Consigli

10 falsi miti sul vino rosso e bianco da sfatare: cosa c’è di vero

Non bisogna mai mischiare il bianco e il rosso, il vino fa buon sangue e i rossi vanno serviti a temperatura ambiente: sono solo alcune delle leggende legate al vino. I falsi miti sul vino sono infatti davvero tanti e sono duri a morire: smascheriamone alcuni.

Con il contributo esperto di:
14 ottobre 2024
Vino falsi miti

Un buon pasto o una buona cena non possono non essere accompagnati da un buon vino. Che sia rosso o bianco, fermo o con le bollicine poco importa: l'importante che sia di qualità. Per scegliere bene il vino da portare a tavola senza spendere una fortuna puoi confrontare tra più di 100 tipologie di vini.

Ma una volta trovato il vino che fa per te, come va consumato? Le leggende nate attorno al vino sono moltissime, e per la maggior parte si tratta di vere e proprie false convinzioni ben radicate anche nella tradizione popolare. Abbiamo analizzato le più diffuse per smascherarle.

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Il vino fa buon sangue

Falso. L’abbiamo sentito ripetere decine di volte dai nostri nonni: "Il vino fa buon sangue". In effetti, in passato, diversi studi epidemiologici hanno rilevato che bere poco si assocerebbe a un minor rischio di morte per infarto e ictus rispetto a chi si astiene del tutto (soprattutto nel caso di persone di mezza età e anziani). In realtà, studi più recenti suggeriscono che il beneficio rilevato da queste ricerche potrebbe essere solo illusorio. Sembra che i bevitori moderati, infatti, abbiano di base una salute migliore e comportamenti più salutari (niente fumo, dieta equilibrata e attività fisica) rispetto a chi esagera con gli alcolici e anche agli astemi; inoltre, chi beve moderatamente sembra avere anche caratteristiche genetiche associate a minori rischi cardiovascolari. È possibile, quindi, che i benefici osservati dalle prime indagini non siano attribuibili al bere poco, ma alle caratteristiche di fondo di chi è solito moderarsi.

Teniamo presente, in ogni caso, che non esiste un livello di consumo di alcolici privo di rischi. Esiste un consumo a basso rischio, cioè con una bassa probabilità di sviluppare malattie correlate all’alcol, poco più alta rispetto a quella di chi non beve. Il consumo da non superare per tenere bassi i rischi è pari a due unità alcoliche al giorno per gli uomini e una per donne e anziani over 65. Un’unità alcolica corrisponde a 12 grammi di alcol, che sono quelli contenuti, ad esempio, in un bicchiere di vino piccolo da 125 ml, in una birra media chiara da 33 cl o in uno spritz, da bere sempre durante i pasti.

Se vuoi saperne di più sugli effetti che può avere l'alcol sulla nostra salute, leggi il nostro approfondimento. 

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Meglio non mischiare vino bianco e rosso

Falso. Non ci sono prove scientifiche che confermano quest'affermazione. Mischiando il bianco con il rosso non si rischia di star male: non ci sono sostanze che tra loro possono entrare in conflitto. L’accortezza, più che mischiare, è come sempre di non esagerare con le quantità. Per sapere quando puoi metterti al volante usa il nostro alcol test. Torna all'inizio

Con il pesce ci va sempre il bianco

Falso. Il pesce può essere ancora più buono se abbinato a vini rossi adatti: un po' acidi, con pochi tannini e non eccessivamente corposi. Alcuni Nero d’Avola si sposano bene con un trancio di tonno rosolato, salmone o con ricche zuppe di pesce, mentre un’orata o un branzino al forno sono ottimi se accompagnati a un Pinot nero. Lo stesso vale per un Chianti giovane con sughi di pesce a base di pomodoro, per una Bonarda con una frittura oppure un Aglianico del Vulture con un piatto di filetti di triglie, mentre l’anguilla si sposa benissimo col Bardolino. Torna all'inizio

Il rosso va servito a temperatura ambiente

Falso. Si tratta di una leggenda basata su un equivoco: non si riferisce ai 21- 25°C delle nostre case, ma alla temperatura ambiente di una volta quando le bottiglie si conservavano in cantina a 15-17°C. Una temperatura superiore ai 20°C può anche pregiudicare la qualità del vino: l'alcol può evaporare e rendere il vino meno gradito. Non esitare quindi a mettere in frigorifero il vino rosso prima di portarlo in tavola o a chiedere il secchiello del ghiaccio al ristorante. 

Invece, per quanto riguarda i vini bianchi, il consiglio è di non esagerare con il freddo: rischi di alterare profumi e aromi tipici. Gli aromi, infatti, si attenuano intorno ai 12 °C e non vengono quasi avvertiti al di sotto degli 8 °C.  Al di sotto di una certa temperatura non si attenuano solo i profumi ma anche i sentori non gradevoli. Il modo migliore di ridurre le imperfezioni olfattive di certi vini è, infatti, quello di servirli a una temperatura più bassa rispetto a quella ottimale. Attenzione, quindi, alla temperatura a cui viene servito un vino, per esempio al ristorante. 

Se vuoi saperne di più sulla temperatura di servizio dei vini, leggi il nostro approfondimento.

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Un cucchiaino nella bottiglia conserva meglio lo spumante

Falso. Secondo una credenza popolare, per mantenere l’effervescenza di una bottiglia di spumante aperta dovremmo inserire nel collo della bottiglia il manico di un cucchiaino: avrebbe il potere di conservare più a lungo le bollicine evitando la dispersione dei gas. Peccato non funzioni: l'unica soluzione è richiudere la bottiglia con l'apposito tappo metallico a pressione (stopper), che impedisce la dispersione delle bollicine. Torna all'inizio

I tappi migliori sono quelli in sughero

Falso. Non esiste un tappo migliore in assoluto, dipende dal tipo di vino che dobbiamo chiudere. Per i vini da invecchiamento sono in genere consigliati i tappi in sughero: questo materiale infatti interagisce positivamente con il processo di maturazione del vino imbottigliato. Per i vini giovani di pronto consumo, cioè da bersi entro 1-2 anni, sono invece più opportuni i tappi sintetici, che assicurano un risultato più omogeneo e standardizzabile.

In commercio si trovano anche vini chiusi con tappo a vite, che consente una perfetta conservazione del vino, mantenendolo inalterato nel tempo e impedendo ogni scambio con l’esterno, per cui risulta ottimale per vini da consumare entro pochi anni dall’imbottigliamento. È invece sconsigliato nei vini destinati all’affinamento in bottiglia

Negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa anche il tappo in vetro. Rispetto ai tappi in sughero e sintetici, non solo presenta un’apertura molto semplice, senza bisogno del cavatappi, ma consente anche un comodo riutilizzo una volta stappata la bottiglia. Dato che impedisce il contatto del vino con l’ossigeno esterno, il tappo in vetro è adatto soprattutto per vini che non hanno bisogno di un lungo invecchiamento. Le chiusure alternative al sughero, inoltre, hanno il vantaggio di eliminare il problema del sentore di tappo.

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I vini passiti sono sempre dolci

Falso. Anche se la maggior parte sono dolci, esistono anche passiti che non lo sono.

Per esempio, l’Amarone della Valpolicella Docg è un vino passito: rappresenta la versione secca del Recioto della Valpolicella Docg, dal quale deriva facendo continuare la fermentazione. Il termine “Amarone”, infatti, si riferisce all’assenza di dolce, ossia “secco”. È un passito quindi privo o quasi di zuccheri residui, nonché uno tra i vini italiani più prestigiosi.

È un passito secco anche lo Sforzato (o Sfursat) di Valtellina Docg, il vino più famoso della valle omonima, il cui nome deriva appunto dalla tradizione locale di “sforzare” le uve, cioè di concentrarle attraverso la pratica dell’appassimento.

 
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Il vino dolce è prodotto aggiungendo zucchero

Falso. Nei vini dolci lo zucchero non viene aggiunto ma è presente naturalmente, anche se c’è qualche eccezione.

Innanzitutto, per legge può essere definito “dolce” un vino che presenta un tenore di zucchero residuo almeno pari a 45 g/l. Per produrre un vino dolce non si aggiunge zucchero, ma si porta a maturazione l’uva in modo che il mosto ne sia ricco (alcune uve, come il Moscato bianco, a maturazione raggiungono un’alta concentrazione di zuccheri); in diversi casi l'uva si fa anche appassire, in modo da eliminare l'acqua concentrando zuccheri e sostanze aromatiche all'interno dell'acino. 

Quando si raggiungono dolcezza e grado alcolico voluti, si blocca l’attività dei lieviti, per impedire che trasformino tutto lo zucchero presente in alcol. Per interrompere la fermentazione si può operare in diversi modi:

  • abbassare la temperatura;
  • filtrare il mosto eliminando i lieviti;
  • aggiungere alcol, come per esempio nei vini liquorosi.

In alcuni vini particolari, però, l’aggiunta di zucchero è consentita: si tratta dei vini aromatizzati (ad esempio il Vermouth), ottenuti per legge da uno o più prodotti vitivinicoli (ad esempio vini bianchi, rossi, spumanti, frizzanti, liquorosi). Al contrario del vino “puro”, nel vino aromatizzato è possibile aggiungere diverse sostanze (ad esempio alcol, spezie, erbe aromatiche) tra le quali zucchero.

Per saperne di più sui vini dolci, leggi il nostro approfondimento.

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Il vino biologico è senza solfiti

Falso. Anche il vino biologico può contenerli. 

Il vino biologico dev’essere ottenuto, per legge, da uve 100 % biologiche, cioè coltivate utilizzando solo un numero molto ristretto di pesticidi, usati per mantenere in buona salute le viti e impedire loro di essere distrutte da malattie e infestazioni.

Nella produzione delle uve viene, inoltre, limitato l’utilizzo di fertilizzanti, e, nell’elaborazione del vino, sono vietati alcuni trattamenti enologici. È ridimensionato effettivamente anche l’uso di additivi come i solfiti, che però sono permessi dalla legge: il limite massimo per i vini biologici rossi secchi è, infatti, di 100 mg/l, che diventa di 150 mg/l per bianchi e rosati, con deroghe in caso di annate particolarmente difficili dal punto di vista meteorologico. Per i vini non biologici invece i tenori massimi di solfiti ammessi sono di poco superiori, rispettivamente pari a 150 e 200 mg/l. 

La maggior parte dei vini tradizionali che analizziamo regolarmente è caratterizzata, comunque, da valori di solfiti che si trovano ben al di sotto anche dei limiti previsti per i vini biologici.

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Il momento ideale per imbottigliare è legato alle fasi lunari

Falso. Secondo alcuni, le fasi lunari sono determinanti per la scelta del periodo di imbottigliamento del vino. Ad esempio, la tradizione vuole che con la luna crescente sia meglio imbottigliare i vini frizzanti, mentre con la luna calante sembrerebbe più opportuno mettere in bottiglia i vini dolci e quelli a lungo invecchiamento. La luna piena, invece, sarebbe indicata per qualsiasi tipo di vino.

Si tratta di una credenza diffusa a volte anche in realtà produttive di una certa importanza, ma la verità è che non esistono prove scientifiche a supporto del fatto che la luna può influenzare la qualità del vino. Se la cantina ha mantenuto standard qualitativi elevati in ogni passaggio dell’intero processo di produzione del vino, l’influenza della luna può ritenersi di secondaria importanza.

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