Scegli imballaggi green, per ridurre l’impatto sull’ambiente dei packaging dei prodotti
I rifiuti da imballaggio costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani. Ridurli è un dovere. Ecco le scelte da fare durante la spesa di tutti i giorni.

Fare scelte alimentari sostenibili oggi si può, anzi si deve. Tutto ciò che mettiamo nel piatto ha un effetto sul pianeta: dalla scelta del tipo di cibo alla lavorazione, dal trasporto all’imballaggio, tutto conta ed è importante.
Ma gli studi ci dicono chiaramente che - a livello di gas serra - è il tipo di cibo che si decide di consumare l’aspetto più impattante sull’ambiente: scegliere green è rinunciare alla carne rossa (un kg di carne bovina emette 60 kg di gas a effetto serra) a favore dei legumi (un kg di piselli ne emette solo un kg) e non rinunciare alla carne argentina a favore di quella locale o della bistecca senza la vaschetta in plastica.
Il peso del packaging
Il packaging, dunque, incide solo in minima parte sull’impatto ambientale di un prodotto alimentare: per esempio, vale meno dell’1% nel caso del pollo (è l’allevamento a pesare) o del 2% per la pasta (conta più la lavorazione).
Però la scelta dell’imballaggio non va sottovalutata. Su questo punto infatti tutti noi possiamo intervenire: comprare alimenti con imballaggi leggeri, proporzionati e di materiali riciclati e compostabili fa la differenza, soprattutto a lungo andare e su ampia scala. Ecco perché nei nostri test valutiamo “l’imballaggio” di un prodotto e ne otteniamo consigli per gli acquisti.
Per scegliere un imballaggio green valuta bene i claim: non sono tutti uguali. E sono tantissimi perché fanno vendere: pensa che i prodotti con slogan sulla riciclabilità nel 2021 sono arrivati al 36% (fonte Osservatorio Immagino 2022).
Come fare, dunque, a scegliere senza inciampare nelle trovate del marketing? Ecco i consigli per distinguere gli imballaggi davvero green. Leggi anche il nostri consigli per fare bene la raccolta differenziata.
Per tutelare l’ambiente la prima mossa da fare è ridurre la quantità di imballaggi. Che si può fare? Fare scelte green. E spingere le aziende a eliminare il cosiddetto “overpackaging”, cioè l’imballaggio in eccesso come il doppio imballaggio: nel caso del riso, per esempio, la scatola esterna di carta che avvolge il sacchetto in plastica. Negli ultimi test su riso; pizza surgelata e burger vegetali abbiamo trovato tante confezioni doppie: pur essendo entrambe riciclabili, contribuiscono all’aumento dei rifiuti. Nei test le penalizziamo.
RISO LEGGERO
Nel nostro test sul riso, l’imballaggio più leggero solo in plastica (qui a sinistra) produce in media 6,5 g di rifiuti per un kg di riso; quello più pesante con scatola e sacchetto in plastica (nella foto sotto) invece 74 g, oltre 11 volte i rifiuti prodotti anche se riciclabili. Scegli il riso con un solo imballaggio.
INUTILE DOPPIONE
Al supermercato non è insolito vedere le confezioni di riso con il doppio imballaggio (come questo accanto): si tratta però di una scelta che non apporta alcun beneficio alla conservazione del prodotto e crea solo doppi rifiuti. Sono molti i produttori che hanno eliminato la parte in carta.
TUBETTO SI, SCATOLA NO
Al tubetto di maionese serve una scatola di carta? No, è oggettivamente inutile, così come per altri prodotti. Togliere la confezione in carta al tubetto di maionese (ma è solo uno degli esempi che si possono fare) riduce l’impatto ambientale a circa un terzo perché diminuisce la quantità di rifiuti, seppur riciclabili.
Scegli confezioni compatte e leggere. Nei nostri test valutiamo il Pir (Packaging impact ratio), cioè il rapporto tra il peso dell’imballaggio e il suo contenuto, premiando i prodotti che a parità di contenuto producono meno rifiuti. Anche la certificazione ambientale europea Ecolabel usa questo approccio. Ma come si fa a ridurre questo valore (il Pir)? Ci sono due vie percorribili: aumentare il contenuto (ma con gli alimenti c’è il rischio di spreco) o ridurre l’imballaggio, come negli esempi qui sotto.
BRAVO LO YOGURT GRECO
Questo yogurt greco vanta la riduzione della plastica impiegata per la confezione: non possiamo confermare la percentuale, ma in effetti il vasetto ha il fondo piatto e non concavo. Secondo le nostre analisi ha un rapporto di 3,6 g di plastica ogni 100 di yogurt contro una media di 5 g degli altri yogurt del nostro test.
SI PUÒ FARE DI PIÙ
Un marchio commerciale sostituisce la confezione della pasta in plastica con una in carta e vanta una riduzione della plastica del 58% rispetto alla confezione generica. La finestra in plastica però non è separabile e rende l’imballaggio più difficile da riciclare rispetto a uno monomateriale. Perché non farlo tutto in carta?
MIGLIORA IL TAPPO
Ecco un esempio di come si può modificare in meglio il contenitore del latte fresco: qui il tappo più sottile e la bottiglia più leggera permettono una riduzione di materie prime. L’etichetta poi segnala bene rispetto a quali parti dell’imballaggio sono state calcolate le percentuali di riduzione dei materiali impiegati.
Non sopravvalutare claim come “100% riciclabile”. Non è corretto vantare la riciclabilità di un imballaggio in carta, plastica o vetro come se fosse una caratteristica speciale del prodotto: scrivere su una bottiglia in plastica “100% riciclabile” non la rende necessariamente migliore rispetto a un’altra bottiglia in plastica, senza claim. In più il fatto che un prodotto sia riciclabile non significa che sarà automaticamente riciclato: in Italia solo il 45% dei rifiuti di imballaggio in plastica è avviato al riciclo.
RICICLABILE MA NON ALL'INFINITO
Su questa bottiglia d’acqua compare l’indicazione “riciclabile al 100%”. Ricorda che la plastica è riciclabile solo un numero limitato di volte: non può essere riciclata all’infinito. Dopo una serie di trasformazioni viene riprocessata e impiegata per prodotti di qualità inferiore non riciclabili.
VANTARSI SENZA MOTIVI
Sulla busta del minestrone si legge: “in confezione riciclabile”. La scritta può indurre il consumatore a credere che questo prodotto abbia una confezione più green di un altro. Questo slogan, messo in bella evidenza, non va confuso con le indicazioni sulla riciclabilità, che sono obbligatorie sugli imballaggi e richieste dalla legge.
LE BOTTIGLIE IN PLASTICA
Su queste bottiglie c’è il claim “sono riciclabile”, ma questo vale per tutte le bottiglie e gli imballaggi in plastica. Il consumatore può essere indotto a credere che non peserà sull’ambiente, ma senza un sistema con “vuoto a rendere” il tasso di riciclo resta basso e parte della plastica non riesce ad essere riciclata.
Compra prodotti con imballaggi fatti di materiali riciclati: così eviti la produzione di nuovi imballaggi e crei un mercato per le materie prime riciclate. Puoi fidarti: le regole per l’uso di materiali di riciclo a contatto con gli alimenti sono molto severe per evitare che possibili contaminanti dal materiale di riciclo passino negli alimenti. La plastica riciclata viene opportunamente controllata per essere usata a contatto con gli alimenti.
ANCHE PER L'OLIO
La plastica riciclata va bene anche per i prodotti alimentari, come l’olio per friggere. I cicli di produzione di plastica riciclata per alimenti sono cicli chiusi: si tratta di plastica riciclata all’interno di un circuito ben preciso (“filiera alimentare controllata”). A fine vita, la plastica riciclata va buttata con la plastica tradizionale.
IL PET RICICLATO PER GLI ALIMENTI
La plastica più diffusa per gli imballaggi alimentari è il PET (PoliEtilene Tereftalato): quello riciclato o rigenerato si chiama R-PET. Si stima che il PET riciclato utilizzi 70% di energia in meno e 86% di acqua in meno rispetto alla produzione del PET da materia prima vergine e riduca del 75% le emissioni di CO2.
TRA DUE, SCEGLI LA RICICLATA
Alcuni produttori usano miscele di plastica riciclata (qui è il 20%) e tradizionale. La diffusione della plastica riciclata negli imballaggi dipende anche dagli obiettivi di legge : entro il 2025 per esempio le bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di riciclato e dal 2030 almeno il 30%.
Cerca imballaggi di plastica compostabile: si raccoglie nell’umido con gli scarti di cucina domestici. L’incremento della plastica compostabile è stato spinto sia dalla direttiva europea contro la plastica monouso (che vieta l’utilizzo di plastica tradizionale in alcuni prodotti per evitare la dispersione nell’ambiente) sia dalla proposta del nuovo regolamento sugli imballaggi che favorisce la plastica compostabile (in Italia la cosiddetta “plastic tax” è stata però rimandata).
COMPOSTABILE IN CRESCITA
I rifiuti compostabili abbassano l’impatto ambientale: vanno raccolti nell’umido e si degradano facilmente. Secondo l’Osservatorio Immagino il claim “compostabile” ha segnato un aumento di vendite del 44,6% nel 2020 rispetto al 2019 e di un ulteriore 16,6% nel 2021 rispetto al 2020.
SOLO IL COMPOSTABILE NELL'UMIDO
Gli imballaggi che hanno ottenuto la certificazione compostabile “OK compost” si degradano in tre mesi. Da non confondere con la dicitura biodegradabile, che invece si degrada più lentamente (non in tempi compatibili con i resti di frutta e verdura) e quindi non va nell’umido.
BENE LA VASCHETTA
La vaschetta di questi gnocchi è di plastica compostabile: va smaltita con la raccolta dei rifiuti organici avviati al compostaggio industriale. Se invece la si butta nella plastica si rischia di peggiorare la qualità della raccolta differenziata perché quella compostabile non può essere riciclata con la plastica tradizionale.
Se scegli la bioplastica realizzata da materie prime rinnovabili (per esempio canna da zucchero, mais...) devi comunque fare attenzione che sia biodegradabile e/o compostabile: se non è specificato anche la bioplastica si raccoglie con la plastica. La bioplastica potrebbe ridurre le emissioni di CO2 perché mentre la pianta cresce, assorbe anche l’anidride carbonica. Tuttavia anche la coltivazione e la lavorazione hanno un impatto sull’ambiente di cui bisogna tenere conto.
COS'È L'ECOPACK
La dicitura “ecopack” è un’autodichiarazione del produttore: per metterla su un prodotto non si devono rispettare standard precisi (come accade invece per il logo “compostabile”). “Ecopack” significa che è stata usata la bioplastica per il packaging. Ma la bioplastica non è la soluzione definitiva: la plastica va anzitutto ridotta.
LA COPPA IN BIOPLASTICA
La bioplastica della coppa proviene da fonti rinnovabili (la plastica tradizionale viene da non rinnovabili). Secondo uno studio la bioplastica può avere un impatto ambientale da +165% a -95% rispetto alla plastica tradizionale: dipende dalla coltivazione e conversione della materia prima usata.
NEI TAPPI DEI LATTI
Sono tanti i latti vegetali con i tappi in bioplastica (il nostro test è su Inchieste dicembre 2022). Ma i vantaggi di questo materiale non sono ancora certi: ecco perché nei nostri test non diamo né un giudizio positivo né negativo agli imballaggi fatti in bioplastica.
Per aiutare l’ambiente, meglio scegliere confezioni compatte e leggere. Nei nostri test valutiamo il Pir (Packaging impact ratio), cioè il rapporto tra il peso dell’imballaggio e il suo contenuto, premiando i prodotti che a parità di contenuto producono meno rifiuti. Anche la certificazione ambientale europea Ecolabel usa questo approccio. Ma come si fa a ridurre questo valore (il Pir)? Ci sono due vie percorribili: aumentare il contenuto (ma con gli alimenti c’è il rischio di spreco) o ridurre l’imballaggio. Ecco due esempi negativi: entrambe le confezioni possono essere più leggere.
BASTA SOLO LA CARTA
L’imballaggio di questo veg burger è, a parità di contenuto, il più pesante del nostro test: produce circa tre volte la quantità di rifiuti generati dal migliore (19 g contro 6g per 100 g di prodotto). Perché? Ha sia la vaschetta di plastica sia la confezione di carta.
OCCHIO ALLE SCATOLE MEZZE VUOTE
Una scatola grande non è detto che contenga più prodotto (ma si nota di più sullo scaffale): alcune confezione sono quasi vuote. Controlla il peso netto: spesso scatole uguali contengono quantità diverse.
La carta è un materiale considerato sostenibile perché proviene da fonti vegetali rinnovabili. Tuttavia spesso la carta è utilizzata insieme ad altri materiali e questo rende più complessa la sua riciclabilità. Se una confezione è fatta almeno dal 60% di carta (più altri materiali) è riciclabile con la carta, ma se la carta è meno del 60% l’imballaggio non è riciclabile e va nell’indifferenziata. Nei nostri test penalizziamo sia le confezioni non riciclabili sia quelle fatte da più materiali, anche se riciclabili e se ci sono alternative valide monomateriale.
FATTI PER ATTIRARE L'ATTENZIONE
Questo claim - è un esempio, ce ne sono tanti altri - serve ad attirare l’interesse di chi è più sensibile verso l’ambiente: chi acquista il prodotto può credere che la confezione sia più sostenibile di altre. Ma non è così.
ESISTE LA CARTA NON RICICLABILE
Questa confezione in apparenza può sembrare di carta, ma l’indicazione in etichetta dice di buttarla nell’indifferenziata. Perché? Il produttore usa carta certificata FSC, ma la percentuale è bassa e non rende l’imballaggio riciclabile.
La carta riciclata si può usare solo a contatto con alimenti solidi e secchi (pasta, grissini e sostituti secchi del pane, frutta e ortaggi); non è invece considerata idonea al contatto con tutti gli altri alimenti perché c’è il rischio che sostanze pericolose come inchiostri e altri contaminanti migrino sui cibi. Purtroppo non abbiamo trovato confezioni in carta riciclata nella grande distribuzione. Al momento, quindi, la scelta più sostenibile per gli imballaggi in carta è sceglierli di monomateriale, cioè solo di carta e meglio se certificata.
BENE LA PROVENIENZA CERTIFICATA
I marchi FSC (Forest Stewardship Council) e PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification) garantiscono che la carta provenga da foreste gestite in modo responsabile, completamente o in parte.
I MARCHI NON RENDONO PERFETTI
La dicitura misto/mix significa che almeno il 70% di carta è certificata. I marchi PEFC e FSC si riferiscono solo alla provenienza della carta dell’imballaggio: non rendono un prodotto nel suo complesso più sostenibile. E nemmeno l’imballaggio perché se è un inutile, sovradimensionato, pesante, poliaccoppiato, non riciclabile… allora poco conta la provenienza della carta.