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Paracetamolo e rischio autismo: cosa c'è di vero nelle parole di Trump e cosa dicono gli studi

Trump e Kennedy Jr. contro il paracetamolo in gravidanza: sarebbe causa di autismo. E la FDA aggiorna i foglietti di farmaci come il Tylenol legando il suo utilizzo in gravidanza a un possibile aumento del rischio di autismo e ADHD. Ma cosa c'è di vero in queste dichiarazioni? Bisogna preoccuparsi? L’Agenzia europea del farmaco rassicura: nessuna nuova prova, il farmaco resta un’opzione sicura se usato con cautela.

Con il contributo esperto di:
articolo di:
24 settembre 2025
Donna in gravidanza e mano con pastiglia bianca

Negli Stati Uniti è il principio attivo di farmaci come il Tylenol, in Europa e in Italia lo conosciamo come Tachipirina ed Efferalgan. Stiamo parlando del paracetamolo, antipiretico finito nell'occhio del ciclone a causa delle dichiarazioni di Trump e del suo "ministro della salute" Robert F. Kennedy Jr. Secondo la presidenza americana il Tylenol (ovvero il paracetamolo) sarebbe causa di autismo se assunto in gravidanza.

A ruota, e in maniera piuttosto "sospetta" la FDA (Food and Drug Administration, ovvero l'autorità americana che si occupa di farmaci) ha deciso di aggiornare i foglietti illustrativi dei farmaci a base di paracetamolo, Tylenol in testa. Da domani sui farmaci in commercio negli USA comparirà l’avvertimento per cui l’uso del paracetamolo in gravidanza può aumentare il rischio di disturbi del neurosviluppo, come autismo e ADHD, nei bambini. L’Agenzia ha inviato anche una lettera ai medici per raccomandarne un impiego più cauto.

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Le ragioni della FDA

Secondo l’FDA, le prove raccolte negli anni mostrano un possibile aumento del rischio, soprattutto in caso di assunzioni frequenti. Ma la stessa Agenzia ammette che si tratta ancora di un tema dibattuto: l’associazione è stata osservata in diversi studi, senza che sia mai stato dimostrato un rapporto di causa-effetto. Altri lavori scientifici, al contrario, non hanno infatti rilevato alcun legame.

Per questo motivo la decisione finale resta alle donne, che potrebbero scegliere di evitarlo per principio di precauzione. Ai medici viene invece consigliato di limitarne la prescrizione in caso di malattie febbrili lievi, che non necessitano necessariamente di un antipiretico.

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Una decisione poco comprensibile

Questa presa di posizione sorprende: non ci sono nuove evidenze che la giustifichino e, nel complesso, gli studi appaiono più rassicuranti che allarmanti. Il paracetamolo è infatti considerato uno dei farmaci più sicuri per trattare febbre e dolore in gravidanza, mentre alternative come aspirina e ibuprofene hanno effetti avversi ben documentati sul feto, con rischi anche gravi a carico di cuore e reni. Lo stesso Collegio Americano di Ostetricia e Ginecologia continua a raccomandare il paracetamolo come opzione sicura in gravidanza.

Nonostante la reputazione di rigore scientifico dell’FDA, sulla decisione pesa il sospetto di pressioni politiche. Trump e il suo “ministro della salute” Robert F. Kennedy Jr. hanno spesso strizzato l’occhio a chi diffida delle autorità sanitarie, sostenendo posizioni che non trovano riscontro nella scienza, dai vaccini all’autismo. In questo contesto, questa decisione sembra più un messaggio elettorale che un’iniziativa di tutela della salute pubblica. Affermare che un farmaco così diffuso esponga a un rischio temuto da molte mamme appare solo volto a generare sospetto e sfiducia, offrendo una spiegazione semplice e plausibile (ma scorretta) e una soluzione facilmente praticabile ad un problema molto più complesso.

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Rischi sotto la lente da anni: cosa dicono gli studi

Il tema non è nuovo. L’uso del paracetamolo in gravidanza è sotto scrutinio da anni, dopo che studi epidemiologici hanno rilevato un lieve incremento del rischio di problemi del neurosviluppo, come il deficit di attenzione e iperattività (ADHD) o il disturbo dello spettro autistico (ASD), nei bambini le cui madri hanno assunto paracetamolo in gravidanza, soprattutto in caso di assunzione frequente o prolungata del farmaco.

Questi studi non permettono però di stabilire un nesso di causa-effetto. Varie analisi hanno mostrato i limiti che affliggono queste analisi, di cui il più problematico è legato al motivo per cui si assume il farmaco. Il paracetamolo si usa infatti in caso di dolore e, più spesso, di febbre. È possibile che in questi studi l’uso del paracetamolo mascheri il vero fattore di rischio, cioè la febbre o la malattia che ha reso necessario il farmaco.

Nel 2019, l’Agenzia Europea del farmaco ha giudicato inconcludenti in risultati di questi studi, raccomandando l’aggiornamento delle schede tecniche dei farmaci a base di paracetamolo con questa avvertenza: Una grande quantità di dati sulle donne in gravidanza non indicano né tossicità malformativa, né fetale/neonatale. Studi epidemiologici sullo sviluppo neurologico nei bambini esposti al paracetamolo in utero mostrano risultati non conclusivi. Se clinicamente necessario, il paracetamolo può essere usato durante la gravidanza, tuttavia dovrebbe essere usato alla dose efficace più bassa per il più breve tempo possibile e con la più bassa frequenza possibile. Allattamento: Si consiglia di somministrare il prodotto solo in casi di effettiva necessità e sotto il diretto controllo del medico.”

A scagionare il farmaco è stato però il più ampio studio condotto su questo tema, che ha coinvolto due milioni e mezzo di bambini svedesi: confrontando fratelli di cui solo uno esposto al paracetamolo, è emerso che l’uso del paracetamolo non si associava ad autismo, ADHD o disabilità intellettuale. A pesare erano piuttosto fattori genetici o ambientali condivisi.

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Per EMA e AIFA la posizione non cambia

La posizione europea non cambia. In un comunicato pubblicato il 23 settembre, l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) chiarisce  che “al momento non ci sono nuove evidenze che richiedano di cambiare le attuali raccomandazioni d’uso a livello europeo”.

L’Agenzia sottolinea che “il paracetamolo rimane un’importante opzione per il trattamento del dolore e della febbre nelle donne incinte. La nostra raccomandazione si basa su una valutazione rigorosa della letteratura scientifica disponibile e non abbiamo trovato alcuna prova che assumere paracetamolo in gravidanza causi l’autismo nei bambini”.

L’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) si è allineata alla posizione di EMA, confermando che le valutazioni più recenti non giustificano alcuna revisione delle raccomandazioni. Le agenzie europee continueranno comunque a monitorare i dati di sicurezza.

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IL PARERE DELL'ESPERTO
Daniele Caldara - Biotecnologo medico
Le autorità sanitarie considerano il paracetamolo l’opzione più sicura per trattare febbre e dolore anche in gravidanza. I dati disponibili supportano questa raccomandazione: gli studi che associano paracetamolo in gravidanza e autismo o adhd hanno dei limiti che altre ricerche hanno superato, scagionando il noto antipiretico. In caso di febbre o dolore, va usato solo quando davvero necessario, alla dose minima efficace e per il minor tempo possibile.