forchetta con pasta

Pasta: guida all'acquisto

Trova la marca di pasta che più si adatta alle tue necessità

Di grano duro o di grano tenero, pasta fresca, all'uovo e stabilizzata. La pasta è un piatto che rappresenta l'italianità e ci distingue. Nel nostro comparatore abbiamo confrontato le marche più diffuse sugli scaffali tra penne e spaghetti per trovare le migliori. Scopri le tipologie di pasta in commercio e tutte le caratteristiche, i falsi miti da sfatare e i consigli sulla cottura e il condimento.

La guida passo passo

Tipi di pasta

Sugli scaffali del supermercato possiamo trovare diverse tipologie di pasta:

  • la pasta di grano duro
  • la pasta di grano tenero
  • la pasta all'uovo
  • le paste speciali
  • la pasta stabilizzata 
  • la pasta dietetica
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Pasta di grano duro

La pasta di grano duro che possiamo trovare in commercio è di tre tipi: pasta di semola di grano duro, pasta di semolato di grano duro e pasta di semola integrale di grano duro.
Quali sono le differenze? La semola integrale è ottenuta dal chicco intero di grano duro (che non viene cioè sottoposto ai processi di raffinazione), mentre il semolato è una semola semi-integrale, meno raffinata rispetto alla semola.

Pasta di semola di grano duro

Per legge viene denominata pasta di semola di grano duro il prodotto ottenuto dalla trafilazionelaminazione ed essiccamento di un impasto preparato esclusivamente con semola di grano duro e acqua. L’umidità massima consentita è di 12,50%, mentre le proteine sul secco devono costituire almeno il 10,50%.

Pasta di semolato di grano duro

Esiste anche la pasta di semolato di grano duro, definita come il prodotto ottenuto da un impasto preparato con semolato di grano duro (che è una semola semi-integrale) ed acqua. L’umidità massima tollerata è di 12,50%, mentre il tenore di proteine sul secco deve essere almeno di 11,50%.

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Pasta di grano tenero

Per la fabbricazione della pasta secca in Italia, a differenza di altri paesi, è vietato l'utilizzo di sfarinati di grano tenero (ne è tollerata la presenza come residuo di lavorazione in misura non superiore al 3%). La pasta prodotta in altri Paesi, in tutto o in parte con sfarinati di grano tenero, e venduta in Italia deve riportare una delle seguenti denominazioni:

  • pasta di farina di grano tenero, se ottenuta totalmente da sfarinati di grano tenero;
  • pasta di semola di grano duro e di farina di grano tenero, se ottenuta dalla miscelazione dei due prodotti con prevalenza della semola;
  • pasta di farina di grano tenero e di semola di grano duro, se ottenuta dalla miscelazione dei due prodotti con prevalenza della farina di grano tenero.
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Pasta all'uovo

La pasta all'uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola e almeno quattro uova intere di gallina per un peso totale non inferiore a 200 grammi di uovo per ogni chilogrammo di semola. Le uova possono essere sostituite da una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido fabbricato esclusivamente con uova intere di gallina. L’umidità massima consentita e la quantità minima di proteine sul secco devono essere pari al 12,50 %.

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Paste speciali

Si intendono con questo termine le paste sopra definite contenenti ingredienti alimentari diversi dagli sfarinati di grano tenero. Le paste speciali devono essere poste in vendita con la denominazione pasta di semola (integrale o non) di grano duro, completata dall’indicazione dell'ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti (ad esempio: pasta di semola grano duro con farina di soia soia oppure pasta di semola di grano duro con spinaci). Se nella preparazione dell'impasto sono utilizzate uova, la pasta speciale deve rispondere ai requisiti previsti per le paste all’uovo.
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Pasta fresca

Le paste fresche, per le quali è consentito l'uso delle farine di grano tenero, se vendute allo stato sfuso, devono essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a + 4°C. Le paste alimentari fresche confezionate devono: avere un tenore di umidità non inferiore al 24%; essere state sottoposte al trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione ed essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a + 4°C.
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Pasta stabilizzata

Sono denominate paste stabilizzate le paste alimentari che hanno un tenore di umidità non inferiore al 20% e che sono state sottoposte a trattamenti termici e a tecnologie di produzione che ne consentono il trasporto e la conservazione a temperatura ambiente.
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Pasta dietetica

Si tratta di una denominazione ormai non più usata. Il termine “dietetico” poteva essere utilizzato per indicare quelli che una volta erano chiamati “alimenti destinati a un'alimentazione particolare”, dal 2016 designati invece come “alimenti per gruppi specifici (FSG)”, per i quali non è più previsto l’uso del termine “dietetico”.

Questi prodotti comprendono varie tipologie di alimenti, la cui caratteristica comune è quella di essere stati ideati e formulati per far fronte alle specifiche esigenze nutrizionali di individui affetti da determinate malattie o in condizioni fisiologiche particolari (ad esempio, lattanti e bambini nella prima infanzia). Il termine dietetico si riferiva quindi alla capacità di un prodotto di venire incontro a particolari esigenze nutrizionali, senza avere alcuna attinenza con la qualità dell’alimento e con il suo valore energetico.

Se ci riferiamo alla pasta, l’indicazione “dietetica” era in genere utilizzata per i prodotti adatti a soggetti celiaci, cioè intolleranti al glutine, contenenti farine prive di questa sostanza (come quelle di mais, grano saraceno, riso) oppure per i prodotti destinati a diabetici (come le paste arricchite in fibra).

 
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I falsi miti sulla pasta integrale

Ecco alcuni falsi miti tra i più diffusi sulla pasta integrale.

Mangiare pasta integrale fa dimagrire?

Una premessa: la dieta è un cambiamento del proprio stile di vita, graduale e duraturo. Un valido programma dietetico, consigliato da un nutrizionista, deve introdurre nuove regole alimentari da seguire nel lungo periodo, correlate a buone abitudini di vita. Un singolo alimento, quindi, non può avere così tanta rilevanza ai fini della perdita di peso.

Detto ciò, tra pasta classica e integrale, in termini di contenuto calorico, non ci sono differenze significative. Una porzione di pasta classica apporta infatti 290 kcal, mentre le kcal apportate dalla pasta integrale sono 280.
La fibra però, contenuta in misura maggiore nella pasta integrale (e in genere nei cereali integrali rispetto ai raffinati), ha un maggior potere saziante, e questo ci potrebbe aiutare a mangiarne meno.

È vero che la pasta integrale deve essere biologica altrimenti è più a rischio di contenere pesticidi?

No, non è necessario acquistare pasta integrale biologica per essere sicuri che non contenga pesticidi. Da quello che è emerso dai nostri test, è possibile trovare paste integrali non biologiche senza alcun residuo di prodotto fitosanitario (lo stesso vale peraltro per la pasta classica).

La pasta integrale è a più rischio di micotossine?

No assolutamente: le micotossine possono essere rilevate sia nella pasta classica che in quella integrale.

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Caratteristiche merceologiche della pasta secca

La pasta secca di buona qualità deve avere le seguenti caratteristiche:

  • un colore giallo ambrato;
  • deve spezzarsi con un rumore secco e mostrare una sezione non farinosa;
  • osservata in controluce deve presentare un colore omogeneo e deve mostrarsi priva di punti neri (impurità), punti bianchi (cioè parti farinose della semola dovute a non perfetta lavorazione), bolle d’aria, crepe e fratture. Nella confezione non devono esserci briciole;
  • l’odore e il sapore devono essere gradevoli e tipici (non estranei come di acidità o muffa);
  • deve “tenere” la cottura, cioè rimanere consistente in ogni sua parte ed elastica. Una buona qualità in cottura della pasta è associata a un alto contenuto di proteine della semola e alla loro capacità di formare un reticolo compatto, a cui si dà il nome di glutine. Se il glutine è di buona qualità forma una solida rete attorno all’amido, impedendogli di fuoriuscire dalla pasta in cottura e di diventare collosa. Alcune tipologie di pasta ottenute con semole di qualità scadente risultano scotte all’esterno e crude all’interno. È bene tenere presente, tuttavia, che la qualità mediocre di una semola può essere mascherata da trattamenti di essiccazione ad alta temperatura, che garantiscono spesso una migliore tenuta in cottura del prodotto;
  • infine, occorre che la pasta abbia una buona capacità di trattenere i condimenti. Per esempio l’uso di trafile in bronzo, che rende la pasta più ruvida e opaca, può migliorare la sua capacità di trattenere i sughi.
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Come leggere l’etichetta

Per capire come leggere l’etichetta di una confezione di pasta vediamo quali sono le informazioni che, per legge, devono essere sempre presenti e quali invece non sono obbligatorie ma possono essere di grande utilità.

Informazioni obbligatorie

Le informazioni che devono sempre essere riportate sono le seguenti:

  • denominazione di vendita: secondo il DPR 187/2001 relativo a sfarinati e paste alimentari, è rappresentata dall’espressione pasta di semola di grano duro, definita per legge come il prodotto ottenuto da semola di grano duro e acqua;
  • peso netto;
  • elenco degli ingredienti: è di solito un’informazione obbligatoria per i prodotti alimentari, ma per la pasta non è così: per legge, infatti, se un alimento comprende un solo ingrediente e se la denominazione dell’alimento è identica al nome dell'ingrediente oppure consente di risalire chiaramente alla natura dell’ingrediente, come nel caso della pasta di semola di grano duro, è possibile ometterlo (relativamente all’acqua aggiunta alla semola per creare l’impasto, non è considerata un ingrediente perché, evaporando durante l’essiccazione, non è più presente nel prodotto finito);
  • ingredienti che possono dare allergie o intolleranze: nella pasta l’ingrediente che potrebbe dare questo tipo di problemi è il grano. La legge stabilisce che tali ingredienti debbano figurare con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza che provoca allergie o intolleranze, la quale deve essere evidenziata attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati (per esempio per dimensioni, stile o colore di sfondo). Nei casi però in cui la denominazione dell’alimento faccia chiaramente riferimento alla sostanza o al prodotto che provoca allergie o intolleranze, come nel caso della pasta di semola di grano duro, queste indicazioni non sono richieste. Non è obbligatorio quindi evidenziare in etichetta la parola “grano”, poiché è già indicato nella denominazione;
  • numero di lotto
  • data di scadenza;
  • nome o ragione sociale e indirizzo del produttore o distributore;
  • località e indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (come stabilito dal D.Lgs. Governo n.145/2017), che però può essere omesso se coincide con l’indirizzo già indicato in etichetta del produttore o distributore;
  • una dichiarazione nutrizionale: per legge è obbligatorio indicare il valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale (tutti espressi per 100 g). Possono essere aggiunte indicazioni relative ad altre sostanze, ad esempio acidi grassi polinsaturi, amido, fibre, sali minerali o vitamine. Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive possono essere espressi anche per porzione, a condizione che siano indicati la porzione consigliata e il numero di porzioni contenute nell’imballaggio;
  • origine del grano: vi è l'obbligo di indicare in etichetta l'origine della materia prima. La legge, che si applica solo alla pasta secca e non a quella fresca, prevede che sulle confezioni di pasta secca prodotte in Italia si debbano indicare le seguenti diciture:
    a) Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano duro è stato coltivato;
    b) Paese di molitura: nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro. Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE;
    c) se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura: "Italia e altri Paesi UE e/o non UE" a seconda dell’origine.

Informazioni facoltative

Sulle etichette possono essere presenti altre indicazioni facoltative molto utili, come:

  • la data di produzione, che consente di conoscere l’età effettiva del prodotto;
  • le modalità di conservazione (il consiglio è in genere di conservare la pasta in un luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce, lontano da fonti di calore);
  • il tempo di cottura;
  • le istruzioni per la preparazione;
  • il numero di porzioni (la porzione suggerita dalla SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana, è di 80 g);
  • le indicazioni nutrizionali semplificate sul fronte etichetta (che riportano in forma schematica le indicazioni per porzione relative a energia, zuccheri, grassi, grassi saturi e sale, con le relative percentuali di copertura delle quantità giornaliere raccomandate);
  • contatti telefonici e posta elettronica dell’azienda (utili in caso di necessità).

Valori nutrizionali: proteine, fibre e calorie

Quante calorie apporta una porzione di pasta? Una porzione di 80 g ne apporta circa 290, che sono all’incirca le stesse calorie fornite da una stessa porzione di altri cereali (riso, farro) e pseudo-cereali come quinoa e grano saraceno (che non sono cereali veri e propri perché non appartengono alla famiglia delle Graminacee, ma producono semi che assomigliano a quelli dei cereali, sia dal punto di vista nutrizionale che per l’utilizzo che se ne fa).

Relativamente alle proteine, la pasta ne contiene circa 10 g per porzione da 80 g, all’incirca come farro, quinoa e grano saraceno; rispetto invece al riso, la pasta contiene il doppio delle proteine.

Per quanto riguarda le fibre, una porzione di pasta ne apporta in media circa 2,5 g, fornendo il 10 % circa della quantità di fibra giornaliera raccomandata. Volendo fare un confronto con il riso, il quantitativo di fibre nel riso è la metà rispetto a quello della pasta. Rispetto, ad esempio, a farro e quinoa, la pasta contiene circa la metà delle fibre.

Presenza di allergeni

Nella pasta l’unico ingrediente che potrebbe causare allergie o intolleranze è il grano. Nel caso della pasta, come abbiamo visto, dato che la denominazione dell’alimento (“pasta di semola di grano duro”) fa chiaramente riferimento al grano, non è obbligatorio evidenziare in etichetta questa sostanza, poiché è già indicata nella denominazione.

Osservando tuttavia le etichette delle confezioni di pasta, si nota che su molte di esse compare l’indicazione “può contenere soia e senape” (a volte sono riportati anche uova e lupini).

Significa che la pasta può contenerli? Sì, ma non certamente perché volutamente aggiunti.

Si tratta di indicazioni volontarie precauzionali, non disciplinate dalla legge, apposte dall’azienda produttrice perché non è in grado di garantire l’assenza di quegli allergeni. A livello industriale, ciò può accadere solitamente perché le filiere di produzione e di confezionamento non sono opportunamente separate, per cui si potrebbe realizzare una contaminazione accidentale.

Queste informazioni, però, anziché andare realmente incontro alle esigenze dei consumatori, scaricano di fatto la responsabilità su chi acquista il prodotto: la lettura dell’etichetta dovrebbe, infatti, consentire di distinguere con certezza un prodotto sicuro da un altro che non lo è.

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Domande frequenti

Di seguito le risposte ad alcune frequenti domande sulla pasta.

Cosa significa "trafilata al bronzo"?

Significa che nel processo di produzione della pasta, durante la fase di estrusione, l’impasto di acqua e semola viene spinto attraverso trafile realizzate interamente in bronzo o comunque dotate di inserti in questo materiale.

Le trafile costituiscono l’elemento che dà la forma alla pasta: hanno infatti fori e sagome che creano il formato desiderato. La trafilatura al bronzo, rispetto a quella realizzata usando trafile in teflon, conferisce alla superficie della pasta maggiore porosità, rendendola più ruvida e opaca, migliorandone l’assorbimento di qualsiasi condimento. Le trafile in teflon, invece, rendono la superficie della pasta di un colore più brillante, conferendo un aspetto liscio. Una pasta molto liscia, rispetto a una pasta trafilata al bronzo, dopo la cottura catturerà in maniera meno efficace il condimento, che scivolerà via non amalgamandosi con la pasta.

Storicamente le trafile erano costruite in bronzo, perché è un materiale resistente alla dilatazione termica (durante l’estrusione l’attrito che si crea produce calore, che deformerebbe la trafila se il materiale non avesse queste caratteristiche).

Il bronzo non è l’unico materiale che consente di ottenere una pasta ruvida: alcune aziende raggiungono lo stesso risultato usando, per esempio, inserti in ottone. 

Grano duro o grano tenero, che differenza c'è?

Le differenze sono varie e riguardano principalmente le loro caratteristiche fisiche e i loro utilizzi. Innanzitutto, si tratta di due specie di grano diverse: Triticum aestivum (grano tenero) e Triticum durum (grano duro).

Il grano duro ha un chicco davvero più duro rispetto a quello del grano tenero, quasi traslucido con una forma lievemente più allungata. Dalla macinazione del grano duro si ottengono, a seconda del grado di raffinazione, dalla più alla meno raffinata, la semola, il semolato e la semola integrale.

Il grano duro ha un contenuto di proteine più elevato e l’impasto che ne deriva ha quindi una maggiore quantità di glutine, la cui struttura è più rigida e resistente rispetto a quella che si realizza negli impasti ottenuti da farine di grano tenero. La consistenza dei prodotti ottenuti è quindi più soda e compatta. Per questi motivi il grano duro è ideale per la produzione di pasta secca e alcuni tipi di pane (per esempio il pane di Altamura).

I chicchi di grano tenero, invece, sono più morbidi, opachi e si spezzano facilmente. Dalla macinazione del grano tenero si ottengono, dalla più alla meno raffinata, le farine 00, 0, 1, 2 e integrale.

I chicchi hanno una forma tondeggiante e un contenuto di proteine più basso; il glutine nel grano tenero è caratterizzato da una struttura più morbida e flessibile, che rende l’impasto più facile da lavorare, donando una consistenza più soffice e morbida ai prodotti da forno derivati.  Per questi motivi, le farine di grano tenero vengono utilizzate principalmente per la produzione di pane, pizze, dolci (torte, biscotti, brioches) e pasta fresca fatta in casa.

Cosa vuol dire pasta bio?

Significa derivata da semola di grano duro biologico, cioè ottenuto con il metodo di coltivazione dell'agricoltura biologica.

Il metodo bio consente di produrre alimenti utilizzando pratiche quanto più possibile sostenibili, cercando di prevenire la perdita della biodiversità e l’impoverimento del suolo, facendo ruotare le coltivazioni, selezionando specie e varietà particolarmente resistenti ai parassiti, alle malattie e alle erbe infestanti. Questo perché nella produzione biologica è vietato l’uso di pesticidi di sintesi, così come di fertilizzanti sintetici, anche se in rari casi l’uso di prodotti di norma non consentiti può essere autorizzato (per esempio se vi è un pericolo incombente per la coltura). Le norme dell’agricoltura biologica prevedono invece la possibilità di utilizzare alcuni pesticidi di origine naturale, come ad esempio le piretrine e alcuni microrganismi, e sostanze utilizzate tradizionalmente come il solfato di rame, lo zolfo, alcuni oli minerali (anche se si tratta comunque di prodotti industriali: ad esempio, il solfato di rame è ottenuti dai minerali di rame estratti dalle miniere).

La pasta bio ha meno pesticidi rispetto alla pasta “classica”? Da quello che emerge dal nostro ultimo test su 22 confezioni di penne rigate di cui 2 biologiche, nelle quali abbiamo ricercato il glifosato e più di 500 altri prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura, non vi è differenza tra pasta bio o non bio: quasi tutti i campioni sono privi di pesticidi. In 5 prodotti, tra cui una pasta bio, è stato trovato in quantitativi molto bassi il Piperonil butossido, autorizzato anche in agricoltura biologica, che non è un vero e proprio pesticida ma un sinergizzante, che serve cioè a rendere più efficaci le piretrine, insetticidi facilmente degradabili nell'ambiente.

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