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Sanità: il 52% delle visite non rispetta i tempi, attese di oltre un anno e agende chiuse

Indagine sulle liste d'attesa: oltre la metà delle visite va oltre i tempi massimi indicati da ricette mediche e normative, male anche gli esami. Neanche le prescrizioni più urgenti si salvano e nel 26% dei casi non si può neppure prenotare per mancanza di date disponibili, una pratica illegale. Per cosa si aspetta di più e quanto? Quali i problemi? In quanti alla fine si rivolgono al privato? Se non riesci a prenotare nei tempi giusti, hai diritto a farti anticipare l'appuntamento: ti aiutiamo a farne richiesta. 

Con il contributo esperto di:
articolo di:
10 marzo 2025
medico e calendario virtuale

Le liste d’attesa per una visita o un esame con il Servizio sanitario nazionale sono infinite: gli italiani lo vivono quotidianamente sulla loro pelle. Ma, ora, abbiamo misurato l’entità di queste attese rilevando tempistiche che, non solo sono estenuanti (oltre l'anno per il 18% delle mammografie e il 12% delle visite gastroenterologiche), ma che troppe volte non rispettano i tempi massimi previsti dalle normative. In troppi casi inoltre, quando si chiama per prenotare, la risposta è “non ci sono appuntamenti disponibili, l’agenda è chiusa”: una pratica illegale.

Sono i risultati principali della nostra indagine sulle liste d'attesa in sanità, in cui abbiamo intervistato 1086 persone dai 18 anni in su che negli ultimi due anni hanno provato a prenotare con il Ssn (indagine svolta a novembre 2024 su un campione distribuito come la popolazione italiana per area geografica).

Per quali visite ed esami si aspetta di più? Quali i problemi riscontrati? Quali le conseguenze delle attese? In quanti, alla fine, si rivolgono al privato o rinunciano a curarsi? Tutto nei risultati completi dell'inchiesta, in cui facciamo anche un confronto (purtroppo impietoso) tra i livelli di fiducia nella sanità pubblica in Italia e quella di altri tre paesi europei.

Nel frattempo, se sei alle prese con queste attese, oltre ai consigli su cosa sapere e cosa fare, ti forniamo un aiuto concreto per cercare di risolvere: se i tempi previsti per legge per la tua visita, il tuo esame o il tuo ricovero non vengono rispettati, hai diritto a un’anticipazione dell’appuntamento (la struttura deve fornirti una visita privata a sue spese). Per richiederla utilizza le lettere precompilate e gli indirizzi mail degli enti competenti che abbiamo messo a disposizione, in diversi casi ha già funzionato

CHIEDI IL RISPETTO DEI TEMPI

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Le attese fuori tempo massimo. Quali le prestazioni più "lunghe"?

Solo il 40% circa degli italiani alle prese con le liste d’attesa lo sa, ma la normativa prevede dei tempi massimi di attesa per ottenere l'appuntamento per una visita o un esame (quando prenotati tramite Cup e in caso di "primi accessi" nella prima struttura disponibile, non per i controlli). I pazienti possono capire quali sono questi tempi nel loro caso dalla classe di priorità indicata dal medico di base sulla ricetta: si va da un massimo di 72 ore di attesa per visite ed esami più urgenti (lettera "U" sulla prescrizione) a un massimo di 120 giorni (lettera "P").

Delle regole esistono quindi - sono inserite nel Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa, di cui governo e Regioni dovrebbero garantire il rispetto - ma restano troppo spesso solo sulla carta: oltre la metà di queste visite (52%) e oltre un terzo degli esami (36%) vanno oltre questi tempi massimi, con attese medie di circa 105 giorni, cioè tre mesi e mezzo (e si tratta solo di una media perché i tempi possono essere di molto superiori come vedremo).

La cosa diventa ancora più grave se si pensa che - tra le prestazioni con le attese maggiori per la prima visita (nella grafica qui in basso) - ce ne sono alcune particolarmente delicate, che servono per individuare problemi gravi come i tumori (ad esempio la mammografia o la colonscopia, per cui c'è un'attesa media di ben 5 mesi).

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Urgenze non rispettate e attese oltre l'anno

I risultati generali non sono positivi quindi e peggiorano andando nel dettaglio, per varie ragioni.

Male i tempi per tante visite ed esami più urgenti

Abbiamo chiesto agli intervistati quale classe di priorità era indicata sulle ricette delle prestazioni che hanno cercato di prenotare contattando il Cup. E abbiamo scoperto che sono proprio le visite e gli esami più urgenti ad andare più spesso fuori tempo massimo.

Non sono stati rispettati i tempi per ben il:

  • 76% delle visite con priorità “U - urgente”, cioè da fare entro 72 ore dalla prescrizione per la gravità del problema di cui sospetta il medico di base.
  • 76% delle visite e degli esami con priorità “B - breve”, da fare entro 10 giorni per evitare che il problema si aggravi.

In pratica, in 3 casi su 4, chi aveva bisogno di una visita o un esame in tempi brevi per un problema serio, non si è visto garantire questo diritto. E la percentuale dei tempi non rispettati è simile anche per le visite con classe di priorità "D - differibile", da fare entro 30 giorni.

Peggio le visite degli esami

La situazione, come abbiamo visto, è peggiore per le visite specialistiche (52% non rispettano i tempi) che per gli esami (36%). Le ragioni alla base di questa differenza si possono immaginare: le visite necessitano sempre della presenza di medici e i medici, di questi tempi, sono “in fuga” dal servizio pubblico come spieghiamo nell'ultimo paragrafo.

Ma i problemi ci sono per tutto il personale sanitario. Infatti gli esami con maggiori attese sono proprio quelli più complessi, che richiedono più figure professionali (oltre che strumentazioni efficienti): mammografia e colonscopia ( circa 5 mesi di attesa in media, dicevamo) ma anche le Tac (per cui si attendono in media più di 3 mesi e mezzo). Si tratta solo di medie, perché se andiamo a vedere il dettaglio delle risposte arriviamo ad attese molto maggiori.

Molte le attese che vanno oltre i 12 mesi

Le liste d'attesa raggiungono troppo spesso tempistiche infinite: ecco la percentuale di visite ed esami per i quali le persone hanno dovuto attendere un anno o più (in questo caso consideriamo anche le prenotazioni fatte direttamente in struttura e non tramite Cup, quindi non soggette al rispetto di tempi massimi). 

  • 18% delle mammografie
  • 12% delle visite dermatologiche
  • 12% delle visite gastroenterologiche
  • 12% delle visite oftalmologica

E i problemi di salute intanto peggiorano

Ben il 40% degli intervistati ci ha detto che il suo problema, in attesa della visita di cui aveva bisogno (che sia prima visita o controllo), è peggiorato. Ed è proprio questo il male peggiore che le lunghe attese possono generare: l'impossibilità di curarsi e, quindi, i rischi per la propria salute.

E l'insoddisfazione sale

In questo contesto non c'è da stupirsi, dunque, se l'insoddisfazione degli italiani per le liste d'attesa è andata crescendo, e di molto: siamo passati dal 50% di insoddisfatti nella nostra precedente indagine del 2018 al 64% di oggi.

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Quali sono le difficoltà quando si prenota con il Ssn?

Il 73% degli italiani ha avuto problemi nel prenotare una visita o un esame con il Ssn.  Quello principale è stato senza dubbio quello della lunga attesa in qualsiasi struttura sul proprio territorio, ma non è stato l'unico.

  • Agende chiuse: in ben il 26% dei casi non è possibile prenotare alcun appuntamento per mancanza dell’agenda di prenotazione e per assenza di date disponibili. La chiusura delle agende di prenotazione è vietata in realtà dalla legge, che prevede anche sanzioni amministrative per i trasgressori. Eppure accade in un quarto dei casi.
  • Attesa troppo lunga nella struttura preferita: questo è stato un altro problema di cui ci hanno parlato i cittadini; in generale, il rispetto di certi tempi ci è dovuto solo chiamando il Cup e accettando il primo appuntamento disponibile, in qualsiasi struttura. Detto ciò, in particolare in alcuni casi come i controlli, poter scegliere dove curarsi, e in tempi congrui, resta fondamentale (anzi chi ha problemi cronici avrebbe diritto a essere “preso in carico” dalla struttura: dovrebbe essere la struttura stessa, cioè, a prenotare la visita di controllo successiva in quello stesso centro e in tempi corretti, ma questo non sempre succede). 
  • Struttura troppo lontana: questo problema esiste perché i cosiddetti “ambiti territoriali di garanzia”, in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti (nel corso di precedenti indagini abbiamo ricevuto segnalazioni di primi appuntamenti disponibili in strutture distanti anche 100 km). Seppur lecito, è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure, soprattutto se pensiamo ai più anziani o a chi vive in territori poco collegati dai mezzi di trasporto. Inoltre non dimentichiamo che il Piano nazionale di governo delle liste d’attesa ci parla di un “principio di prossimità e raggiungibilità” che però, a quanto pare, viene spesso disatteso.
  • Problemi a contattare il Cup o la struttura: i problemi potrebbero essere di diverso tipo, come le attese molto lunghe, numeri sempre occupati o linea che cade dopo aver atteso inutilmente. Al momento, da questo punto di vista, non sono previste particolari tutele per i cittadini.
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Cosa si sceglie di fare di fronte alle attese?

Un altro aspetto che abbiamo voluto indagare è il comportamento delle persone di fronte al primo appuntamento che gli è stato proposto. 

Il boom del privato 

Di fronte a primi appuntamenti evidentemente troppo in là nel tempo, il ricorso al privato è stato massiccio. Nel 30% dei casi le persone hanno scelto questa strada, spendendo in media 138 euro. E anche questa è solo una media, perché abbiamo registrato spese massime anche di ben 725 euro; cifre che in un quarto dei casi, ormai, si sostengono tramite assicurazioni sanitarie: il 25% ne ha una (nel 20% dei casi legata al suo lavoro).

Che il ricorso al privato sia in aumento, lo registrano anche i dati sulla spesa sostenuta per la salute dalle famiglie italiane: nel 2023 c'è stata un'impennata del 10,3% rispetto al 2022, quando nei due anni precedenti l'incremento era stato dell’1,6%. E rispetto al decennio 2012-2022, in un recente report presentato al Cnel, l'Osservatorio Gimbe ha rilevato un aumento della spesa sanitaria a carico delle famiglie di ben il 26,8% (anche se quasi il 40% di quanto speso sarebbe stato destinato a prestazioni non necessarie, perché non legate a problemi di salute ma piuttosto a un "consumismo sanitario" diffuso).

La rinuncia alle cure

L'alternativa del privato per qualcuno non è proprio un'opzione, probabilmente perché non può permettersela: di fronte al primo appuntamento proposto, nel 3% dei casi si decide infatti di rinunciare alla visita o all'esame prescritto e quindi, di fatto, di rinunciare a curarsi.

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La sfiducia nella sanità pubblica

Di fronte a una situazione del genere non sorprende che la fiducia degli italiani nel Ssn sia molto bassa: siamo a un punteggio di 4,6 su 10, ampiamente sotto la sufficienza. E, infatti, ben il 62% degli italiani ci dice di avere poca fiducia nella capacità del Ssn di garantire un'assistenza accessibile e di qualità. 

Il confronto con gli altri tre paesi europei (Spagna, Portogallo, Belgio) della nostra rete di organizzazioni, Euroconsumers, è impietoso. Al contrario di quanto accade in Italia, il punteggio di soddisfazione per la sanità raggiunge o supera la sufficienza e, nello specifico, in Spagna solo il 13% della popolazione dice di avere poca fiducia nel Ssn (contro il nostro 62%), in Portogallo il 15%, in Belgio siamo al 37% (in Belgio non esiste in realtà un sistema sanitario pubblico, quindi è stata chiesta la fiducia nel governo rispetto alla tutela della salute dei cittadini). 

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Perché le liste d'attesa sono così lunghe?

Il problema va avanti da molto tempo anche se negli ultimi anni ha raggiunto proporzioni enormi, tanto che la scorsa estate il governo ha approvato un decreto sulle liste d'attesa: un provvedimento che, in realtà, ribadisce solo quanto sarebbe previsto da norme già esistenti (ma spesso disattese) e che necessita di stanziare risorse per ottenere risultati. Quello delle risorse, infatti, è proprio il tema fondamentale.

  • Pochi soldi: il grosso problema all'origine delle enormi liste d'attesa è la mancanza dei fondi e il sottofinanziamento di anni. Aver tolto sistematicamente denaro alla sanità fa sì che oggi ci ritroviamo con un Ssn con meno denaro per tutto ciò che serve per fare visite ed esami, personale incluso.
  • Poco personale: altro tema è quello delle programmazioni sbagliate che sono state fatte rispetto al fabbisogno di personale sanitario, non prevedendo di rimpiazzare tutti coloro che sarebbero usciti dal Ssn, per l'età ma anche per il malcontento. I medici sono in fuga dal servizio pubblico, insoddisfatti per le condizioni lavorative, i turni massacranti, le basse retribuzioni. C'è inoltre una forte carenza di infermieri accompagnata dalle scarse iscrizioni ai corsi di laurea in infermeria (anche i medici di base danno segnali di crisi, come abbiamo visto nella nostra ultima indagine sui servizi di assistenza territoriale). 
  • Tante prescrizioni: altro elemento che spesso viene portato sul tavolo è quello dell'elevato numero di prescrizioni per visite ed esami non sempre necessari. Si parla di inappropriatezza prescrittiva, un fenomeno che secondo il ministro della Salute Orazio Schillaci è pari al 20-30% delle prescrizioni.

Tutto ciò, mentre ogni giorno i cittadini assistono a un ingiusto paradosso: per una visita o un esame con il Ssn si deve aspettare anche più di un anno mentre - pagando, nella stessa struttura e con lo stesso medico - si riesce ad avere un appuntamento entro molto meno tempo. È la cosiddetta attività intramoenia che però - come altri servizi privati o le assicurazioni sanitarie - dovrebbero svolgere una funzione complementare e non sostituirsi alla sanità pubblica, cosa che invece sembra accadere sempre più sotto i nostri occhi.   

Affrontare la crisi del Ssn con interventi strutturali, aumentando i fondi, migliorando la pianificazione e garantendo l'equità sul territorio diventa sempre più urgente. Il rischio concreto altrimenti - ce lo mostrano già i dati - è quello di rinunciare definitivamente a un nostro prezioso diritto costituzionale: la tutela della salute per tutti, indipendentemente dalle proprie possibilità economiche e dal luogo in cui si vive.

 
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