poiché non c’è un limite di legge per questi prodotti, abbiamo preso come riferimento il limite previsto per la carne trita, che deve avere un rapporto collagene-proteine non superiore al 15%. Facendo un bilancio complessivo, gli hamburger surgelati sono i prodotti che ottengono le valutazioni più basse che non vanno mai oltre la sufficienza. Tra gli altri campioni abbiamo assegnato anche giudizi ottimi, fatta eccezione per gli hamburger freschi acquistati in un punto vendita della catena Ipercarni di Roma, che hanno decisamente deluso.

Meglio cuocere bene

La carne trita è particolarmente sensibile alla presenza di microrganismi che possono essere pericolosi per la salute. Abbiamo cercato Listeria, Escherichia coli e Salmonella, tre batteri che possono dare disturbi intestinali. Non sono emersi problemi gravi, anche se alcuni campioni non proprio perfetti ci impongono di consigliare di cuocere bene l’alimento, lasciandolo sulla piastra almeno per 7-9 minuti per raggiungere una temperatura in grado di sanificare il prodotto (almeno 65° C al cuore).