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Farmaci troppo cari: a Leadiant una sanzione di circa 3,5 milioni di euro per abuso di posizione dominante

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana ha sanzionato l’azienda farmaceutica Leadiant per aver imposto un prezzo eccessivamente alto per un suo farmaco, il CDCA-Leadiant, approfittando della sua posizione dominante sul mercato. La sanzione ammonta a circa 3,5 milioni di euro. Tutto parte da una segnalazione di Altroconsumo all’Antitrust nel 2019. La stessa azienda era già stata sanzionata in Olanda nel 2021.

  • contributo tecnico di
  • Daniele Caldara
  • di
  • Michela Di Mario
31 maggio 2022
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farmaci

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha concluso l’istruttoria nei confronti dell’azienda farmaceutica Leadiant (ex Sigma-tau) per abuso di posizione dominante sul mercato italiano per la produzione e la vendita di un suo farmaco, il CDCA-Leadiant, a base di acido chenodesossicolico. Il procedimento, partito dopo una segnalazione di Altroconsumo nel 2019, si è concluso con una sanzione di circa 3,5 milioni di euro. Secondo l’Antitrust, infatti, dal 2017 Leadiant ha imposto al Servizio sanitario nazionale italiano “prezzi ingiustificatamente gravosi per la vendita di un farmaco salvavita”.

Il medicinale serve a curare una rarissima malattia metabolica ereditaria chiamata xantomatosi cerebrotendinea ed è l’unico trattamento farmacologico esistente che, se assunto quotidianamente, consente alle persone affette da questa patologia di poter condurre una vita normale. Leadiant è la sola azienda che produce e commercializza il farmaco sul mercato europeo, senza possibilità di alternative.

Ma come ha fatto Leadiant a diventare l’unica azienda produttrice di questo farmaco in Europa?

Da 30 centesimi a 170 euro a capsula: ascesa di un farmaco 500 volte più costoso

Secondo quanto affermato dall’Antitrust “al termine di una complessa attività istruttoria è emerso che l’abuso commesso è frutto di una strategia articolata - ideata dal gruppo molti anni prima e perseguita intenzionalmente - e che è stato realizzato anche attraverso un comportamento dilatorio e ostruzionistico da parte di Leadiant nella procedura di negoziazione del prezzo di rimborso del farmaco con l’Aifa”.

L’acido chenodesossicolico non è un principio attivo innovativo. Si tratta di un vecchissimo farmaco in commercio fin dagli anni ’70 e venduto da molte aziende sul territorio europeo (Italia compresa) fino a circa 15-20 anni fa, quando queste stesse imprese hanno smesso di venderlo per mancanza di interesse commerciale. L’acido chenodesossicolico era infatti utilizzato per la cura dei calcoli biliari, ma è stato pian piano abbandonato per trattamenti con altri medicinali più efficaci e sicuri.

Oltre al trattamento “ufficiale” per la cura dei calcoli biliari, il farmaco a base di CDCA veniva usato informalmente anche per un’altra indicazione: la xantomatosi cerebrotendinea. La cura farmacologica a base di acido chenodesossicolico sia era presto dimostrata l’unico trattamento sicuro ed efficace per i pazienti affetti da questa malattia rara, permettendogli di vivere una vita normale. Era anche un trattamento molto economico: in Italia negli anni ‘90 una capsula costava circa 30-35 centesimi di euro. Una cura, quindi, formalmente non autorizzata (è il cosiddetto uso off-label, cioè al di fuori dell’indicazione formale, che restava quella della cura dei calcoli biliari) ma essenziale e molto poco costosa.

Tutto questo però cambia quando i vari produttori smettono di commercializzare il CDCA nel corso degli anni ’90 o vendono il ramo produttivo a Leadiant, che di fatto diventa l’unica azienda farmaceutica a vendere questo farmaco sul mercato europeo verso la fine della prima decade degli anni 2000. Da quel momento si assiste a graduali e sostanziali aumenti di prezzo, fino ad arrivare al 2017, quando il farmaco raggiunge i 14.000 euro a confezione, dopo essere stato formalmente autorizzato dall’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) alla cura della xantomatosi cerebrotendinea.

Nonostante il farmaco non fosse coperto da brevetto, l’azienda poteva comunque beneficiare di un monopolio decennale. L’autorizzazione al commercio di un farmaco orfano, ovvero un medicinale che serve a curare una malattia rara, si accompagna infatti alla concessione all’azienda di una protezione dalla competizione sul mercato europeo della durata di dieci anni. Un premio che la legge prevede per ricompensare le aziende che investono in malattie rare e per incentivare l’innovazione in un ambito fino a pochi anni fa orfano di interesse commerciale.

Non potendo rinunciare ad acquistare il farmaco, all’inizio i servizi sanitari e gli ospedali di vari Paesi europei, tra cui Olanda e Italia, hanno cercato di acquistare il medicinale a prezzi più accessibili su mercati esteri, oppure nell’impossibilità di reperire formulazioni a costi contenuti, sono ricorsi a formulazioni galeniche allestite dalle farmacie ospedaliere dei centri che avevano in cura i pazienti. In quest’ultimo caso si riusciva ancora a garantire una produzione di qualità a prezzi contenuti rispetto a quelli richiesti da Leadiant. Ma anche questa possibilità, nel tempo, si è esaurita: sempre più le formulazioni straniere non erano più disponibili, mentre gli ospedali a un certo punto non hanno più avuto accesso alla materia prima.

L’unica cosa che restava da fare era quindi acquistare il farmaco di Leadiant, al prezzo richiesto. L’azienda farmaceutica è così riuscita a trasformare un farmaco vecchio, economico e non coperto da brevetto in un investimento da milioni di euro.

Sanzione da 20 milioni di euro: perché Leadiant è stata multata

La sanzione italiana arriva dopo quella olandese. Leadiant, infatti, era già stata sanzionata nel 2021 in Olanda con una multa di circa 20 milioni di euro.

Secondo l’autorità garante della concorrenza e del mercato olandese, Leadiant ha abusato della sua posizione dominante per imporre un prezzo troppo alto e ingiusto. Il costo del farmaco, infatti, non era commisurato ai limitati investimenti che l’azienda ha dovuto sostenere per poter portare il medicinale sul mercato. Cosa che, a fronte di rischi e costi molto bassi per l’impresa farmaceutica, ha garantito profitti altissimi dalla cura di una malattia rara.

L’acido chenodesossicolico (CDCA), infatti, non è un farmaco né nuovo, né innovativo. In poche parole: Leadiant non lo ha creato. Si tratta invece di un vecchissimo farmaco, da decenni in commercio in Europa e usato proprio per curare la malattia in questione ben prima che l’azienda farmaceutica iniziasse a commercializzarlo e a chiedere un prezzo centinaia di volte più alto di quello che il medicinale aveva fino a 30 anni fa, quando più imprese lo producevano.

Quindi il prezzo è ingiusto, o meglio, ingiustificato, perché il farmaco non è nuovo ma era già in uso da tempo, con un nome commerciale diverso e a un prezzo molto più basso. Leadiant, quindi, non ha introdotto alcuna innovazione sul mercato e di conseguenza non ha fatto un investimento tale che debba essere recuperato e ricompensato con un prezzo così elevato.

Secondo il garante, sarebbe stato più che sufficiente un terzo del prezzo per fare profitti significativi. Ma Leadiant ha abusato della sua posizione dominante sul mercato (essendo l’unica azienda a produrre il farmaco) per negoziare con il ministero della Salute e le assicurazioni sanitarie olandesi un prezzo eccessivo. Da qui la decisione dell’Autorità della sanzione di circa 20 milioni di euro (per la precisione 19.569.500 euro).

La multa è stata calcolata tenendo conto del periodo in cui l’azienda è stata sicuramente dominante (il periodo che va dall’autorizzazione europea alla cura della xantomatosi - metà del 2017 - al momento in cui in Olanda è iniziata la produzione stabile del medicinale e a costi più contenuti da parte dell’ospedale di Amsterdam, a fine 2019), del prezzo eccessivo richiesto per il farmaco (14.000 euro per confezione, utile per un mese), del numero di pazienti coinvolti (circa 50) e dei ricavi del periodo in questione.

L’impegno di Altroconsumo per un prezzo dei farmaci più giusto

Altroconsumo già in passato ha denunciato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato potenziali situazioni di abuso di posizione dominante o di intese illecite tra aziende farmaceutiche, dimostrando l’iniquità dei prezzi praticati. Un prezzo più giusto per i farmaci innovativi deve essere possibile.

Altroconsumo contribuisce al miglioramento del sistema sorvegliando le case farmaceutiche e segnalando eventuali anomalie all’Antitrust, come dimostrano i recenti casi di Sovaldi/Epatite C, Spinraza e CDCA Leadiant e quelli passati di Avastin-Lucentis e Aspen Pharma, ormai diventati mattoni fondamentali della dottrina antitrust in ambito farmaceutico.

Come organizzazione di cittadini abbiamo il dovere di far emergere le scorrettezze: questo è lo scopo della nostra attività, che ha ricevuto il supporto di Open Society Foundations (organizzazione internazionale che promuove la giustizia, l'istruzione, la sanità pubblica e i media indipendenti) attraverso il progetto AlexM. Quest’ultimo, basandosi sulla piena attuazione della legislazione Antitrust, mira ad affrontare la questione dei prezzi eccessivi dei medicinali per il trattamento di cancro e malattie rare, costantemente negoziati con le autorità nazionali a prezzi molto alti. L'obiettivo finale è di denunciare comportamenti scorretti alle autorità competenti e di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.