Territori abbandonati

Pubblicato il 07 gennaio 2025
Alessandro Sessa
Alessandro Sessa Direttore delle pubblicazioni

L’indagine sull’assistenza sanitaria primaria (medici di base, Asl, pronto soccorso) è l’ennesimo segnale della crisi in cui versa il sistema sanitario nazionale. A dispetto dei proclami durante la pandemia, la medicina territoriale appare sempre più abbandonata. Urgono interventi strutturali e relativi investimenti.

Alessandro Sessa
Alessandro Sessa Direttore delle pubblicazioni
medico che scrive su cartella

Nei mesi della pandemia veniva ripetuto come un mantra: passata l’emergenza bisognerà fare tesoro di quanto accaduto per realizzare una forte riorganizzazione del sistema sanitario, che metta in primo piano la medicina territoriale. A cinque anni di distanza, possiamo dire che mai proposito sia stato più disatteso.

Lo sanno bene gli abitanti di Stresa, la perla del lago Maggiore, finiti sui giornali qualche mese fa perché in 9 mila sono rimasti senza medico di base. Lo sanno bene anche i cittadini che si trovano in situazioni analoghe in altre parti d’Italia, da nord a sud, e lo confermano gli intervistati che hanno partecipato all’inchiesta sulla medicina territoriale. Chiamati a esprimersi sui servizi di assistenza sanitaria primaria (medico di base, Asl, pronto soccorso), molti dei quasi 7 mila pazienti coinvolti nell’indagine si sono dichiarati poco soddisfatti sotto diversi aspetti, dai tempi di attesa all’attenzione ricevuta.

Si tratta dell’ennesimo segnale della profonda crisi nella quale versa il nostro servizio sanitario nazionale. I disinvestimenti avvenuti da diversi anni a questa parte, uniti alle scarse risorse stanziate anche dall’ultima legge di bilancio, pongono l’Italia ben lontana da altri Paesi europei nel rapporto fra spesa sanitaria e prodotto interno lordo: noi siamo al 6,2%, contro del 10,1% di Francia e Germania.

Le conseguenze ricadono sui cittadini, su chi rimane senza medico di base, su chi è sottoposto a tempi d’attesa infiniti per visite ed esami, su chi è costretto a rinunciare alle cure (4,5 milioni di italiani secondo il Cnel, un organismo governativo).

La questione richiede massima priorità, come ha ricordato il presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno. Eppure la classe politica fatica a trovare soluzioni, fra rimbalzi di responsabilità tra Governo e Regioni e riforme ferme al palo (come quella relativa alle liste d’attesa) perché in attesa dei decreti attuativi. Servono, e con urgenza, interventi strutturali e investimenti per rilanciare la sanità pubblica, ripartendo proprio da quei territori che ora sembrano abbandonati.