Etichette alimentari: messaggi più chiari
Confezioni usate per attrarre i clienti? Giusto, ma diciamo no ai messaggi fuorvianti. E proponiamo ai produttori un patto di fiducia reciproca. Già molte aziende, in questi anni, hanno provveduto a modificare in meglio le loro etichette, anche grazie alle nostre segnalazioni.

Quella che si combatte sugli scaffali è una guerra all’ultimo slogan. Per sbaragliare i concorrenti e spingere il consumatore all’acquisto, i prodotti sono presentati con immagini e parole che solleticano il bisogno sempre più avvertito di scegliere alimenti buoni, sani, genuini, leggeri ed ecosostenibili. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Da che mondo è mondo qualunque venditore degno di questo nome tesse le lodi della propria mercanzia. Tuttavia, c’è un modo per farsi notare e un modo per farsi ricordare. Se nell’immediatezza dell’acquisto possono anche funzionare certe forzature, alla lunga sono la qualità del prodotto e la fiducia nel produttore che vengono ricordati e premiati. Occorrono «vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per distruggerla». Oggi questa celebre frase dell’imprenditore e filantropo Warren Buffett è più vera che mai, perché i consumatori sono sempre più attenti, informati e consapevoli, e sono sempre meno numerosi quelli fedeli a prescindere a un prodotto e a una marca.
Il manifesto per un patto con le aziende
Per tutte queste ragioni proponiamo ai produttori un patto di fiducia reciproca. Lo facciamo attraverso "L’etichetta che vorrei", un manifesto in sette punti, che altro non sono che sette auree regolette. Nel complesso il manifesto disegna l’etichetta ideale secondo Altroconsumo, un’etichetta nella quale non hanno diritto di cittadinanza le manipolazioni linguistiche, i trucchetti, le bugie, le mezze verità, le scorrettezze (piccole o grandi che siano).
Il manifesto in sette punti
Nella gallery ciascun punto del manifesto viene illustrato con un esempio di prodotto e accompagnato da un commento e da una proposta di modifica dell’etichetta. Ci impegniamo sin d’ora a dare merito ai produttori che accoglieranno le nostre richieste, segnalando sulle riviste e sul sito i prodotti le cui etichette saranno state modificate alla luce dei rilievi qui espressi.
EDULCORANTI Non ha zuccheri aggiunti, ma la dolcezza è data dagli edulcoranti, la cui presenza è indicata solo sul retro. Perché non dirlo anche sul fronte? Gli edulcoranti non sono il demonio, ma è bene limitarli.
DISTINGUERE LE FONTI Le patatine salutiste proprio no. Aggiungere slogan nutrizionali - in questo caso “fonte di fibre” - per conferire un’aura positiva a un alimento ricco di sale e grassi, è una pratica che andrebbe evitata. Nessun alimento con un profilo nutrizionale discutibile (come certi snack, merendine o bibite) dovrebbe avere claim nutrizionali o salutistici.
SE VUOI ESSERE INTEGRALE Ci sono la farina di riso e quella di mais. E pure un 3% di quinoa. Ma nessuno di questi cereali è integrale, neppure il riso, nonostante sulla confezione dei crackers Scotti si sottolinei il contrario. C’è l’aggiunta di cruschello a giustificare (legalmente) l’utilizzo del termine integrale. Ma a nostro avviso questo dovrebbe essere possibile solo se tutta la farina impiegata deriva da cereali integrali.
IN QUALE QUANTITÀ? Porre l’accento su un ingrediente pregiato è una scelta cui pochi produttori sanno resistere, ma che rischia di deludere le aspettative dei consumatori. Nonostante l’enfasi data al salmone, nel formaggio spalmabile Philadelphia è presente con il 3%. Sarebbe meglio riportare questa percentuale (e con la stessa evidenza) accanto alla scritta “salmone norvegese”.
FOTO PIÙ REALISTICHE Alle foto artefatte abbiamo fatto l’abitudine. Diamo per scontato che abbiano “il solo scopo di presentare il prodotto”. Ma possono dei frollini che si autoproclamano “biscotti con gocce di cioccolato” essere così diversi - vedi le foto reali sotto - da come appaiono sulla confezione?
LA GIUSTA PERCENTUALE DI INGREDIENTI Quanta frutta ha uno yogurt alla frutta? Semplice, direte voi, basta leggere la lista degli ingredienti. In questo esempio le ciliegie rappresentano il 59% non del totale ma della sola preparazione di frutta (23% del totale). A conti fatti, la presenza di ciliegie è pari al 13,6% del prodotto finito. Non era meglio dirlo subito?
TRADIZIONI FANTASIOSE Tradizionale, naturale, artigianale sono richiami attraenti, perché evocano la genuinità e i ritmi lenti di un savoir faire d’altri tempi. Poiché non esistono definizioni di legge che regolino l’uso di questi slogan, i produttori se ne servono con disinvoltura. Il “croissant tradizionale” di Bauli contiene proteine di pisello, emulsionanti e aromi artificiali. La nonna li faceva proprio così?

EDULCORANTI Non ha zuccheri aggiunti, ma la dolcezza è data dagli edulcoranti, la cui presenza è indicata solo sul retro. Perché non dirlo anche sul fronte? Gli edulcoranti non sono il demonio, ma è bene limitarli.

DISTINGUERE LE FONTI Le patatine salutiste proprio no. Aggiungere slogan nutrizionali - in questo caso “fonte di fibre” - per conferire un’aura positiva a un alimento ricco di sale e grassi, è una pratica che andrebbe evitata. Nessun alimento con un profilo nutrizionale discutibile (come certi snack, merendine o bibite) dovrebbe avere claim nutrizionali o salutistici.

SE VUOI ESSERE INTEGRALE Ci sono la farina di riso e quella di mais. E pure un 3% di quinoa. Ma nessuno di questi cereali è integrale, neppure il riso, nonostante sulla confezione dei crackers Scotti si sottolinei il contrario. C’è l’aggiunta di cruschello a giustificare (legalmente) l’utilizzo del termine integrale. Ma a nostro avviso questo dovrebbe essere possibile solo se tutta la farina impiegata deriva da cereali integrali.

IN QUALE QUANTITÀ? Porre l’accento su un ingrediente pregiato è una scelta cui pochi produttori sanno resistere, ma che rischia di deludere le aspettative dei consumatori. Nonostante l’enfasi data al salmone, nel formaggio spalmabile Philadelphia è presente con il 3%. Sarebbe meglio riportare questa percentuale (e con la stessa evidenza) accanto alla scritta “salmone norvegese”.

FOTO PIÙ REALISTICHE Alle foto artefatte abbiamo fatto l’abitudine. Diamo per scontato che abbiano “il solo scopo di presentare il prodotto”. Ma possono dei frollini che si autoproclamano “biscotti con gocce di cioccolato” essere così diversi - vedi le foto reali sotto - da come appaiono sulla confezione?

LA GIUSTA PERCENTUALE DI INGREDIENTI Quanta frutta ha uno yogurt alla frutta? Semplice, direte voi, basta leggere la lista degli ingredienti. In questo esempio le ciliegie rappresentano il 59% non del totale ma della sola preparazione di frutta (23% del totale). A conti fatti, la presenza di ciliegie è pari al 13,6% del prodotto finito. Non era meglio dirlo subito?

TRADIZIONI FANTASIOSE Tradizionale, naturale, artigianale sono richiami attraenti, perché evocano la genuinità e i ritmi lenti di un savoir faire d’altri tempi. Poiché non esistono definizioni di legge che regolino l’uso di questi slogan, i produttori se ne servono con disinvoltura. Il “croissant tradizionale” di Bauli contiene proteine di pisello, emulsionanti e aromi artificiali. La nonna li faceva proprio così?