Consigli

Vendere oggetti online: ecco come farlo a regola d’arte

Produci oggetti per passatempo o hai in casa tante cose che non usi più? Hai mai pensato a venderli sul web? Oggi le possibilità sono tantissime, dai social network alle piattaforme come Etsy o Ebay, ma anche parecchie App e portali nati proprio per questo. Occhio però che anche le vendite fatte così devono seguire regole ben precise, dalla garanzia agli aspetti fiscali. Ecco tutto quello che ti serve sapere.

  • di
  • Alessandra Maggioni
12 marzo 2021
  • di
  • Alessandra Maggioni
persona che prepara un pacco per la spedizione

La crisi economica, aggravata dal Covid-19, ha portato molte persone a doversi reinventare.  La perdita del lavoro, la riduzione delle entrate o, molto più semplicemente, il fatto di stare tanto in casa, ci ha portati a fare un po’ di pulizia tra le tante cose che non usiamo oppure ci ha spinto a dedicarci con più impegno a quelli che sono i nostri hobby. Ma perché non far fruttare anche un hobby, soprattutto se siamo particolarmente abili a fare lavori di artigianato? Che si tratti di oggetti che facciamo con le nostre mani o che non ci servono più, il modo per guadagnare qualcosa c’è: metterlo in vendita. Ma come fare?

Vendere su una piattaforma

Una piattaforma ecommerce è un luogo virtuale dove domanda e offerta si incontrano, è una valida alternativa alla vendita diretta di prodotti senza dover creare un proprio sito di ecommerce, permette di raggiungere un pubblico ampio e, a seconda della piattaforma, è possibile usufruire di una serie di servizi gestiti o quanto meno promossi dalla piattaforma stessa (pubblicità - anche attraverso un sistema di recensioni – pagamenti, logistica …). Inoltre, si può essere presenti su più piattaforme contemporaneamente ampliando così la propria clientela.

Proviamo a chiudere gli occhi e immaginare un grande mercato dove tanti venditori diversi offrono prodotti (ma anche servizi) online: la piattaforma può essere una semplice “vetrina” che mette in contatto venditori e compratori, come Subito.it o Facebook, oppure un marketplace, ossia un sito di intermediazione in cui gli utenti possono vendere e comprare, usufruendo dei servizi di pagamento e, eventualmente, della logistica e delle garanzie messe a disposizione dalla piattaforma. È importante verificare sempre nel contratto quali servizi e quali garanzie vengono offerte, perché possono cambiare molto da un marketplace all’altro.

Vetrine e marketplace: gli aspetti comuni

Vetrine e marketplace sono accomunati da un aspetto: fungono da tramite e, non prendendo parte attiva alle transazioni, declinano ogni responsabilità riguardo alle vendite effettuate sul sito. Questo significa che venditori e compratori dovranno risolvere eventuali problemi tra di loro. Solo in alcuni casi la piattaforma offre tutele addizionali come l’assistenza al venditore per mancato incasso, al compratore per mancata consegna o assistenza in caso di reso o reclamo.

Il nostro consiglio è di verificare nei termini d’uso della singola piattaforma come vengono gestiti il reso, i reclami e, in generale, l’assistenza post-vendita. Non essendo ancora vigente una normativa ad hoc, ogni piattaforma si regola da sé, decidendo il grado di incisività della sua attività di intermediazione. Ci sono piattaforme che gestiscono direttamente il reso e il rimborso a seguito di recesso del cliente, altre che declinano ogni responsabilità e attività al venditore terzo. Analogo discorso si può fare per i reclami: generalmente, le piattaforme chiedono all’acquirente di contattare il venditore e solo in alcuni casi si dichiarano disposte a intervenire se la controversia non si risolve tra le parti. 

In ogni caso i marketplace sono una risorsa importante per il mercato online perché permettono ai privati e, in generale, ai venditori - anche a quelli che hanno un loro sito di eommerce - di raggiungere un pubblico più vasto di acquirenti.

Quali sono le piattaforme più diffuse? Ecco una panoramica delle principali.

Bakeka.it

Sito di annunci, utilizzato per offrire servizi e prodotti di vario genere, dove l’inserzionista può essere un professionista o un privato. Gli annunci di Bakeca.it sono suddivisi per città e categoria e la loro pubblicazione è generalmente gratuita (sono a pagamento i sistemi per dare maggiore visibilità all’annuncio e i servizi business).

Ebay

È forse il marketplace più celebre al mondo, soprattutto tra i venditori non professionali (Ebay infatti permette di pubblicare annunci sia a professionisti che a privati). Come privati, si può scegliere di utilizzare i servizi di pagamento messi a disposizione dalla piattaforma oppure no. A seconda dei servizi di intermediazione di cui si usufruisce (oltre ai sistemi di pagamento, sono disponibili opzioni per ottenere maggiore visibilità) varia la tariffa da corrispondere a Ebay.

Etsy

È un marketplace che si contraddistingue perché opera nel mondo dell’artigianato e del vintage. Permette di pubblicare inserzioni di vendita e gestisce i pagamenti: le tariffe sono pubblicate sul sito, e, per maggiori servizi (pubblicità, sistema di sconti e promozioni...) è richiesto un costo aggiuntivo.

Facebook Marketplace

Nonostante la denominazione, sembra più una semplice vetrina che un marketplace: la sezione dedicata infatti consente di pubblicare annunci di vendita ma non svolge alcun altro ruolo di intermediazione. Gli interessati potranno scrivere direttamente al venditore privato per avere informazioni e accordarsi su pagamenti e consegna.

Subito.it

Consente di pubblicare e consultare annunci e inserzioni di soggetti, privati o professionali, che intendano vendere o acquistare beni o prestare e ricevere servizi. Consente altresì, agli utenti inserzionisti ed agli utenti interessati a quanto pubblicato, di entrare in contatto tra di loro. L'acquisto, lo scambio di informazioni, la consegna o il pagamento di beni o servizi, avvengono esclusivamente tra utenti.  

Vinted

È un intermediario online che consente agli utenti di scambiare, vendere e acquistare capi di abbigliamento e accessori per la casa usati e di seconda mano. Consente agli utenti di utilizzare il servizio di pagamento e spedizione integrato, di comunicare tra loro o di utilizzare altri servizi aggiuntivi. Vinted facilita le transazioni tra gli utenti ma non vende, acquista o scambia gli articoli mostrati sul sito e non è parte delle transazioni tra gli utenti.

Obblighi e responsabilità

Prima di imbarcarti in questa avventura, è bene però essere a conoscenza di tutto ciò che concerne tasse, garanzie e metodi di pagamento. Chi vende, in sostanza, quali responsabilità ha nei confronti dell’acquirente?

In primo luogo, il venditore, sia esso un privato o un professionista, ha un dovere di correttezza nelle trattative, e non deve nascondere all’acquirente nessuna circostanza pregiudizievole riguardante il prodotto. Il venditore è responsabile della consegna e deve garantire l’acquirente per i difetti che il bene venduto può presentare dopo l’acquisto.

Cosa vuol dire, in caso di prodotti usati? Dopo l’acquisto, il prodotto deve continuare a funzionare, non come un prodotto nuovo, ma come di norma funziona un bene con le caratteristiche d’uso che il venditore ha descritto: anche il venditore non professionista è tenuto a fornire una garanzia, seppure di valore inferiore rispetto a quella di conformità a cui la legge obbliga i venditori di professione che devono garantire rispetto ai vizi o ai difetti occulti che si manifestano entro un anno dalla consegna.

La garanzia: è obbligatoria

Diciamo subito che l'obbligo di offrire una garanzia resta uguale sia che si venda online sia che si venda in presenza. Se ci si appoggia a una piattaforma per vendere un oggetto, come abbiamo già ribadito, è importante fare riferimento ai termini d'uso della piattaforma perché in alcuni casi potrebbe essere la piattaforma stessa a farsi carico della garanzia o di una parte di essa.

Più in generale, nelle compravendite tra privati, la garanzia dura un anno (salvo accordi diversi tra le parti al di sopra dell’anno). Tuttavia vale solo nel caso ci sia un malfunzionamento che incida pesantemente sull’utilizzabilità o sul valore del bene. Tieni conto che chi acquista ha diritto, però, solo a ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo: non è prevista la riparazione o la sostituzione del prodotto.

Per i difetti più lievi, l'acquirente può chiedere la riduzione del prezzo, mentre non sono coperti i piccoli difetti che non incidono sull’utilizzabilità. Il reclamo deve essere fatto al venditore entro 8 giorni dalla scoperta del problema

A cosa prestare attenzione

Èimportante che il venditore conosca molto bene le policy e le regole di vendita stabilite dalla piattaforma che utilizza per la vendita. Alcune piattaforme di e-commerce, infatti,  prevedono obblighi aggiuntivi per i venditori come, ad esempio, il rispetto dei tempi di consegna, la reperibilità, il rimborso del prezzo entro un termine e altro. In mancanza del rispetto dei requisiti base, l’inserzione potrebbe essere spostata in fondo ai risultati della ricerca o potrebbero venire applicate delle restrizioni sull’account fino alla sua cancellazione.

Attenzione anche al contenuto degli annunci e delle immagini oggetto dell’inserzione che, oltre ad essere veritiere e non ingannevoli per il cliente, devono anche essere rispettose dei diritti d'autore e di proprietà industriale dei terzi.

Infine, dal momento che alcuni siti obbligano l’utente a concedere una licenza gratuita per utilizzare e sfruttare i contenuti pubblicati nell’inserzione, scegliete bene cosa pubblicare o usate un’altra piattaforma.

Gli aspetti fiscali

Per poter vendere online è necessaria la partita Iva? Bisogna versare qualcosa allo Stato? Le possibilità di vendita online sono moltissime, ma il Fisco considera solamente due casistiche, le vendite occasionali e le vere e proprie attività commerciali: è quindi fondamentale capire di quale delle due fai parte. Vediamole nel dettaglio.

Vendite occasionali

Le vendite occasionali sono quelle che comportano un’attività sporadica, che sia online oppure diretta. L’esempio tipico è la vendita di beni usati di cui sei in possesso e che non utilizzi più come mobili, oggetti di elettronica, vestiti o auto.

Non importa il valore del bene: la vendita una tantum di un oggetto usato non è mai tassata, esistono solo obblighi di comunicazione per i beni registrati, come le auto. Hai deciso di vendere il mobile della bisnonna che è stato restaurato e vale 6.000 euro? Puoi stare tranquillo che il Fisco non busserà alla tua porta. E non hai neppure alcun obbligo di apertura della partita Iva.

Se invece ti diletti con l’hobbistica e ti capita ogni tanto di vendere qualcosa fatto da te, allo stesso modo non devi preoccuparti: neppure se sei molto bravo a cucire e ti viene richiesto da un’amica l’abito da sposa che le farai pagare 10.000 euro. Il concetto di base infatti, è che non si inizia un’attività commerciale con la vendita sporadica o di un solo prodotto, benché molto costoso.

Il consiglio che ti diamo è quello però di conservare sempre dei documenti che possano provare questa situazione, sia per il passaggio di denaro che comporta, sia per poter “provare”, in caso di controllo, quanto avvenuto. Tieni quindi una descrizione precisa del bene, eventuali costi che hai sostenuto per spedirlo o per realizzarlo e, ovviamente, i dati di chi lo ha comprato.

Attività commerciali: occasionali o abituali?

Quando le vendite avvengono in modo più costante, le cose si complicano: in questo caso, infatti, per lo Stato si entra nell’ambito dell’attività commerciale che, a seconda di come viene svolta, si divide tra occasionale, dove non serve la partita Iva, e abituale dove si produce un vero e proprio reddito d’impresa soggetto anche all’Iva.

Come può un’attività di vendita occasionale diventare un’attività commerciale? Occorre che, chi vende, dedichi del tempo all’attività e si organizzi per svolgerla. Per fare un esempio pratico, se partecipi a un mercatino dell’usato o un mercatino per hobbisti anche una sola volta l’anno, stai svolgendo attività commerciale occasionale. Allo stesso modo, la vendita online di prodotti che avviene occasionalmente, anche se pubblicizzata sul sito stesso, ma che non comporta una quantità e varietà di oggetti rilevante, viene considerata occasionale, sia che i prodotti derivino dallo svuotamento della cantina o del solaio, che dalle tue abilità artistiche.

Attività occasionale e 730

Se l’attività è occasionale, i redditi prodotti rientrano nei così detti “redditi diversi” e vanno indicati nel 730 o nel modello Redditi. Fortunatamente, dovrai indicare solo il ricavo netto: da quello che incassi dovrai togliere i costi che hai sostenuto per realizzare o per acquistare l’oggetto. Se compili il modello 730 devi indicare i ricavi nel quadro D indicando il codice “1” a colonna 1, a colonna 2 il compenso percepito e a colonna 3 i costi sostenuti.

L’aliquota marginale

Pagherai la tua aliquota marginale sul ricavo netto: in pratica, più è alto il reddito che deriva ad esempio dal lavoro o dalla pensione, più sarà alta la percentuale di tasse da applicare a questi ricavi. Per fare un esempio pratico, se un lavoratore dipendente guadagna 27.000 euro, paga un’aliquota marginale del 27%, quindi se partecipa a un mercatino e ottiene un ricavo netto di 500 euro ne dovrà versare 135 di tasse in sede di dichiarazione dei redditi.

Ricordati di conservare tutta la documentazione

Va da sé che è quindi molto importante tenere tutta la documentazione che attesti i ricavi e i costi per allegarla alla dichiarazione dei redditi. Inoltre, benché non sia obbligatorio, è bene dare una ricevuta generica, non fiscale, all’acquirente. Si possono comprare i blocchetti con carta trasferibile che contengono già tutti i campi da compilare e in automatico ti rimane la copia di quella che consegni a chi compra. In ogni caso è possibile anche scriverla a mano al momento su carta libera.

Purtroppo, la legge non pone dei limiti precisi di reddito o altri parametri quantificabili univocamente per la definizione di attività abituale, quindi bisogna stare un po’ attenti a quel che si fa e a quanto spesso lo si fa per non rischiare di dover aprire la partita Iva.

Aprire la partita Iva

Quando la vendita di prodotti avviene sistematicamente, per il Fisco si entra nell’ambito del reddito d’impresa. Se hai quindi deciso di aprire un sito web per vendere i tuoi prodotti o se partecipi costantemente a mercatini per vendere oggetti che magari acquisti proprio per questo scopo, tieni presente che, di fatto, stai svolgendo un’attività commerciale vera e propria e, come tale, devi avere una partita Iva.

In definitiva, non esiste un limite di reddito superato il quale si è obbligati ad aprire la partita Iva: l’obbligo nasce solo da come viene svolta l’attività, quindi dedicarsi costantemente alla stessa, attivarsi su più canali per la vendita o, più semplicemente, organizzare stabilmente l’attività da svolgere.

Come gestire i pagamenti

I pagamenti online, come nei negozi fisici, possono essere effettuati in vario modo, addirittura in contanti usando il contrassegno. Ma di certo la procedura più utilizzata è quella dei pagamenti con carta o con app. Se usi una piattaforma per vendere, nella maggior parte dei casi, avrà anche una sezione pagamenti già attiva; di solito è richiesta l'apertura di un conto di pagamento su cui far arrivare i versamenti degli acquirenti che poi puoi veicolare verso il tuo conto corrente. Ma se fai tutto da solo, puoi anche decidere di gestire da solo i pagamenti dei tuoi clienti.

Per poter incassare i pagamenti, sono previste delle commissioni di incasso e, in alcuni casi, anche dei costi fissi previsti dalle banche per la gestione del pos virtuale: anche per pagare online infatti, come per pagare in negozio, serve avere un pos (una macchinetta per accettare i pagamenti) che ovviamente sul web è virtuale.

È importante che nella home page della piattaforma di vendita vengano messe in evidenza le modalità di pagamento accettate e, soprattutto, che non siano mai previste commissioni aggiuntive rispetto al prezzo dei prodotti quando si usa un determinato mezzo di pagamento perché questa richiesta sarebbe un illecito.

È inoltre da ricordare che, dal 1 gennaio 2021, tutti pagamenti online di valore superiore ai 30 euro devono essere autenticati due volte, come previsto dalla normativa Psd2. La norma prevede che, in mancanza di questa doppia autenticazione, in caso di truffe telematiche o malfunzionamenti sarà ritenuto responsabile il venditore. 

Le modalità di pagamento più diffuse

Quali sono i metodi di pagamento più utilizzati? Ecco una carrellata dei principali con le indicazioni dei costi di incasso e i pro e i contro di ogni sistema.

Contrassegno

Il pagamento del prezzo del prodotto da parte dell’acquirente avviene in contanti al momento della consegna: in questo modo si dà la possibilità anche a chi non ha una carta di acquistare online. Anche per un acquirente timoroso dell’affidabilità del sito su cui sta acquistando, poter pagare alla consegna è certamente una sicurezza in più. Ma quali sono i rischi? Questa modalità espone il venditore al rischio che la consegna non avvenga, con basse possibilità di poter recuperare l’importo. Inoltre, si tratta di un sistema arcaico di gestione dei pagamenti, visto che il denaro viene incassato dal corriere che poi lo deve girare al venditore, aumentando i rischi di errori e truffe.

E per quanto riguarda le commissioni di incasso? La commissione è decisa dal corriere che si occupa della consegna del bene e di solito è pari al 3% del prezzo del prodotto.

Pagamento con bonifico bancario anticipato

In questo caso il cliente effettua un ordine, esegue il bonifico e quando il venditore lo vede accreditato sul conto corrente procede con la spedizione dell’ordine. Tra i vantaggi, c’è quello di dare la possibilità anche a chi non ha una carta o un altro sistema di pagamento, di fare acquisti usando il suo conto corrente. Tuttavia, c’è un aumento dei tempi per evadere l’ordine: è infatti necessario attendere che il cliente faccia il bonifico più i tempi bancari per l’accredito e attendere anche per la verifica da parte del venditore se e come il cliente ha effettuato il bonifico.

Per il venditore non ci sono costi di incasso, se non legati alla gestione e ai controlli dei pagamenti. 

Pagamento con carta

Si tratta dei pagamenti con carta di credito o prepagata, attraverso i principali circuiti di pagamento Visa, Mastercard, American Express. Per poter accettare questi pagamenti, occorre avere un contratto con una banca o un istituto di pagamento che si occuperà degli incassi e quindi vi fornirà anche la piattaforma di pagamento (il pos virtuale). Si tratta di una modalità di pagamento rapida e sicura per tutti, ma occorre fare attenzione ai costi legati all’incasso che sono, per tre banche tra le più diffuse, i seguenti:

  • Intesa San Paolo: Commissione mensile 2,50 euro. Commissioni di incasso per Visa e Mastercard 3,25% + 0,50 euro
  • Unicredit: commissioni di incasso 3,80%
  • Mps: commissioni di incasso fino al 4,10%
Paypal

Il pagamento avviene attraverso la piattaforma Paypal, con il conto Paypal oppure con una carta di credito o prepagata che viene inserita all’interno del wallet Paypal. E’ necessario aprire un conto Paypal business: il denaro ricevuto sul conto PayPal si può versare su di un conto corrente associato. Per questo trasferimento non sono previsti costi ed i tempi di completamento sono di 1-2 giorni lavorativi. Si tratta di una modalità di pagamento molto diffusa e che piace agli utenti visto che Paypal garantisce anche per la mancata consegna.

Per quanto riguarda i costi, Paypal fa pagare una commissione di incasso pari a 3,40% + 0,35 euro.

Satispay

Aprendo un conto Satispay business, si possono accettare i pagamenti degli utenti Satispay. Le commissioni di incasso sono 0,5% fino a pagamenti non superiori a 10 euro; e per gli altri superiori a 10 euro 0,5% + 0,20 euro. Questa modalità di pagamento si conferma tra le più economiche al momento. D’altra parte, è di certo poco diffuso rispetto ai circuiti bancari delle carte di pagamento. Gli utenti Satispay sono poco più di 1 milione. 

Stripe

È un istituto di pagamento che offre a chi apre un conto Stripe la possibilità di incassare pagamenti con carte (Visa, Mastercard, American Express) ed anche pagamenti con wallet (Apple Pay, samsung Pay, Google Pay). Si tratta di una modalità di pagamento con carte ed app alternativa a quella offerta dalle banche, con commissioni di incasso decisamente più basse.  Le commissioni di incasso sono 1,4% + 0,25 euro. 

Amazon Pay

Per il pagamento si usa l’account Amazon del cliente che quindi non deve inserire le sue credenziali di pagamento sul sito del venditore. Il venditore deve ovviamente creare un Account venditore Amazon Payments accettandone anche le condizioni di utilizzo. Le commissioni variano con il transato mensile da 1,8% a 3,4% + 0,35 euro.

SumUp

Si tratta di un istituto di pagamento che gestisce anche il pos virtuale per i pagamenti online. Il costo è unicamente la commissione di incasso pari al 2,5% sul costo del prodotto. Anche in questo caso, si tratta di un’alternativa alle tradizionali banche. La transazione viene registrata su un conto di pagamento SumUp e accreditata sul conto bancario dell’esercente in 2-3 giorni lavorativi.