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Calcoli biliari: non sempre vanno operati

Nella maggior parte dei casi, i calcoli biliari non danno sintomi, né problemi e non richiedono l’intervento. Tuttavia, quando i sintomi sono frequenti o severi, rimuovere la cistifellea può essere la soluzione.

  • contributo tecnico di
  • Daniele Caldara
05 giugno 2023
  • contributo tecnico di
  • Daniele Caldara
cistifellea

Il dubbio è: toglierli o conviverci? La risposta non è univoca, come spesso accade in medicina. Ma è bene sapere che la chirurgia non è sempre inevitabile in caso di calcoli biliari. È sulla base dei sintomi, della frequenza delle coliche e della storia clinica della persona che si valuta l’opportunità di operare. Anche perché, come per ogni intervento, esistono rischi e benefici da valutare prima di prendere una decisione.

Vediamo quindi cosa sono i calcoli biliari, perché si formano e in quali situazioni è meglio intervenire.

Che cosa sono i calcoli biliari?

I calcoli biliari sono cristalli che si formano all'interno della cistifellea, un piccolo organo che si trova nella parte alta dell’addome, sulla destra, tra fegato e intestino. I medici possono riferirsi alla cistifellea come colecisti e ai calcoli con i termini colelitiasi o litiasi biliare.

Si chiamano biliari perché derivano dalla bile, una sostanza prodotta dal fegato, utile per la digestione dei grassi. La cistifellea immagazzina la bile prodotta dal fegato nel periodo tra un pasto e l’altro, in vista di un suo prossimo utilizzo. Se all’interno della cistifellea la bile precipita formando cristalli, c’è il rischio che questi sassolini vadano a ostruire la fuoriuscita della bile, il che è un problema. Quando infatti la cistifellea si contrae per immettere la bile nell’intestino, spinge sul calcolo che ostruisce il passaggio aumentando la pressione nel dotto e nella cistifellea. Quando questo accade, si può provare un dolore molto intenso e prolungato, quello che chiamiamo colica. Nella maggior parte dei casi l'ostruzione cessa dopo qualche tempo, quando la cistifellea si rilassa, la pressione si riduce e il calcolo rientra nella cistifellea. A questo punto, il dolore scompare.

 cistifellea e stomaco 

A sinistra una cistifellea senza calcoli, a destra una cistifellea con calcoli ad ostruire le vie biliari. 

Di cosa sono fatti i calcoli biliari?

I calcoli biliari derivano dalla bile, una sostanza comporta principalmente da acqua, sali biliari, colesterolo, lecitine e bilirubina. Uno squilibrio nella composizione o un ristagno della bile può portare alla formazione dei calcoli. Nella maggior parte dei casi i calcoli sono fatti di cristalli di colesterolo. Questo accade quando il colesterolo prodotto e riversato dal fegato nella bile è eccessivo rispetto alle altre componenti. Meno frequentemente i calcoli possono essere formati da bilirubina, un pigmento scuro derivato dal metabolismo dell’emoglobina e che viene secreto nella bile; se in eccesso, come nel caso di alcune patologie, può formare calcoli con un tipico colore nero. La forma, le dimensioni e il numero dei calcoli variano da un individuo all'altro: possono essere pochi e grandi, a volte così grandi da occupare tutta la cistifellea, oppure essere minuti e numerosi, tanto da essere definiti fango biliare.

Che cos’è la bile?

La bile è una sostanza prodotta dal fegato e serve in particolare a digerire i grassi ed assorbire le vitamine liposolubili. Inoltre, la bile aiuta l’organismo a rimuovere alcuni prodotti di scarto.

Parte della bile prodotta dal fegato viene raccolta nella cistifellea. Tra un pasto e l’altro, la cistifellea è rilassata e il dotto che riversa la bile nell’intestino è chiuso. In queste condizioni, la bile può fluire nella cistifellea, dove viene immagazzinata e concentrata. Dopo un pasto, la cistifellea si contrae per spingere al di fuori la bile immagazzinata: il dotto biliare si apre e la bile viene riversata nell'intestino dove andrà ad aiutare la digestione. Alcune ore dopo, la cistifellea si rilassa e ricomincia a immagazzinare la bile. I dotti che collegano fegato, cistifellea e intestino, sono importanti per il corretto funzionamento di questo apparato: se il flusso della bile viene ostacolato possono infatti emergere dei problemi anche gravi, esattamente quelli causati dai calcoli biliari.

È vero che i calcoli biliari sono molto diffusi?

Si stima che il 10-20% della popolazione abbia dei calcoli nella cistifellea, ma in oltre l'80% dei casi non causano alcun disagio e passano inosservati. Nella maggior parte delle persone, infatti, i calcoli sono asintomatici e non causano alcuna complicazione. In alcune persone, tuttavia, possono ostruire lo sbocco della cistifellea o i dotti che portano la bile all'intestino, provocando coliche o problemi più gravi.

Quali fattori aumentano il rischio di calcoli biliari?

Non si sa per certo cosa scateni la formazione dei calcoli, ma alcuni fattori predisponenti sono stati identificati:

  • Età. Il rischio aumenta con l'età e dopo i 65 anni il disturbo è molto comune nella popolazione.
  • Sesso femminile. Le donne sviluppano calcoli con una frequenza doppia rispetto agli uomini e il rischio per le femmine è sempre maggiore, a tutte le età e specialmente tra le giovani. Inoltre, la gravidanza, l’uso della pillola contraccettiva e la terapia ormonale sostitutiva in menopausa aumentano il rischio di formazione di calcoli.
  • Predisposizione familiare. C’è una componente ereditabile dai genitori: studi sui gemelli indicano che circa ¼ del rischio di avere i calcoli è imputabile alla genetica.
  • Sovrappeso e obesità aumentano il rischio di formazione di calcoli biliari, probabilmente a causa di una maggiore produzione fisiologica di colesterolo da parte dell’organismo.
  • Anche una perdita di peso troppo rapida aumenta il rischio di calcoli biliari, anche se il meccanismo non è chiaro. Si pensa avvenga un cambiamento nella composizione della bile che favorirebbe la formazione di calcoli.
  • Diabete. Chi soffre di diabete ha un rischio più alto di sviluppare i calcoli biliari.
  • Dislipidemia. Livelli elevati di colesterolo non-HDL sono stati associati ad un maggior rischio di formazione di calcoli.
  • Alcune malattie (cirrosi, morbo di Crohn, iperbilirubinemia) e alcuni trattamenti farmaci (ceftriaxone, fibrati, somatostatina, i contraccettivi orali e la terapia ormonale sostitutiva) aumentano il rischio di calcoli biliari.

Quali fattori sono invece protettivi?

Ci sono alcuni fattori che possono aiutarci a prevenire i calcoli biliari:

  • L’attività fisica è associata ad un minor rischio di sviluppare i calcoli o complicazioni.
  • Un’alimentazione equilibrata con pasti regolari, che favoriscono il corretto svuotamento della cistifellea e riducono il rischio di formazione di calcoli.
  • Uno specifico ruolo protettivo sembra emergere da parte dei grassi poli- e mono-insaturi, che sembrano inibire la formazione dei calcoli di colesterolo. Qui puoi trovare maggiori informazioni su quali oli contengono questi grassi
  • Anche il consumo di caffè sembra avere effetti positivi: chi beve qualche tazza di caffè ogni giorno ha un rischio più basso di chi non lo beve.
  • La vitamina C sembra ridurre il rischio di calcoli biliari, ma se da un lato assumere integratori può ridurre questo rischio, dall’altro aumenta quello di calcoli renali. Meglio quindi farne scorta in modo naturale, attraverso la dieta.
  • L’uso di statine (farmaci per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue) potrebbe ridurre il rischio di calcoli, ma l’effetto non è stato pienamente dimostrato. Non è quindi un motivo valido per assumere questi farmaci, ma chi li assume per ridurre il rischio cardiovascolare può forse beneficiare di questo ulteriore effetto.

Quali sono i sintomi dei calcoli biliari? Come riconosco una colica biliare?

La maggior parte delle persone che hanno calcoli nella cistifellea sono asintomatiche e così rimarranno per tutta la vita. Solo una minoranza (15-25%) di chi scopre per caso di avere i calcoli diventa sintomatico nell’arco dei 10-15 anni successivi.

Quando invece i calcoli danno segno di sé, possono farlo in modo molto diverso da paziente a paziente. Talvolta, i sintomi dei calcoli possono essere poco pronunciati e limitarsi, ad esempio, a una sensazione di indigestione, che può essere anche confusa con disturbi molto comuni (bruciore di stomaco, reflusso o ulcera). In altri casi, invece, i calcoli possono scatenare un dolore intenso e prolungato: in questi casi si parla di coliche biliari.

La colica biliare

Il dolore di una colica biliare è forte e compare di solito dopo il pasto, quando la cistifellea è impegnata, ma in alcuni casi il dolore è notturno. Di solito il dolore si localizza nella parte alta dell’addome, appena sotto le costole, al centro o sul lato destro. A volte il dolore si irradia alla schiena, tra le scapole o verso la scapola desta. Il dolore può essere improvviso oppure raggiungere l'apice nel giro di qualche minuto. Di solito una colica dura almeno mezz’ora, ma il tutto può durare qualche ora, a seconda dei casi. Spesso il dolore è accompagnato da nausea e talvolta da vomito.

Nei casi più gravi e che richiedono un intervento rapido c’è febbre, diarrea e ittero (una colorazione gialla di pelle e sclere degli occhi). In questi casi è possibile ci sia una complicazione (vedi domanda successiva).

Frequenza delle coliche e rischi

Si stima che dopo un primo episodio di colica biliare, la metà dei pazienti avrà un altro attacco entro 12 mesi e due terzi entro i due anni successivi. Alcune persone, però, hanno uno o due attacchi e poi rimangono senza sintomi per anni. Se gli attacchi sono rari, è probabile che rimangano tali per il resto della vita. Se invece sono frequenti, tenderanno a ripresentarsi spesso, e questo è un rischio per lo sviluppo di complicazioni. Sulla base di questo quadro si valuta l’opportunità di operarsi.

Quali sono le complicazioni e i segnali a cui stare attenti durante una colica?

Di norma, la colica biliare non è pericolosa e non richiede cure immediate. Tuttavia, se l’ostruzione non si risolve possono verificarsi complicazioni, soprattutto negli anziani.

La più comune è l'infiammazione della cistifellea, nota come colecistite. Oltre a un dolore forte e prolungato (più di 4-6 ore, o anche di più a seconda dell'origine dell’ostruzione), è presente una febbre alta. In questi casi è utile recarsi in pronto soccorso. La colecistite acuta, infatti, richiede un rapido intervento medico. Se non trattata, può portare alla perforazione della cistifellea, che può essere fatale.

Altre complicazioni più rare sono:

  • la pancreatite acuta, cioè l’infiammazione del pancreas, dovuta al reflusso della bile nel pancreas, che dà dolore nella parte alta dell’addome (al centro o verso sinistra), nausea e vomito);
  • la colangite, un'infezione dei dotti biliari che comporta febbre, ittero e dolore all’addome.

Studi di popolazione dicono che le complicazioni sono infrequenti: tra chi soffre di coliche “normali”, solo il 2-3% ogni anno rischia una complicazione. Se invece una complicazione è già avvenuta, il rischio di avere un’altra, magari più grave, è di circa il 30% all’anno: un rischio evidentemente elevato.

Come si scopre di avere i calcoli biliari?

Di fronte a sintomi come nausea, difficoltà a digerire, pesantezza o dolore allo stomaco, dolori addominali, meteorismo e feci molli, il medico può prescrivere un’ecografia all’addome. L’ecografia è indispensabile in questi casi, perché sintomi riconducibili a problemi di digestione sono molto comuni e presenti in vari e diffusi problemi dell’apparato digerente. Poiché i sintomi non sono sufficienti a porre una diagnosi di calcoli biliari, è necessario documentare la presenza effettiva dei calcoli a livello della cistifellea.

Anche qualora l’esito dell’esame fosse positivo e si riscontrasse la presenza di calcoli, non è detto che i sintomi dipendano proprio dai calcoli e non da un’altra causa. Non è infatti infrequente che anche dopo aver tolto la cistifellea alcuni pazienti continuino ad avere gli stessi sintomi. È quindi importante per il medico capire di che problema si tratti, specie se i sintomi sono sfumati. Il medico può prescrivere altri esami per assicurarsi che i calcoli siano la vera causa dei disturbi. Quando invece il medico sospetta una complicazione, possono essere eseguiti vari esami di laboratorio o strumentali per chiarire la diagnosi.

L’ecografia può facilmente documentare la presenza di calcoli nella cistifellea, ma quando i calcoli ostruiscono il dotto biliare (quello che i medici chiamano coledoco) l’ecografia potrebbe non bastare. In questo caso, si può ricorrere alla colangiopancreatografia retrograda endoscopica. Si tratta di un tipo di esame endoscopico eseguito in lieve sedazione con un tubo sottile e flessibile dotato di telecamera, inserito per via orale per raggiungere la zona interessata. Consente di osservare ma anche di trattare le malattie che colpiscono i dotti biliari e il pancreas. Grazie a questo esame il medico può visualizzare i dotti biliari, individuare l’ostruzione e rimuovere il calcolo.

Infine ricordiamo che se i calcoli vengono scoperti per caso durante un'ecografia addominale, cosa che può accadere, niente panico: come detto in precedenza i calcoli sono molto più diffusi di quanto si osservi, proprio perché la gran parte di chi li ha non ne soffre e non rischia alcun problema.

Come si curano i calcoli biliari?

Se i calcoli sono stati scoperti per caso e non danno sintomi, non c’è ragione di asportarli e non è raccomandato neanche nell’ottica di prevenire futuri problemi. Il rischio di complicazioni tra chi ha calcoli asintomatici è infatti molto basso. Se si dovessero però sviluppare dei sintomi riconducibili ai calcoli allora è importante riparlarne col medico, così come è importante saper riconoscere una colica e in caso di sintomi gravi (vedi sopra) contattare il medico o recarsi in pronto soccorso.

Durante una colica non complicata si possono usare dei farmaci antidolorifici per placare il dolore, ma se la colica non si placa dopo qualche ora nonostante i farmaci è meglio recarsi in pronto soccorso.

Quando le coliche si ripresentano più volte, per prevenire altri attacchi e complicazioni, di solito viene proposto l’intervento di asportazione della cistifellea (la colecistectomia) per risolvere il problema alla radice.

L’intervento di asportazione della cistifellea (colecistectomia)

Oggi l'operazione viene normalmente eseguita per via laparoscopica. Sotto anestesia, una telecamera miniaturizzata e gli strumenti necessari vengono inseriti attraverso alcune piccole incisioni nell’addome. Questa procedura, meno invasiva rispetto alla chirurgia tradizionale, comporta una cicatrice più piccola (2 o 3 cm invece di 10 o 15 cm), una degenza ospedaliera più breve (si torna a casa il giorno stesso o quello successivo), meno dolore post-operatorio e un recupero più rapido (ritorno alle normali attività dopo 1 o 2 settimane). Tuttavia, in circa il 10% dei casi, il chirurgo si rende conto durante l'operazione che la situazione richiede ancora un intervento chirurgico convenzionale. Come per ogni intervento, la procedura non è priva di rischi: emorragie, infezioni, caduta di calcoli nella cavità addominale, lesioni al fegato o ai dotti biliari, ecc. La complicazione più temuta è la lesione dei dotti biliari, non sempre immediatamente visibile, ma che può avere gravi conseguenze a lungo termine.

Trattamenti non chirurgici

Esistono anche diversi trattamenti non chirurgici volti a eliminare i calcoli preservando la cistifellea ma non sono sempre praticabili.

La terapia farmacologica con farmaci ad uso orale per dissolvere i calcoli biliari è la principale alternativa, ma può essere presa in considerazione solo per i calcoli di colesterolo di piccole dimensioni e solo in alcuni pazienti. Il diametro iniziale dei calcoli biliari è considerato il fattore più importante. È inoltre necessario un corretto funzionamento della cistifellea per eliminare i residui di calcoli e ridurre al minimo il rischio di recidiva. Si usa soprattutto un farmaco, l’acido ursodesossicolico, un acido biliare che può effettivamente ridurre la grandezza dei calcoli. Lo svantaggio è che richiede tempi davvero molto lunghi: la riduzione dei calcoli - di una media di 1 mm al mese - richiede talvolta più di due anni di trattamento e non è adatta alle emergenze. Può messere un’alternativa per quei pazienti che per varie ragioni non possono essere operati.

La litotrissia extracorporea a onde d'urto, invece, sfrutta onde generate all'esterno del corpo e dirette alla cistifellea per frantumarne i calcoli. I farmaci vengono poi utilizzati per dissolvere i frammenti quando non superano i pochi millimetri di diametro. Il successo del trattamento dipende dal corretto funzionamento della cistifellea, dal numero, dalle dimensioni e dalla composizione dei calcoli.

Il principale svantaggio dei trattamenti non chirurgici è che i calcoli biliari possono ritornare più o meno rapidamente a seconda dell'individuo, poiché la cistifellea non viene rimossa.

Se ho i calcoli biliari devo operarmi per forza?

Come spiegato in precedenza, il solo ritrovamento di calcoli biliari durante un’ecografia non è un valido motivo per intervenire chirurgicamente. Nella maggior parte delle persone, i calcoli non causano mai alcun disturbo. Nel caso di calcoli asintomatici scoperti per caso, quindi, la cosa migliore da fare è non fare nulla.

Se invece si ha già avuto una colica, è meglio aspettare e vedere come si evolve la situazione. Alcune persone infatti hanno uno o due attacchi, ma poi rimangono senza sintomi per anni. I rischi associati all'intervento chirurgico potrebbero essere superiori al rischio che il paziente ha di sviluppare complicazioni. Ecco perché - anche in caso di dolore - una strategia di attesa è spesso indicata. Se invece le coliche sono frequenti e dolorose, è probabile che rimangano tali e può valere la pena di sottoporsi all’intervento chirurgico.

Seppur efficace nel risolvere il problema, l’intervento non sempre garantisce la scomparsa dei sintomi. Fino ad un terzo dei pazienti che si sottopongono a un intervento chirurgico continua a provare dolore anche in seguito. Almeno in alcuni casi, ciò può essere dovuto al fatto che i calcoli non erano la vera (o la sola) causa dei sintomi.

In caso di complicazioni, invece, la cistifellea deve essere rimossa per evitare di mettere a rischio la vita del paziente.

Si può vivere senza cistifellea?

. Nonostante la cistifellea sia utile, non è un organo vitale. Serve a immagazzinare la bile prodotta dal fegato tra un pasto e l’altro. Dopo i pasti la cistifellea rilascia la bile nell’intestino per favorire la digestione e l’assorbimento dei grassi. Una volta rimossa la cistifellea, la digestione dei grassi e l’assorbimento delle vitamine avviene lo stesso, mala bile prodotta dal fegato viene tutta riversata direttamente nell’intestino, dove compie il suo lavoro. Questo può causare flatulenza e feci molli in alcune persone che sono state operate. Generalmente non è necessario osservare diete particolari dopo l’operazione, ma può essere d’aiuto seguire un’alimentazione equilibrata. Soprattutto ridurre la quantità di grassi renderà la digestione più facile.