Adolescenti online: connessi, ma attivi anche offline. Il 33% incontra rischi: le loro richieste
Indagine tra i 12-17enni: online tre ore al giorno in media, ma non per questo non attivi fuori casa. Il digitale è parte anche positiva delle loro vite, ma le situazioni rischiose non mancano, dai contatti di sconosciuti ai messaggi d'odio, dall'ansia da like ai rischi di isolamento. Chiedono misure di supporto e di controllo più che divieti e, soprattutto, hanno bisogno di essere ascoltati: porteremo la loro voce alle istituzioni italiane ed europee. Quali sono le esperienze degli adolescenti sui social, con i videogame, gli influencer, i contenuti personalizzati e l'intelligenza artificiale?
In questo articolo
- Quanto sono connessi e cosa fanno?
- Attivi online e offline: due mondi non contrapposti
- I rischi online: quanti e quali?
- I social: relazioni positive, inizi precoci e ansia da like
- I videogame: tra controllo e rischio di dipendenza
- Influencer e pubblicità inconsapevole
- Contenuti personalizzati: funzionano, ma preoccupano
- Intelligenza artificiale: già diffusa e non sempre riconosciuta
- Cosa ne pensano di misure di protezione e divieti?
- Il metodo dell'indagine
In un'epoca in cui la sicurezza dei minori online è sempre più centrale, abbiamo chiesto direttamente ai protagonisti - i giovani che si cerca di proteggere - qual è la loro esperienza nel mondo digitale in cui crescono: un'indagine che ha coinvolto un campione rappresentativo di adolescenti di 12-17 anni, a cui abbiamo chiesto quali sono le loro abitudini in rete, quanto incide il digitale sulla loro vita offline, quali rischi incontrano con i social, i videogame, gli influencer e l'intelligenza artificiale, come vorrebbero essere protetti e cosa ne pensano dei divieti (incluso il più recente sull'uso dello smartphone in classe).
Qual è il quadro che emerge? Molto connessi – tre ore al giorno in media, molte volte anche più di quattro – ma non per questo non attivi fuori casa, anzi: gli adolescenti sono in costante movimento tra mondo online e offline e amano la rete perché gli permette innanzitutto di tenersi in contatto, ma anche di imparare cose nuove e coltivare interessi; nel 33% dei casi però si imbattono in rischi – dai contatti da parte di sconosciuti, fino al cyberbullismo e all’ansia da like – di cui sembrano più consapevoli di quanto si potrebbe immaginare. Chiedono di essere protetti, ma restando parte attiva, mantenendo controllo e libertà, più che subendo divieti.
Tutto questo viene affrontato nel corso di un evento insieme ai ragazzi e alle ragazze delle scuole il 5 novembre a Milano; poi porteremo i risultati di questa indagine alle autorità italiane (AgCom, Garante della Privacy, Antitrust e decisori politici) e sul tavolo dell’Ue (l'inchiesta è stata svolta anche in altri quattro Paesi, oltre che in Italia, insieme a Euroconsumers, la rete di organizzazioni di consumatori cui Altroconsumo fa parte). Proprio in Europa, infatti, si stanno discutendo le misure per rendere l’ambiente digitale sempre più sano e sicuro per i minori: e soluzioni efficaci non possono fare a meno della voce dei protagonisti, raramente inclusa nel dibattito.
Torna all'inizioQuanto sono connessi e cosa fanno?
Abbiamo chiesto ai genitori degli adolescenti intervistati di lasciarli rispondere alle nostre domande da soli (nell’ultimo paragrafo più dettagli sulla metodologia), in modo da sentirsi liberi di condividere a pieno la loro esperienza.
Ecco i principali dati emersi sulle loro abitudini.
Torna all'inizioIl tempo online e la sua gestione
Praticamente tutti, il 97% degli adolescenti italiani, usano il telefono per connettersi, mediamente per 3 ore al giorno, ma c’è un buon 30% che va oltre le 4 ore, soprattutto tra i più grandi di 15-17 anni: un tempo che, nella maggioranza dei casi, pensano di riuscire a gestire bene, ma che per un quinto ha causato un peggioramento dei voti a scuola (e ne sono consapevoli), con molti che stanno cercando di ridurre il tempo trascorso davanti gli schermi, segno di uno sforzo più maturo di quello che ci si potrebbe aspettare.
Una buona percentuale (58%), ad esempio, ritiene utili strumenti di auto-controllo come i tracker del tempo trascorso davanti allo schermo o la disattivazione delle notifiche.
Cosa piace e cosa fanno?
La rete non è solo questione di tempo, ma soprattutto di cosa si fa online e di come questo si integra con la vita quotidiana. Per i ragazzi in generale è più di un semplice e vuoto intrattenimento. Come si vede dai dati mostrati in alto, alla domanda su cosa amino di più, prevale la connessione sociale: è innanzitutto una porta d'accesso al mondo delle loro relazioni, in particolare con le persone a cui tengono, ma anche alla creatività (musica soprattutto), a nuove conoscenze, oltre che a usi anche pratici.
Praticamente tutti o quasi fanno tante attività diverse e quasi quotidianamente in alcuni casi: navigano online e cercano informazioni (100%), fanno chiamate o videochiamate (99%), guardano video o film (97%), sono sui social (92%), ascoltano musica (92%) e giocano ai giochi online (89%). Il 63% usa la rete per creare e condividere contenuti, come testi, foto o video, e lo fa quasi 3 volte a settimana.
Torna all'inizioAttivi online e offline: due mondi non contrapposti
I ragazzi non “scrollano” soltanto, chiusi in casa dopo la scuola. Dagli incontri con famiglia e amici allo sport, dai corsi di musica, lingua o arte al volontariato o altre attività culturali: i giovani fanno tante uscite extrascolastiche diverse e in modo abbastanza frequente, l’83% fa una o più di queste attività almeno tre volte a settimana.
E c’è un dato da sottolineare: per la maggioranza dei giovani il numero di attività online non influisce negativamente sulle attività offline; al contrario, i ragazzi più attivi online sono anche quelli più attivi “in presenza”, e questo ci restituisce il quadro di una generazione per la quale i due mondi non si escludono l’un l’altro, l’online non si sostituisce all’offline come si potrebbe immaginare, non si contrappone, ma si integra, creando un’unica realtà fluida e dinamica: un’esistenza “onlife”, come gli esperti hanno definito l’esistenza di tutti noi d’altronde.
Non per tutti è così
Non tutti gli adolescenti però hanno le stesse possibilità: i ragazzi che vivono in famiglie meno agiate svolgono meno attività extrascolastiche in presenza, passano più tempo davanti agli schermi rispetto alla media e sono meno propensi a cercare di limitarsi in questo. E questo ci dice come le condizioni socio-economiche in cui i ragazzi crescono possano avere un impatto profondo anche sul loro comportamento online e sui rischi che corrono, richiedendo ancora più attenzione.
Torna all'inizioI rischi online: quanti e quali?
La rete quindi, da un lato, è uno spazio di esperienze positive, che i ragazzi sembrano cogliere, dall’altro è un mondo in cui i rischi ci sono, dalle situazioni più nettamente pericolose a quelle più sottilmente allarmanti.
Un terzo (33%) dei 12-17enni si è imbattuto in almeno una situazione rischiosa di vario tipo: in basso le principali che ci sono state riferite, dai contatti da parte di sconosciuti, ai messaggi di odio e discriminatori, dai contenuti violenti e sessualmente espliciti agli atti di stalking o cyberbullismo (in percentuali minori, ma può comunque succedere, ci hanno parlato di attacchi hacker, minacce di condivisione di foto intime o “challenge” online che hanno avuto conseguenze negative, come farsi del male).
Torna all'inizioTra consapevolezze, bisogno di informazione e dialogo
Molti ragazzi non sono così ingenui come da immaginario comune, anzi sembrano consapevoli delle sfide che comporta la loro vita online: circa la metà dice di essere ben informata sui rischi, su come proteggersi e reagire (in particolare i più grandi però); e, nella grande maggioranza dei casi, si è prudenti sui social: si fa attenzione a cosa si condivide, si verificano le richieste di amicizia e le impostazioni di privacy del proprio account. Ed è incoraggiante il fatto che i ragazzi che adottano più misure di sicurezza sui social siano anche quelli che poi si trovano ad affrontare meno minacce.
Sono dati positivi, ma allo stesso tempo serve fare di più, tra educazione e dialogo, perché – d’altro canto – ben il 30% non si sente informato su come dovrebbe reagire in caso di minacce online e il 26% ammette di falsificare l’età quando si iscrive a una piattaforma.
Inoltre il 10%, soprattutto tra i più piccoli, confessa di aggirare i limiti posti dai genitori all’uso dei dispositivi.
I limiti e il ruolo dei genitori
Il 91% dei 12-14 anni ha restrizioni di vario tipo, dal monitoraggio dei profili sui social fino ai limiti al tempo e alle app da poter usare; si scende di parecchio, al 75%, per i 15-17enni. In generale si riconosce il ruolo dei genitori (più che dei governi) nel porre delle regole nell’accesso a rete e dispositivi, ma in molti (76%) concordano anche sulla necessità di coerenza e pensano che “gli adulti dovrebbero pensare a limitare l’uso che fanno loro degli schermi prima di chiederci di fare altrettanto”.
Torna all'inizioI social: relazioni positive, inizi precoci e ansia da like
Abbiamo chiesto ai ragazzi anche qual è la loro esperienza con i singoli “ambienti” del digitale che frequentano. E anche in questo caso emergono elementi positivi, ma anche preoccupanti punti di attenzione.
Quanto ai social, il 75% degli adolescenti è attivo su almeno quattro piattaforme diverse e nei due terzi dei casi si sente soddisfatto del rapporto con gli amici quando li usa.
Non prima dei 13 anni?
Ci sono però molti ragazzi che hanno iniziato a usare queste piattaforme prima dei 13 anni (il 9% ha iniziato a usare YouTube prima degli 8 anni, il 14% prima dei dieci usava già Whatsapp, il 9% TikTok, il 7% Instagram). E, in molti casi si accede con il proprio personale account: oltre i due terzi dei 12enni ne ha uno su Whatsapp e le percentuali sono elevate anche per Youtube (60%), Instagram (37%) e Tik Tok (35%). Ed è significativo se si considera che la maggior parte di queste piattaforme ha un limite di età minima di almeno 13 anni: da un lato vuol dire che gli attuali sistemi di verifica dell'età non sono efficaci, dall’altro che i minori sentono il bisogno di aggirarli (il 26% ammette di aver fornito un’età falsa al momento dell’iscrizione).
Benessere mentale a rischio
Non rassicurano neanche i dati che riportiamo in basso su quanti ragazzi si sentono annoiati se non possono accedere ai social, ansiosi quando non ricevono notifiche/messaggi o se i coetanei non reagiscono a quello che postano: sintomo del fatto che i meccanismi di funzionamento dei social possono impattare sul benessere dei ragazzi e sul loro sentirsi apprezzati, così come sulla loro capacità di trovare altri stimoli al di fuori delle piattaforme.
Torna all'inizioI videogame: tra controllo e rischio di dipendenza
Anche l’uso delle consolle è molto comune (soprattutto tra i ragazzi); il 62% si sente in grado di controllare la quantità di tempo dedicato al gioco, ma ci sono diversi segnali, nei dati che mostriamo in basso, che ci parlano anche di un rischio di isolamento o di dipendenza piuttosto significativo (inoltre, non sono pochi a lamentare gli effetti delle “pressioni” in-game: tre ragazzi su dieci sentono il bisogno di spendere più soldi mentre giocano, ad esempio per sbloccare livelli extra).
Torna all'inizioInfluencer e pubblicità inconsapevole
Molti minori seguono gli influencer sui social (quello dei videogiochi è il tema più amato, seguito da sport, bellezza e moda) e la maggioranza (70%) acquista anche i prodotti consigliati, sintomo che questo modo di promuovere i prodotti funziona parecchio con i giovani; peccato che la metà però - nonostante gli obblighi di trasparenza che hanno gli influencer - non si renda sempre conto che di pubblicità appunto si tratta, e non di consigli disinteressati.
Torna all'inizioContenuti personalizzati: funzionano, ma preoccupano
Abbiamo prima spiegato ai ragazzi che gli algoritmi sui social personalizzano e mettono in evidenza contenuti e pubblicità in base alle loro preferenze e attività online. E poi abbiamo cercato di capire qual è la loro esperienza: i pareri sono contrastanti. In generale non c’è molta consapevolezza: il 42% non si rende conto che ciò che vedono è determinato proprio dalla presenza di algoritmi. In molti (circa il 40%) pensano che i contenuti e le pubblicità che vedono grazie a questo siano rilevanti, appropriati e utili.
In pratica gli algoritmi sembrano fare bene il loro lavoro con gli adolescenti, ma questo li preoccupa: in percentuali simili o superiori, infatti, temono di poter essere influenzati, vorrebbero più controllo e riconoscono su di loro gli effetti negativi degli algoritmi.
Torna all'inizioIntelligenza artificiale: già diffusa e non sempre riconosciuta
Gli strumenti di intelligenza artificiale che generano testi, immagini, video (ChatGpt, Gemini ecc.) sono i più recenti nel panorama digitale, ma praticamente tutti gli adolescenti (98%) sanno cos’è l'AI. E mentre il mondo degli adulti sta prendendo ancora le misure, la maggioranza di loro già ne fa uso, anche tutti i giorni: una diffusione che dimostra quanto i ragazzi siano interessati e aperti alle innovazioni.
Allo stesso tempo, però, non sono sempre in grado di affrontare i nuovi rischi e le nuove sfide che questa rivoluzione porta con sé, come le immagini o i video finti, creati con l’AI.
Torna all'inizioCosa ne pensano di misure di protezione e divieti?
Abbiamo infine chiesto agli adolescenti cosa ne pensano delle possibili iniziative concrete in discussione a livello europeo per proteggerli meglio. In generale, ben l’86% pensa che dovrebbero esserci delle restrizioni per i minori su alcuni tipi di contenuti online e nella maggioranza dei casi considerano le attuali regole insufficienti per tutelarli.
Quanto alle singole misure, potrebbe stupire, ma la grande maggioranza le ritiene utili.
Torna all'inizioProtezione e auto-controllo più che divieti
Le iniziative che riscuotono più successo sono quelle "di default", che dovrebbero far parte, sin dalla progettazione, di piattaforme e dispositivi (contenuti inappropriati offuscati, impostazioni standard come autoplay dei video o degli scroll infiniti disattivati ecc.); ma sono apprezzate anche le misure che aumentano la loro autonomia e consapevolezza, garantendogli più controllo (richieste esplicite su cosa gli interessa piuttosto che profilazione ecc.).
Invece, divieti e limiti (per smartphone, social e videogame) riscuotono meno successo, anche se abbiamo comunque un’elevata percentuale di adolescenti che ne riconosce l’utilità, soprattutto per i più piccoli; e questo vale anche per il divieto di smartphone personali a scuola, recentemente entrato in vigore in Italia anche per le scuole superiori: ben il 49% lo ritiene molto utile, ma – nella grande maggioranza dei casi, appunto – per i più piccoli.
Da un lato, quindi, i divieti sono considerati utili "ma non per me, per i più piccoli" e, dall'altro, una parte di adolescenti aggira i limiti già presenti come abbiamo visto nei dati precedenti: tutto questo, unito al fatto che il web può essere un’importante via di accesso a esperienze positive, da preservare, porta a chiedersi quanto – in effetti – i divieti tout court possano essere la strada più efficace e giusta da seguire.
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