Pellet di buona qualità? Controlla i marchi in etichetta

Da secoli il legno è il combustibile più usato per il riscaldamento e oggi un suo discendente, il pellet, sta decisamente conquistando il mercato: è facilmente reperibile, pratico da trasportare, ecologico, rinnovabile, economico e sicuro. E in più, grazie alla produzione di questo composto, gli scarti del legno oggi sono riutilizzati al 100%. Però è molto importante comprare il pellet giusto per limitare l'inquinamento (le vecchie stufe e i camini emettono PM10) ed evitare sprechi energetici, come abbiamo mostrato nel nostro test sulle stufe a pellet.
Che cos’è il pellet?
I cilindri di pellet si formano comprimendo la segatura o i trucioli di legno vergine non contaminato con presse speciali, ottenendo cilindretti della lunghezza di 5-40 mm che vengono venduti in confezioni da 15 kg. Grazie a questo combustibile si può risparmiare, rispetto al gas; ecco alcuni numeri:
- per riscaldarsi con il pellet (10 ore al giorno nel periodo invernale) si spendono 298 euro contro i 369 del gas;
- 2 kg di pellet (circa 0,60 centesimi) riscaldano quanto un litro di gasolio (circa 1,20 euro);
- per produrre un MWh il legno emette 30 kg di CO2 contro 250 kg di gas naturale e 270 di gpl.
Ma non tutto il pellet è uguale: sul mercato è possibile trovare prodotti di qualità differente, qualità che dipende sia dalle materie prime di partenza sia dalla tecnologia impiegata per produrlo.
Marchi di qualità
Esistono diversi marchi di certificazione, che variano non solo in ogni paese, ma in alcuni stati, come Ucraina e Russia, non è previsto alcuno standard di qualità. In Italia la situazione è più controllata: è vietato l’uso di legno e scarti di legno trattati chimicamente. Esistono alcune certificazioni che possono garantire ai consumatori una buona qualità, altre che invece assicurano la sostenibilità del prodotto. Vediamo quali:
ENplus
Certificazione Europea secondo lo standard EN 14961-2: 2011 che classifica il pellet secondo tre classi: la A, con A1 e A2 per usi domestici, mentre la B è per usi industriali.
ENplus
Ecco come deve essere il marchio.
DINPlus
Questa norma specifica che il pellet è prodotto con materiale di partenza detto "legno vergine" privo di contaminanti (colle, vernici, conservanti). Nella fabbricazione è tuttavia consentito l'uso di materiali termo-agglutinati di origine vegetale non modificati chimicamente (ad esempio frumento, segale o amido), che comunque non può superare il 2% del prodotto.
ÖNORM M 7135
Il marchio prescrive che il pellet venga prodotto con le stesse modalità di DINplus riguardo “legno vergine”, contaminanti, farine di frumento, segale o amido. Qui il produttore del pellet deve stipulare un contratto di sorveglianza con un istituto di analisi che seguirà una verifica iniziale e una verifica senza preavviso una volta all’anno.

ENplus
Certificazione Europea secondo lo standard EN 14961-2: 2011 che classifica il pellet secondo tre classi: la A, con A1 e A2 per usi domestici, mentre la B è per usi industriali.

ENplus
Ecco come deve essere il marchio.

DINPlus
Questa norma specifica che il pellet è prodotto con materiale di partenza detto "legno vergine" privo di contaminanti (colle, vernici, conservanti). Nella fabbricazione è tuttavia consentito l'uso di materiali termo-agglutinati di origine vegetale non modificati chimicamente (ad esempio frumento, segale o amido), che comunque non può superare il 2% del prodotto.

ÖNORM M 7135
Il marchio prescrive che il pellet venga prodotto con le stesse modalità di DINplus riguardo “legno vergine”, contaminanti, farine di frumento, segale o amido. Qui il produttore del pellet deve stipulare un contratto di sorveglianza con un istituto di analisi che seguirà una verifica iniziale e una verifica senza preavviso una volta all’anno.
Marchi di sostenibilità
Esistono alcune certificazioni ambientali e di sostenibilità, utili per individuare il pellet di legno prodotto secondo criteri e procedure attente al rispetto dell’ambiente, del patrimonio boschivo, degli ecosistemi di origine, degli habitat delle specie faunistiche e floreali dei luoghi di provenienza. Ma anche l’impiego di manodopera e lavoratori eticamente sostenibili.