Sul rapporto tra innovazione, consumi, lavoro

Pubblicato il 11 febbraio 2025
Alberto Pirrone
Alberto Pirrone Direttore Generale di Altroconsumo

Il settore dei grandi elettrodomestici in Italia è in stagnazione, con vendite stabili o in calo negli ultimi tre anni e la riduzione della forza lavoro da parte delle aziende straniere. Molte Organizzazioni di Consumatori, come Altroconsumo e Euroconsumers, da anni si battono per garantire durabilità e riparabilità dei prodotti. Per crescere nel settore, è necessario spiegare bene i vantaggi delle innovazioni, investire in materiali e servizi per la riparazione e la manutenzione, e riqualificare la forza lavoro, passando dal lavoro sul prodotto al lavoro sul servizio.

Alberto Pirrone
Alberto Pirrone Direttore Generale di Altroconsumo
elettrodomestici

Ho letto recentemente un pezzo su una prestigiosa testata giornalistica nazionale in cui viene analizzato lo stato di salute del settore dei grandi elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, etc.). Come noto, le aziende produttrici “storiche” hanno ormai da anni ceduto il passo ad importanti realtà straniere che, sembra, stiano progressivamente riducendo la forza lavoro nel nostro Paese con chiari impatti sul piano occupazionale.

Lo stesso articolo spiega questo fenomeno con una progressiva stagnazione del settore sul piano delle vendite: in effetti, osservando il grafico qui sotto, dopo il balzo tra il 2020 e il 2021, le vendite di queste categorie di prodotto mostrano negli ultimi 3 anni un andamento che – eccezion fatta per le asciugatrici – ha variazioni molto contenute, spesso negative e comunque con valori percentuali attorno allo zero.

Leggendo quel pezzo, i lettori poco attenti potrebbero facilmente arrivare alla conclusione: “Siccome i consumatori non comprano frequentemente frigoriferi, lavatrici etc., allora le aziende sono costrette a licenziare” (mi permetto di osservare che in teoria è vero anche il viceversa, come aveva ben capito ad esempio la Fiat negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso: è tutta una questione di prospettive). Posto che, come noto, nel 2025 comprare un frigorifero o una lavatrice non è un’esperienza particolarmente eccitante, la questione viene anche posta in termini di innovazione: quei settori hanno innovato poco (o le innovazioni non sono state “capite” dal mercato) e dunque il consumatore non è incentivato ad aumentare la frequenza d’acquisto di un certo prodotto.

grafico vendite elettrodomestici

Al di là del fatto che non sono assolutamente certo che quei settori abbiano innovato poco, vorrei sottolineare che – in generale – l’aumento della frequenza di acquisto, almeno per quanto riguarda i beni durevoli, non è probabilmente la chiave per “sostenere” mercati virtuosi; o quanto meno, questo ragionamento pone l’accento su una meccanica di sistema a mio avviso un po’ anacronistica e sicuramente non sostenibile sul piano ambientale e sociale sul lungo periodo.

Molte Organizzazioni di Consumatori (ad esempio Altroconsumo in Italia, Euroconsumers a livello Europeo), da anni si battono per garantire durabilità e riparabilità dei prodotti – caratteristiche che non sono compatibili con un aumento della frequenza di acquisto. E di certo queste Organizzazioni non vogliono, né hanno alcun interesse a (semmai il contrario), proporre soluzioni che mettano a repentaglio posti di lavoro.

La questione è un’altra: posto che possedere e quindi acquistare  lavatrici, frigoriferi &co negli anni ’50 e ’60 del ‘900 era una questione di status – al di là del bisogno reale, un po’ come oggi è (anche) una questione di status possedere l’ultimo modello di smartphone o di televisore -, bisogna ammettere che l’innovazione nel mondo dei cosiddetti “bianchi” c’è stata, ed è stata su un piano funzionale “indiretto” e in certi casi imposto da leggi e regole (vedi ad esempio la regolamentazione sull’etichetta energetica); tale innovazione, però non è stata sufficientemente compresa nei benefici diretti per la persona e per la società, semplicemente perché non è mai stata sufficientemente spiegata.

In settori così ingessati, penso che si possa continuare a crescere (eccome!), basta cambiare il paradigma:

a) quando si innova, che si spieghino bene alle persone i vantaggi che questa innovazione rende ai singoli e alle famiglie;

b) si investa in innovazione per semplificare e rendere accessibili materiali e servizi per la riparazione e la manutenzione dei prodotti;

c) si riqualifichi la forza lavoro, passando dal (o quanto meno affiancando al) lavoro sul prodotto al lavoro sul servizio. Si creerebbero nuove opportunità, avremmo persone/consumatori più soddisfatti e ci sarebbe più lavoro per tutti. E anche, forse, lavoro più qualificato ed appagante.