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Stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura. Ecco chi si salva

Il Governo blocca la possibilità di cedere il credito d'imposta o di ottenere lo sconto in fattura su tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, compreso quindi il Superbonus. Lo stop è operativo dal 17 febbraio, ma non vale per il sismabonus e l’eliminazione di barriere architettoniche. Ultima chance anche per infissi e caldaie. Cessione e sconto rimangono invece per chi ha già presentato la Cila. Ecco chi può ancora cedere il credito.

  • contributo tecnico di
  • Tatiana Oneta
05 aprile 2023
  • contributo tecnico di
  • Tatiana Oneta
Ristrutturazioni edilizie

Non si possono più cedere i crediti (o fare lo sconto in fattura) legati agli interventi di ristrutturazione edilizia, dal bonus casa all’ecobonus, fino al Superbonus il vero motore degli interventi edilizi “quasi” a costo zero pare essersi definitivamente spento. Già da qualche mese i nodi erano venuti al pettine per l’insostenibilità finanziaria del meccanismo della cessione del credito o dello sconto in fattura legato ai lavori di ristrutturazione, soprattutto per quanto riguarda il superbonus.

Con la conversione in legge del decreto cessioni a partire dal 17 febbraio 2023, solo alcuni lavori si salvano dal blocco totale. Vediamo insieme le novità.

Chi può ancora cedere il credito

Partiamo dalle certezze, sicuramente non vengono impattati dal blocco delle cessioni e dello sconto in fattura i lavori iniziati antecedentemente al 17 febbraio. In particolare, per quanto riguarda il Superbonus rimane la cessione:

  • per gli interventi effettuati dai condomini per i quali entro il 16 febbraio 2023 risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA (Comunicazione di inizio lavori asseverata);
  •  per gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici per i quali entro il 16 febbraio 2023 è stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo ma l’immobile da ristrutturare deve trovarsi in zona sismica 1, 2 o 3;
  • per tutti gli altri interventi per i quali è stata presentata la CILA entro il 16 febbraio 2023;
  • per gli interventi effettuati su immobili siti nei territori colpiti da eventi sismici a partire dal 1° aprile 2009 o da eventi metereologici a partire dal 15 settembre 2020. In entrambi i casi deve esser stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio.

Per le altre tipologie di interventi di ristrutturazione è possibile optare per la cessione se entro il 16 febbraio:

  • è stata presentata la richiesta del titolo abilitativo se necessario;
  • sono già iniziati i lavori (se non è necessario il titolo abilitativo);
  • risulta presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori per la costruzione di box o posti auto pertinenziali e per l’acquisto di immobili ristrutturati da imprese;
  • in caso di interventi quali la sostituzione di caldaie, infissi o pompe di calore sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori. La prova dell’accordo può avvenire tramite l’avvenuto versamento di acconti oppure da un’autocertificazione presentata sia dal cliente che dal fornitore.

Mentre in caso di interventi per l’abbattimento di barriere architettoniche non sono previsti vincoli temporali per accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura.

Chi non può più cedere il credito

La data spartiacque, come abbiamo visto è il 17 febbraio, in pratica tutti gli atti che hanno data antecedente si salvano, mentre per chi, per vari motivi, si è mosso tardi, non ci sono più possibilità per utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura. In particolare, gli interventi esclusi sono:

  • il bonus casa al 50%;
  • l’ecobonus;
  • il bonus facciate;
  • l’installazione di impianti fotovoltaici;
  • installazione di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici;
  • il superbonus. 

Le alternative alla cessione e allo sconto in fattura

Per tutti gli esclusi dalla cessione del credito e dallo sconto in fattura rimane la possibilità di utilizzare la detrazione in dichiarazione dei redditi. In questo modo le spese possono comunque esser recuperate con le percentuali di detrazione riconosciute per ogni tipologia di intervento. Ricorda che anche se non puoi scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura, il visto di conformità e l'asseverazione del tecnico sono necessari per presentare la dichiarazione dei redditi tramite intermediario o CAF. Non servono solo se fai la precompilata online dell'Agenzia delle entrate.

A questo punto nascono però dei problemi, innanzitutto la spesa va sostenuta anticipatamente e, soprattutto in alcuni casi come il Superbonus in cui l’esborso è ingente non è certo semplice trovare la liquidità necessaria.

Il recupero in più anni comporta una criticità da non sottovalutare: l’incapienza. Infatti, ammesso e non concesso di trovare i fondi necessari ad effettuare opere di valore ingente, il rischio concreto è quello di perdere la detrazione perché non si pagano abbastanza imposte. Questo problema riguarda non solo chi ha un reddito medio basso, ma anche chi ha solo redditi da tassazione separata, come la cedolare secca o la flat tax.

Il decreto è intervenuto permettendo di spalmare in 10 rate le detrazioni del Superbonus per le spese sostenute esclusivamente nel 2022

Nel caso particolaredel superbonus delle villette, nella pratica questa esclusione lo abolisce perché i limiti di reddito necessari per accedervi sono talmente bassi che nessuno avrebbe la capienza per portare in detrazione la spesa sostenuta nel 2023, a maggior ragione se rimane divisibile per solo 4 anni.

Facciamo un esempio, per una ristrutturazione che comporta una spesa di 100 mila euro e che prevede la possibilità di recuperare il 90% con il superbonus, di fatto il recupero della detrazione in dichiarazione dei redditi è possibile solo se per 4 anni si pagano almeno 22.500 euro di tasse che corrispondono a un reddito lordo di quasi 70 mila euro annui. In caso di superbonus per una villetta si tratta di un nucleo familiare di almeno 5 persone che non possiede altri redditi.

Le nuove responsabilità in caso di cessione

Dopo che il decreto aiuti bis aveva modificato la disciplina della responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto in fattura o di chi ha acquisito il credito d’imposta e di chi ha ceduto il credito d’imposta/detrazione (cedente in termini tecnici) limitandola ai soli casi di dolo e colpa grave, il decreto sullo stop alla cessione del credito è nuovamente intervenuto in materia eliminando la responsabilità solidale di chi riceve il credito in presenza di alcune condizioni.

In particolare, anche se rimangono le ipotesi di dolo (cioè quando l’azione fraudolenta è compiuta consapevolmente) non c’è co-responsabilità tra chi cede il credito e chi lo riceve se quest’ultimo è in possesso della seguente documentazione:

  • titolo edilizio abilitativo degli interventi. Nel caso di interventi in regime di edilizia libera, autocertificazione, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori ed attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia rientrano tra quelli agevolabili;
  • notifica preliminare dell'avvio dei lavori all'azienda sanitaria locale;
  • visura catastale ante operam dell'immobile oggetto degli interventi, o domanda di accatastamento;
  • fatture, ricevute o altri documenti comprovanti le spese sostenute e il loro pagamento;
  • asseverazioni, quando obbligatorie per legge;
  • nel caso di interventi su parti comuni di edifici condominiali, delibera condominiale di approvazione dei lavori e relativa tabella di ripartizione delle spese tra i condomini;
  • nel caso di interventi di efficienza energetica, il documento riportante i Requisiti tecnici   per l'accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici - cd. Ecobonus;
  • visto di conformità dei dati relativi alla documentazione;

Il mancato possesso di parte della documentazione non costituisce, da solo, causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave di chi riceve il credito che può fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza. 

Dolo e colpa grave

Di fatto, la normativa attuale indica quali sono le caratteristiche da utilizzare per la valutazione della responsabilità e cioè il dolo o la colpa grave e il concorso nella violazione.

Si parla di azione dolosa quando la violazione viene “attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta oppure è diretta a ostacolare l’attività di accertamento”. In pratica, c’è la volontà consapevole di evadere. Ad esempio, si ha dolo quando chi riceve il credito è consapevole che questo sia inesistente perché si è accordato con chi l’ha ceduto per crearlo fittiziamente, oppure se l’inesistenza del credito sia palese e chi lo riceve lo usa comunque in compensazione con le proprie imposte.

Si parla di colpa grave quando “l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari”. In pratica, quando il comportamento viola leggi tributarie palesi e per la valutazione del “grado della colpa” si fa riferimento anche all’attività professionale svolta da chi ha compiuto l’illecito. Ad esempio, quando chi ha acquistato i crediti d’imposta non ha richiesto alcun documento o dai documenti risultino errori macroscopici.

Per capire quale sia la portata dell’illecito, sono stati individuati degli indici di diligenza che verranno utilizzati dall’Amministrazione finanziaria in sede di controllo. Sostanzialmente, in base alle caratteristiche soggettive e oggettive di chi riceve il credito si può stabilire se ci sia stato un concorso nella violazione.

Cessione del credito: come funziona

Abbiamo visto che la cessione non è più possibile per i nuovi interventi, ma per i fortunati che possono ancora accedere a questa opzione le regole rimangono invariate.

Il decreto rilancio del 2020 ha introdotto la possibilità di cedere le detrazioni che danno diritto al superbonus allargando questa possibilità anche ai lavori di ristrutturazione edilizia (così detto Bonus casa), all’ecobonus e al sismabonus ottenendo lo sconto direttamente in fattura dal fornitore oppure ricevendo il rimborso di quanto speso anche da banche o istituti finanziari. Tuttavia, anche per le altre detrazioni, per poter accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura, occorre prima ottenere il visto di conformità da parte di un CAF o di un professionista abilitato e l’asseverazione di un tecnico abilitato sulla congruità delle spese sostenute nel rispetto dei costi massimi specifici per tipologia di intervento 

Cessione del credito o sconto in fattura?

Al posto della detrazione puoi scegliere di ottenere uno sconto di pari importo in fattura applicato direttamente dal fornitore pari al massimo all’importo da pagare. Pertanto, se fai un intervento di ristrutturazione che costa 10.000, che dà diritto a una detrazione del 50%, pagherai solo 5.000 euro al fornitore. Se la stessa spesa dà diritto alla detrazione del 110% non pagherai nulla ma non recupererai i 1.000 euro di detrazione aggiuntiva che otterresti indicandola nella tua dichiarazione dei redditi ma che verrebbe recuperata in più anni.

Il fornitore invece può utilizzare la detrazione ottenuta sotto forma di credito d’imposta ma può cederla a sua volta solo a intermediari finanziari, istituti di credito o imprese di assicurazione. In particolare, nel caso gli venga ceduto un credito d’imposta da superbonus, avrà a disposizione anche quel 10% che non ha riconosciuto come sconto in fattura. Ad esempio, per una spesa di 10.000 euro che ha scontato totalmente ottiene un credito d’imposta di 11.000 da utilizzare in 4 anni perché la detrazione originaria prevede questo tempo di recupero della spesa.

In alternativa, puoi scegliere di “trasformare” la detrazione in credito d’imposta e cederlo direttamente ad altri soggetti, che potranno utilizzarlo in compensazione delle imposte dovute con lo stesso numero di rate che prevede la detrazione originaria. In questo caso, cedi l’esatto importo della detrazione, pertanto nel caso del superbonus con detrazione al 110%, per una spesa di 10.000 euro cedi un credito di 11.000 euro. 

L’opzione della cessione può essere effettuata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori che, con riferimento agli interventi che danno diritto al Superbonus, non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo. Il primo stato di avanzamento, inoltre, deve riferirsi ad almeno il 30% e il secondo ad almeno il 60% dell’intervento medesimo.

Se più persone hanno diritto alla detrazione per la spesa sostenuta, possono decidere ognuna in totale autonomia sull’utilizzo della stessa. Pertanto, anche in caso di interventi condominiali, non deve esser necessariamente il condominio che opta per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, ogni condomino può decidere per sé.

Ricorda che la cessione del credito come lo sconto in fattura non sono mai a costo zero, ogni operatore applica una commissione più o meno elevata, quindi, è bene informarsi e fare due conti prima di accettare preventivi. 

Il credito si cede anche ai correntisti

A causa del proliferare dei tentativi di frode ai danni del fisco, il Governo ha stabilito che una volta che la detrazione è stata ceduta, il ricevente la può cedere esclusivamente a banche, intermediari finanziari o imprese di assicurazione che a loro volta possono cedere il credito a loro correntisti diversi dalle persone fisiche. In pratica al consumatore non cambia molto, rimane la possibilità di optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito a terzi, compresi gli istituti di credito. Gli effetti di questa misura si hanno principalmente sulle imprese che possono cedere a loro volta il credito d’imposta che hanno ricevuto esclusivamente ai soggetti che abbiamo appena visto, escludendo la possibilità di usare i crediti d’imposta tra imprese del settore.

Solo le banche possono accedere ad una ulteriore cessione nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche che abbiano un conto corrente presso di loro o presso la casa madre cui appartengono.

Quando viene comunicata la cessione del credito all’Agenzia delle entrate, assegna un codice univoco alla somma ceduta e questa diventa “indivisibile”, in pratica non possono esser fatte cessioni parziali ulteriori. La somma ceduta, a questo punto può esser oggetto di ulteriori cessioni, ma a determinate condizioni. Infatti, lo schema possibile di cessione è il seguente:

  • contribuente cede a fornitore o direttamente alla banca/finanziaria;
  • i fornitori possono cedere ad altri soggetti il credito ricevuto, comprese banche e finanziarie;
  • i riceventi a questo punto possono fare una sola ulteriore cessione del credito ai soggetti qualificati cioè banche o intermediari finanziari;
  • i soggetti qualificati possono cedere ancora una volta il credito ma solo ad altri soggetti qualificati;
  • alle banche e alle società appartenenti ad un gruppo bancario “vigilato” è sempre consentita la cessione a favore dei clienti professionali privati, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, o con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.

Il ricevente, chiunque esso sia, potrà esclusivamente utilizzare il credito d’imposta nei tempi legati alla detrazione che lo ha originato, se ad esempio stiamo parlando di superbonus il credito sarà utilizzabile in 4 anni.

Quando la cessione è obbligatoria

L’opzione della cessione del credito è l’unica opzione disponibile se percepisci solo redditi soggetti a tassazione separata, imposta sostitutiva (ad esempio hai aderito al regime forfettario o percepisci solo redditi da cedolare secca sulle locazioni) oppure rientri nella no tax area e per questo sei incapiente cioè non hai un’imposta lorda da ridurre tramite l’utilizzo della detrazione. Non è possibile optare per la cessione del credito se non si producono redditi imponibili, perché in questo caso non si ha diritto nemmeno alla detrazione che dà origine all’eventuale credito d’imposta cedibile. 

Il visto di conformità e asseverazione

Per poter ceder il credito occorre il visto di conformità di un CAF o di un professionista abilitato che lo appone sulla documentazione richiesta dalla normativa (fatture, bonifici parlanti, attestazioni, asseverazioni…). Inoltre, un tecnico abilitato deve asseverare la congruità dei prezzi in riferimento ai prezziari individuati dal Mise ei valori massimi stabiliti per divisi per tipologia di intervento dal Ministero per la transizione ecologica. Il superamento dei costi dei lavori edilizi rispetto alle cifre massime stabilite dal Ministero, comporta l’applicazione delle agevolazioni fiscali solo fino a quel tetto, la parte di spesa eccedente non rientra nel bonus fiscale.

Tuttavia, se si decide di conservare la detrazione e inserirla in dichiarazione dei redditi, presentandola in autonomia o tramite il sostituto d’imposta, queste operazioni non sono necessarie. Viceversa, se la dichiarazione viene presentata tramite un CAF o un professionista abilitato, occorre l’asseverazione del tecnico e il visto di conformità.

Le spese sostenute per ottenere il visto di conformità e le asseverazioni sono detraibili con la stessa percentuale applicata agli interventi cui si riferiscono.

Per gli interventi di valore inferiore a 10.000 euro, effettuati su singoli immobili o condomini, ad esclusione del bonus facciate, non viene richiesto né il visto di conformità sulla documentazione né l'asseverazione del tecnico. Allo stesso modo non è necessario per le opere classificate come “edilizia libera” dalla normativa edilizia di riferimento.

Come cedere la detrazione

La cessione deve esser comunicata dal beneficiario della detrazione direttamente in via telematica tramite il sito dell’Agenzia delle entrate oppure rivolgendosi a CAF o professionisti abilitati (commercialisti, consulenti del lavoro…). 

In caso di lavori condominiali per i quali tutti hanno optato per la cessione, è l’amministratore che si occupa della comunicazione. Se invece il singolo condomino opta per la cessione deve darne comunicazione all’amministratore ma occuparsi autonomamente della comunicazione all’Agenzia delle entrate.

Per comunicare la cessione del credito devi collegarti al sito dell’Agenzia delle entrate e loggarti utilizzando Spid o la carta d'identità elettronica. Una volta entrato nella tua scrivania, dal menu sulla sinistra devi selezionare "servizi per" e poi "comunicare". A questo punto, dall'elenco che compare seleziona "comunicazione opzione cessione/sconto" per accedere al modello da compilare telematicamente e le relative istruzioni di compilazione. Ricorda che la comunicazione deve esser fatta entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione ceduta.

Per il solo 2022 la comunicazione può esser presentata entro il 30 novembre 2023, se il contratto di cessione non è stato sottoscritto entro il 31 marzo 2023 e se la cessione è fatta nei confronti di banche e finanziarie. Questa opzione però ha un costo di 250 euro a titolo di sanzione.

Entro 5 giorni dall’invio della comunicazione, viene rilasciata una ricevuta di accettazione o di scarto della richiesta. Entro il giorno cinque del mese successivo a quello di invio, puoi annullare la comunicazione presentata o inviarne una interamente sostitutiva della precedente.

Rimediare agli errori

In caso di errori nella compilazione della comunicazione della cessione del credito all’Agenzia delle entrate, sono state individuate diverse vie percorribili a seconda dell’errore commesso.

L’Agenzia delle entrate fornirà un indirizzo di posta elettronica certificata PEC a cui inviare tutte le segnalazioni e le istanze di rettifica degli errori.

In particolare, se ci si accorge dell’errore nella compilazione delle Comunicazione è possibile trasmettere una Comunicazione sostitutiva entro il quinto giorno del mese successivo a quello di invio della comunicazione errata.

In caso di errori formali (codice fiscale del rappresentante del cedente, telefono, mail, codice identificativo dell0asseverazione presentata all’Enea, dati catastali…) la cessione non perde efficacia e il credito può continuare a circolare. Per gli errori sostanziali (codice fiscale del cedente, codice dell’intervento realizzato da cui dipende la percentuale di detrazione spettante…) l’Agenzia delle entrate sta predisponendo una funzione sulla piattaforma di invio delle comunicazioni di cessione del credito che permette di annullare la comunicazione e ripresentarla con l’accordo delle parti coinvolte.

In caso di ritardo nel presentare la comunicazione di cessione del credito, è consentito l’invio della comunicazione entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi utile successiva alla scadenza annuale di trasmissione della comunicazione. Ovviamente, benché non si perda il diritto alla cessione del credito e al suo utilizzo in compensazione, l’invio oltre il termine del 31 marzo è sanzionato.

Controlli preventivi

L’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione della cessione del credito, se rileva profili di rischio, può sospendere per massimo 30 giorni gli effetti della cessione del credito ed effettuare i relativi controlli.

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri riferiti a:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
  • dati relativi ai crediti ceduti e ai soggetti che intervengono nella cessione, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni di cessione. 

Se dal controllo risultano confermati i rischi, viene notificato a chi ha effettuato la comunicazione della cessione che questa non si considera valida.

Se, invece, i rischi non risultano confermati, o si superano i 30 giorni di sospensione, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo iter naturale. 

Se viene accertata la non spettanza, anche parziale, della detrazione in capo al contribuente, il recupero del relativo importo sarà maggiorato di interessi e sanzione. Infatti, se durante i controlli dell’Agenzia delle entrate o di ENEA viene accertato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, chi ha ottenuto il credito d’imposta in buona fede non perde il diritto di utilizzarlo. L’Agenzia può comunicare l’irregolarità entro i 5 anni successivi a quello in cui è stata commessa la violazione.

Finanziato dal MiSE. Legge 388/2000 - ANNO 2021