Cottura passiva: la pasta è buona, parola di chef
Gli chef hanno cucinato per noi sei diverse marche di pasta mettendo a confronto la cottura tradizionale con quella passiva, per capire se è possibile risparmiare sui consumi senza sacrificare il gusto.
- contributo tecnico di
- Antonella Borrometi

Se non ci sono dubbi sul fatto che nel nostro paese la pastasciutta piace a tutti, da alcune settimane l’Italia si divide sul metodo di cottura di penne e rigatoni. Complice la crisi energetica e il timore di un inverno freddo con i costi delle bollette di luce e gas alle stelle, fra le misure raccomandate da più parti per risparmiare c’è anche il metodo della cottura passiva degli alimenti al posto di quella tradizionale. Si tratta, in sostanza, di togliere il gas o di spegnere l’induzione a un certo punto del procedimento di cottura della pasta e di altri alimenti, come ad esempio le uova. Il risparmio c’è, ma il dubbio resta: cotta in questo modo la pasta è buona? Su questo punto gli italiani si dividono. Così abbiamo chiesto aiuto ad alcuni chef, che hanno cucinato per noi sei diverse marche di pasta sia con il metodo della cottura passiva sia con quello tradizionale. Guarda il video per scoprire i risultati.
Le prove degli chef
I prodotti, scelti da Altroconsumo e resi anonimi prima della prova, sono nell’elenco di quelli che hanno ottenuto i migliori risultati nei nostri ultimi test. Bisogna però fare una precisazione importante: per le prove è stata utilizzata solo pasta di grano duro, cioè la tipologia più usata dai consumatori. I risultati del nostro test non valgono quindi per la pasta all’uovo e per quella ripiena, che non sono state valutate.
Prima ancora di iniziare a cucinare, gli chef hanno esaminato penne e spaghetti a crudo. Questa prima analisi è utile per avere un’idea del comportamento della pasta dopo la cottura. Ad esempio, una pasta liscia una volta cotta assorbirà meno condimento. La valutazione è stata fatta per tutti i sei campioni scelti per le prove, tra pasta corta e lunga: tre tipi diversi di penne rigate e tre tipi diversi di spaghetti. Ciascun tipo di pasta è stato quindi cucinato contemporaneamente con i due procedimenti, quello della cottura tradizionale e quello della cottura passiva. Una volta che penne e spaghetti erano pronti, per ogni piatto gli chef hanno analizzato diversi aspetti come, ad esempio, tenuta di cottura, collosità, assorbimento del sugo.
Infine, la prova regina: l’assaggio. Assaporando tutti i piatti, gli chef hanno dato un giudizio complessivo a tutte le sensazioni gustative e tattili percepite quando provavano la pasta.
Cottura passiva: promossa
Dopo aver analizzato e assaggiato tutti i piatti, gli chef hanno dato il loro verdetto: non c’è alcuna differenza in termini di gusto tra i due diversi metodi di cottura. Anzi, nel caso delle tre penne rigate, quelle cotte spegnendo la fonte di calore hanno un aspetto migliore rispetto a quelle preparate con il metodo tradizionale. Questo è dovuto principalmente al fatto che, nella cottura classica, la bollitura fa sfregare le penne una contro l’altra rovinandone la rigatura. Via libera quindi alla cottura passiva. Fa risparmiare gas o elettricità perché si spengono i fornelli in media circa 8-9 minuti prima rispetto alla cottura tradizionale e si mantiene intatto il sapore della pasta.
Le fasi della cottura passiva
Ma come funziona esattamente la cottura passiva? Le modalità possono essere diverse e variano in base a quando si sceglie di spegnere la fonte di calore o a quanto tempo si decide di tenere la pasta in pentola. Durante le prove fatte per noi, gli chef hanno seguito un procedimento preciso: nella gallery sono spiegate tutte le fasi
In una pentola gli chef hanno messo a bollire due litri di acqua per 250 grammi di pasta e aggiunto sale.
Quando l’acqua bolliva hanno buttato la pasta e mescolato con una paletta. Il fuoco resta acceso.
Una volta che l’acqua ha ripreso a bollire, hanno spento la fonte di calore e messo un coperchio.
Gli chef hanno lasciato cuocere la pasta almeno un minuto di più del tempo di cottura indicato.

In una pentola gli chef hanno messo a bollire due litri di acqua per 250 grammi di pasta e aggiunto sale.

Quando l’acqua bolliva hanno buttato la pasta e mescolato con una paletta. Il fuoco resta acceso.

Una volta che l’acqua ha ripreso a bollire, hanno spento la fonte di calore e messo un coperchio.

Gli chef hanno lasciato cuocere la pasta almeno un minuto di più del tempo di cottura indicato.
Quanto si risparmia con la cottura passiva
Per calcolare quanto risparmia utilizzando il metodo della cottura passiva chi ha il gas abbiamo considerato i seguenti parametri. Un consumo di 0,06% metri cubi all’ora (utilizzando un fornello piccolo o uno grande non regolato al massimo). Un ricorso alla cottura passiva di circa 40 volte al mese: di queste, partendo da un consumo pro capite di pasta di 23 kg annui, 24 sono le volte in cui togliamo il gas per cuocere la pasta e 16 le altre occasioni in cui possiamo cuocere altri cibi senza fuoco. In questo modo si risparmiano 3,65 metri cubi di gas in anno (l’equivalente di circa una settimana di docce), che corrispondono a circa 5 euro annui e che, moltiplicati a livello nazionale, arrivano a 62 milioni di metri cubi di gas. Anche con il piano cottura a induzione si risparmia, seppur in maniera inferiore rispetto al gas per via dell’efficienza superiore della tecnologia.