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Investimenti green poco diffusi: informazioni confuse e regole poco chiare

Solo il 10% degli italiani ha investito in prodotti finanziari sostenibili. Informazioni confuse e regole poco chiare limitano la fiducia dei risparmiatori. La nostra inchiesta che ha coinvolto più di mille cittadini.

Con il contributo esperto di:
articolo di:
13 novembre 2025
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Il Segretario Generale dell’Onu, António Guterres, nel suo intervento all’Assemblea Generale, il 23 settembre scorso, ha lanciato un quesito: «Nazioni sovrane invase. Fame usata come arma. Verità taciuta. Fumo che si alza dalle città bombardate, rabbia crescente nelle società frammentate, mari che inghiottono le coste. Ognuno un avvertimento, ognuno una domanda: che mondo sceglieremo?» Lo ha detto invitando gli Stati a uno sforzo maggiore e urgente per la pace, ma anche a salvare le aspirazioni espresse nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

In particolare, ha sottolineato che «I diritti umani si realizzano anche attraverso uno sviluppo inclusivo e resiliente: chiudere la porta alla povertà e alla fame, aprire porte all’istruzione, alla salute e alle opportunità. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono la nostra mappa condivisa per realizzare questi diritti. Ma per percorrerla serve carburante: finanza».

Finanza pubblica, ovviamente, ma anche quella privata cioè i piccoli risparmiatori invitati a investire in prodotti finanziari sostenibili cioè ad allocare il proprio capitale in strumenti (come fondi, azioni o obbligazioni) che non solo generano un rendimento economico, ma promuovono anche un impatto positivo sull’ambiente, la società e la buona gestione aziendale.  

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Gli italiani investono in prodotti finanziari sostenibili?

Solo il 10% degli italiani ora o in passato ha scelto un investimento sostenibile, ma chi lo ha fatto ne è soddisfatto in sette casi su dieci. Non solo. Circa la metà (49%) dei cittadini prenderebbe in considerazione l’idea di investire in questa direzione se avesse i soldi per farlo, percentuale che sale all’85% tra coloro che lo hanno già fatto in passato.

Questi numeri sono da inserire in un contesto di scarsa propensione degli italiani a investire i propri risparmi. Infatti, tre italiani su dieci tengono i risparmi sul conto corrente o addirittura in contanti a casa. Solo il 39% risparmia e investe mettendo i soldi in un conto di risparmio, in un conto deposito, in un fondo pensionistico o acquistando obbligazioni, azioni, fondi ETF e criptovalute. C’è poi una fetta consistente di italiani, il 29%, che non risparmia, né investe, nell’80% dei casi per mancanza di soldi o per l’impossibilità di metterli da parte. Quando si tratta di investire i propri risparmi più della metà degli italiani si rivolge ai consulenti finanziari della propria banca (54%), ma resta in auge anche il consiglio dell’amico, del familiare o di conoscenti (44%).

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Inchiesta in 11 Paesi europei

Solo un italiano su dieci ha già investito in prodotti sostenibili, pochi se confrontati con il 24% della Svezia e il 19% di Germania e Norvegia tre degli undici Paesi, dell’inchiesta condotta tra maggio e giugno 2025, con un questionario online, in Italia, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia. L’indagine è stata fatta in collaborazione con l’Organizzazione europea dei consumatori (Beuc), l’International consumer research & testing (Icrt), Euroconsumers che raggruppa le organizzazioni di consumatori di Italia (Altroconsumo), Belgio (Test-Achats), Spagna (Ocu) e  Portogallo (DecoProTeste) e altre 7 organizzazioni di consumatori. In ogni Paese, con un questionario online, sono state intervistate circa mille persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni, distribuite come la popolazione generale per sesso, età, livello educativo e regione di residenza. In Italia abbiamo intervistato 1.053 cittadini.

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Poca informazione sugli investimenti sostenibili

Quattro italiani su dieci non sono disposti a investire in prodotti finanziari sostenibili perché ritengono che le dichiarazioni “green” legate alla sostenibilità “possono essere fuorvianti, inaffidabili o difficili da verificare”, ma anche perché non riescono a trovare informazioni su questi prodotti (29%) oppure le informazioni sono troppo difficili da capire (19%). Tra le ragioni dei no c’è anche la convinzione che il loro rendimento sia inferiore rispetto a quello dei prodotti finanziari convenzionali (23%) e che siano più rischiosi (18%). Infine, c’è il pessimismo sul futuro del mondo: il 15% pensa che l’attrattività di questi prodotti calerà a causa delle attuali sfide geopolitiche ed economiche. È evidente che c’è molta confusione e poca informazione che non aiuta i cittadini a fare una scelta di investimento consapevole.

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Chi investe green si rivolge alla propria banca

Informazione e consapevolezza latitano tra chi ha scelto di investire in prodotti finanziari sostenibili visto che il 91% dichiara di essere stato influenzato dall’uso nel nome di termini come “green”, “sostenibilità”. E qui viene da chiedersi a chi si rivolgono gli italiani per investire i risparmi? Più della metà degli italiani si rivolge al personale della propria banca e ai suoi consulenti finanziari. Il che fa riflettere sulle competenze dei consulenti e sulla formazione necessaria affinché possano informare correttamente i cittadini soprattutto quando devono orientarsi su prodotti finanziari complessi. Non è un caso che chi ha investito in prodotti finanziari sostenibili ritiene di essere stato meno informato sugli aspetti legati alla sostenibilità (impatto ambientale, sociale e di governance delle imprese in cui investire) rispetto a quelli finanziari (rendimento atteso e storico, costi e commissioni...).

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Cosa ne pensano gli italiani della finanza sostenibile?

Le opinioni raccolte dicono che i prodotti finanziari sostenibili dovrebbero seguire regole rigide su cosa sia considerato sostenibile (79%) e la sostenibilità dovrebbe essere supportata da dati scientifici (75%).  devono essere accessibili ai piccoli investitori (67%) e circa la metà (48%) concorda sul fatto che la distinzione tra investimenti comuni e sostenibili non sia chiara. Infine, il 78% ritiene che le autorità di controllo dovrebbero agire contro i fornitori di servizi finanziari che vendono prodotti fuorvianti, infatti temono il greenwashing.

In pratica, i risparmiatori non sono in grado di verificare se i prodotti offerti corrispondano alle loro preferenze di sostenibilità visto che manca una consulenza finanziaria indipendente e dichiarazioni ambientali affidabili. Troppi prodotti finanziari a causa dei criteri di sostenibilità poco chiari si sono pubblicizzarsi come "verdi" e sostenibili nonostante non lo siano. Il green washing mina la fiducia nelle autentiche dichiarazioni di sostenibilità. Anche per contrastare il greenwashing, la Commissione europea si è impegnata a rivedere l quadro normativo e cioè il Regolamento sull'informativa sulla finanza sostenibile (SFDR).

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Nuove regole europee per gli investimenti sostenibili: le nostre proposte

Oggi, secondo la tassonomia Ue, un’attività economica è definita sostenibile se contribuisce in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali stabiliti dal Regolamento (mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, gestione sostenibile delle risorse idriche e marine, promozione dell’economia circolare, prevenzione e riduzione dell’inquinamento, tutela della biodiversità e degli ecosistemi), non arreca un danno significativo a nessun altro di questi obiettivi e rispetta garanzie sociali minime (i principi guida Onu su imprese e diritti umani e le norme sul lavoro dell’Ilo – Organizzazione Internazionale del Lavoro). La nostra inchiesta evidenzia, però, come la definizione di investimento sostenibile risulti poco chiara e quante importanti carenze informative frenino la fiducia dei cittadini nei prodotti finanziari sostenibili. Il sistema può essere migliorato e, infatti, la Commissione europea sta rivedendo la normativa che lo disciplina, il Regolamento europeo 2019/2088 (SFDR Sustainable Finance Disclosure Regulation), entrato in vigore il 10 marzo 2021. 

Visti i risultati della nostra indagine invieremo alle istituzioni europee alcune proposte per migliorare il sistema:

  • introdurre una definizione più rigorosa di investimento sostenibile e criteri di esclusione chiari;
  • introdurre un piano di transizione climatica obbligatorio per i prodotti che investono in imprese in transizione verso la sostenibilità escludendo le aziende che sono sempre altamente dannose per l’ambiente;
  • prevedere due categorie distinte di prodotti finanziari, ciascuna con criteri minimi specifici: una dedicata alle imprese sostenibili, l’altra alle imprese in transizione verso la sostenibilità;
  • introdurre regole rigorose su marketing e denominazione per impedire che i prodotti non classificati si presentino come dotati di caratteristiche di sostenibilità;
  • formazione e indipendenza dei consulenti finanziari per informare correttamente i risparmiatori.

    Per i prodotti sostenibili consulta Altroconsumo Investi

 

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