Diamanti in banca a prezzi gonfiati: dal Tribunale il via libera alla restituzione delle pietre

Il Tribunale di Milano ha dato il consenso alla restituzione dei diamanti acquistati da almeno 20mila risparmiatori dalla Intermarket diamond business. I clienti hanno ora la possibilità di rivendere le pietre preziose, ma sicuramente senza recuperare quanto speso inizialmente. Ora bisogna procedere con le richieste di risarcimento alle banche che li hanno venduti.
Via libera alla restituzione dei diamanti ad almeno 20mila investitori in tutta Italia. È quanto stabilito dal Tribunale fallimentare di Milano per chi ha acquistato le pietre preziose dalla Intermarket diamond business, la società finita al centro dell'inchiesta assieme alla Diamond Private Investment. I diamanti erano stati bloccati in seguito al fallimento della società, ma il curatore fallimentare ha dato il consenso alla loro restituzione ai clienti che potranno rivenderle, ma sicuramente non recuperare il prezzo gonfiato in partenza. Bisognerà quindi procedere con le richieste di risarcimento alle banche che li hanno venduti.
L'indagine per truffa del Tribunale di Milano
Già da qualche anno, in parallelo con l’indagine Antitrust, il Tribunale di Milano ha avviato un’indagine per truffa su banche e società coinvolte nella vicenda: Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco Bpm e le due società DPI e IDB. Nell’ambito del procedimento la Guardia di Finanza ha sequestrato preventivamente ben 700 milioni di euro e si aprono così nuove possibilità per i risparmiatori truffati. Il sequestro è ripartito, per l'ipotesi di reato di truffa, tra banche e società, nel seguente modo:
- 149 milioni nei confronti di IDB.
- 165 mln di DPI.
- 83,8 di Banco Bpm e di Banca Aletti.
- 32 milioni di Unicredit.
- 11 milioni di Intesa Sanpaolo.
- 35,5 di Mps.
Per l'ipotesi di autoriciclaggio, il sequestro e' di 179 milioni per IDB e di 88 milioni per DPI. Ricordiamo anche che a gennaio 2019 il Tribunale di Milano ha avviato il fallimento di IDB la società che vendeva diamanti negli sportelli di Unicredit e Banco BPM (ex Banco Popolare). Il risparmiatore che ha lasciato in deposito le pietre presso la società deve fare un'azione di rivendicazione della pietra entro il prossimo 8 marzo 2019. Il proprietario dei diamanti che ha lasciato le pietre in deposito presso IDB deve fare un'azione di rivendicazione esclusivamente tramite la pec del curatore Maria Grazia Giampieretti all'indirizzo: F41.2019milano@pecfallimenti.it. Se sei nostro socio per ulteriori informazioni puoi contattare la nostra consulenza giuridica.
Se hai comprato le pietre in deposito presso DPI, che vendeva le pietre negli sportelli di Intesa San Paolo e MPS, anche in questo caso ti consigliamo di chiederle indietro. Questi i riferimenti:
- DPI Roma - Via Crescenzio, 86 00193 Roma T: 06.3242612 Fax: 06.32504773 Ancona Via S. Totti, 12/D 60131 Ancona T: 071.7202058 F: 071.7201692. Numero verde 800 089 955 email info@diamondprivate.it.
La multa di Antitrust
Nell'ottobre 2017 Antitrust ha multato per più di 15 milioni di euro due società venditrici di diamanti e quattro banche che hanno venduto a prezzi gonfiati le loro pietre a ignari clienti, spacciandoli per investimenti sicuri e senza informare dei rischi reali e dell'impossibilità di rivendere i preziosi acquistati. Le banche sanzionate sono Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Banco BPM, assieme alle due società IDB e DPI. Antitrust ha chiuso in ottobre il procedimento aperto nei confronti di Diamond Love Bond e Ubi Banca, accettando i loro impegni.
Gli impegni di Diamond Love Bond e Ubi Banca
La nostra segnalazione ad Antitrust verteva su due aspetti:
- La mancata trasparenza e correttezza dell’offerta: leggendo le informazioni riportate sul sito http://www.diamondlovebond.it/ e nei depliant che venivano distribuiti nelle agenzie Ubi Banca il consumatore era indotto a ritenere che l’acquisto di diamanti in banca fosse un investimento alternativo molto sicuro. Cosa non vera, in quanto il prezzo del diamante è soggetto a oscillazioni e non è vero che il suo valore di acquisto sarà sempre inferiore a quello di realizzazione. Di questo aspetto, però, il consumatore non viene informato. Il nostro mistery shopping aveva dimostrato che le stesse informazioni scorrette venivano veicolate in agenzia.
- Il recesso non rispettoso delle indicazioni del Codice del Consumo. Era prevista in contratto la possibilità di recedere entro 14 giorni dalla consegna del diamante. Però, nonostante il Codice del Consumo preveda la gratuità del recesso che deve avvenire senza oneri per il cliente, al cliente venivano addebitati i costi di logistica e di assicurazione del prodotto pari ad un massimo del 4,5% del prezzo.
Antitrust ha deciso di accettare gli impegni di DLB e di Ubi Banca, che saranno realizzati entro 60 giorni dalla delibera Antitrust. In particolare sarà modificata la comunicazione data sul sito informando il consumatore che il diamante è un bene di consumo e non prodotto finanziario e che quindi non è corretto parlare di rendimento; inoltre la vendita del diamante può richiedere molto tempo. Verrà predisposta un’informativa precontrattuale che sarà consegnata al cliente prima della vendita. DLB farà corsi di formazione ai funzionari di Ubi Banca che venderanno i diamanti in agenzia e rimborserà i costi applicati dal 2015 in avanti ai clienti che hanno esercitato il recesso. Ubi Banca si impegna inoltre a controllare accuratamente il comportamento dei suoi funzionari in modo che rispettino le regole del Codice del Consumo e che la vendita dei diamanti sia offerta solo ai clienti correntisti con un patrimonio superiore ai 100.000 euro e comunque per un valore che non superi mai il 5% del patrimonio complessivo.
Continua la nostra battaglia
La battaglia non è ancora finita. Dopo le multe di Antitrust, abbiamo diffidato le due società IDB e DPI e le quattro banche coinvolte perché restituiscano ai clienti il prezzo d'acquisto delle pietre. Il Tar del Lazio ha confermato le sanzioni. Banco BPM ha fatto ricorso al Consiglio di Stato.
Sono palesi le gravi inadempienze della banca e l’ingannevolezza delle informazioni che hai ricevuto e che ti hanno convinto a fare l’investimento in termini di valore della pietra, sua rivendibilità, quotazione di mercato.
La vicenda nei dettagli
In tempi di magra per gli investimenti tradizionali in titoli di Stato e obbligazioni, gli istituti di credito hanno individuato il diamante come bene rifugio, come possibilità di investimento da proporre ai clienti. A denunciare il fenomeno era stato Report, il programma di Rai Tre, con un'inchiesta andata in onda lo scorso ottobre. Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di soci preoccupati. L’acquisto di un diamante da investimento non è un buon affare. Troppe incognite e un circuito chiuso che non guarda al mercato.
Ma come si investe in diamanti? Allo sportello viene proposto come investimento sicuro, redditizio ed esentasse, ma a lungo termine. Peccato che vendere la pietra quando si ha bisogno di liquidità non è semplice come viene prospettato: il prezzo a cui viene venduta al cliente è almeno il doppio dei valori di mercato e le commissioni di uscita sono piuttosto salate. Il sistema funziona finché la banca trova un altro cliente a cui rivendere il diamante a quel prezzo gonfiato. Quindi, nel circuito chiuso che si viene a creare. Ma chi ci dà la certezza che questo sarà possibile tra 10-20 anni cioè, al termine del tempo consigliato dalla banca e dalle società per l’investimento? Nessuno. La bolla potrebbe scoppiare e le perdite potrebbero essere consistenti.
La proposta delle banche
Le principali banche italiane hanno fatto accordi commerciali con le tre società attive nella vendita di diamanti (come risulta dai siti delle società stesse):
- DPI - Diamond Private Investment (Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, 50 banche di credito cooperativo, Widiba...);
- IDB - Intermarket Diamond Business (Unicredit, Banco Popolare, Carige, Banca popolare di Bari);
- DLB - Diamond Love Bond (Ubi Banca).
Per capire meglio i meccanismi di vendita, nel novembre del 2016, ci siamo presentati allo sportello di quattro grandi banche (Banca Popolare di Lodi (Banco Popolare), Intesa San Paolo, Banco di Brescia (Ubi Banca), Unicredit) come clienti interessati all'acquisto di diamanti. I consulenti ci mostrano sempre un grafico in cui si vede la curva delle quotazioni dei diamanti in crescita costante: sono però le quotazioni preparate dalla società stessa che vende i diamanti tramite la banca, pubblicate su Il Sole24Ore ogni tre mesi in uno spazio pubblicitario. Dando un'occhiata alle vere quotazioni internazionali (per esempio, il listino Rapaport), si può capire che il valore ha un andamento ben più volatile e che ci sono anche discese e picchi. Convinti di fare un buon affare, ci informiamo su come liquidare l'investimento. Chi ricompra il diamante quando voglio recuperare i soldi e realizzare il guadagno? La banca tranquillizza il cliente, dicendo che il diamante verrà riacquistato dalla società a cui si appoggia per la vendita e sorvola sul punto più importante: le commissioni da versare all'uscita. Vediamo cosa dicono in merito i contratti delle tre società che vendono diamanti.
- Contratto di IDB: la società non ha alcun obbligo di riacquisto, ma solo quello di accettare dal cliente un mandato a vendere ad altri clienti IDB ai prezzi di quotazione. Mandato che dura 4 mesi, rinnovabili. Per il servizio sono previste commissioni comprese tra il 16% +Iva del prezzo di vendita (nel primo anno) e un minimo del 7% + Iva se la vendita avviene dopo 7 anni dall’acquisto.
- Contratto di DPI: la società si impegna a rivendere il diamante e la commissione è del 10% +Iva del prezzo finale del diamante.
A conti fatti, si fa fatica a guadagnare e si rischia facilmente di perderci.
A novembre del 2016 avevamo segnalato le scorrettezze delle banche all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiedendo la sospensione dell'attività e sanzioni per le società coinvolte. L'Antitrust ha avviato due procedimenti per pratiche commerciali scorrette nei confronti di DPI e IDB, allargati poi anche alle banche che vendevano agli ignari clienti i diamanti dai prezzi gonfiati. Le informazioni parziali o scorrette fornite dai consulenti e dalle due società sui depliant e online non permettono, infatti, al cliente di fare un investimento consapevole.
Sempre a novembre 2016 avevamo inviato una segnalazione anche alla Consob chiedendo regole di trasparenza e correttezza da parte delle società che vendono diamanti e delle banche che le offrono ai loro clienti. La Consob ci ha comunicato che sta facendo delle verifiche per capire se l’offerta di diamanti in banca non sia, in realtà, un’offerta di un prodotto finanziario e per questo soggetta alla disciplina prevista dal Testo unico della Finanza in termini di servizi di investimento. La Consob ci fa sapere anche che ha chiesto alle banche che offrono diamanti ai loro clienti di spiegare bene l’offerta, le condizioni contrattuali, mettendo bene in evidenza quali siano le commissioni comprese nel prezzo del diamante. Dubitiamo che un richiamo possa bastare, anche perché abbiamo già dimostrato che questo non avviene. Resta poi aperto il nodo di chi i diamanti li ha comprati finora senza alcun rispetto delle norme di informativa precontrattuale e di trasparenza. Per questo chiediamo alla Consob di intervenire al più presto con modalità più incisive.
Ma adesso almeno qualche novità positiva può arrivare dalle sanzioni comminate che riguardano le due società ma anche le banche presso i cui sportelli i diamanti sono stati venduti. Come avevamo messo in luce con le nostre inchieste sul campo e le segnalazioni ad Antitrust, le banche sono coinvolte direttamente nella pratica scorretta. Hanno proposto ai loro clienti l’acquisto di diamanti come bene rifugio usando le informative e le quotazioni fornite dalle due società senza verificarne il contenuto e quindi senza alcun rispetto della minima diligenza professionale cui sono tenute nella loro attività. I clienti peraltro acquistavano i diamanti in base al rapporto di fiducia che avevano con la banca.
- IDB (Intermarket Diamond Business) vendeva diamanti tramite Unicredit e Banco Bpm; la sua pratica scorretta è andata avanti dall’inizio del 2011 fino al 1 marzo 2017 (data in cui IDB ha smesso di vendere diamanti).
- Multa per IDB di 2 milioni di euro + per Unicredit 4 milioni di euro + per Banco Bpm 3,35 milioni di euro. Le due banche dopo il ricorso al Tar del Lazio e quindi al Consiglio di Stato si sono viste ridurre le sanzioni: Banco Bpm a 2,345 milioni di euro e Unicredit a 2,8 milioni di euro.
- DPI (Diamond Private Investment) che vendeva diamanti tramite Intesa San Paolo (da inizio ottobre 2015) e Monte dei Paschi di Siena (da maggio 2012 fino a febbraio 2017).
- Pratica scorretta realizzata da DPI dall’inizio del 2011.
- La sanzione per lei è di 1 milione di euro. Per Intesa San Paolo la sanzione è di 3 milioni di euro. Per Monte dei Paschi di Siena la sanzione è di 2 milioni di euro.