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Contributi Inps: cosa fare se il datore di lavoro non paga

26 agosto 2022
inps

l tuo datore di lavoro non ti ha pagato tutto il dovuto? Hai scoperto una mancanza nei tuoi contributi e non sai come rimediare? Ecco come si possono recuperare i contributi non versati e quanto costa.

La crisi economica ha messo in difficoltà molte imprese: alcune di loro hanno pensato di restare a galla non versando i contributi Inps ai propri dipendenti. Sono migliaia i lavoratori coinvolti, loro malgrado, in questo pasticcio e non tutti ancora ne sono consapevoli. Tenere d’occhio i reali versamenti all’Inps non è difficile: ecco come si fa e anche quali sono le azioni da intraprendere nel caso in cui la tua azienda si sia “dimenticata” di versarti tutti i contributi per maturare la pensione.

I contributi Inps

I contributi sono quella parte della retribuzione dei lavoratori dipendenti o del reddito di lavoro dei lavoratori autonomi, che è destinata al finanziamento di prestazioni previdenziali (pensione) o assistenziali (infortuni, malattie). Senza il versamento dei contributi, non avremmo diritto a tutta una serie di prestazioni indispensabili, in caso di una sospensione del lavoro o della sua interruzione per raggiunti limiti di età. Maturare i contributi INPS non servirà quindi solo a farci percepire un giorno una pensione, ma a guadagnare il diritto a tutta una serie di prestazioni indispensabili durante la nostra vita lavorativa. 

Come verificare i contributi Inps versati

Per essere sicuri che i propri contributi siano stati regolarmente versati dal datore di lavoro, la prima cosa da fare è verificare la propria situazione previdenziale, presentandosi direttamente nella sede Inps più vicina. In alternativa, ci si può collegare al sito internet www.inps.it e accedere alla propria area personale, tramite SPID, CIE o CNS. Una volta entrati nella homepage, digitare nella barra in alto a destra “estratto conto contributivo”, cliccate sul riquadro che appare e avrete i contributi versati a vostro nome. L’elenco può essere stampato o esportato.

La prescrizione dei contributi Inps

Per prima cosa, bisogna capire se i mancati versamenti si riferiscono a contributi che dovevano essere versati più o meno di 5 anni fa. Infatti, i contributi non versati si prescrivono decorsi 5 anni dal giorno di scadenza del pagamento, ma se il lavoratore sporge denuncia all’Inps, la prescrizione passa a 10 anni. In pratica, presentando la denuncia entro i 5 anni di prescrizione l’Inps può recuperare i contributi del lavoratore entro 10 anni dall’omissione del versamento.

Se sono passati meno di 5 anni, allora la situazione è più facile da gestire: il lavoratore deve informare immediatamente l’Inps che, insieme all’Agenzia delle entrate, provvederà a effettuare la verifica dei versamenti del datore di lavoro.

Se sono passati più di 5 anni dal mancato versamento allora diventa tutto più complicato, perché cadono in prescrizione. Questo significa che l'Inps non può iniziare l'azione di recupero verso l'azienda. Le conseguenze sono molto pesanti:

  • si perdono gli anni di lavoro ai fini del calcolo degli anni mancanti alla pensione;
  • l'importo della pensione sarà più basso.

Il riscatto dei buchi contributivi

Se i termini di prescrizione per il recupero dei contributi non versati sono ormai scaduti si possono tentare due strade: l’azione giudiziaria o la domanda di riscatto.

Nel caso dell’azione giudiziaria, il lavoratore danneggiato può citare in giudizio il datore di lavoro per il risarcimento del danno. Lo prevede il Codice civile, che indica l’imprenditore come responsabile della mancata contribuzione e, di conseguenza, del danno subìto dal lavoratore. I tempi della giustizia però, in questi casi, sono lunghi.

L’alternativa all’azione giudiziaria consiste nel riscattare i periodi  di lavoro scoperti dal punto di vista previdenziale, come avviene ad esempio per gli anni universitari. Percorrendo questa strada, il lavoratore si vedrà riconoscere dall'Inps una rendita, d’importo pari alla pensione o alla quota di pensione che sarebbe spettata al lavoratore in base ai contributi omessi, ma il costo è decisamente salato.

Il periodo di lavoro può esser riscattato in tutto o in parte e i contributi verranno accreditati solo dopo il pagamento di un onere di riscatto. Si può presentare la richiesta di riscatto in qualunque momento, anche quando si è già andati in pensione. I periodi riscattati, una volta perfezionate tutte le operazioni necessarie, sono efficaci esattamente come se il versamento degli oneri contributivi fosse avvenuto nel passato, al momento giusto.

Chi può chiedere il riscatto

Il riscatto e la conseguente costituzione della rendita vitalizia, può esser richiesto da:

  • Il datore di lavoro che non ha pagato i contributi e che in questo modo rimedia al danno causato al dipendente, pagando il dovuto;
  • Il lavoratore cui mancano i contributi, sia che sia ancora in attività, sia che sia già in pensione;
  • I superstiti del lavoratore.

In ogni caso, occorre provare l'esistenza del rapporto di lavoro, fornendo documenti con data certa, come, ad esempio, le lettere di assunzione o di licenziamento, le buste paga o gli estratti di libro paga”. Tutti i documenti devono esser forniti in originale o in copia conforme autenticata.

La durata del rapporto di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa e l'ammontare della retribuzione possono essere provati con altri mezzi, anche verbali, ma con assunzione di responsabilità penale del dichiarante.

I periodi di servizio nelle amministrazioni pubbliche, invece, possono essere documentati anche con dichiarazioni rilasciate dagli enti interessati.

Un’altra condizione imprescindibile è quella di essere stati iscritti all’Inps durante il periodo in cui il datore non ha versato i contributi. Questo vuol dire che i periodi di lavoro coperti da altri enti contributivi, come ad esempio l’Inpdap, non sono riscattabili. Infine, un altro aspetto fondamentale per ottenere il riscatto è che non sussista più l’obbligo assicurativo per i contributi non versati, ma che, all’epoca dello scoperto, fosse previsto l’obbligo. 

Quanto costa il riscatto dei contributi non versati

Il costo varia in base all’epoca cui si riferiscono gli anni da riscattare. Se si tratta di periodi anteriori al 1° gennaio 1996, l’onere del riscatto sarà calcolato con il sistema retributivo che si basa su alcuni dati variabili. La base matematica per la determinazione del costo del riscatto è costituita da particolari tabelle che tengono conto di fattori demografici e previdenziali - e dalla cosiddetta ‘riserva matematica’, ovvero dalla quantità di denaro necessaria per coprire l’impegno finanziario che l’Inps dovrà sostenere per corrispondere la pensione maggiorata dal riscatto. Il calcolo viene effettuato con riferimento a speciali coefficienti di capitalizzazione, rilevabili da tabelle approvate da vari decreti ministeriali, che tengono conto:

  • dell’età del richiedente (maggiore è l’età più si paga);
  • del sesso (per le donne, che mediamente vivono di più degli uomini, il costo dei riscatti è un po’ più elevato);
  • della consistenza della posizione assicurativa e delle retribuzioni (più lunga è l’anzianità contributiva e più elevata è la retribuzione, maggiore sarà la pensione successivamente liquidata e maggiore il costo del riscatto);
  • della durata dei periodi da riscattare.

Ogni riscatto comporta, perciò, la determinazione di una specifica ‘riserva matematica’ e ha un costo diverso da caso a caso.

Se i periodi da riscattare sono successivi al 1° gennaio 1996, l’importo verrà determinato col sistema contributivo, calcolato sulla base dell’aliquota contributiva obbligatoria alla retribuzione lorda delle ultime 52 settimane di lavoro (il 33 % per la generalità dei lavoratori dipendenti) moltiplicato il numero degli anni da riscattare.

Se gli anni da riscattare sono in parte precedenti e in parte successivi al 1° gennaio 1996, il calcolo sarà misto: retributivo per la parte anteriore alla data e contributivo per la parte successiva.