Green pass al lavoro, i racconti dei cittadini
A una settimana dall'entrata in vigore dell'obbligo del green pass nei posti di lavoro, abbiamo voluto sentire i racconti e le esperienze dei lavoratori stessi. Controlli sì, anche se spesso non eseguiti come prescrive la legge: più organizzate in genere le aziende grandi, un po' meno quelle con pochi dipendenti. Ecco le testimonianze che abbiamo raccolto.
- contributo tecnico di
- Laura Filippucci
- di
- Luca Cartapatti

Il 15 ottobre è scattato l’obbligo di esibire il green pass per i lavoratori delle aziende pubbliche e private. Un obbligo che ha costretto aziende e datori di lavoro ad attivare la macchina dei controlli. Ma come stanno andando? Aziende e datori di lavoro stanno rispettando tutte le regole? E come si comportano coi dipendenti non vaccinati?
Per l'occasione abbiamo predisposto online sul nostro sito un breve questionario per raccogliere le esperienze dei lavoratori, pubblici e privati, alle prese con l'obbligo del green pass. A distanza di una settimana abbiamo tirato le somme, forti delle centinaia di risposte e testimonianze che sono arrivate dai cittadini. Le esperienze sul posto di lavoro ci danno uno spaccato di come stanno andando i controlli e di come aziende e lavoratori stanno vivendo quest'obbligo.
I controlli ci sono, ma spesso un po' naïf
Il primo dato che emerge dalle risposte delle persone è che le aziende e i datori di lavoro si sono organizzati abbastanza bene per i controlli. Nelle aziende private con più dipendenti il controllo è generalmente meglio organizzato, con l'adozione anche in taluni casi di strumenti automatici come i totem all'ingresso.
Racconta M.M. di Milano: “Lavoro in un grande azienda. All’ingresso c’è un totem che verifica la validità del green pass. Solo se è valido si apre il tornello e possiamo entrare. Questo sistema evita tappi all’ingresso. In ogni piano dell’azienda c’è poi un incaricato che a campione verifica che il green pass usato per entrare sia effettivamente il tuo” .
Anche nelle aziende un po' più piccole (sotto i 50 dipendenti), i meccanismi di controllo tendono a funzionare. A.F. di Brescia lavora in un’azienda con poco meno di 50 persone e racconta che “responsabili, incaricati formalmente dall'azienda e dotati di app su smartphone aziendale, si occupano di verificare il green pass dei colleghi a campione all'inizio della giornata lavorativa e durante la stessa”.
Meno dipendenti, meno controlli
Tuttavia, man mano che le dimensioni dell'azienda si riducono, i controlli iniziano a farsi un po' più "creativi", segno che non sempre le direttive imposte dalla normativa vengono recepite in modo corretto. N.M. dal Piemonte, ad esempio, presidente di un'associazione, con meno di 20 dipendenti, che assiste i ragazzi disabili dice: "A tutti i partecipanti e ai ragazzi disabili che assistiamo richiediamo il green pass. Lo controlliamo all’ingresso con la app ma per le persone più assidue non lo controlliamo tutte le volte”.
E ancora R.E. di Bologna, che lavora in un ufficio con meno di 10 dipendenti, racconta: “È stato controllato il primo giorno di lavoro con obbligo e in seguito, come da disposizioni decise in azienda, verrà controllato a campione sul 30% dei presenti 2 volte alla settimana”.
In realtà i controlli devono per legge essere giornalieri, perché per ragioni di riservatezza, la diversa durata della certificazione non è rilevabile dalla scansione del QRcode. Più in generale la norma prevede che preferibilmente i controlli debbano essere fatti all'ingresso: "se l’accertamento non avviene al momento dell’accesso al luogo di lavoro," recita la norma "la verifica dovrà avvenire su base giornaliera, prioritariamente nella fascia antimeridiana della giornata lavorativa. Potrà essere generalizzata o a campione, purché in misura non inferiore al 20% del personale presente in servizio e con un criterio di rotazione che assicuri, nel tempo, il controllo su tutto il personale dipendente".
Ancora molta confusione
I ruoli di controllore e quelli di controllati qualche volta, nelle piccole realtà, si sovrappongono. Il caso di A.B. di Bolzano, che lavora in una filiale di un istituto bancario con meno di 10 dipendenti, è emblematico: “Hanno preposto il direttore di filiale al controllo del suo team. Noi che siamo area imprese ci controlliamo tra di noi. Sono vice al controllo. Il responsabile controlla me e gli altri del nostro ufficio. Io controllo lui. In sua assenza io controllo il team e qualcun altro controlla me. Vietato il controllo via webcam, vietato obbligare a mostrare tampone o chiedere se si ha vaccino o tampone. Se il dipendente non vuole mostrare nulla non può entrare e dobbiamo inviare nome e cognome a mail indicata nelle faq. Subentra il medico del lavoro per maggiori dettagli da chiedere al dipendente allontanato”.
E quando a non voler essere controllato è proprio il titolare, i problemi soprattutto per i dipendenti diventano di difficile soluzione. “Siamo in due" ci racconta N.N. da Padova "io, che ho il green pass, e il mio titolare che non ce l'ha perché dichiaratamente no-vax. Chi controlla? Nessuno perché le regole valgono solo per i grandi e chi lavora nelle piccole aziende non è tutelato in alcun modo”.
In realtà le aziende possono essere controllate dagli ispettori del lavoro e dalle aziende sanitarie locali, delle quali si avvalgono i prefetti. Il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass rischia una sanzione da 400 a 1.000 euro.
Una cosa che andrebbe ricordata anche a R.R. di Torino che non sembra aver compreso la differenza tra vaccinato e green pass valido e, soprattutto, che l'obbligo vale anche per i liberi professionisti: “Presso lo studio di mia proprietà ovviamente non ho la necessità di auto documentare il possesso del green pass. In ogni caso in ambito sanitario siamo stati obbligati a effettuare la vaccinazione, per tanto il green pass nel nostro settore è una inutile ridondanza”.
Quali soluzioni per chi non è vaccinato
Nel nostro questionario abbiamo chiesto anche se le aziende hanno scelto di venire incontro a coloro che non sono vaccinati con misure come, ad esempio, i tamponi gratuiti (pagati quindi dall'azienda), la possibilità di fare tamponi in azienda o convenzioni con farmacie per spuntare prezzi vantaggiosi. Nella pubblica amministrazione, il Governo ha deciso di non pagare i tamponi ai suoi dipendenti non vaccinati: ha optato per calmierare a 15 euro (per tutti) i prezzi dei tamponi rapidi in farmacia. Stessa decisione anche per la maggior parte delle aziende private che, almeno stando ai racconti di chi ci ha risposto, per il momento non hanno previsto né di farsi carico del costo dei tamponi, né di formalizzare convenzioni con le farmacie. Tuttavia, pur non essendoci alcun obbligo di legge, qualche caso in questo senso c'è stato.
Ad esempio O.U. di Pesaro, che lavora in un’azienda con meno di 50 dipendenti ci dice che “per il tampone io pago 5 euro e il resto lo mette l'azienda”. E ancora R.I. di Pisa, impiegato in un’azienda privata con più di 250 dipendenti: “l'azienda ha stipulato una convenzione con un centro analisi locale per effettuare tamponi nell'infermeria aziendale nell'orario di ingresso al lavoro”.
Ci sono però anche casi in cui sono state infrante palesemente le regole pur di andare incontro ai non vaccinati. E.R. di Trieste, ad esempio, ci racconta che “l'azienda ha valutato il costo per i test rapidi per tutti, ma risulta troppo costoso. In segno di protesta l'azienda ha scelto di non eseguire nessun controllo”. È bene ricordarlo: il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass rischia una sanzione fino a mille euro.
A rischiare è però anche l'azienda di A.A. di Trento, che tra l'altro è pure un'azienda della pubblica amministrazione, nella quale “hanno introdotto la possibilità di lavoro agile per chi non è coperto da tampone, discriminando coloro ai quali è stato negato il lavoro agile pur essendo in possesso di green pass”. Al di là della discriminazione, la legge parla chiaro anche in questo caso: il lavoratore che non possiede il green pass (o non è in grado di esibirlo) non può essere adibito per tale motivo a modalità di lavoro agile e deve risultare assente ingiustificato.