News

Salario minimo europeo: ecco cos'è e come potrebbe impattare sulle buste paga

Via libera all'accordo sul salario minimo per i lavoratori europei. Stabiliti i criteri per fissarlo e aggiornarlo ma non c'è alcun obbligo di adottarlo per i singoli stati membri: entro 2 anni dovranno legiferare e recepire la direttiva in autonomia. Ecco cos'è il salario minimo, dove già esiste e come potrebbe impattare sui lavoratori.

  • di
  • Luca Cartapatti
07 giugno 2022
  • di
  • Luca Cartapatti
Salario minimo

Consiglio, Parlamento e Commissione Ue hanno raggiunto un accordo sul cosiddetto "salario minimo". Ma di cosa si tratta? Quando entra in vigore? E cosa cambia davvero per le buste paga degli italiani? Andiamo per ordine. Quello concordato nella notte tra il 6 e il 7 giugno è di fatto un provvedimento che "nel pieno rispetto delle diversità nazionali" spiegano le istituzioni europee "favorirà salari minimi adeguati nell’Ue e lo sviluppo della contrattazione collettiva". Ma cosa significa questo? Diciamolo subito: non significa che da domani tutti i lavoratori europei avranno un salario minimo uguale in tutti i paesi e paradossalmente non significa neppure che da domani tutti i paesi dovranno adottare obbligatoriamente un salario minimo.

Cosa prevede il provvedimento Ue?

La direttiva si limita a regolamentare le procedure per assicurare l’adeguatezza dei salari minimi in quei paesi dove già esistono mentre, in quelli dove non c'è ancora un salario minimo, la direttiva ha lo scopo di promuovere la contrattazione collettiva al fine di arrivare ad avere una legge che contempli un salario dignitoso per tutti i lavoratori. Tra i punti della proposta c'è anche quello di legare i salari all'inflazione o al costo di un paniere di prodotti, ma saranno i singoli stati membri che ancora non hanno un salario minimo a doverne fissarne uno adeguato in base a precisi criteri numerici.

Dove esiste già un salario base?

Al momento una forma di salario minimo in Europa esiste in 21 Paesi su 27: l'Italia è tra i 6 che non ne hanno uno, assieme a Danimarca, Finlandia, Austria, Svezia e Cipro. Per gli altri 21 però non esiste un unica quota valida per tutti: si va dai 332 euro (al mese) della Bulgaria, agli oltre 2.000 al mese del Lussemburgo; tra tutti sono 8 i paesi però che hanno fissato un salario minimo mensile sopra i 1.000 euro (tra questi anche la Germania che di recente ha proprio legiferato per alzare la cifra a 12 euro al giorno). Per gli stati membri che hanno già un salario minimo il provvedimento prevede ad esempio che debbano istituire procedure chiare per stabilire e aggiornare questi salari minimi. Consiglio e Parlamento europeo hanno convenuto sulla necessità che gli aggiornamenti dei salari minimi avvengano almeno ogni 2 anni, oppure ogni 4 per gli stati che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica.

L'importanza delle contrattazioni collettive

Per fissare e aggiornare i salari minimi, si chiede che le parti sociali siano maggiormente coinvolte; dove il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore all'80%, gli stati membri dovrebbero mettere a piano una serie di interventi per promuovere la contrattazione collettiva. Tra le ipotesi sul piatto ci sono più controlli da parte degli ispettorati del lavoro, una maggiore reperibilità e accessibilità delle informazioni sulla protezione del salario minimo e più strumenti nelle mani delle autorità nel rintracciare e perseguire i datori di lavoro che seguiranno le norme.

Quale può essere l'impatto sui salari?

Prima che anche in Italia ci sia (come dice Ursula Von der Leyen) "una legge per garantire salari minimi equi" Occorre attendere almeno due tappe importanti. La prima è la conclusione dell'iter della direttiva a livello europeo: il provvedimento infatti dovrà ora tornare alla Commissione Lavoro e Affari sociali e poi di nuovo essere sottoposta al voto in Parlamento europeo; infine, servirà il via libera definitivo anche del Consiglio Ue prima di essere pubblicato in Gazzetta ufficiale ed entrare in vigore. A questo punto però la palla passa ai singoli stati membri che dovranno recepire la direttiva con leggi o riforme ad hoc.

L'Italia è obbligata ad adottarlo?

La direttiva Ue è sì vincolante nell’obiettivo (ovvero l’esistenza di un salario dignitoso per i lavoratori di tutta Europa), ma non prevede l’obbligo di introdurre un salario minimo in tutti i paesi dell’Unione. Gli Stati membri avranno due anni per recepire la direttiva, ma avranno totale autonomia su come recepirla. Lo stesso commissario europeo al lavoro Nicolas Schmit ha ribadito il concetto che questa direttiva "non impone un salario minimo all'Italia". Nel nostro paese è in corso un dibattito su come rafforzare il sistema di contrattazione collettiva, ma si è spesso parlato anche di salario minimo (si era ipotizzata una cifra attorno a 9 euro all'ora). Ora l'Italia dovrà trovare una quadra sulla questione nei tempi indicati dall'Europa.