Compresse allo iodio in caso di disastro nucleare. Di che si tratta? Servono?
Con una certa ricorrenza si torna a parlare della necessità di compresse anti-radiazioni a base di iodio in caso di incidente o disastro nucleare. Ma che cosa sono? Sono efficaci? E quando vanno assunte? In Italia non sono vendute in farmacia: solo in caso di necessità sarà il Servizio sanitario a fornirle nei giusti dosaggi in base all'età.

In caso di disastro o incidente a una delle centrali nucleari sparse in mezza Europa, per prevenire i danni di una eventuale nube radioattiva in arrivo sul territorio nazionale, la iodoprofilassi con pastiglie a base di iodio è sicuramente utile. Ma di quali pillole a base di iodio si sta parlando? Perché lo iodio è utile in caso di incidente nucleare? E dove si può recuperare in caso di necessità?
Iodio per la iodoprofilassi: in Italia non si compra in farmacia
Iniziamo col dire che in Italia lo iodio necessario a fare la cosiddetta iodoprofilassi (così si chiama la profilassi allo iodio per proteggere la tiroide dallo iodio radioattivo) in caso di incidente nucleare non è un prodotto normalmente presente sugli scaffali delle farmacie. Parliamo di dosaggi molto elevati di iodio, che devono essere preparati appositamente e forniti alla popolazione solo in caso di incidente nucleare e di rischio effettivo. Niente a che vedere con gli integratori a base di iodio che potete trovare online, nei negozi o in farmacia.
Gli integratori a base di iodio venduti in farmaci sono totalmente inutili in caso di emergenza perché contengono dosi di iodio centinaia di volte inferiori a quelle necessarie a proteggere la tiroide in caso di disastro nucleare. Servirebbe ingoiare centinaia di pastiglie per raggiungere i livelli necessari, mentre assumerne di meno non offre alcun beneficio.
Le pastiche per la “iodoprofilassi” vengono distribuite gratuitamente alla popolazione dal Servizio Sanitario Nazionale soltanto in caso di emergenza. Al verificarsi di un incidente, sulla base delle previsioni di diffusione della nube radioattiva sul territorio nazionale, il Dipartimento della Protezione Civile e i Ministeri interessati attivano la distribuzione della iodoprofilassi nelle aree a rischio, che viene assicurata dal Servizio Sanitario Regionale nelle modalità più consone.
Perché lo iodio può essere utile in caso di nube radioattiva
L'iodoprofilassi a base di iodio serve a evitare un accumulo di iodio radioattivo nella tiroide. Lo iodio radioattivo (iodio-131) inalato o assunto con bevande o cibo va ad accumularsi nella tiroide, una ghiandola che concentra tutto lo iodio che normalmente assumiamo con l’alimentazione. Lo iodio, infatti, serve alla tiroide per produrre gli ormoni tiroidei, utili per il corretto funzionamento dell’organismo. Senza il giusto apporto di iodio, la tiroide non è in grado di funzionare.
Lo iodio radioattivo per la tiroide è come iodio normale e la tiroide tenderebbe ad accumularlo, cosa che favorirebbe lo sviluppo di tumore alla tiroide. Per evitare questo accumulo di iodio radioattivo si deve saturare la tiroide con dello iodio non radioattivo, sottoforma di compresse di ioduro di potassio a dosaggi molto elevati. Saturandosi di iodio “buono”, per 24-48 ore la tiroide non assorbirà e accumulerà lo iodio radioattivo, che quindi verrà espulso o decadrà (si parla anche di “blocco” tiroideo).
Lo ioduro di potassio (contenuto nelle compresse usate nella iodoprofilassi) serve quindi a ridurre il rischio di un tumore alla tiroide dovuto all’assunzione di iodio radioattivo. Lo iodio però non ci protegge né da altre sostanze radioattive che possono aver contaminato l’ambiente, né sono in alcun modo utili contro le radiazioni. La loro utilità è ristretta solo a un eventuale contaminazione con iodio radioattivo.
Chi lo può assumere e quali rischi ci sono
L'uso delle compresse è raccomandato solo per le persone in determinate fasce d'età. Il rischio di sviluppare un tumore della tiroide da iodio radioattivo è fortemente dipendente dall’età al momento dell’esposizione alla sostanza radioattiva. La classe di età 0-18 anni risulta quella a maggior rischio di effetti dannosi. Il rischio invece si riduce sensibilmente negli adulti: gli studi indicano in particolare che il rischio si riduce notevolmente oltre i 15-20 anni di età e tende ad annullarsi oltre i 40 anni di età all’esposizione. Per questo motivo, in linea di principio, tutte le persone fino a 40 anni nelle zone colpite dovrebbero assumere compresse di iodio, con il dosaggio corretto che varia in base all'età.
Donne in gravidanza
Per le donne in gravidanza, l'assunzione di compresse di iodio aiuta sia la donna, sia il nascituro. Le donne in gravidanza hanno una tiroide sottoposta ad intensa stimolazione, specialmente nel primo trimestre: lo iodio radioattivo assorbito dalla tiroide in questa condizione è pertanto maggiore rispetto alla rimanente popolazione adulta. Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza occorre inoltre tener conto che la tiroide fetale è già funzionante e che lo iodio radioattivo può attraversare la placenta ed essere attivamente assorbito dalla tiroide fetale. Anche le donne che allattano vanno sottoposte a iodoprofilassi, allo scopo di ridurre la presenza di iodio radioattivo nel latte materno.
Servono dosaggi elevati: inutili quelli degli integratori
Come detto, i dosaggi di iodio necessari a fare la iodoprofilassi sono molto elevati, diversi a seconda dell’età. Per ottenere un “blocco” della tiroide che duri 24-48 ore servono, per gli adulti (ovviamente sotto i 40 anni), 130 mg di ioduro di potassio (che fornirà circa 100 mg di iodio stabile al nostro organismo). La stessa dose è prevista per le donne che allattano. Per i bambini dai 3 anni fino ai ragazzi di 18 basta metà della dose degli adulti (quindi 65 mg), mentre per i bambini da 1 a 3 anni ne serve un quarto (32 mg). La dose per i neonati è metà di quella dei bambini di un anno (quindi 16 mg).
Si sta parlando di dosaggi che sono circa un migliaio di volte più alti della dose giornaliera di iodio raccomandata nella dieta o contenuti in un integratore. L’apporto giornaliero di iodio raccomandato per l'adulto è di 150 µg. Gli integratori autorizzati in Italia ne contengono per legge un massimo di 225 µg. Per questo motivo è inutile accaparrarseli, né vale la pena assumerli in grandi quantità.
È infatti sconsigliato fare una iodoprofilassi prolungata, a questi livelli, in assenza di alcun pericolo. In condizioni normali la tiroide è in grado di tollerare fino a 1mg di iodio al giorno senza che si verifichino effetti avversi, in quanto l’eccesso di iodio viene espulso con le urine. È quindi sconsigliabile assumerne quantità elevate per giorni, per paura di un possibile incidente nucleare. Nel caso di un incidente nucleare che ci espone a un rischio significativo di cancro della tiroide, il rischio legato all’assunzione di dosi elevate di iodio è giustificato.
Quando va fatta la iodoprofilassi
Come abbiamo visto è importante evitare di assumere iodio senza che ci sia realmente un'emergenza di radioattività sul territorio. Tuttavia è di fondamentale importanza anche che, se serve, la somministrazione della iodoprofilassi sia tempestiva rispetto all’inizio dell’esposizione alla nube tossica contenente iodio radioattivo.
L’efficienza massima del blocco si ottiene somministrando iodio stabile qualche ora prima dell’esposizione alla nube radioattiva o al massimo entro le prime 6-8 ore dall’inizio dell’esposizione. Somministrazioni più tardive hanno efficacia modesta, che si riduce col tempo, ed è addirittura possibile che una somministrazione ritardata (48-72 ore dopo l’inizio dell’esposizione) possa essere controproducente, portando la tiroide a trattenere lo iodio radioattivo. La protezione offerta dal “blocco” della tiroide dopo una singola somministrazione di iodio “buono” è di almeno 24 – 48 ore.
Da chi e quando viene attivata la iodoprofilassi
Al verificarsi di un incidente, sulla base delle previsioni di diffusione di un'eventuale nube radioattiva sul territorio nazionale, saranno il Dipartimento della Protezione Civile e i Ministeri interessati ad attivare la distribuzione della iodoprofilassi nelle aree a rischio. Una distribuzione che viene assicurata dal Servizio Sanitario Regionale nelle modalità più consone: assumere iodio prima o dopo, pensando che possa fare bene, è un azzardo ingiustificato.
Secondo il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, recente aggiornato la iodoprofilassi della popolazione va attivata solo in un caso, cioè quello in cui una fuga radioattiva si verifica entro i 200km dal confine italiano. In questo caso, non solo la Protezione Civile distribuirebbe gratuitamente alla popolazione le pastiche di ioduro di potassio ad alti dosaggi, ma scatterebbe anche il blocco del traffico e l’intera popolazione verrebbe invitata a chiudersi nelle proprie case per due giorni.
La iodoprofilassi non è invece richiesta se l’incidente si verifica a distanze maggiore di 200km, così come non è previsto alcun isolamento temporaneo al domicilio. Sono invece previsti interventi indiretti sul territorio, come ad esempio l'intensificazione dei controlli su latte, frutta e verdura a foglia larga, su tutta la filiera agroalimentare italiana e sulle importazioni dall’estero. Se si verificasse oltre i 1.000 km, gli interventi si limiterebbero ai soli controlli sui prodotti provenienti dall’estero e sul rientro in sicurezza di cittadini italiani eventualmente esposti alle radiazioni.
Le probabilità che si arrivi ad attivare la iodoprofilassi, quindi, sono decisamente remote. Anche in caso di cattive notizie dall'Ucraina, come abbiamo visto, la distanza di quelle centrali dalle nostre città sarebbe talmente elevata da non far scattare la necessità di iodoprofilassi prevista dal Piano nazionale.