Bonus dipendenti: al via il bonus affitto da 5 mila euro per i neoassunti
La manovra di bilancio per il 2025 ha confermato i bonus dipendenti da mille euro per i prossimi 3 anni e ne ha introdotto uno specifico da 5 mila euro per i neoassunti che devono trasferire la propria residenza per motivi di lavoro. Ecco come funzionano i contributi a favore dei dipendenti per far fronte ai rincari delle bollette o al pagamento di mutui e affitti.

Con la manovra di bilancio, è stata estesa a tutto il triennio 2025-2027 la possibilità per le aziende di erogare benefit esenti da imposta per i dipendenti. Normalmente il limite massimo esente da imposta per i lavoratori che lo ricevono è di 258 euro, ma nel 2025 e fino al 2026, il limite è di mille euro per tutti, cifra che raddoppia in caso di dipendenti con figli. Inoltre, è stata prevista l'esenzione dall'imposta fino a 5 mila euro per gli incentivi erogati ai neoassunti che devono trasferire la propria residenza per lavoro.
Oltre al bonus per i neoassunti che cambiano residenza, nell’articolo trovi anche tutte le informazioni utili sul cosiddetto bonus dipendenti: chi può ottenerlo, come funziona e quali sono gli importi previsti.
Torna all'inizioIl bonus affitto per i neoassunti
Nel 2025 parte un nuovo benefit aziendale per i neoassunti che:
- hanno trasferito la residenza ad almeno 100 chilometri dalla propria residenza precedente per spostarla nel Comune dove ha sede il nuovo lavoro;
- nell’anno precedente all’assunzione hanno posseduto un reddito da lavoro dipendente massimo di 35 mila euro.
Quanto erogato dall’azienda al dipendente per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione della casa presa in locazione dal dipendente non costituisce reddito per quest’ultimo fino a un massimo di 5 mila euro annui, per ognuno dei primi due anni di lavoro. Queste somme rimangono però imponibili ai fini previdenziali e vengono conteggiate all’interno dell’Isee. Per il calcolo del reddito non si considerano i redditi soggetti a tassazione separata.
Come ottenere il bonus
Innanzitutto è bene ricordare che l’erogazione del contributo è a discrezione dell’azienda che non è in alcun modo obbligata a corrisponderlo al lavoratore neoassunto.
Per aver diritto a non pagare le imposte su quanto erogato dall’azienda, il lavoratore deve essere titolare di un contratto di locazione regolarmente registrato, di qualunque tipo, purché sia riferito all’unità immobiliare dove deve trasferire la residenza entro il termine in cui il datore di lavoro fa i conguagli in busta paga. In pratica, l’esenzione spetta dalla data di assunzione purché:
- la residenza sia trasferita nel Comune della sede di lavoro entro il termine delle operazioni di conguaglio (o entro la data di cessazione del rapporto di lavoro)
- si tratti di spese sostenute a decorrere dalla data di assunzione.
Il lavoratore deve rilasciare un’autocertificazione al datore di lavoro in cui attesti il luogo di residenza nei sei mesi precedenti la data di assunzione allegando copia del documento d’identità. Inoltre, è necessario che le copie del contratto di locazione e degli altri documenti utili a documentare le spese siano rese disponibili al datore di lavoro e conservate per un eventuale controllo.
Per quanto riguarda invece il requisito della distanza di più di 100 chilometri fra il Comune di residenza e quello di lavoro, bisogna tenere conto della distanza chilometrica più breve tra i due Comuni, calcolata con una qualsiasi delle vie di comunicazione esistenti, ad esempio ferroviaria o stradale. Il requisito è rispettato se almeno uno dei collegamenti risulta superiore a cento chilometri.
Attenzione a detrarre l’affitto nel 730
Ovviamente, le spese e i canoni d’affitto rimborsati dal datore di lavoro non possono essere portate in detrazione nella dichiarazione dei redditi perché non sono state realmente sostenute. Tuttavia, se il canone di locazione che viene versato dal lavoratore è superiore a quanto rimborsato dal datore di lavoro, è possibile ottenere le detrazioni forfetarie tramite il 730 (se si possiedono i relativi requisiti per averne diritto).
Quanto vale il bonus
La norma prevede che l’agevolazione spetta per un massimo di 5 mila euro annui nei primi due anni dall’assunzione, in pratica il limite deve essere riferito ai ventiquattro mesi che decorrono dalla data di assunzione a tempo indeterminato fatta nel 2025.
Se il rimborso è superiore, la soglia dei 5 mila euro annui diventa una franchigia, la parte eccedente infatti farà parte del reddito annuo del dipendente, su cui calcolare le imposte. Ad esempio: un lavoratore assunto con un contratto a tempo indeterminato il 1° ottobre 2025 ha diritto al beneficio fino al 30 settembre 2027 e il limite complessivo annuo di 5.000 euro vale per i periodi dal 1° ottobre 2025 al 30 settembre 2026 (primo anno) e dal 1° ottobre 2026 al 30 settembre 2027 (secondo anno). Tuttavia, il rimborso non può superare i 5 mila euro annui per due anni, di conseguenza nel nostro esempio a fronte di un canone annuo di 12.000 euro, nel primo anno vengono rimborsati 3.000 euro ma nel secondo anno non è possibile rimborsare 7.000 euro, stante il limite annuo di 5.000 euro.
Torna all'inizioBonus dipendenti: tutto quello che c'è da sapere
Il bonus dipendenti è destinato a tutti i dipendenti per un massimo di mille euro, mentre per chi ha figli l'importo massimo esente da imposta è stato abbassato a 2 mila euro. Rispetto al passato c'è una novità, infatti, tra le spese cui può esser destinato il welfare aziendale figurano anche quelle sostenute per l'affitto o gli interessi del mutuo per la prima casa, con l'accezione di abitazione principale.
È bene comunque ribadire che si tratta di benefit che il datore di lavoro non è obbligato a dare ai dipendenti, e che spetta solo al datore di lavoro scegliere se e a chi erogare il benefit. Vediamo allora come funziona oggi questo bonus e come viene concesso.
Leggi anche il nostro speciale sul bonus mutuo 2024.
Chi può riceverlo
Il bonus spetta ai dipendenti delle aziende che decidono liberamente di riconoscerlo nel limite massimo di mille euro, che diventano 2 mila per i dipendenti con figli.
Il bonus può esser erogato solo dalle aziende che operano nel settore privato, sono quindi escluse le pubbliche amministrazioni. I beneficiari sono esclusivamente i lavoratori dipendenti, cioè coloro che percepiscono uno stipendio da lavoro dipendente. Chi riceve il contributo non paga alcuna imposta. Allo stesso modo, l’azienda lo deduce completamente dal proprio reddito.
Normalmente questo importo ha un limite massimo di 258 euro annui, ma negli ultimi anni si è assistito ad un notevole incremento temporaneo di questa soglia per permettere alle aziende di venire incontro alle mutate esigenze economiche dei lavoratori. In pratica, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore, compreso non concorrono, entro il limite di mille o due mila euro a formare il reddito di lavoro dipendente, di conseguenza non sono tassati. Ricordiamo però che in caso di superamento della soglia la tassazione avviene su tutto l’importo perché le soglie non rappresentano una franchigia.
All'interno di questo limite non rientra il bonus benzina che non concorre al raggiungimento del limite di spesa massimo per le erogazioni di beni e servizi da parte dell'azienda.
Come si può ottenere il bonus
I beneficiari dell’agevolazione possono essere i lavoratori dipendenti e coloro che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Per i dipendenti con figli, si ricorda che questi devono essere fiscalmente a carico per tutto il 2024. Se concessa dal datore di lavoro, l’agevolazione può spettare interamente a ogni genitore, anche con un solo figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi, a prescindere dalla percezione delle detrazioni per figli con più di 21 anni o dell’assegno unico universale.
Per poter ottenere il bonus il lavoratore deve presentare una dichiarazione al datore di lavoro in cui conferma di avervi diritto, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico. Allo stesso modo, qualora non ci siano più i presupposti per ottenerlo, ad esempio perché il figlio ha iniziato a percepire un reddito che non lo fa più risultare a carico del lavoratore bisogna comunicarlo prontamente al datore di lavoro che può effettuare i conguagli. Non esiste un modello di dichiarazione ufficiale, infatti, può essere effettuata secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore.
Quali spese può coprire il bonus dipendenti?
Come abbiamo detto il bonus dipendenti può esser concesso come esenzione dal reddito per l’erogazione di beni o servizi da parte del datore di lavoro. Limitatamente al 2024 queste erogazioni volontarie comprendono anche:
- il pagamento delle utenze domestiche (luce, gas, acqua);
- i canoni di locazione;
- gli interessi del mutuo.
In caso di erogazione di contributi per il pagamento dell’affitto o degli interessi del mutuo, i bonus devono coprire solo quelli che riguardano l’abitazione principale del dipendente o dei suoi famigliari.
Per quanto riguarda il pagamento delle utenze domestiche, i contributi possono riguardare immobili ad uso abitativo del dipendente, del coniuge o dei suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano stabilito la residenza o il domicilio. L’unica condizione necessaria è che ne sostengano effettivamente le relative spese.
Rientrano tra le utenze agevolabili per i dipendenti anche quelle per uso domestico intestate al condominio, che vengono ripartite fra i condomini (per la quota rimasta a carico del singolo condomino) e quelle intestate al locatore se nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito non forfetario a carico del locatario (o del coniuge e familiari).
In ogni caso ogni singola utenza può usufruire di un solo contributo.
Ai fini dei controlli fiscali, l’azienda deve acquisire e conservare la documentazione per giustificare la somma spesa e la sua inclusione nel limite massimo concesso al dipendente per non esser conteggiato tra i redditi. In alternativa, il datore di lavoro può acquisire un’autocertificazione con la quale il lavoratore richiedente attesti di essere in possesso della documentazione che prova il pagamento delle utenze domestiche per le quali riporta nell’autocertificazione gli elementi necessari per identificarle: il numero e l’intestatario della fattura (e se diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo), la tipologia di utenza, l’importo pagato, la data e le modalità di pagamento.
Inoltre, il dipendente deve presentare un’autocertificazione al datore di lavoro in cui attesta che le stesse fatture non sono state oggetto di richiesta di rimborso totale o parziale. Tutta la documentazione presentata deve esser conservata anche dal dipendente per eventuali controlli fiscali.
Le somme possono esser erogate dal datore di lavoro nel 2024 ed entro il 12 gennaio 2023, tuttavia, possono riferirsi anche a fatture che saranno emesse nel 2025 per consumi effettuati nel 2024. Questo significa che, in caso di contributi già erogati nei mesi passati, sia il dipendente che l'azienda possono recuperare le imposte indebitamente versate.
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