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Che cos'è il diritto alla riparazione

I produttori devono rispettare precisi criteri per progettare e realizzare elettrodomestici e televisori, ma anche rendere disponibili pezzi di ricambio e fornire le istruzioni per la riparazione. Sono alcune delle regole introdotte dal diritto alla riparazione, un'iniziativa approvata lo scorso marzo dall'Unione europea che mira a limitare l'obsolescenza programmata e a ridurre l'impatto ambientale. Vediamo che cos'è e  cosa prevede. 

  • contributo tecnico di
  • Silvia Bollani
  • di
  • Roberto Usai
10 dicembre 2021
  • contributo tecnico di
  • Silvia Bollani
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  • Roberto Usai
Cos'è il diritto alla riparazione

Assieme alla nuova etichetta energetica degli elettrodomestici, da marzo i consumatori europei possono contare anche sul diritto alla riparabilità. Si tratta di un'iniziativa approvata dal Parlamento Ue che mira a contenere il problema dell'obsolescenza programmata, ovvero le cause dell'eccessiva sostituzione dei prodotti e del loro prematuro fine vita, anche attraverso un sistema di incentivi all'economia circolare e puntando dritto verso elettrodomestici e dispositivi elettronici più facilmente riparabili e disassemblabili a fine vita.

Diritto alla riparazione: di cosa si tratta

Il diritto alla riparazione (o Right to repair) approvato dal Regolamento 2021/341 dell'Unione europea va proprio in questa direzione. Ma in cosa consiste? In pratica le nuove regole obbligano i produttori di apparecchi elettronici come lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e televisori a rispettare determinati criteri di progettazione e realizzazione: questo per fare in modo che risultino facili da riparare anche al di fuori dei circuiti ufficiali. Con il diritto alla riparazione, inoltre, i produttori sono obbligati a rendere disponibili i pezzi di ricambio, finora spesso introvabili, e le relative istruzioni per la riparazione, aspetto fondamentale quando parliamo di grossi elettrodomestici che rientrerebbero tra i cosiddetti rifiuti Raee

Ricambi garantiti per allungare la vita dei prodotti

Al consumatore dovrà essere garantita la disponibilità di pezzi di ricambio di motori elettrici, sorgenti luminose, sistemi refrigeranti, server e unità di archiviazione dati e display elettronici. I produttori dovranno quindi assicurare ai riparatori professionisti uno stock di ricambi per circa un decennio, in modo da allungare il ciclo di vita e di utilizzabilità di un oggetto, evitandone la sostituzione precoce. L'idea è quella di spingere perché venga creata una rete di tecnici indipendenti che abbiano realmente interesse a riparare un prodotto, contrariamente a quanto è avvenuto finora per cui, spesso, si suggerisce la sostituzione del prodotto a fronte di prodotti difficili da aggiustare o di un costo di riparazione troppo elevato. Inoltre, il diritto alla riparazione prevede la possibilità di aggiornare sì i componenti, ma anche i software dei prodotti, sempre con l'obiettivo di ritardarne il fine vita. Il contrario di quanto è stato confermato recentemente anche per i dispositivi Apple iPhone 6 e 6 Plus, 6S e 6S Plus, le cui performance sono calate significativamente dopo un aggiornamento del firmware. 

Un problema connesso anche all'impatto ambientale

Il diritto alla riparabilità è strettamente connesso anche al problema dell'impatto ambientale derivante dai rifiuti elettronici. Secondo le stime, oggi l'80% dell'inquinamento ambientale e il 90% dei costi di produzione dipendono dalle decisioni che vengono prese dai produttori in fase di ideazione dei dispositivi. Ed è per questo che diventa fondamentale tenerne conto quando parliamo di un'Europa che vuole essere più green. Il Vecchio continente detiene infatti il triste primato in fatto di produzione di Raee. Secondo il report "Global E-waste Monitor 2020" delle Nazioni Unite, infatti, i consumatori europei producono mediamente 16,2 kg di rifiuti elettronici in un anno, seguono Asia (5,6 kg) e Africa (2,5 kg). Le stime prevedono inoltre che le attuali 53,5 milioni di tonnellate di rifiuti potrebbero raggiungere la cifra di 74 milioni di tonnellate entro il 2030

Riparazione, sostituzione o rimborso: le alternative

Oggi, quando un prodotto risulta difettoso, non funzionante o le sue performance sono distanti da quanto mostrato sulla pubblicità, entro due anni dall'acquisto il consumatore può richiedere la riparazione o la sostituzione. C'è poi anche la possibilità del rimborso, ma che viene spesso valutata come ultima ipotesi:

  • Il consumatore può chiedere, a sua scelta, la riparazione o la sostituzione senza spese;
  • Il venditore può proporre un rimedio diverso nel caso in cui la richiesta del consumatore sia difficilmente realizzabile o non può avvenire entro un termine di tempo congruo;
  • Se le due strade precedenti non sono percorribili, allora la legge prevede il diritto del consumatore al rimborso di parte del prezzo o la risoluzione del contratto con la restituzione completa del prezzo se il prodotto non è più utilizzabile.

Un passo avanti, ma la strada è ancora lunga

La strada verso un approccio realmente ecosostenibile è ancora lunga, ma il diritto alla riparabilità è sicuramente un primo passo che va nella giusta direzione. Gli aspetti da migliorare sono diversi, a iniziare dal fatto che le nuove norme al momento si applicano soltanto alle lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e agli schermi, inclusi i televisori. Oltre all'estensione anche ad altre tipologie di dispositivi più soggette all'obsolescenza programmata (per esempio gli smartphone e i computer portatili), c'è poi un discorso da fare che riguarda i pezzi di ricambio. Perché sia realmente efficace bisognerebbe andare verso la standardizzazione di alcuni componenti e limitarne così la variabilità, in modo da agevolare i riparatori che oggi hanno bisogno di diversi strumenti anche solo per smontare gli apparecchi e accedere alle parti da sostituire. Un approccio al design sostenibile, infine, dalla nascita alla fine vita degli apparecchi, deve essere applicato a tutti i prodotti immessi sul mercato, non solo ai Raee.