Aspartame "possibilmente cancerogeno": è ufficiale. Significato, motivazioni e reali rischi
Un comunicato congiunto tra Iarc (l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) e Jecfa (il comitato di esperti di additivi alimentari delll'Oms) conferma le indiscrezioni uscite qualche settimana fa sulla stampa: l'Aspartame è stato classificato come "possibilmente cancerogeno" e inserito nel gruppo 2B. Cosa significa? Dove si trova l'aspartame? Quali rischi realmente corriamo? E soprattutto, perché è ancora tranquillamente in vendita? Ecco cosa dice il documento ufficiale.
- contributo tecnico di
- Daniele Caldara Emanuela Bianchi

Le indiscrezioni a mezzo stampa circolate qualche giorno fa e partite dall’agenzia di stampa Reuters si sono rivelate veritiere: la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha classificato l’aspartame come sostanza "possibilmente cancerogena".
Lo Iarc ha diffuso questa sua decisione a mezzo stampa in un comunicato congiunto con un altro ente che fa sempre parte dell’Organizzazione mondiale della sanità: il Jecfa. Il Jecfa è il comitato congiunto di esperti di additivi alimentari dell’ Oms e della Fao, la Food and Agriculture Organization. Tra i suoi vari compiti, questo ente si occupa di valutare le prove della sicurezza del consumo degli additivi alimentari e di dare indicazioni rispetto ai livelli di consumo raccomandabili.
Il comunicato: messaggio rassicurante
Nel comunicato congiunto con Iarc, il Jecfa ha dato un messaggio rassicurante sostenendo che un consumo di aspartame all’interno dei limiti già oggi individuati non comporti problemi per la salute. Le cose quindi non cambiano, nonostante ora l’edulcorante difficilmente potrà scollarsi di dosso la nomea di cancerogeno, seppur a torto. Ma come è possibile in questo comunicato congiunto ci dicano al contempo che l’aspartame è cancerogeno ma che possiamo consumarlo lo stesso?
In attesa di avere i documenti tecnici estesi, che verranno pubblicati nei prossimi mesi e su cui verranno riportati tutti i dati, proviamo a spiegare come i due enti sono arrivati a queste considerazioni e come si conciliano questi due pareri sulla base delle informazioni sintetiche fornite dai due enti e che corredano il comunicato stampa.
Aspartame: cos’è e dove lo trovo
L’aspartame è un edulcorante sintetico il cui potere dolcificante è circa 200 volte quello del saccarosio, ossia il comune zucchero da cucina. È in commercio da qualche decennio ed è usato come ingrediente in molti prodotti alimentari, in particolar modo dall'industria dolciaria e da quella delle bevande dolci (in particolare quelle "light").
Il consumo di aspartame nella popolazione è infatti per lo più riconducibile al consumo di bevande con “zero” calorie, in cui l’aspartame è di solito usato in combinazione con altri dolcificanti. Infine, l’aspartame è disponibile anche come dolcificante da tavola.
Negli anni l'aspartame è stato a più riprese accusato di essere cancerogeno. In Italia fece molto scalpore lo studio dell’Istituto Ramazzini – ripreso dalla trasmissione Report nel 2012 - secondo cui l’aspartame sarebbe stato cancerogeno anche alle dosi di sicurezza indicate dalle istituzioni sanitarie. Non era nulla di nuovo neanche all’epoca, trattandosi di studi condotti nei primi anni del duemila, presi in considerazione e scartati sia dalla Fda (l’ente americano per la sicurezza alimentare) sia dalla nostra Efsa (l’omologa autorità europea) perché ritenuti poco affidabili.
"Possibilmente cancerogeno": cosa significa?
Lo Iarc ha però comunicato il 15 luglio 2023 di aver classificato l’aspartame quale sostanza “possibilmente cancerogena", dopo aver vagliato centinaia di studi che spaziano da studi sull’uomo, a studi su animali e studi in vitro. La classificazione va però interpretata correttamente, in quanto non fornisce un giudizio sulla sostanza in sé o sul rischio che corriamo ad assumerla, bensì sulla certezza delle prove a disposizione del fatto che la sostanza abbia un’azione che promuove o favorisce il cancro.
Ma cosa significano esattamente "Cancerogeno di classe 2B" o “possibilmente cancerogeno”? Quando la Iarc inserisce una sostanza nel gruppo 2B dei “possibili cancerogeni” non sta assegnando un giudizio sul livello di rischio che corriamo se la assumiamo o se veniamo esposti ad essa. Sta invece affermando che sulla base dei dati non può escludere che l’esposizione aumenti il rischio di sviluppare un tumore. La classificazione della Iarc riguarda infatti la bontà e l’estensione (o la limitatezza) delle prove scientifiche a supporto di un legame causale tra sostanza e tumore.
In altre parole, la classificazione ci dice quanto possiamo fidarci delle prove disponibili e se è necessario continuare a fare chiarezza sulla correlazione. Vediamo come intendere la classificazione.
- Al gruppo 3 appartengono le sostanze non classificabili come cancerogeni in assenza di prove adeguate.
- Il gruppo 2B è il livello di certezza più basso a cui le sostanze sospette cancerogene possono essere assegnate. Vi rientrano gli agenti definiti “possibilmente cancerogeni” sulla base di prove limitate nell’uomo e insufficienti nell’animale, cioè al di là dall’essere conclusive.
- Se le prove sono un po’ più solide, vengono classificare nel gruppo 2A (“probabilmente cancerogeni”) dove troviamo sostanze per cui le evidenze nell’uomo sono ancora limitate ma ci sono sufficienti prove di cancerogenicità nell’animale.
- Infine nel gruppo 1, quello delle sostanze “certamente” cancerogene per l’uomo, troviamo sostanze o agenti per cui ci sono sufficienti prove di cancerogenicità nell’uomo o per cui il rapporto causale tra l’esposizione alla sostanza e lo sviluppo di tumori è chiaro.
La classificazione è quindi una misura delle nostre conoscenze sul pericolo posto da una sostanza che sospettiamo sia cancerogena: se le prove disponibili in letteratura non convincono del tutto, lo Iarc segnala con la sua classificazione quanto è certa che la sostanza sia cancerogena. Nel caso dell’aspartame le prove nel loro insieme sono suggestive ma non convincenti. Nuovi studi potrebbero quindi ribaltare questa classificazione.
Dobbiamo preoccuparci?
Premesso che la classificazione non ci dice nulla di quale rischio corriamo se assumiamo l’aspartame, ma solo che non possiamo escludere che abbia un’attività cancerogena, vediamo quali considerazioni ha fatto lo Iarc nel documento di sintesi che accompagna il comunicato stampa. La classificazione nel gruppo 2B delle sostanze possibilmente cancerogene avviene sulla base di prove limitate proveniente da studi sull’uomo, nello specifico da studi che hanno rilevato un aumento di rischio di tumore del fegato (carcinoma epatocellulare). Con prove limitate si intende che i risultati di questi studi potrebbero essere inficiati da errori di metodo o da fattori confondenti che non possono essere esclusi, o che potrebbero essere anche frutto del caso.
Anche le prove provenienti da studi sull’animale o da studi in vitro atti a valutare i meccanismi per cui l’aspartame potrebbe causare il cancro sono considerate limitate: secondo gli esperti dello Iarc, i pochi studi su topi e ratti che indicano che l’aspartame possa causare il cancro presentano elementi di preoccupazione che riguardano il metodo, l’interpretazione e il reporting dei dati; gli studi in vitro invece suggeriscono nel loro insieme che l’aspartame sia in grado di indurre alcune alterazioni cellulari che possono portare allo sviluppo di un tumore, ma gli esperimenti sono spesso afflitti da problemi che inficiano i loro risultati (e la fiducia che la Iarc ripone in essi). Sulla base di questi dati la Iarc non può escludere che l’aspartame abbia una potenziale attività cancerogena, ma le prove che ha a disposizione non sono sufficientemente convincenti e sarebbe necessario portare avanti degli studi che chiariscano definitivamente se esiste o meno un’associazione.
Alle stesse conclusioni, ma con toni decisamente più netti, è giunto il Jecfa, cioè il comitato di esperti di additivi alimentari dell’Oms e della Fao. Nella sua valutazione pubblicata congiuntamente a quella della Iarc, il Jecfa sostiene che i dati disponibili da studi su uomo, studi sull’animale e studi in vitro non indicano un’associazione convincente tra consumo di aspartame e cancro e che non ci sono ragioni sufficienti per cambiare le raccomandazioni tuttora in vigore, che individuano una dose giornaliera accettabile di 0-40 mg di aspartame per chilogrammo di peso corporeo.
Quali tumori potrebbe causare?
Gli studi che hanno portato la Iarc a classificare l’aspartame nel gruppo 2B delle sostanze possibilmente cancerogene sono studi di tipo epidemiologico chiamati studi di coorte. Si tratta di studi molto ampi, in cui per periodi di tempo lunghi si segue un’ampia fetta della popolazione allo scopo di misurare comportamenti, abitudini (per esempio, alimentari) ed esposizioni ad agenti o sostanze e metterle in relazione con lo sviluppo di malattie. In questo caso, questi studi hanno misurato l’abitudine al consumo di dolcificanti (tra cui l’aspartame) e l’incidenza e la mortalità per tumore.
La Iarc ha considerato i dati provenienti da 4 ampie coorti di persone provenienti da vari paesi occidentali, da cui sarebbe emerso un aumento di rischio di tumore del fegato (carcinoma epatocellulare) con il consumo di edulcoranti. Non sono forniti ulteriori dati per il momento (verranno forniti quando verrà pubblicata la monografia) ma nel loro insieme queste prove vengono definite limitate, in quanto i risultati di questi studi potrebbero essere inficiati da errori di metodo o da fattori confondenti, o anche essere frutto del caso.
Tra i vari problemi degli studi c’è quello di valutare correttamente e ripetutamente nel tempo il reale consumo di dolcificanti da parte dei soggetti arruolati (perché i consumi possono cambiare nel tempo, anche in modo significativo) e quello di escludere che il rischio di tumore che imputiamo al dolcificante non sia in realtà imputabile ad altri fattori. Viene anche prospettato l’effetto del cosiddetto “bias di causalità inversa”, per cui non sono i dolcificanti a causare un problema per la salute (in questo caso, un tumore), ma sono alcuni fattori di rischio che di per sé aumentano le probabilità di avere un tumore (per esempio, l’obesità o il diabete) ad associarsi con un maggior consumo di dolcificanti (spesso per evitare lo zucchero e le sue calorie). Se gli studi non sono in grado di correggere o attenuare l’effetto di questi elementi, possono sovrastimare l’entità o anche l’esistenza di associazioni.
A parte il tumore del fegato, per gli altri tumori non sembrano esserci prove adeguate. Per cui, in questo momento le preoccupazioni sembrano emergere solo in virtù di questo dato sul tumore del fegato, che lo Iarc stesso teme possa essere frutto del caso, di errori o dell’effetto confondente di fattori socio-economici o legati allo stile di vita (dieta compresa).
Se è un cancerogeno, perché è ancora nelle bevande?
Come abbiamo spiegato poco fa, la classificazione del Iarc non ha identificato l’aspartame come cancerogeno certo per l’uomo, mentre secondo le valutazioni del Jecfa, cioè il comitato di esperti di additivi alimentari dell’Oms e della Fao, non ci sono prove che il consumo di aspartame nelle dosi consigliate possa associarsi allo sviluppo di un cancro.
Il Jecfa spiega che l’aspartame una volta ingerito non dà origine a sostanze pericolose, perché a livello intestinale viene completamente metabolizzato e non entra in circolo come tale. Le sostanze in cui viene scisso sono sostanze banali, del tutto simili a quelle provenienti dal metabolismo di cibi comuni. Il fatto che venga metabolizzato completamente e non sia presente in circolo in quanto tale esclude che possa esercitare un’azione diretta sulle cellule dell’organismo.
Alla luce del fatto che dagli studi in vitro e in vivo non emergono prove convincenti di un’azione genotossica e cancerogena, e che non si sono prove di un rischio per la mucosa orale esposta, il Jecfa ritiene non ci siano ragioni sufficienti per cambiare le raccomandazioni tuttora in vigore, che individuano una dose giornaliera accettabile di 0-40 mg di aspartame per chilogrammo di peso corporeo, range in cui si rientra senza problemi con un consumo normale o anche elevato di aspartame.
Detto ciò, né Iarc, né Jecfa determinano quali alimenti possono essere presenti sul mercato italiano ed europeo. solo la Commissione europea può eventualmente vietarne l’utilizzo in bevande e altri alimenti dolci, sulla base delle valutazioni dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. In questo momento l’aspartame risulta tra gli additivi il cui utilizzo è autorizzato, in dosi specifiche, negli alimenti.
Quanto se ne può assumere in sicurezza?
Secondo il Jecfa, un’assunzione giornaliera fino a 40mg di aspartame per chilogrammo di peso corporeo è da ritenersi sicura. Questo valore è stato posto secondo un principio di precauzione: è infatti 100 volte più basso della dose massima somministrata ai topi per due anni senza effetti tossici. Non va quindi intesa come dose oltre la quale si hanno effetti tossici. È per di più davvero difficile raggiungere questo valore, perché per arrivare a consumarne 40mg/Kg di peso serve consumare qualche litro di bevanda zero calorie ogni giorno.
Se infatti si può stimare che in una lattina di bevanda light ci siano 200-300 mg di aspartame, un adulto che pesa 70 Kg dovrebbe consumare 9-14 lattine al giorno per andare oltre la dose giornaliera accettabile. Un consumo quasi impossibile, anche per i bambini, che avendo un peso mediamente inferiore dovrebbero comunque consumare quotidianamente qualche lattina di bevanda light: di certo sconsigliabile a prescindere.
Perché Jecfa e Iarc sembrano contraddirsi?
Iarc e Jecfa sono entrambi enti in relazione con l’Oms: il primo è un istituto di ricerca indipendente identificato come agenzia di riferimento dell’Oms per la ricerca sul cancro. Il secondo invece è un comitato gestito congiuntamente da Oms e Fao. I due enti hanno però portato avanti le loro valutazioni in modo indipendente, cioè seguendo metodi e processi autonomi, perché in realtà i loro mandati sono differenti.
La Iarc si occupa di stabilire se determinate sostanze o agenti sono in grado di promuovere o favorire il cancro, al fine di stimolare la ricerca e le autorità a prendere provvedimenti. Il Jecfa invece (che non si occupa di cancro ma di alimenti) ha il compito di dare raccomandazioni sul consumo di una sostanza e per farlo valuta le probabilità che si verifichi un danno alla salute in determinate condizioni e livelli di assunzione. In sostanza, lo Iarc ha identifica un possibile pericolo, mentre il Jecfa ne valuta i rischi in condizioni di consumo reali. Il rischio infatti può differire a seconda del tipo di esposizione agli agenti (che varia per dose, frequenza, tempi, organi esposti, condizioni, etc.) e può essere più o meno significativo. I due compiti sono complementari.
Anche se i due enti sembrano aver dato opinioni finali apparentemente discordanti, in realtà concordano su molti punti. Per entrambi le prove che l’aspartame sia un cancerogeno per l’uomo sono limitate. Se da un lato il Jecfa dice apertamente che le prove sono “non convincenti” dall’altro lo Iarc lo dice usando la sua classificazione.
Detto questo, se pur sia un bene che ci siano due enti indipendenti a esprimersi sulla sicurezza dell’aspartame, è importante che i messaggi finali non risultino anche apparentemente contradditori e che si spieghi al meglio il perché di determinate decisioni, altrimenti quello che può succedere è grande confusione e una generale scarsa fiducia nelle istituzioni.
Cosa potrebbe accadere ora?
Al momento in Europa l’aspartame risulta tra gli additivi il cui utilizzo è autorizzato, in dosi specifiche, negli alimenti. Questo significa che solo la Commissione europea può eventualmente vietarne l’utilizzo in bevande e altri alimenti dolci.
Prima di adottare un’eventuale simile decisione la Commissione dovrebbe richiedere ad Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) di effettuare una nuova rivalutazione della sicurezza di questo dolcificante. Valutazione che potrebbe anche arrivare, poiché l’aspartame è stato uno dei primi additivi rivalutati da Efsa nel 2013. E questo anche in considerazione del fatto che una valutazione dell’esposizione dei consumatori a questo edulcorante è già prevista nell’ambito del processo di valutazione della sicurezza di un altro additivo edulcorante, il sale di aspartame-acesulfame k (E962) per il quale è atteso il parere dell’Autorità europea.