Centrali nucleari: l'Italia aggiorna il piano in caso di emergenza. Ecco cosa prevede
La Protezione Civile aggiorna il Piano nazionale per le emergenze nucleari. Un documento che dovrebbe riportare tutte le operazioni da mettere in campo per assistere e proteggere gli italiani in caso di disastro nucleare. Un tema di cui si è tornati a parlare per via della guerra in Ucraina. Ecco che cosa prevede il nuovo piano.
- di
- Luca Cartapatti

Forse memore di non aver rinnovato per tempo il Piano pandemico (che, lo ricordiamo, non veniva aggiornato da 10 anni quando il Covid-19 colpì anche l'Italia nel 2020), ora la Protezione Civile mette le mani avanti sull'emergenza nucleare. Il Capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio ha infatti firmato l'aggiornamento del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari che dovrebbe riportare tutte le operazioni da mettere in campo per assistere e proteggere la popolazione italiana in caso di disastro nucleare.
Le notizie sullo stato delle centrali di Chernobyl e Zaporizhzhia nelle mani dei russi (e delle altre disperse sul territorio ucraino messo a ferro e fuoco dai carri armati di Putin) sono poche e frammentarie. Questo, nonostante al momento non ci sia notizia di alcun pericolo di fughe radioattive, è evidentemente bastato alla Protezione Civile per decidere di aggiornare il piano, rassicurando però nel contempo i cittadini sull'inutilità di correre ad acquistare pasticche di iodio in farmacia o di pensare a bunker antiatomici nelle abitazioni.
I tre step previsti dal piano
Cosa prevede allora il piano del Governo? Il documento individua tre casistiche ben distinte, con tre livelli di emergenza differenti, stabiliti in base alla distanza di un'eventuale nube radioattiva dai confini italiani: meno di 200km, tra 200 e 1.000km e infine più di 1.000km di distanza. Vediamo cosa prevedono le procedure in questi tre casi.
- Entro i 200km. Se l'eventuale fuga radioattiva avvenisse in una centrale a meno di 200Km di distanza dai nostri confini scatterebbe l'allarme più grave; tanto per cominciare ci sarebbe il blocco del traffico, poi l'intera popolazione verrebbe invitata a chiudersi nelle proprie case per un periodo non più lungo di due giorni e scatterebbe la cosiddetta iodioprofilassi, ovvero la distribuzione gratuita da parte della Protezione Civile di pasticche di iodio ad alto dosaggio, nei corretti dosaggi in base alle fasce d'età (bambini, ragazzi, giovani adulti e donne incinte). Per gli adulti sopra i 40 anni la iodioprofilassi causerebbe più problemi che benefici.
- Tra i 200 e i 1.000km. In questo caso nessun isolamento in casa e nessuna profilassi allo iodio. Sono previsti però interventi indiretti sul territorio, come ad esempio l'intensificazione dei controlli su latte, frutta e verdura a foglia larga, su tutta la filiera agroalimentare italiana e sulle importazioni dall’estero.
- Oltre i 1.000km. In caso di fonti radioattive così distanti, gli interventi si limiterebbero ai soli controlli sui prodotti provenienti dall’estero e sul rientro in sicurezza di cittadini italiani eventualmente esposti alle radiazioni.
Ma quanto sono distanti le centrali ucraine?
Iniziamo col dire che in caso di incidente e di fughe radioattive presso una qualsiasi centrale ucraina scatterebbe con ogni probabilità soltanto la terza procedura, ovvero quella che non prevede altro se non un controllo più attento sui prodotti che arrivano dall'estero. Nessuno scenario apocalittico, quindi, e nessuna necessità di correre a fare scorte di pasticche di iodio.
Per dare qualche dato, in linea d'aria (ovvero quella che seguirebbe un'eventuale nube radioattiva) Milano e Kiev distano poco meno di 1.700Km. Se si prende Trieste come città più a nord-est e quindi più vicina potenzialmente all'Ucraina, la centrale di Chernobyl dista oltre 1.360Km. Più distante ancora la centrale di Zaporizhzhia (la più grossa d'Europa e caduta di recente in mano russa), lontana oltre 1.640Km da Trieste e quasi 2.000Km da Milano.
Ne abbiamo di più vicine
Perché allora contemplare nel Piano della Protezione Civile anche distanze entro i 200Km? Perché un Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari deve prevedere anche scenari di incidenti o fughe radioattive in reattori che si trovano alle porte di casa nostra. Se l'Italia, come si sa, non ha nessuna centrale attiva sul suo territorio, in Europa ce ne sono attive ben 107, in 13 paesi diversi; ed entro i 200km dal confine ci sono impianti in Svizzera, Francia e Slovenia. Solo in caso di incidente in questi impianti scatterebbe il piano con le condizioni più stringenti.
Cosa succede in caso di emergenza
Nonostante le scarse informazioni che arrivano dalle centrali ucraine, la situazione è dunque tranquilla sotto il punto di vista di un pericolo nucleare. Esiste un monitoraggio automatizzato (collegato al sistema di monitoraggio dell'Arpa, l'Agenzia governativa per la protezione ambientale) di 60 centrali europee 24 ore su 24, in grado di rilevare eventuali anomalie e trasmettere i dati in tutta Europa. In caso di allarme nucleare in Italia, la gestione dell'emergenza spetterebbe al direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare.
Va detto che le distanze contemplate nei tre casi dal Piano nazionale sono solo indicative, perché la presenza di un'eventuale nube radioattiva sarebbe condizionata dalla situazione meteo, dei venti e delle precipitazioni. Tuttavia, se la fuga è molto distante e di entità poco significativa potrebbe non essere necessario alcun intervento oppure potrebbero essere adottate, per la popolazione italiana, misure simili a quelle prese durante l'incidente di Chernobyl nel 1986.
Solo nel caso per noi più grave (un problema alle centrali poco al di là del nostro confine) è prevista la procedura più impattante: restare in casa per un massimo di 48 ore con porte e finestre serrate e sistemi di ventilazione spenti. Solo in questo caso i cittadini riceverebbero quindi istruzioni anche per la iodioprofilassi, la protezione della tiroide riservata solo ad alcune fasce di popolazione (in base all'età).
Lasciamo perdere gli integratori
Una precisazione sulla iodioprofilassi va comunque fatta: gli integratori venduti liberamente in farmacia a base di iodio sarebbero totalmente inutili per la profilassi prevista dal Piano nazionale in caso di emergenza nucleare, perché i dosaggi disponibili negli integratori sono infinitamente troppo bassi rispetto a quelli necessari a proteggere la tiroide. Non serve quindi correre in farmacia a farne scorta, sia perché in questo caso non sono efficaci (i dosaggi corretti verrebbero distribuiti gratuitamente dalle autorità in caso di emergenza) e sia perché, anche in caso di cattive notizie dall'Ucraina, come abbiamo visto, la distanza di quelle centrali dalle nostre città sarebbe talmente elevata da non far scattare la necessità di iodioprofilassi prevista dal Piano nazionale.