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Pesticidi: l'uso del glifosato sarà prorogato per altri 10 anni. Davvero sicuro?

Si torna nuovamente a parlare di glifosato. Il 15 dicembre 2023 scade la sua autorizzazione all’utilizzo e, in assenza di un accordo tra gli stati membri, la Commissione europea si accinge in questi giorni a rinnovare l’utilizzo di questo erbicida per altri 10 anni. Ecco perché la UE lo ritiene sicuro, come è stato valutato e quali potenziali rischi ci possono essere per il consumatore. 

17 novembre 2023
gtrattore che sta diserbando in campo

Il glifosato è uno degli erbicidi più utilizzati (grazie al suo ampio spettro d'azione) e studiati al mondo. Viene utilizzato da circa una cinquantina d'anni, ma negli anni il glifosato è diventato noto soprattutto per le controversie legate alla sua sicurezza per l’ambiente e la salute umana. Ad oggi i principali organismi europei deputati alla valutazione della sicurezza d’uso degli agrofarmaci hanno concluso che i prodotti a base di glifosato sono sicuri se usati in conformità con le istruzioni riportate in etichetta. Per questo, la Commissione europea, in assenza di un accordo tra gli stati membri, si accinge ora a prorogare l'autorizzazione all'impiego del glifosato per altri 10 anni.

Per la UE, via libera per altri 10 anni

Sulla base delle valutazioni ricevute dall'ECHA (l’Agenzia europea per le sostanze chimiche) e dall'EFSA (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) la Commissione europea prorogherà l'autorizzazione all'impiego del glifosato per i prossimi 10 anni a partire dal 16 dicembre prossimo. Nella proposta di rinnovo dell'autorizzazione la Commissione ha inserito alcune limitazioni, come il divieto di utilizzo del glifosato nella fase di pre-raccolta e la definizione di un numero massimo di impurità presenti, e alcuni punti di attenzione per gli Stati membri responsabili dell’autorizzazione a livello nazionale degli agrofarmaci a base di glifosato, quali ad esempio, la valutazione dei coformulanti presenti nei prodotti, la valutazione dell’esposizione della popolazione ai residui presenti nel caso di alcune coltivazioni e l’adozione di misure di protezione nei confronti delle acque, degli animali e delle piante acquatiche.

Come si è arrivati a considerarlo sicuro

Dopo il rinnovo all’utilizzo del glifosato per 5 anni avvenuto nel 2017, nel giugno 2021 il gruppo di valutazione costituito, su mandato della Commissione europea, dalle autorità competenti per la valutazione degli agrofarmaci di ben 4 Stati membri (Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia), ha trasmesso ad EFSA e ECHA la relazione di valutazione del rinnovo. In tale relazione, il gruppo di valutazione ha affermato che il glifosato è sicuro per la salute umana e soddisfa i criteri di sicurezza fissati dalla normativa europea.

Nel 2022 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha effettuato una valutazione dei pericoli posti dal glifosato e il 30 maggio 2022 ha comunicato la sua conclusione, confermando la valutazione già effettuata nel 2017: secondo l’Agenzia, il glifosato rimane una sostanza che può provocare lesioni oculari e risultare tossica per gli organismi acquatici, ma non soddisfa i criteri scientifici di classificazione come sostanza cancerogena, mutagena o reprotossica.

A sua volta l’EFSA ha comunicato il 6 luglio scorso l’esito della sua valutazione, che ha tenuto conto non solo delle conclusioni tratte dal gruppo di valutazione e dall’ECHA, ma anche di quanto emerso dai 2400 studi analizzati e dai commenti ricevuti durante la consultazione pubblica e la valutazione che ha coinvolto 90 esperti nominati dagli Stati membri. Nelle sue conclusioni l’Autorità europea ha comunicato di non aver evidenziato alcuna area di preoccupazione critica, cioè relativa a tutti gli usi dell’erbicida, anche se ha indicato che su alcuni aspetti, quali ad esempio la valutazione di un’impurità presente nel glifosato o quella dei rischi per le piante acquatiche, la mancanza di dati non ha consentito di arrivare a conclusioni certe.

Le preoccupazioni dei consumatori

Il timore, per molti, è quello di ritrovarsi nel piatto tracce di questo controverso erbicida. Proprio perché i residui di agrofarmaci possono rappresentare un rischio per la salute pubblica e per l’ambiente, esistono in Europa regole ferree non solo per l’approvazione delle sostanze attive impiegate nei prodotti fitosanitari e per il loro uso, ma anche per la quantità massima di residui di sostanze che è ammesso ritrovare all’interno o sulla superficie degli alimenti.

I controlli vengono effettuati dalle autorità nazionali (nel caso dell’Italia è il Ministero della Salute a coordinare queste attività) e i risultati dei controlli effettuati dagli Stati membri vengono raccolti ed elaborati dall’EFSA. Il glifosato rientra tra i pesticidi la cui presenza viene verificata su ortaggi e cereali.

Gli esiti degli ultimi controlli effettuati nel nostro Paese sono rassicuranti: il 96% degli ortaggi e il 94% dei cereali è risultato privo di residui di glifosato. Anche a livello europeo la situazione è rassicurante: nel 98,5% dei campioni nei quali è stato ricercato non c’era traccia di glifosato e solo lo 0,15% dei campioni superava il limite di legge.

Anche noi di Altroconsumo ricerchiamo il glifosato nel corso dei nostri test, ad esempio nel caso del nostro ultimo test comparativo sugli spaghetti. Su 22 campioni di spaghetti analizzati, il glifosato è stato riscontrato solo su 3 confezioni, ma in quantitativi estremamente bassi. I valori osservati, infatti, sono compresi tra 0,013 e 0,061 mg/kg, di gran lunga inferiori al limite previsto dalla legge che, nel caso del grano, è pari a 10 mg/kg.

Per dare un’idea concreta, se si considera la dose giornaliera tollerabile, fissata dall’EFSA e pari a 0,5 mg/kg di peso corporeo, un bambino di 16 kg (circa 3 anni) potrebbe mangiare, senza correre alcun rischio per la propria salute, fino a 130 kg dei nostri spaghetti più contaminati ogni giorno, mentre un adulto di 75 kg ne potrebbe mangiare più di 600 kg.

Ma vediamo da vicino che cos'è questo erbicida, perché si usa, quali sono i rischi e come viene valutata la sua sicurezza. 

Che cos’è il glifosato?

Il glifosato è un agrofarmaco utilizzato come erbicida non selettivo per combattere le erbe infestanti che competono con le colture. È stato introdotto nel mercato negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto con il nome commerciale di Roundup. Il brevetto è poi scaduto nel 2001 e da allora il glifosato viene utilizzato da diverse aziende per produrre agrofarmaci disponibili sul mercato con diverse formulazioni, che vanno dai prodotti liquidi a quelli in forma di granuli solubili.

Perché si usa il glifosato?

Il glifosato ha avuto una grande diffusione perché il suo uso permette di agire in modo mirato sull’eliminazione di tutte le piante tranne quelle che si desidera effettivamente coltivare. Grazie alla sua versatilità può essere usato su una vasta gamma di colture. Poiché viene considerato un erbicida a bassa tossicità, che si degrada rapidamente nell’ambiente, viene inoltre usato anche in aree non agricole per mantenere strade, dighe e ferrovie libere dalle piante che ne danneggerebbero la sicurezza, la fruibilità e la stabilità.

Dove si può usare il glifosato?

Nei decenni il glifosato ha conosciuto un largo impiego agricolo ma nel tempo sono intervenute varie restrizioni al suo utilizzo che vanno da semplici precauzioni a veri e propri divieti di uso o produzione.

Infatti, nel nostro Paese già dal 2016, con apposito decreto, è stato vietato l’utilizzo del glifosato nella fase di pre-raccolta, se tale utilizzo viene effettuato ai fini di ottimizzare la fase stessa di raccolta e trebbiatura. Inoltre, l’utilizzo del glifosato è stato vietato nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie.

Ancora, ai fini della protezione delle acque sotterranee, il nostro Ministero ha sancito l’obbligo di indicare in etichetta il divieto d’impiego su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80% e di altre aree vulnerabili e zone di rispetto nel caso di usi non agricoli.

Ha vietato, infine, la commercializzazione di tutti gli agrofarmaci contenenti glifosato e il coformulante ammina di sego polietossilata, per il quale l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare aveva riconosciuto effetti tossici significativi.

Quali sono i rischi del glifosato?

L’uso del glifosato è da tempo oggetto di dibattiti e controversie. Alcuni studi e organizzazioni hanno infatti sollevato preoccupazioni riguardo ai potenziali effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente. Come tutti gli agrofarmaci, anche il glifosato è comunque soggetto a un complesso processo di valutazione e autorizzazione prima di essere commercializzato e utilizzato.

Come viene valutata la sicurezza degli agrofarmaci?

La sicurezza degli agrofarmaci è un aspetto di fondamentale importanza sia per l’ambiente che per la salute umana. Prima che un agrofarmaco possa essere commercializzato, deve superare rigorosi test di sicurezza e ottenere l’approvazione da parte delle autorità nazionali ed europee competenti.

Gli studi sulla sicurezza degli agrofarmaci valutano il loro impatto sugli organismi bersaglio - come gli insetti nocivi, i funghi patogeni e le erbacce - e sugli organismi non bersaglio – come bambini, donne in gravidanza e lavoratori agricoli.

Come abbiamo visto in precedenza, in Europa esistono una serie di organismi competenti dedicati alla valutazione, alla regolamentazione e al monitoraggio degli agrofarmaci: l’ECHA (Agenzia Europea per le sostanze chimiche), l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza alimentare), la Commissione Europea e i ministeri competenti degli Stati membri dell’Unione Europea (in Italia il Ministero della Salute).

L’approvazione di un principio attivo, ovvero la sostanza che permette il funzionamento di un agrofarmaco, avviene a livello europeo. La richiesta di autorizzazione viene inviata a EFSA, dopo che una prima bozza di valutazione è stata redatta da uno Stato membro designato dalla Commissione europea. EFSA svolge una revisione scientifica dei dati forniti e prende in considerazione la valutazione di ECHA, che ha il compito di valutare i pericoli posti dalle sostanze chimiche commercializzate in UE e di proporre una loro classificazione ed etichettatura in relazione ai diversi effetti sull’ambiente e sulla salute. Dopo la valutazione di EFSA ed ECHA, la Commissione Europea può prendere una decisione sull’autorizzazione all’impiego del principio attivo a livello europeo.

L’autorizzazione dei singoli agrofarmaci avviene, poi, a livello nazionale. In Italia, il produttore presenta una richiesta di registrazione dell’agrofarmaco al Ministero della Salute. Il Ministero, una volta verificato che tutti i documenti richiesti siano completi, insieme a un Istituto valutatore e alla Sezione consultiva per i Fitosanitari, esegue una valutazione del rischio che riguarda l’efficacia del prodotto, la sua sicurezza e gli effetti sull’ambiente. Se l’esito della valutazione è positivo, il Ministero della Salute rilascia l’autorizzazione all’immissione in commercio e il prodotto viene inserito nella banca dati dei prodotti fitosanitari utilizzabili.