Videogiochi: quali tutele ha chi li acquista?
Una guida per sapere cosa bisogna controllare prima di comprare un videogioco, come far valere la garanzia o esercitare il diritto di recesso, quali sono le trappole psicologiche per indurre il giocatore a fare acquisti “in game”.
- di
- Matteo Metta

Anche i videogiochi che sembrano innocui possono nascondere trappole psicologiche. Ecco perché non bisogna mai acquistarli a scatola chiusa. Cosa fare allora quando si è interessati a un videogioco, magare per i propri figli?
È sempre meglio scaricare la demo dal sito del publisher oppure la versione di prova. Per farsi un’idea del funzionamento e del tipo di gioco si possono guardare anche i video su YouTube dei gamer che si riprendono mentre giocano, e leggere in qualche forum i commenti e le recensioni di chi lo sta già usando.
Da evitare l’acquisto di videogame appena usciti: i publisher, per tagliare i costi di test pre-lancio, sempre più spesso immettono sul mercato prodotti incompleti o pieni di difetti. Quindi meglio aspettare qualche mese, quando sarà chiaro che lo sviluppatore ha deciso di supportare il gioco con aggiornamenti che risolvono errori e problemi.
Molto importante è controllare l’etichetta PEGI (Pan European Game Information), il sistema di classificazione che dà informazioni su limite di età, idoneità dei contenuti, assenza di determinati pericoli e possibilità di fare acquisti “in game”. Oltre alla lingua del gioco e alla compatibilità con la console di casa, è utile verificare quanti giocatori possono sfidarsi. Ogni piattaforma ha la possibilità di configurare un sistema di controllo parentale su contenuti, tempi di gioco, possibilità di spendere soldi e modalità con cui i giocatori possono interagire tra loro. Lo si può fare dal sito tuttosuivideogiochi.it/controlli-parentali. Benché sia impossibile essere sempre presenti quando i nostri figli usano il videogioco, è importante esserci nel momento della registrazione e della sua installazione, e fare un test insieme.
Su supporto fisico o in digitale
Acquistando un videogame su supporto fisico (disco) ci si assicura di poter giocare senza limiti di tempo né di contenuto. Lo si può prestare o rivendere agli amici senza problemi. Se l’acquisto di un gioco fisico non è avvenuto in negozio, bensì online, lo si può restituire entro 14 giorni dalla consegna, sempre che la confezione non sia stata aperta e risulti ancora sigillata. Se invece si decide di tenerlo, meglio fare una copia di riserva, in modo da non perdere il gioco nel caso in cui l’originale si danneggi. Un accorgimento che, se non può essere impedito per contratto, potrebbe esserlo nei fatti, dal momento che spesso i produttori rendono l’operazione tecnicamente impossibile.
Il videogioco acquistato in formato digitale - scaricandolo dal sito o dall’app dell’editore oppure da piattaforme come Steam, Uplay, Google Play Store e Apple Store - non sempre diventa di proprietà dell’acquirente: esistono anche versioni a tempo. Solo i videogame a tempo indeterminato possono essere rivenduti a terzi cedendo le credenziali; chiaramente si dovrà cancellare la copia scaricata sul proprio dispositivo oppure renderla inutilizzabile.
Le formule di abbonamento
Oltre all’acquisto singolo esistono diverse formule di abbonamento. Alcune consentono l’accesso a un catalogo di videogiochi, da scaricare oppure da usare in streaming su pc, smartphone o console di gioco. Altre volte l’uso della piattaforma è gratuito, ma per accedere ad alcuni giochi occorre pagare. In ogni caso non si acquista mai la proprietà del contenuto: scaduto l’abbonamento i giochi non sono più accessibili. Prima di abbonarsi, oltre a controllare che ci siano i titoli che ci interessano e che l’offerta dei giochi sia del genere che fa al caso nostro, è bene anche verificare la frequenza con cui il catalogo viene aggiornato.
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Per continuare a leggere [login] o Diventa FANSe il servizio è fornito in streaming, bisogna accertarsi che la velocità di connessione necessaria sia in linea con quella garantita dalla nostra connessione domestica; in caso contrario il gioco potrebbe girare male o perdere la connessione. È utile assicurarsi che il servizio offra un periodo di prova gratuito. Infine, poiché l’abbonamento potrebbe rinnovarsi in automatico se il cliente non invia la disdetta entro il termine previsto dal contratto, meglio controllare qual è la modalità di disdetta e il termine entro cui va presentata. È importante che ci siano un numero di telefono e un indirizzo email, utili in caso di dubbi e problemi.
Condizioni contrattuali carenti
Il venditore online ha il dovere di indicare con chiarezza i requisiti software e hardware necessari a far funzionare il videogame e di fornire assistenza. Se il download non va a buon fine - ad esempio perché il gioco non è compatibile con l’hardware del cliente - il servizio deve poter essere recuperato senza lungaggini. Se ciò non avviene, il cliente può risolvere il contratto facendosi restituire l’importo pagato. Online abbiamo rilevato che le condizioni contrattuali di fornitura sono spesso inadeguate, scritte soltanto in inglese e comunque non conformi alle norme a tutela dei consumatori in Europa e in Italia. Niente paura, però, perché le regole si applicano comunque e nessuna esenzione di responsabilità può essere fatta valere, anche se accettata dal cliente.
Diritto di recesso a rischio
Per i videogiochi comprati online il cliente ha 14 giorni per cambiare idea e recedere (senza fornire alcuna spiegazione). Se è un disco in una confezione, basta rispedire al venditore la scatola intonsa. Invece per quelli erogati online, senza supporto materiale, è possibile recedere solo se il gioco non è stato ancora utilizzato. Si sa che chi acquista un gioco di solito lo usa subito, è per questo che la legge prevede un’incombenza in più per il venditore: se il giocatore vuole iniziare a giocare nei primi 14 giorni, quando cioè vige il diritto di recesso, il venditore deve raccogliere dal cliente il consenso esplicito a iniziare il gioco e l’accettazione del fatto che ciò comporta la perdita del diritto di recesso. Il venditore è tenuto a rilasciare al cliente una ricevuta. Se queste regole non vengono rispettate, il cliente potrà recedere senza spese, anche se ha iniziato a giocare.
Far valere la garanzia
Indipendentemente dal supporto - fisico o digitale - i videogiochi sono coperti dalla garanzia legale di due anni, a partire dalla consegna del prodotto. Se invece si sottoscrive un abbonamento che prevede una fornitura continuativa, la garanzia è valida per tutta la durata dell’abbonamento. Al momento dell’acquisto il cliente deve ricevere un promemoria sulla garanzia. Si può far valere qualsiasi problema di funzionamento del gioco, così come la non conformità alle caratteristiche pubblicizzate. Il gioco deve avere le stesse caratteristiche della versione di prova e dell’anteprima. Sono coperti da garanzia anche gli accessori e le conseguenze dei mancati aggiornamenti. In caso di problemi, se il venditore rifiuta di ripristinare il gioco, il cliente ha diritto a risolvere il contratto e alla restituzione di quanto pagato. Stesso diritto se il difetto si ripresenta e non viene risolto in tempi accettabili. Per i difetti lievi, che consentono comunque all’utente di godere del gioco, è previsto un rimborso parziale, in proporzione al disservizio. Il rimborso parziale è consentito anche nel caso in cui il gioco non sia utilizzabile per un certo periodo di tempo.
E se il gamer ha creato contenuti all’interno del gioco? Ha diritto di recuperarli, senza alcuna spesa.
L’importanza degli aggiornamenti
Gli aggiornamenti, che devono essere sempre rilasciati gratuitamente, sono una parte importante del ciclo di vita del videogame, spesso necessari per correggere piccoli bug e problemi segnalati dai giocatori, o per risolvere veri e propri errori. Altre modifiche sono consentite (senza costi aggiuntivi per l’utente) solo se previste dal contratto e se motivate in modo chiaro e comprensibile. Se si tratta di una modifica che può incidere negativamente sul contenuto o sull’utilizzo del gioco, il consumatore ha diritto di recedere gratuitamente entro 30 giorni dalla comunicazione della modifica. Se invece l’utente rinuncia alla modifica, preferendo mantenere il gioco così com’è, perde il diritto di recesso.
Trappole psicologiche per farci spendere
I meccanismi di monetizzazione usati da chi sviluppa videogame consistono nell’indurre il giocatore a fare piccoli acquisti “in game” (microtransazioni) per assicurarsi elementi migliorativi e facilitazioni. Ma a furia di microtransazioni si può arrivare a migliaia di euro.
Free to play (freemium)
Il videogame che adotta la formula “freemium” è solo in apparenza gratuito. Si scarica o si inizia a giocare online senza pagare alcunché (free): peccato che per avanzare nel gioco, acquisire più potenza o garantirsi accessori, come abiti, armi e personalizzazioni che rendono l’ambiente più avvincente, bisogna invece mettere mano al portafogli (premium).
Pay to play
Nei videogiochi “pay to play” i gamer che hanno già acquistato il gioco possono essere invogliati a fare acquisti in game, in modo da essere meglio attrezzati (con oggetti, armature, funzionalità...). Insomma, si paga per essere avvantaggiati e sentirsi più forti.
Pay to win
Con la modalità “pay to win” si compie un passo in più: il superamento di certi livelli è consentito solo dietro pagamento oppure attraverso l’acquisto di facilitazioni sotto forma di velocità, pozioni magiche, armi. Più si paga più si vince. Spesso gli acquisti sono fatti cedendo dobloni, gemme o altre monete di fantasia, che però devono essere acquistati con soldi veri.
Loot box
Dopo che in alcuni Paesi le hanno vietate, le “loot box” (scatole virtuali con un contenuto a sorpresa) si incontrano meno frequentemente nei videogiochi. Chi acquista questi pacchetti fa una scommessa, sperando di trovare il contenuto desiderato (il bottino, in inglese “loot”), cioè un potenziamento, mosse speciali, skin o armi. Ma è tutt’altro che certo che lo si trovi. Le loot box introducono nel gioco una componente di rischio che può essere assimilata all’azzardo.