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Codice della strada, nuova circolare sui test antidroga. Si allenta la stretta, ma la norma resta ambigua

Per punire chi guida dopo l’assunzione di droghe, va provato che la sostanza sia ancora in grado di alterare le capacità alla guida: una circolare firmata dai ministeri dell’Interno e della Salute prova a far chiarezza sull’applicazione concreta delle nuove norme nel codice della strada in vigore dallo scorso dicembre. Un tentativo che va nella giusta direzione ma che non sgombra il campo dalle polemiche: vediamo perché. 

Con il contributo esperto di:
articolo di:
08 maggio 2025
Pattuglia di polizia con agente donna che compila verbale

Ha fatto discutere tanto nel momento in cui è stata promulgata a dicembre 2024, anche e soprattutto per la poca chiarezza di alcuni passaggi. Nei giorni scorsi una circolare ha aggiunto qualche elemento in più sulla formulazione dell’articolo 187 del nuovo Codice della Strada, ma si tratta di un piccolo passo avanti nella direzione auspicata già allora da Altroconsumo. La legge, infatti, prevede sanzioni per chi guida “dopo aver assunto” sostanze stupefacenti o psicotrope, anche in assenza di uno stato di alterazione psico-fisica. Una modifica che ha sollevato molte critiche perché rischia di punire anche chi ha assunto una sostanza giorni prima di mettersi alla guida, senza più alcun effetto sulla guida.

Il chiarimento della circolare ministeriale: cosa cambia davvero

L’11 aprile 2025, una circolare firmata dai ministeri dell’Interno e della Salute ha cercato di chiarire l’applicazione concreta delle nuove norme. Il punto centrale è questo: per punire chi guida dopo l’assunzione di droghe, serve dimostrare una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, tale da far presumere che la sostanza sia ancora attiva nell’organismo. Questa interpretazione stabilisce che non è sufficiente qualsiasi positività, ma va provato che la sostanza era ancora in grado di alterare le capacità alla guida.

 

 

Solo test su sangue o saliva per le conferme: le urine non bastano più

La circolare chiarisce che, nei test di secondo livello (quelli di laboratorio), si potranno utilizzare solo campioni di sangue o di saliva per accertare un’assunzione recente. Questo perché solo questi liquidi biologici permettono di rilevare metaboliti attivi. Sono invece escluse le urine: sebbene possano rilevare l’assunzione di sostanze, non consentono di stabilire se l’assunzione sia stata recente né se abbia avuto effetti alla guida.

I test rapidi su strada restano un problema irrisolto

Il vero nodo non affrontato dalla circolare riguarda i test rapidi antidroga eseguiti su strada. Questi strumenti sono ancora poco regolamentati:

  • non è chiaro se siano classificati come dispositivi medico-diagnostici;
  • rilevano un numero variabile di sostanze;
  • funzionano con soglie e sensibilità diverse.

Questo significa che i risultati possono variare a seconda del dispositivo usato, con il rischio di ingiustizie e falsi positivi. E in questa piega si erano inserite alcune aziende che hanno iniziato a promuovere alcuni prodotti che avrebbero la capacità (per nulla dimostrabile) di mascherare la presenza di Thc nel sangue, proprio per ingannare i test. Inoltre, il ritiro immediato della patente e l’interruzione del viaggio scattano anche in attesa dei risultati di laboratorio, causando disagi anche a chi poi risulterà negativo.

L’alterazione psicofisica non torna nei controlli su strada

Uno dei passaggi più controversi della riforma è stata l’eliminazione del parametro dell’alterazione psicofisica per l’avvio dei controlli. Si era ipotizzato un ritorno di questo criterio, ma la circolare chiarisce che non è così: l’alterazione non è più un presupposto per avviare i controlli su strada, ma semmai un effetto atteso solo se l’assunzione è avvenuta in un tempo prossimo alla guida. Ciò significa che le forze dell’ordine non sono tenute a verificare uno stato di alterazione evidente per effettuare un test rapido. In assenza del criterio dello stato di alterazione o di altre indicazioni esplicitamente previste dalla circolare potrebbe quindi essere sufficiente un sospetto generico (ad esempio legato al comportamento del conducente o a circostanze esterne) per giustificare il controllo, con tutte le conseguenze già descritte in caso di positività.

Le urine restano utilizzabili solo per verifiche amministrative

Un altro aspetto tecnico ma importante riguarda l’uso dei test sulle urine. La circolare li esclude dai test di conferma per accertare la guida dopo assunzione di sostanze, ma ne ammette l’uso per altri fini, ad esempio per verificare le condizioni psico-fisiche del conducente ai fini del mantenimento della patente (articoli 119 e 128 del CdS). Questo significa che, sebbene non siano più decisivi per l’accertamento di una condotta illecita alla guida, i test sulle urine potranno ancora essere utilizzati a fini amministrativi, con possibili ripercussioni sulla validità della patente di guida.

Terapie farmacologiche e patente: cosa prevede la circolare

Un piccolo passo avanti riguarda chi assume farmaci. Gli agenti devono registrare i medicinali dichiarati dal conducente, se possibile con documentazione medica. Questo dovrebbe aiutare a distinguere tra uso terapeutico e consumo illecito nei test di laboratorio. Tuttavia, non c’è ancora una tutela piena per chi segue cure regolari.

Serve una riforma più chiara

Il chiarimento offerto dalla circolare accoglie alcune osservazioni di Altroconsumo, ma non risolve le criticità di fondo per chiarire le quali avevamo scritto anche ai ministeri della Salute, dell’Interno e dei Trasporti. La legge resta ambigua, sui test rapidi manca una regolamentazione chiara e le tutele per chi assume farmaci o è risultato positivo ingiustamente sono insufficienti. Per garantire sicurezza stradale e rispetto dei diritti, serve una revisione della normativa più chiara, scientificamente fondata e omogenea.