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Il talco è potenzialmente cancerogeno? Facciamo chiarezza

La Iarc, l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’OMS, ha deciso di riclassificare il talco nel Gruppo 2A delle sostanze cancerogene. Così il talco passa da cancerogeno “possibile” a cancerogeno “probabile”. Ma che cosa significa davvero? Il talco è davvero cancerogeno? Che rischio corriamo usando il talco? 

Con il contributo esperto di:
15 luglio 2024
Talco

L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione ha recentemente rivalutato le prove sulla cancerogenicità del talco, un prodotto di largo utilizzo contenuta in molti cosmetici, ma anche in prodotti alimentari e farmaceutici, decidendo di modificare la sua precedente classificazione: il talco pasa così dal gruppo 2B dei “possibili cancerogeni” al gruppo 2A dei “probabili cancerogeni”.

Vari siti di informazione hanno riportato la notizia mal interpretando il senso della classificazione, che nulla ha che fare con il grado di cancerogenicità della sostanza o col rischio effettivamente corso da chi lo usa.
Come va invece interpretata questa classificazione? Il talco può davvero causare dei tumori? Che rischio corriamo davvero? Proviamo a dare alcune risposte.

Il talco è davvero cancerogeno?

Nella sua forma naturale, il talco può contenere fibre di amianto, una sostanza cancerogena nota per causare rare forme di tumore a livello dei polmoni e delle pleure (le membrane che rivestono i polmoni) nei lavoratori esposti. Non tutte le miniere da cui il talco è estratto sono però interessate dalla contaminazione con amianto. Al giorno d’oggi il talco usato nell’industria cosmetica, alimentare e farmaceutica deriva da miniere in cui il talco non presenta tracce di amianto. Fin dagli anni ’70 la legge richiede che i prodotti a base di talco siano privi di amianto, tanto che le miniere in cui si estrae talco contaminato sono inattive ormai da decenni. Se da un lato gli studi sui lavoratori delle cave di estrazione non sono concordi nel rilevare un aumento di rischio di tumori delle vie respiratorie, nessun rischio maggiore di tumori pleurici o polmonari per via dell’inalazione di talco in polvere sembra emergere dagli studi esistenti.

Talco in polvere: perché per la Iarc è un cancerogeno “probabile”?

Rimane quindi di capire se i cosmetici a base di talco, anche privi di fibre di amianto, come il Borotalco, possano causare tumori in altri organi.

Secondo la Iarc, che ciclicamente valuta le sostanze cancerogene o potenzialmente tali, il talco - anche privo di amianto - è un “probabile” cancerogeno (“gruppo 2A”) sulla base di un sospetto legame con il tumore alle ovaie e sulla base di sufficienti prove sperimentali che il talco aumenti il rischio di cancro delle ghiandole surrenali nel ratto, insieme a convincenti prove di laboratorio che il talco crei un ambiente favorevole e inneschi meccanismi che trasformano le cellule sane in cellule tumorali. 

Questa classificazione, assegnata a inizio luglio 2024, rivede “al rialzo” la valutazione di 15  anni fa, quando le prove nel loro insieme sono valse al talco la classificazione di agente “possibilmente” cancerogeno, da inserire quindi nel “gruppo 2B”

Ma che cosa significa “probabile” cancerogeno”? Cosa cambia tra “possibile” e probabile”? Che rischio si corre in effetti?

La classificazione non c’entra nulla con il rischio che corriamo

Il passaggio al gruppo 2A non significa che il talco sia più pericoloso di quanto si pensasse o che sia più pericoloso di sostanze che si trovano nel gruppo 2B (come le onde elettromagnetiche o l’aspartame). La classificazione dello Iarc non ha nulla a che vedere né col potenziale cancerogeno di una sostanza, né col rischio che ognuno di noi corre

La classificazione riguarda invece il grado di certezza delle evidenze scientifiche sulla capacità di una sostanza di causare il cancro: se le prove sono chiare e su più livelli, la sostanza va nel gruppo 1 dei cancerogeni certi per l’uomo. Altrimenti si scende nei gruppi 2 o 3 a seconda di quanto incerte o assenti siano queste prove.

Il passaggio del talco dal gruppo 2B dei “possibili” cancerogeni al gruppo 2A dei “probabili cancerogeni” riflette la convinzione dello IARC che gli studi sul legame tra talco e cancro condotti fino ad oggi siano più convincenti dell’ultima volta che li ha valutati. Resta quindi da capire cosa significhi che una sostanza è un “possibile” o “probabile” cancerogeno.

“Probabile” cancerogeno significa che non ci sono prove chiare

Volendo semplificare molto, nel gruppo 2B dello IARC (“possibili cancerogeni”) finiscono le sostanze che hanno dubbie prove di cancerogenicità nell’uomo, ma di cui non si può escludere che l’esposizione aumenti il rischio di tumore. Se ci sono anche sufficienti prove che la sostanza causi il cancro in animali sperimentali, allora la sostanza sale al gruppo 2A. L’algoritmo di classificazione è più complesso di così e considera anche i risultati degli studi di laboratorio su cellule e tessuti, ma nel complesso, sia che si cada nel gruppo 2B, sia che si cada nel gruppo 2A, le prove non sono sufficienti a dire che la sostanza provochi il cancro nell’uomo, ma sono sufficienti ad alzare la guardia e tenere alta l’attenzione sull’esposizione delle persone.

Quale rischio corriamo davvero?

Venendo al caso in questione, il talco passa dal gruppo 2B al gruppo 2A sulla base di prove dubbie nell’uomo, prove sufficienti negli animali sperimentali e prove forti da studi in vitro che il talco sia cancerogeno.

Le prove nell’uomo riguardano studi epidemiologici da cui risulterebbe che l’abitudine di utilizzare il talco usato in zona perineale aumenta nella donna il rischio di sviluppare un cancro delle ovaie. Questi studi però offrono prove incerte, in quanto non solo la metodologia non è molto solida (non è possibile verificare la reale esposizione al talco, ma solo il ricordo e quanto riferito), ma anche perché non si può escludere che il talco usato fosse contaminato da asbesto. Non ci sono invece altri indizi che suggeriscano un legame tra l’uso del talco e tumori in altri organi. 

Negli studi sperimentali su animali da laboratorio, l’esposizione al talco ha aumentato il rischio di tumori inusuali a livello delle ghiandole surrenali sia nella femmina che nel maschio di ratto, mentre un rischio maggiore di tumore del polmone è stato osservati solo nella femmina e non nel maschio del ratto. Gli studi in vitro hanno invece mostrato in modo convincente come il talco sia in grado di favorire in vari modi la trasformazione tumorale delle cellule. Si tratta però di condizioni diverse dall’esposizione reale delle persone.

Insomma, ad oggi abbiamo degli indizi che il talco possa favorire il cancro, ma nulla sappiamo dell’effettivo rischio corso da chi lo usa o lo ha usato, del livello di esposizione necessario per essere davvero a rischio (dose e durata) o se ci sono caratteristiche personali che aumentano davvero il rischio.

È pericoloso per i bimbi?

Anni fa il talco in polvere veniva abitualmente utilizzato, per assorbire l'umidità, durante il cambio dei pannolini per i bimbi. In questo modo, però, i più piccoli potevano inalare la polvere e per questo poter avere problemi di salute. Per evitarlo è stato inventato il talco liquido, un'emulsione con le stesse proprietà assorbenti. Al di là del rischio di inalazione, non sono stati registrati altri rischi per i bambini, soprattutto legati a eventuali tumori.

Le cause a Johnson&Johnson

Se è vero che da decenni il talco in commercio non è afflitto dal problema della contaminazione con amianto, non si può dire lo stesso per il periodo tra gli anni ’50 e ’70. Questo sospetto ha aperto le porte fin dalla fine degli anni novanta a cause giudiziarie negli stati Uniti, da parte di consumatrici e consumatori che per anni avevano usato la polvere di talco per la loro igiene e quella dei loro figli e che alla possibile contaminazione con amianto correlavano lo sviluppo di un cancro a livello genitale o polmonare. Johnson & Johnson, il produttore del più noto marchio di polvere di talco per bambini e adulti, è stata il bersaglio di migliaia di cause da parte di persone affette da cancro o dai loro familiari, alimentate anche da inchieste giornalistiche che hanno fatto emergere insabbiamenti di prove sulla presenza di amianto in alcuni lotti di prodotto nei primi anni’ 70.

Battaglie che a volte si sono concluse con vittorie, altre con sconfitte e patteggiamenti, ma che nel 2023 hanno portato l’azienda alla proposta di risarcire con 8,9 miliardi di dollari le 70mila persone che hanno fatto causa all’azienda. E a inizio 2024, ad un pagamento di 700 milioni di dollari per risolvere un’indagine portata avanti da più di 40 Stati americani per presunte violazioni delle leggi sulla tutela dei consumatori. Nel frattempo J&J ha smesso di commercializzare, già dal 2020, il suo prodotto per bambini in Stati Uniti e Canada per via del calo delle vendite e successivamente nel 2023 ha dichiarato di voler rimuovere dal mercato mondiale il suo prodotto per bambini per sostituirlo con un prodotto diverso, privo di talco,  puramente a base di amido di mais.