News

Vaccini Covid: cosa c’è da sapere

Si possono vaccinare anche i bambini? E' necessario fare la terza dose? Il richiamo sarà utile contro la variante omicron? Chi è obbligato a vaccinarsi? Chi è legittimato a non vaccinarsi? Ecco tutte le risposte (studi scientifici alla mano) alle domande più comuni sui vaccini anti-Covid e sulla campagna vaccinale.

22 dicembre 2021
fiala con vaccino

Il 27 dicembre compie un anno la campagna vaccinale europea, che ha prodotto risultati spettacolari sia in termini di adesioni che di effetti sulla pandemia. L’Italia arriverà al prossimo Natale con più dell’85% della popolazione over 12 coperta da ciclo vaccinale completo e più dell’88% coperta da almeno una dose. Positivo anche il tasso di terze dosi, già somministrate a circa 15 milioni di persone aventi diritto. 
Arriviamo quindi ben preparati in un momento cruciale della pandemia, in cui serve mantenere alte le difese: la variante Omicron ha rimescolato le carte in tavola e dai primi dati sembra che la protezione conferita dalla guarigione o dal ciclo primario di vaccinazione non sia sufficiente per affrontare in sicurezza l’inverno. Questa notizia si aggiunge all’osservazione del calo dell’efficacia della vaccinazione nei sei mesi seguenti, che ha richiesto di predisporre velocemente la somministrazione di una terza dose a chi ha concluso il ciclo di vaccinazione da almeno 5 mesi.
Ma sarà davvero utile fare la terza dose di vaccinazione? Il richiamo ci proteggerà dalla variante Omicron? Ha senso vaccinare anche i bambini? 
Queste e altre domande trovano risposta in questo dossier.

Vaccini: tutto quello che devi sapere

Rispondiamo ai dubbi più diffusi su questo tema basandoci sulle informazioni scientifiche che man mano vengono rese disponibili.

La vaccinazione sarà efficace anche contro Omicron? Contro questa variante è utile fare la terza dose?

Dal momento in cui è emersa, la variante Omicron è al centro di numerosi studi per capire quanto sia abile ad eludere le difese di guariti e vaccinati.

Buona parte degli studi ha valutato quanto i sieri prelevati dai vaccinati, dai guariti, dai vaccinati dopo la guarigione e da persone già vaccinate con una terza dose siano in grado di neutralizzare il virus in esperimenti di laboratorio. A confronto con la variante Delta (la ex variante indiana, da tempo predominante) la variante Omicron resiste maggiormente all’azione degli anticorpi e viene neutralizzata solo da una concentrazione di anticorpi nel sangue più alta di quella necessaria a neutralizzare Delta.

Il calo dell’attività neutralizzante degli anticorpi dei guariti e dei vaccinati con due dosi è significativo: nei test di laboratorio il siero dei guariti e dei vaccinati con due dosi si è spesso dimostrato incapace di neutralizzare il virus. Al contrario, il siero dei guariti vaccinati e quello dei vaccinati con la terza dose si è dimostrato in grado di inattivare il virus in modo efficace, anche se si registra comunque un calo dell’attività neutralizzante degli anticorpi.

Questi dati suggerisco che la variante Omicron sia più abile delle precedenti ad evadere la risposta immunitaria e che potremmo registrare una nuova riduzione dell’efficacia della vaccinazione, una brutta notizia e un rischio concreto quindi non solo per i guariti ma anche per i vaccinati con due dosi.  I primi dati dal Sudafrica indicano che l’efficacia verso l’infezione sia calata dall’ 80% al 30% e che l’efficacia contro le forme gravi sia passata dal 90 al 70%. Numeri che ci fanno capire che la variante Omicron è un problema da non sottovalutare.

È però un’ottima notizia che la somministrazione di una terza dose o il completamento di un ciclo vaccinale dopo la guarigione portino le difese anticorpali a livelli elevati, considerati utili a proteggerci anche dalla Omicron. Ciò significa che l’abilità di Omicron di sfuggire alle difese può essere ridimensionata. Dati preliminari dall’Inghilterra suggeriscono che la somministrazione di una dose di richiamo di vaccino Comirnaty di Pfizer ci protegga efficacemente anche da Omicron facendo risalite l’efficacia contro le infezioni sintomatiche al 70-75%.

Un’altra buona notizia è che seppur le difese legate agli anticorpi siano messe alla prova da Omicron, la cosiddetta immunità cellulare sembra resistere meglio ai suoi attacchi: i globuli bianchi attivati contro il coronavirus (dal vaccino o dall’infezione) riconoscono efficacemente la variante Omicron, costituendo così una linee di difesa utile a proteggerci dallo sviluppare un covid grave.

E sembrano andare in questa direzione i recenti dati da Danimarca e Sudafrica: l’ondata di casi Omicron sembra portare in ospedale e in terapia intensiva meno persone del previsto. Un dato sicuramente rincuorante, ma che nasconde un dato di fatto: se anche fosse meno grave, Omicron rimane comunque molto più veloce a trasmettersi. Un virus così può nel breve tempo portare in ospedale un numero di persone ben più grande di quello portato da un virus più aggressivo ma meno abile a circolare.

Per questo motivo, è necessario continuare a praticare tutte le misure di contenimento del contagio:  mantenimento della distanza, riduzione dei contatti, igiene delle mani, uso di dispositivi di protezione individuale e ventilazione dei locali.

I vaccini sono ancora efficaci a distanza di sei mesi? Di quanto si è ridotta l’efficacia della vaccinazione in questi sei mesi?

Sì, sono ancora efficaci, anche se purtroppo col il passare del tempo, la protezione offerta dalla vaccinazione ha mostrato un calo.

Il calo è dovuto sia ad un calo fisiologico del livello di anticorpi nel sangue nei mesi seguenti la somministrazione del vaccino, sia all’emergere di varianti che mostrano una maggiore resistenza all’azione degli anticorpi.

Tutto questo si è tradotto in una minor protezione dall’infezione a distanza di cinque/sei mesi dalla somministrazione della seconda dose, mentre invece la protezione dall’ospedalizzazione e dalla morte per coronavirus rimane elevata. Secondo l’Istituto Superiore di sanità, che ha analizzato l’andamento dei casi tra Aprile e Novembre 2021, a sei mesi dal completamento della vaccinazione:

  • l’efficacia della vaccinazione nel prevenire qualunque tipo di infezione da SARS-CoV-2 (asintomatiche o sintomatiche) è passata dal circa 70% al 40%;
  • l’efficacia della vaccinazione nel prevenire i casi gravi è invece rimasta elevata, passando dal circa 90% all’80%.

Cali nell’efficacia della vaccinazione sono stati osservati in tutti i paesi a prescindere dal tipo di vaccino prevalentemente utilizzato, ma al netto delle differenze tra queste stime, cioè che questi numeri di dicono è che la vaccinazione è ancora molto efficace, sia nel ridurre il contagio, sia nel ridurre il rischio di venire ricoverati e di morire di Covid.

È davvero utile fare il richiamo della vaccinazione?

Sì, è utile a ripristinare un livello adeguato di difese.

Purtroppo in questi mesi si è osservato un calo della protezione offerta dalla vaccinazione. Ne abbiamo parlato nella FAQ specifica dedicata alla efficacia della vaccinazione dopo sei mesi.

La somministrazione di una terza dose si è però dimostrata in grado di risollevare l’efficacia della vaccinazione, riportando la protezione dall’infezione e dal ricovero a livelli elevati.

Secondo l’Istituto Superiore di sanità, dopo la dose di richiamo l’efficacia nei confronti dell’infezione risale al di sopra del 70%, cioè agli stessi livelli di prima, e così fa l’efficacia verso il ricovero, che risale a oltre il 90%.

Terza dose di richiamo: tempi e modalità

Da settembre è iniziata la campagna vaccinale per la somministrazione della terza dose. si tratta di una nuova dose offerta ad alcune categorie di persone per due scopi differenti.

Da una parte parliamo di una vera e propria dose di richiamo (o booster) offerta alle persone anziane, alle persone fragili di qualunque età, agli operatori sanitari e via via a tutti coloro che hanno completato da almeno 5 mesi il ciclo primario di vaccinazione. Lo scopo, in questo caso è di risollevare e mantenere nel tempo la protezione dall’infezione che, nel corso dei mesi, tende ad affievolirsi (pur rimanendo molto elevata per gli esiti più gravi del Covid).

Dall'altra, agli immunodepressi, viene offerta una dose aggiuntiva, a completamento del primo ciclo vaccinale da somministrarsi a stretto giro dopo il ciclo primario, per stimolare una risposta immunitaria adeguata che le prime due dosi non sempre garantiscono.

In entrambi i casi, al momento, non sono previste ulteriori dosi, ma non è noto se in futuro sarà periodicamente necessario somministrare una dose di richiamo, come per il vaccino antinfluenzale.

Qui troverai un dossier dedicato alla terza dose con le domande più comuni sul tema.

Per chi è obbligatoria la vaccinazione? È obbligatoria anche la terza dose?

A partire dal 15 dicembre sono tre le categorie per cui la vaccinazione è obbligatoria,

  • Professionisti e operatori dell’ambito sanitario, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali. Vale anche per il personale amministrativo.
  • docenti e personale amministrativo di scuole, centri educativi per l’infanzia e centri di formazione per gli adulti
  • militari, forze di polizia e personale del soccorso pubblico.

L’obbligo va inteso sia per il ciclo vaccinale primario di due dosi, sia per la terza dose di richiamo a distanza di almeno cinque mesi dalla seconda.

Per chi svolge l’attività lavorativa in violazione dell’obbligo è prevista una sanzione disciplinare (a seconda degli ordinamenti di appartenenza) e una multa da 400 a 1000 euro. Questo vale sia per le aziende pubbliche, sia per quelle private.

I bambini di 5-11 anni possono essere vaccinati?

Sì, i bambini di 5-11 anni possono essere vaccinati.

Poiché il tema è molto sensibile e molti genitori sono dubbiosi o preoccupati di vaccinare i propri bambini, abbiamo dedicato a questo tema un dossier approfondito che spieghi se ha davvero senso vaccinare i bambini, quali sono i rischi e quali i benefici alla luce dei dati emersi dalla letteratura scientifica.

Gli adolescenti possono essere vaccinati?

Sì. Due vaccini sono autorizzati per la vaccinazione dai 12 anni in su: il vaccino Comirnaty di Pfizer e Spikevax di Moderna. Gli studi disponibili mostrano che i ragazzi di 12-17 anni vaccinati con due dosi hanno una risposta anticorpale sovrapponibile, se non migliore di quella di ragazzi di 18-25 anni, per i quali i due vaccini a mRNA erano già autorizzati. Anche gli effetti indesiderati di breve periodo osservati durante la sperimentazione sono del tutto simili a quelli osservati nei ragazzi più grandi. Effetti indesiderati rari, però, sono emersi solo con la vaccinazione su grande scala.

Nonostante gli studi clinici che hanno portato all’autorizzazione dei vaccini anche nei ragazzi ci dicano con un certa ragionevolezza che i vaccini sono sicuri anche per loro, il numero di ragazzi coinvolti nella sperimentazione è limitato e non è stato possibile valutare l’insorgenza di effetti indesiderati non comuni. Questo è normale, in quanto i trial clinici raramente arruolano così tante persone da riuscire a rilevare fenomeni rari. A questo scopo è invece deputata la farmacovigilanza, che sorveglia la somministrazione dei vaccini sul campo e segnala se nella popolazione vaccinata si verificano eventi negativi più frequentemente che nella popolazione vaccinata o più spesso dell’atteso sulla base delle conoscenze epidemiologiche.

Con la vaccinazione di milioni di ragazzi, soprattutto negli Stati Uniti e in Israele, ma ora anche in Europa, si è osservato un aumento delle miocarditi e delle pericarditi tra i ragazzi vaccinati. Queste infiammazioni del cuore si sono verificate molto più frequentemente tra i maschi (8 volte su 10) e dopo la seconda dose (più di 4 volte su 5). Secondo i calcoli delle autorità sanitarie statunitensi, sono attese 56-69 miocarditi e pericarditi da vaccino per milione di somministrazioni in maschi di 12-17 anni e 8-10 per milione di ragazze vaccinate, rispettivamente 1 caso su 15-18.000 vaccinati e 1 caso su 100-125.000 vaccinate.

Si tratta di manifestazioni molto rare e per lo più lievi e curabili, ma più frequenti dell’atteso: di norma, tra gli adolescenti maschi si osserva 1 miocardite ogni 100.000 ragazzi, di solito dopo aver avuto un’infezione virale. Ma il covid comporta dei rischi maggiori della vaccinazione: secondo i calcoli delle autorità americane, la vaccinazione dei ragazzi permette di evitare molte più ospedalizzazioni e ammissioni in terapia intensiva per colpa del covid. Inoltre, il covid stesso può causare delle sindromi infiammatorie a carico di più organi, cuore compreso, con frequenza maggiore delle miocarditi osservate tra i ragazzi dopo la vaccinazione. Per tutte queste ragioni, ad oggi, si ritiene che i benefici rimangono superiori ai rischi anche nei ragazzi.

AstraZeneca e Johnson & Johnson, invece, dopo diversi cambiamenti di rotta, sono ora preferibilmente riservati a chi ha più di 60 anni di età. Ai giovani che hanno ricevuto una prima dose con AstraZeneca, viene offerta una dose di vaccino a mRNA (Pfizer o Moderna) al richiamo. Può però anche essere richiesto di ottenere una seconda dose di AstraZeneca dando il proprio consenso informato.

Le donne in gravidanza o che allattano possono vaccinarsi? È consigliata la terza dose?

Sì. La vaccinazione non è controindicata né alle donne incinte, né alle donne che allattano. Al contrario, è fortemente raccomandata.

Nonostante le sperimentazioni cliniche non avessero coinvolto le donne in gravidanza, i dati sperimentali sugli animali, una maggior conoscenza del funzionamento dei vaccini a mRNA e i dati di farmacovigilanza accumulatisi in questo anno permettono di considerare la vaccinazione sicura per lo sviluppo del feto. La sorveglianza non infatti ha riscontrato particolari problemi né per la donna, né per i bambini. Si pensa inoltre che gli anticorpi sviluppati dalla mamma, passata la barriera della placenta, possano proteggere il feto.

Le donne in gravidanza sono quindi invitate a vaccinarsi con un vaccino a mRNA nel secondo e terzo trimestre della gravidanza. Vaccinarsi nel primo trimestre delle gravidanza non è sconsigliato, in quanto la vaccinazione può essere considerata sicura in qualsiasi periodo della gravidanza, ma sono ancora poche le evidenze a riguardo. Le donne che desiderino vaccinarsi nel primo trimestre devono valutare rischi e benefici insieme al proprio medico.

Anche per le donne in allattamento la vaccinazione è considerata sicura e non c’è alcun bisogno di sospenderla. Allattare un bambino dopo essersi vaccinati con un vaccino a mRNA non comporta rischi. Il latte materno non può veicolare nulla di pericoloso al lattante. L’mRNA contenuto nel vaccino, infatti, una volta inoculato nel braccio della mamma, rimane per lo più in sede locale, dove è stato iniettato, per poi degradarsi dopo qualche giorno. Lo stesso vale per la proteina spike prodotta grazie al vaccino. Né l’RNA né la proteina spike possono passare nel latte materno e qualora passassero in piccole quantità, questi sarebbero immediatamente distrutti nello stomaco del piccolo. Al contrario, il latte materno può dare al lattante gli anticorpi sviluppati dalla mamma.

Anche la dose di richiamo è raccomandata. Vale la stessa indicazione data per l’inizio del ciclo vaccinale: per le donne incinte, la dose di richiamo è da somministrarsi durante il secondo o terzo trimestre della gravidanza. Per le donne che allattano, la somministrazione è possibile in qualunque momento del periodo post-parto a patto che siano passati almeno 5 mesi dal completamento del ciclo primario.

La vaccinazione è raccomandata soprattutto per le donne che corrono un maggiore rischio di contrarre l’infezione perché più esposte (come le professioniste sanitarie o le caregiver) o che hanno malattie croniche e fattori di rischio per covid grave

Posso vaccinarmi anche se ho avuto il Covid? Quante dosi sono necessarie per essere protetti?

Sì. Non solo ci si può vaccinare se si ha avuto il Covid, ma è molto conveniente. La vaccinazione rafforza l’immunità che si è innescata naturalmente e la prolunga nel tempo.

Nessuno ancora sa con certezza quanto duri la protezione del sistema immunitario dopo l’infezione ed è probabile che non ci sia una risposta univoca, ma che ci sia un’ampia variabilità da persona a persona.

Ciò che sappiamo oggi è che la protezione data dall’infezione, così come quella data dal ciclo primario di vaccinazione, tende a ridursi nel corso dei sei mesi successivi. Questo non vuol dire che l’immunità sviluppata sia inutile: reinfettarsi nei 5-7 mesi seguenti la malattia è un evento infrequente e se capita, è probabile che si lo riprenda in forma blanda o asintomatica.

Tuttavia l’emersione della variante omicron sta facendo preoccupare gli esperti, perché dalle prime prove di laboratorio sembra omicron sia abile ad evadere la risposta immunitaria, oltre che più abile a trasmettersi da persona a persona. Ne abbiamo parlato in FAQ dedicata alla variante Omicron.

Al contrario, la somministrazione della vaccinazione dopo la malattia sembra regalare un’immunità più forte e più efficace contro la nuova variante.

Per questo motivo non solo è raccomandato vaccinarsi dopo la guarigione, ma anche di vaccinarsi con la dose di richiamo nei tempi previsti (cioè dopo sei mesi dal completamento del ciclo primario di immunizzazione).

Ecco  quando bisogna vaccinarsi e quante dosi sono necessaria:

  • a chi ha avuto il covid (sia in forma sintomatica che asintomatica) è raccomandato di vaccinarsi entro 6 mesi dall’infezione ed è sufficiente una sola dose. Se è passato meno di un anno dall’infezione, è raccomandato di vaccinarsi al più presto con una dose di vaccino
  • se è passato più di un anno dall’infezione, è necessario iniziare un ciclo completo di vaccinazione, cioè due dosi, da somministrarsi l’una a distanza di almeno tre/quattro settimane dall’altra.

    Chi ha già avuto il Covid dovrà ovviamente comunicarlo al medico vaccinatore.

    Per chi ha avuto il covid dopo la somministrazione della prima dose, invece, funziona così:

  • se l’infezione è stata diagnosticata (con tampone molecolare positivo) entro il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino, la vaccinazione va completata con una seconda dose entro sei mesi (180 giorni) dalla data del tampone. Trascorso questo arco di tempo, la schedula vaccinale potrà essere comunque completata, il prima possibile, con la sola seconda dose
  • In caso di infezione confermata oltre il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino, la ciclo vaccinale è da intendersi completato in quanto l’infezione stessa è da considerarsi equivalente alla somministrazione della seconda dose. Resta inteso che l’eventuale somministrazione di una seconda dose non è comunque controindicata; ciò vale anche per i soggetti guariti, in precedenza non vaccinati, che hanno ricevuto una sola dose di vaccino dopo l’infezione da SARS-CoV-2.

Ricordiamo infine che è inutile l'esecuzione di test sierologici per valutare l’immunità pregressa, risultato che non cambierebbe la raccomandazione.

Quali sono i vaccini arrivati in Italia?

Attualmente l’Ema, l’Autorità europea che vigila sulla sicurezza e sull’efficacia dei medicinali, ha autorizzato quattro vaccini: Comirnaty Pfizer-BioNTech il 21 dicembre 2020; Spikevax Moderna il 6 gennaio 2021; Vaxzevria AstraZeneca il 29 gennaio 2021 e Janssen Johnson & Johnson l'11 marzo 2021 . I quattro vaccini hanno ottenuto una “conditional approval”, cioè un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata. Si tratta di una procedura che consente di autorizzare e rendere disponibili più velocemente farmaci per malattie senza terapie o in situazioni di emergenza. L’approvazione è “condizionata” in quanto avviene su una base di dati non del tutto completa, ma sufficiente a stabilire il profilo di efficacia e sicurezza del medicinale e condizionata – appunto – al proseguimento degli studi necessari. Per il processo di autorizzazione di emergenza sono previsti protocolli e procedure per bilanciare rischi e benefici: se approvare più velocemente un farmaco/vaccino implica l’assunzione di qualche minimo rischio in più, renderlo disponibile il prima possibile può portare benefici a milioni di persone. Di solito, però, più i dati forniti dalle aziende farmaceutiche che richiedono l’approvazione sono informativi, accurati, e coerenti, più è probabile che sia concessa l’autorizzazione di emergenza.Per rendere il processo autorizzativo più rapido, l’agenzia europea ha anche valutato i dati “in continuo”, cioè ha passato in rassegna i risultati delle sperimentazioni mano a mano che arrivavano, senza aspettare, come normalmente accade, la chiusura definitiva del dossier.

I vaccini contro Covid 19 sono tutti uguali?

No, non sono tutti uguali, perché per indurre l’immunità al virus utilizzano metodi diversi.

I primi vaccini approvati, Pfizer- BioNTech e Moderna, sfruttano la tecnica del RNA messaggero (mRNA). Il vaccino non contiene il virus né parti di esso come avviene nei vaccini classici, ma piccoli segmenti di acidi nucleici del coronavirus che, una volta introdotti nel nostro organismo, comandano alle nostre cellule di creare la proteina spike del virus, in grado di stimolare la produzione di anticorpi. In questo modo sono le nostre stesse cellule che producono la proteina virale, innocua, in grado di allenare in nostro sistema immunitario a riconoscere ed eliminare il possibile nemico. Fino a oggi non c’erano vaccini come questo in commercio, ma le tecnologie utilizzate per metterli a punto sono in sperimentazione da tempo. Ad esempio, quando si è trattato di studiare un vaccino anti-ebola.

AstraZeneca/Oxford, Johnson & Johnson, il cinese CanSino e il vaccino russo Sputnik V sono invece vaccini a vettore virale: il vaccino è costituito da un virus vero e proprio, innocuo per l’uomo e non in grado di replicarsi, che è stato ingegnerizzato per veicolare nelle cellule del nostro organismo una sequenza genetica che verrà poi tradotta dalle nostre cellule nella proteina del virus. Il principio sfruttato da questo tipo di vaccino è simile a quello del vaccino mRNA, cioè non introdurre direttamente le proteine virali nell’organismo, ma indurre le nostre cellule a produrle. La differenza è che in questo caso l’informazione che codifica la proteina è veicolata da un virus ingegnerizzato e innocuo e non da segmenti di mRNA.

Ci sono poi vaccini che utilizzano la tecnica del virus inattivato. Sono quelli cinesi Sinovac e Sinopharm e il vaccino indiano Bharat Biotech.Si introduce nell’organismo un virus ucciso con metodi chimici. Questi vaccini sono simili al vaccino contro l’epatite A o a quello contro la poliomielite. Il vaccino inattivato contiene particelle virali, ma non infettive, che il sistema immunitario riconosce come nemiche, producendo anticorpi e globuli bianchi specifici rivolti contro le proteine di superficie del virus.

Infine, ci sono i vaccini che veicolano solo le proteine virali (fanno parte di questa categoria il vaccino Novavax e quello Sanofi/GSK). Con questo vaccino si iniettano solo le proteine del virus. È una versione ancora più semplice del vaccino a virus inattivato, in cui sono presenti solo le proteine virali che stimolano la produzione di anticorpi. Questa diversità di approcci permetterà  di avere un arsenale vaccinale utile alle varie esigenze delle popolazioni.

Sono vaccini sicuri?

Sì. I vaccini contro il Covid sono ritenuti sicuri.
Solo molto raramente si sono osservati effetti indesiderati di tipo grave con alcuni vaccini e in alcune fasce d’età. Questi sono stati rilevati dai sistemi di farmacovigilanza, il cui compito è sorvegliare l’insorgere di reazioni non emerse durante le sperimentazioni per ovvi motivi di tempo e di grandezza degli studi. Solo con più tempo e con numeri molto grandi di persone vaccinate possono emergere con chiarezza reazioni molto poco frequenti, se non rare o estremamente rare, anche se le sperimentazioni hanno cumunque fornito sufficiente sicurezza che la popolazione sarebbe stata esposta a rischi molto inferiori a quelli incorsi per colpa della malattia, cosa che è stata confermata.

Ecco quello che sappiamo dei vaccini autorizzati.

Gli effetti indesiderati riscontrati finora con il vaccino Pfizer-BioNTech sono perlopiù di tipo blando. I vaccinati spesso hanno reazioni locali (come dolore, gonfiore o rossore nella zona dell’iniezione) o effetti più generalizzati, come stanchezza, mal di testa, dolori muscolari, febbre e brividi per lo più lievi o moderati, soprattutto dopo la seconda dose. Meno di frequente si osserva il rigonfiamento dei linfonodi, che si risolve da solo col tempo. Rispetto ai più giovani, negli anziani le reazioni locali e generali sono meno frequenti e un po’ più lievi. Le reazioni allergiche al vaccino sono state rare: l’indicazione è di non vaccinare chi ha avuto in passato reazioni allergiche gravi a componenti presenti nel vaccino, ma per gli altri allergici non ci sono particolari controindicazioni.

Le razioni osservate con il vaccino Moderna sono comparabili a quelle del vaccino Pfizer.

Entrambi i vaccini a mRNA sono stati più recentemente associati ad un effetto indesiderato molto raro: l’infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite) o della membrana che circonda il cuore (pericardite). Si tratta di fenomeni osservati soprattutto nei 14 giorni dopo la vaccinazione, più spesso dopo la seconda dose, nei maschi giovani (adolescenti e giovani adulti). Si può leggere un approfondimento nella faq dedicata alla vaccinazione degli adolescenti. Le agenzie del farmaco suggeriscono di rivolgersi immediatamente al medico qualora dopo la vaccinazione si manifestino sintomi indicativi di miocardite o pericardite, come dolore toracico, respiro affannoso o palpitazioni.

Per quanto riguarda il vaccino AstraZeneca gli effetti indesiderati più comuni sono di lieve o moderata entità e di rapida risoluzione:  dolore e gonfiore il sede di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolore muscolare, sensazione generale di malessere, brividi, febbre, dolori articolari e nausea... Più recentemente si è scoperto che la vaccinazione con questo vaccino aumenta il rischio di una rarissima forma di trombosi. Questa associazione è emersa solo durante la vaccinazione di milioni di persone, proprio per la sua rarità. I casi registrati, poche centinaia in tutta Europa a fronte di decine di milioni di vaccinazioni, hanno coinvolto per lo più donne sotto i 60 anni di età. Stando alle valutazioni delle agenzie regolatorie, il rischio è di una trombosi ogni 100.000 vaccinazioni e interesserebbe maggiormente le donne giovani tra i 20 e i 50 anni di età. Per questo motivo, in via del tutto precauzionale, le indicazioni delle autorità sono di preferire la somministrazione di questo vaccino a persone con più di 60 anni di età, il cui rischio è inferiore e molto basso se paragonato a quanto frequentemente siano gravi gli esiti dell’infezione in questa fascia d’età. In generale, comunque i benefici della vaccinazione restano di molto superiori aì possibili rischi, specialmente per gli adulti al di sopra dei 50 anni di età.

Anche per il vaccino Johnson & Johnson gli effetti negativi più comuni sono di lieve o moderata entità e di rapida risoluzione. Anche con il vaccino J&J ci sono stati casi di trombosi associate a calo delle piastrine, con una frequenza apparentemente più bassa di quella osservata con AstraZeneca. Un altro evento avverso molto raro emerso di recente è la sindrome di Guillan Barrè, una malattia neurologica grave di natura autoimmune. Si tratta di una malattia già nota che si può manifestare  raramente dopo un’infezione virale e ancor più raramente dopo alcune vaccinazioni (ad esempio, quella antinfluenzale). La malattia provoca dolore, intorpidimento e debolezza muscolare che possono progredire, nei casi più gravi, fino alla paralisi, ma la maggior parte dei casi guarisce completamente. L’ordine di grandezza che si può desumere dai casi segnalati nel mondo è di un caso ogni 100.000 vaccinazioni, più frequenti negli adulti maschi con più di 50 anni.

Infine, per entrambi i vaccini a vettore adenovirale è stato osservato un altro evento vascolare molto raro, la, vale a dire la sindrome da perdita capillare. Si tratta di un problema vascolare, che comporta un forte gonfiore agli arti e il calo della pressione sanguigna, tale da richiedere il ricovero ospedaliero. Questo effetto è stato osservato nei giorni successivi alla vaccinazione, in alcuni casi con esito fatale. Poiché in almeno un caso è stata evidenziata una storia pregressa di questo problema, oggi è consigliato di non somministrare questo vaccino a chi avesse avuto episodi di questo disturbo.

 

Sono tutti efficaci allo stesso modo?

Tre sono i possibili effetti di un vaccino.

  • La capacità di prevenire l’infezione: il vaccino impedisce l’infezione e può quindi fermare la circolazione dell’agente infettivo. Chi viene vaccinato, in sostanza, non si infetta né infetta gli altri.
  • La capacità di prevenire i sintomi: il vaccino non impedisce di essere infettati e di essere infettivi, ma impedisce che la malattia si manifesti con sintomi, restando così un’infezione asintomatica. Chi viene vaccinato potrebbe quindi ancora far circolare l’agente infettivo, ma si riduce l’impatto sui servizi sanitari.
  • La capacità di prevenire la malattie grave e la morte: anche se i pazienti si infettano, la malattia che esprimono sarà lieve o moderata, non di gravità tale da necessitare di un ricovero. In questo modo, il vaccino è comunque il grado di ridurre il carico di sofferenza e di morte legato alla malattia.

Le sperimentazioni hanno dimostrato che tutti i vaccini sono ampiamente efficaci nel ridurre i casi di malattia lieve o moderata (cioè casi sintomatici e confermati con test di laboratorio), ma anche di abbattere il numero dei casi gravi in una popolazione anziana relativamente giovane. I dati sul campo hanno poi confermato che tutti i vaccini autorizzati sono ampiamente in grado di ridurre il rischio di malattia grave e di abbattere i ricoveri e i casi fatali (oltre il 90%). Non solo: si è anche osservato come si riducano anche le infezioni asintomatiche e la trasmissione dell’infezione ad altre persone, a dimostrazione che la vaccinazione è in grado di limitare fortemente la circolazione del virus.

In questi mesi però stiamo assistendo ad un calo della protezione, sia per colpa della circolazione di una variante ormai dominante, la delta, che in parte elude le difese immunitarie stimolate dal vaccino, sia in parte per colpa di una riduzione fisiologica di queste difese, che è normale attendersi, specialmente nella popolazione più anziana: vediamo infatti che a distanza di almeno sei mesi dalla vaccinazione la popolazione vaccinata è meno resistente al contrarre infezioni asintomatiche o sintomatiche. Al contempo però vediamo come non calino in modo preoccupante l’efficacia nei confronti della malattia grave, delle ospedalizzazioni e delle morti per covid, che ad oggi si concentrano maggiormente nelle persone che purtroppo non si sono ancora vaccinate. Cioè vuol dire che la vaccinazione è ancora ampiamente efficace nel proteggerci, perché ci evita gli esiti più infausti del covid e lo trasforma in una malattia meno severa, gestibile a casa come una influenza.

Vaccino anti-covid e vaccino antinfluenzale: si possono fare insieme?
Sì, si possono fare insieme o a qualsiasi distanza di tempo. 
 
Il Ministero della salute, l’Agenzia Italiana del farmaco e l’Istituto Superiore di Sanità, in una nota congiunta, hanno stabilito che è possibile programmare la somministrazione dei due vaccini nella medesima seduta vaccinale. Questo è in linea con il piano nazionale di prevenzione dell’influenza, che già prevede la somministrazione contemporanea del vaccino antinfluenzale con altri vaccini, da eseguirsi in sedi corporee e con siringhe diverse.
 
La somministrazione concomitante con il vaccino anti-covid è possibile anche con altri vaccini offerti dal Piano vaccinale nazionale, sempre che non siano a base di virus vivi attenuati, per i qual è considerata opportuna e valida una distanza minima precauzionale di 14 giorni prima o dopo la somministrazione del vaccino anti-covid. 
 
Questo significa che è possibile la co-somministrazione della vaccinazione anti-pneumococcica, di norma offerta agli anziani con più di 65 anni (a protezione dalle infezioni polmonari e dalle meningiti nel periodo invernale), mentre è consigliato anticipare o posticipare la somministrazione di vaccini come il quadrivalente morbillo-parotite-rosolia-varicella o il vaccino Zostavax contro il fuoco di S.Antonio, perché contenenti virus vivi attenuati (cioè virus incapaci di dare la malattia e quindi inoffensivi, ma utili a suscitare la risposta protettiva del sistema immunitario).
Quali condizioni controindicano la vaccinazione ed esentano dal green pass?

A queste domande rispondono due circolari Ministeriali di recente pubblicazione e un documento della Società Italiana di Medicina Generale, redatto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, pubblicato a metà agosto 2021

Questi documenti disciplinano l’adozione e il rilascio dei “certificati di esenzione alla vaccinazione anti-Covid-19” nei confronti di coloro che per condizioni cliniche specifiche e documentate non possono ricevere la vaccinazione o completare il ciclo vaccinale e di coloro che hanno ricevuto il vaccino Reithera, categorie quest’ultime che sono ad oggi esentate dall’obbligo di certificazione verde per accedere ad attività, servizi e luoghi.

Le condizioni che controindicano, cioè sconsigliano la vaccinazione o il completamento della vaccinazione con uno specifico vaccino sono le seguenti:

  • l’ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti del vaccino che possono causare una reazione allergica grave. In particolare:
    • il polietilene-glicole-2000 PEG contenuto nel vaccino Comirnaty- (Pfizer-Biontech) o il metossipolietilene-glicole-2000 (PEG2000 DMG)I PEG sono un gruppo di allergeni noti che comunemente si trovano in farmaci, prodotti per la casa e cosmetici)
    • la trometamina (componente di mezzi di contrasto radiografico e di alcuni farmaci somministrabili per via orale e parenterale) contenuta nel vaccino Spikevax (Moderna)
    • l polisorbato contenuto nei vaccini Covid-19 a vettore virale Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen (Johnson&Johnson). lI polisorbato 80 è una sostanza ampiamente utilizzata nel settore farmaceutico e alimentare ed è presente in molti farmaci inclusi vaccini e preparazioni di anticorpi monoclonali. PEG e polisorbato sono strutturalmente correlati e può verificarsi ipersensibilità cross-reattiva tra questi composti
  • soggetti che hanno manifestato sindrome trombotica associata a trombocitopenia in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria e soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare con Vaxzevria o Janssen

    Per queste categorie, il Ministero raccomanda:

  • In caso di reazione allergica grave alla prima dose di un vaccino Covid-19 si può considerare la possibilità di utilizzare un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione. Tuttavia, vista la possibilità di reazioni crociate tra componenti di vaccini diversi è opportuno effettuare una consulenza allergologica e una valutazione rischio/beneficio individuale. Le informazioni sugli eccipienti dei vaccini sono consultabili sulla scheda tecnica dei vaccini, la quale può essere visionata online sulla banca dati farmaci del sito dell’AIFA o direttamente nelle faq presenti sul sito dell’AIFA
  • La presenza di una controindicazione ad uno specifico vaccino non esclude la possibilità che possano essere somministrati altri vaccini disponibili. È stata infatti da tempo sdoganata la vaccinazione eterologa con vaccino a mRNA, in quanto ritenuta sicura ed efficace. Nei rari casi di sindrome di Guillain-Barré insorta entro 6 settimane dalla somministrazione di Vaxzevria (Astrazeneca) e Janssen senza altra causa riconducibile, è prudente non eseguire ulteriori somministrazioni dello stesso tipo di vaccino. Potrà essere comunque considerato l’utilizzo di un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione. Nei casi molto rari di miocardite e pericardite osservati dopo somministrazione di vaccini a mRNA, la decisione di somministrare la seconda dose deve tenere conto delle condizioni cliniche dell'individuo e deve essere presa dopo consulenza cardiologica e un’attenta valutazione del rischio/beneficio. Laddove si sia deciso di non procedere con la seconda dose di vaccino anti COVID-19 a mRNA, può essere considerato l’utilizzo di un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione.

I certificati di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19 sono rilasciati esclusivamente in presenza di queste condizioni specifiche che ne controindichino la somministrazione in maniera permanente o temporanea, quando documentate. Ciò significa che nel caso in cui la richiesta provenisse direttamente dall’assistito in assenza di idonea documentazione, lo stesso dovrà essere inviato a valutazione e decisione da parte dello specialista idoneo. I centri vaccinali potranno individuare dei riferimenti tecnici  per la presa in carico dei casi dubbi e un gruppo tecnico regionale di esperti in campo vaccinale per supportare i medici vaccinatori nella valutazione dell’idoneità alla vaccinazione.

Per quanto riguarda la gravidanza, questa non è una controindicazione alla vaccinazione anti COVID-19. Qualora, dopo valutazione medica, si decida di rimandare la vaccinazione, alla donna in gravidanza potrà essere rilasciato un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione.

Sono invece false controindicazioni l’allattamento, le immunodeficienze, le malattie autoimmuni o le malattia tumorali in cura con chemioterapici (salvo casi molto specifici), l’aver avuto una paralisi facciale, avere allergie a cibi, animali domestici, al veleno di insetti, ad altri allergeni ambientali o al lattice, possano essere vaccinate, così come coloro con storia di allergie ai farmaci orali o di storia familiare di gravi reazioni allergiche, o che potrebbero avere un'allergia più lieve ai vaccini (nessuna anafilassi).

La reazione allergica immediata ad altro vaccino o farmaco è considerata una precauzione ma non una controindicazione in questo caso la valutazione del rischio è condotta per tipo e gravità della reazione e l’attendibilità delle informazioni tenendo in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza.

Chi rilascia i certificati che esentano dalla vaccinazione?

I certificati sono emessi dai Servizi sanitari regionali. I medici abilitati al rilascio sono:

  • I Medici vaccinatori dei Servizi vaccinali delle Aziende ed Enti dei Servizi Sanitari Regionali
  • I Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta che abbiano aderito alla campagna vaccinale, cioè che abbiano le credenziali per inserire i dati nei sistemi Regionali/Nazionali.

La certificazione deve essere rilasciata a titolo gratuito.

I certificati contengono i dati anagrafici del soggetto, i dati relativi al Servizio vaccinale della Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale, timbro e firma del medico certificatore (anche digitale), numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale del medico certificatore. I medici registreranno le ragioni per la controindicazione permanente o temporanea che però non risulteranno nel certificato di esenzione rilasciato all’interessato.

I certificati cartacei emanati dal SSR saranno validi fino al 30 settembre. La durata della validità verrà aggiornata nelle prossime settimane, quando sarà avviato il sistema nazionale per l'emissione digitale delle certificazioni di esenzioni per consentirne la verifica digitale.

Nel caso specifico dei cittadini che hanno ricevuto il vaccino ReiThera (una o due dosi) nell’ambito della sperimentazione dello stesso sarà Il medico responsabile del centro di sperimentazione in cui è stata effettuata la vaccinazione a rilasciare una certificazione, sempre con validità fino al 30 settembre 2021.

Gli operatori di polizia e gli altri soggetti deputati a controllare le Certificazioni Verdi (es. controllori dei trasporti pubblici o gestori degli esercizi di ristorazione) non possono in alcun modo accettare certificazioni non ufficiali.

 

Quando si può rinviare la vaccinazione?

Si può rinviare la vaccinazione nelle seguenti condizioni:

  • Se si ha avuto il covid da poco tempo. Non si tratta di una controindicazione, né di una precauzione per ragioni di sicurezza, ma di una opportunità, considerando la protezione data dalla recente infezione .In questo caso, SIMG, ISS e Ministero della salute indicano che è preferibile attendere tre mesi dal primo tampone positivo per somministrare la dose del vaccino. L’indicazione vale anche per chi ha avuto l’infezione in modo asintomatico. Si ricorda poi che la raccomandazione del Ministero è ad oggi di somministrare la necessaria dose di vaccino entro i 6 mesi e non oltre i 12 dalla guarigione.
  • Se si è ricevuto  una terapia con anticorpi monoclonali per la cura del covid. Anche in questo caso, è necessario trascorrano almeno tre mesi dal trattamento
  • Per i soggetti in quarantena per contatto stretto e per i soggetti con sintomi sospetti di Covid-19: in questi casi l’opportunità di vaccinazione avverrà alla fine della quarantena o successivamente al termine del percorso diagnostico (cioè una volta che il tampone avrà escluso l’infezione da Sars-cov-2). Questo è per evitare i rischi di possibile trasmissione dei soggetti in quarantena o con sintomatologia compatibile con COVID-19
La vaccinazione è poi rinviabile nel caso di pazienti con malattia acuta severa non differibile, come un evento cardiovascolare acuto, un’epatite acuta, una nefrite acuta, uno stato settico o una grave infezione di qualunque organo/tessuto, una condizione chirurgica maggiore, ecc.

Queste condizioni non necessitano di alcuna certificazione di esenzione.

Per quanto riguarda la certificazione verde, i primi due casi hanno diritto al green pass di guarigione.

Si ricorda infine che l’esecuzione di test sierologici che rilevano la risposta anticorpale nei confronti del virus non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale non rappresentando al momento alternativa al completamento del ciclo vaccinale e la presenza di un test positivo per anticorpi anti- SARS-CoV 2 non è una controindicazione alla vaccinazione.

Aziende e agenzie regolatorie hanno corso troppo?

Il fatto che sia passato meno di un anno dall’annuncio della pandemia ai primi risultati dagli studi clinici di fase 3 è davvero incredibile. Mai ci si sarebbe aspettato un simile risultato, quando normalmente il percorso di ricerca e sviluppo di un nuovo vaccino richiede anni.

La necessità di un vaccino in tempi rapidi ha richiesto una combinazione di sforzi senza precedenti. È stata considerata una priorità mondiale che ha coinvolto enti di ricerca pubblici e privati. Si sono messi tutti all’opera accettando rischi elevati di fallire. Sono stati fatti investimenti pubblici importanti sia da parte degli Stati Uniti (principalmente) sia da parte dell’Unione Europea per aiutare le aziende a portare avanti lo sviluppo, la sperimentazione e organizzare la produzione e distribuzione su larga scala. Non tutte le aziende che lavorano a vaccini hanno ricevuto fondi pubblici, ma questo non toglie che senza un investimento pubblico che ha generato tutta la ricerca necessaria che sta dietro a questi vaccini e senza l’aiuto diretto, finanziario, alle tante aziende con cui sia gli Usa che l’Europa hanno stipulato pre-accordi commerciali, sarebbe venuto a mancato uno dei motori principali.

C’è stata una maggiore cooperazione tra agenzie del farmaco dei vari paesi per dare indicazioni chiare e omogenee alle aziende e ai team di ricerca che sviluppano i vaccini. Si è cercato di limitare la burocrazia, riducendo i tempi necessari per autorizzare le sperimentazioni e valutare i dati. È stata fondamentale l’esperienza accumulata nello studio di altri coronavirus, come Mers e Sars. Sono state applicate tecnologie vaccinali molto innovative ma che erano già state sviluppate in precedenza per altri vaccini e farmaci. Per esempio sono stati utili alcuni dati di tossicità già pubblicati sui vettori virali. Sono stati condotti in parallelo tutti gli sviluppi necessari, da quelli sperimentali a quelli produttivi e distributivi, nonostante l’incertezza sul risultato finale. Non è corretto affermare che siano stati saltati passaggi nella sperimentazione: le fasi sono state condotte in parallelo.

Come faccio a capire se ho avuto un effetto indesiderato al vaccino?

Un effetto indesiderato, noto anche come “reazione avversa”, è un sintomo o un effetto non voluto a carico dell’organismo che si manifesta dopo la somministrazione di un vaccino. Il dolore nella sede di iniezione, il mal di testa, i dolori muscolari sono solo alcuni esempi delle reazioni avverse che possono seguire alla vaccinazione. Generalmente sono di lieve entità e si manifestano in un numero limitato di individui,  a seconda delle loro caratteristiche e condizioni di salute. Non sempre si è sicuri che una determinata reazione sia causata dal medicinale, potrebbe essere semplicemente coincidente o determinato da altre cause (conosciute o non conosciute) precedenti o contemporanee alla vaccinazione stessa. In gergo tecnico questa insicurezza fa’ si che si parli infatti di sospetta reazione avversa. 

Perché e come segnalare una reazione avversa?

Un vaccino entra in commercio se le autorità regolatorie dei medicinali (es EMA, AIFA) valutano che i benefici per la salute sono superiori ai rischi connessi, una valutazione che accompagna il medicinale per tutta la sua vita e che può cambiare nel tempo. Anche dopo l’approvazione all’immissione in commercio il vaccino non è esente da rischi, per questo è importante segnalare le reazioni avverse, qualora di manifestassero, in modo da aiutare le autorità regolatorie a svolgere ulteriori indagini e contribuire a rendere i medicinali più sicuri.

La segnalazione delle reazioni avverse a un medicinale viene solitamente effettuata attraverso il personale sanitario (medico di famiglia, farmacista, medico dell’ ASL ecc); si raccomanda pertanto di rivolgersi a tali figure.

Tuttavia anche i pazienti possono segnalare un effetto indesiderato compilando e inviando via e-mail o fax al Responsabile di farmacovigilanza della propria ASL di appartenenza appositi moduli di segnalazione pubblicati sul sito di AIFA oppure registrando le informazioni direttamente on-line sul sito www.vigifarmaco.it