WindTre, Tim e le tariffe indicizzate all’inflazione: le variazioni annunciate non sono valide
Tim e WindTre nel corso del 2022 e del 2023 hanno introdotto nei loro contratti una clausola che, a partire dal 2024, prevedeva aumenti tariffari legati alla crescita dell’inflazione. Un’operazione critica, che abbiamo denunciato ad Agcom. L'Autorità è intervenuta con una nuova delibera: le clausole già comunicate e introdotte nei contratti devono considerarsi nulle e non sono applicabili in assenza della raccolta di un consenso esplicito. I nostri consulenti a tua disposizione per ogni chiarimento e, se serve, ad aiutarti a reclamare.

Vi ricordate i tempi in cui una tariffa telefonica era "per sempre"? Ecco, quei tempi sembrano davvero finiti; oggi la tendenza degli operatori è quella di continuare ad aumentare i costi delle tariffe grazie a un sistema, consentito dalla legge, che viene nominato "rimodulazione", ovvero una variazione di contratto unilaterale che consente da una parte all'operatore di "adeguare" le tariffe in qualsiasi momento, ma che dall'altro lato tutela anche il consumatore, ad esempio imponendo all'operatore di avvisare il cliente per tempo e con la giusta comunicazione, ma soprattutto consentendo al consumatore di recedere dal contratto e cambiare operatore senza pagare alcuna penale.
Variazioni di tariffa: sì, ma ci sono delle regole
Le rimodulazioni, quindi, sono ormai all'ordine del giorno. Gli utenti ricevono in continuazione sms, email o messaggi vari che li informano che a partire da una certa data la loro vecchia tariffa subirà un aumento o che le condizioni di utilizzo di un servizio stanno per subire una modifica. Chi di noi non ha mai ricevuto uno di questi messaggini, alzi la mano.
È bene ricordare che in genere questi tipi di comunicazioni sono perfettamente legittime (se ovviamente rispettano le modalità e le tempistiche imposte dalla legge); Ma a partire da fine 2022 qualcosa sembra essere cambiato. Infatti due operatori molto noti, Tim e WindTre, hanno proposto una formula tariffaria del tutto nuova che a nostro avviso è opaca e confusa e mette a rischio i diritti dei consumatori; per questo Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha deciso di intervenire. Vediamo nel dettaglio e cerchiamo di capire perché questa cosa va a mettere a rischio i diritti dei consumatori.
Aumenti indicizzati: manca la trasparenza
Entrambe le comunicazioni che i due operatori hanno mandato ai loro clienti, sebbene piuttosto differenti tra loro (e a loro modo entrambe inaccettabili), hanno però un fattore comune: ovvero si comunica all'utente che la propria tariffa verrà aumentata non di un costo in euro fisso e trasparente (come ad esempio una tariffa che passa da 10 a 11 euro al mese), ma che da un certo momento in poi l'aumento seguirà l'inflazione. Nello specifico, a partire dal 1° gennaio 2024 per WindTre e dal 1° aprile 2024 per Tim, hanno previsto una sorta di "rimodulazione" (vedremo poi perché di fatto non lo è) che prevede una tariffa variabile e parametrata al tasso di inflazione.
Ma la cosa più grave è che ciò permetterebbe all'operatore di modificare la tariffa una volta all'anno, senza alcun bisogno di comunicare le variazioni ai clienti nelle tempistiche stabilite dalla legge. Verrebbe quindi meno il diritto del cliente ad essere preavvisato della modifica (perché di fatto non si tratterebbe di modifica contrattuale) e anche il suo diritto di recedere senza penali.
La tariffa variabile che ha comunicato ai propri vecchi clienti WindTre dovrebbe essere operativa dal 1° gennaio 2024. Ma cosa prevede di preciso la nuova clausola fatta accettare col nuovo contratto? Ovviamente occorre andare nei meandri del sito per scoprire che cosa l'utente ha appena accettato. E si legge:
"Da gennaio 2024 in caso di variazione annua positiva dell’indice FOI rilevata da Istat nell’ottobre dell’anno precedente, WindTre ha facoltà di aumentare entro il primo trimestre dell’anno il prezzo mensile del Servizio di un importo percentuale pari alla variazione di tale indice comunque pari almeno al 5%. L’adeguamento non costituisce una modifica contrattuale ai sensi dell’articolo 13 delle Condizioni generali di contratto e pertanto non dà diritto al Cliente di recedere senza costi".
In pratica si capisce che comunque un aumento ogni anno ci sarà in automatico e sarà almeno del 5%. Ma se vogliamo calare nella realtà questo calcolo e capire davvero di quanto sarebbe l'aumento alla fine dell'anno, basta andare a vedere la variazione dell'indice FOI su base annua ad esempio a ottobre 2022: +11,5%. Se questo contratto fosse già in essere, questa sarebbe la reale percentuale di aumento del canone WindTre a fine anno.
Il meccanismo utilizzato da Tim per rifilare ai propri clienti una tariffa a tasso indicizzato è leggermente differente. La clausola recita:
"Dal 1/04/2024 il costo mensile dell’offerta sarà incrementato annualmente in misura percentuale pari all’indice di inflazione (IPCA) ISTAT, non tenendo conto di eventuali valori negativi, più un coefficiente pari a 3,5 punti percentuali. L’incremento complessivo non potrà superare il 10%".
La nuova clausola è stata introdotta per i nuovi clienti dal 1 dicembre 2022 e solo per alcune tariffe. In pratica nella comunicazione si dice che il canone aumenta sempre di almeno il 3,5%. Dato però che non si tengono in considerazione valori negativi dell’indice IPCA, non è prevista alcuna riduzione del 3,5% se l'indice scende sotto lo zero. Questo significa che ad aprile 2024 il canone mensile Tim crescerà di almeno 3,5%. Non poco.
Per fare questo non ci sarà nessun preavviso ma solo una comunicazione della variazione applicata sul sito di Tim; e soprattutto non ci sarà alcuna possibilità per il cliente di recedere senza penali per effetto della modifica.
Le nuove regole del Garante
Contro queste clausole ha deciso di intervenire anche Agcom prima nella sua consultazione pubblica dedicata al nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche con un’audizione alla quale ha partecipato Altroconsumo.
Il 5 dicembre 2023 è stata pubblicata la nuova delibera con la quale Agcom ha quindi fatto sapere che sono necessarie nuove regole, ritenendo che una variazione di questo tipo per chi è già cliente non può essere considerata una modifica tariffaria ma una vera e propria modifica contrattuale con tanto di inserimento di una nuova clausola; per questo motivo un'operazione di questo tipo ha sempre bisogno di un’accettazione consapevole da parte del cliente.
Inoltre l’Autorità ritiene che le clausole di indicizzazione proposte da WindTre e Tim non si basano su un metodo di indicizzazione chiaro, preciso e accessibile al pubblico. Infatti ognuna delle due società ha indicato uno spread in aggiunta al parametro di mercato e indicato dei meccanismi propri di indicizzazione. Sono quindi state indicate da Agcom delle regole ben precise che regolamentano la situazione.
Cosa succede ora
Anche grazie alle richieste di Altroconsumo le modifiche di WindTre e Tim non sono valide. Le due società non possono applicare la novità già comunicata. Devono rispettare le regole della delibera. L’AGCOM ha previsto la possibilità dell’adeguamento automatico delle tariffe all’indice dell’inflazione ma le società devono seguire delle regole precise.
- L’adeguamento automatico può avvenire solo passati 12 mesi dalla sottoscrizione del contratto.
- L’adeguamento automatico deve essere sia in aumento che in diminuzione, quindi a favore dell’utente nel caso in cui l’indice dell’inflazione diminuisca.
- Gli utenti devono comunque essere sempre informati prima di questi adeguamenti per iscritto. Il valore dell’aumento o della diminuzione è comunicato all’utente per iscritto o su supporto durevole, almeno un mese prima della loro entrata in vigore, almeno attraverso un avviso sulla fattura emessa periodicamente, un SMS informativo o una e-mail informativa, nonché una notifica in evidenza nell’area riservata del sito web dell’operatore. Tale comunicazione deve indicare chiaramente il nuovo prezzo praticato al singolo utente e non può essere incorporata in comunicazioni riguardanti altre tematiche.
- L’adeguamento non può prevedere percentuali in aggiunta al puro indice preso come riferimento (non si può dire la tariffa cresce del tasso di inflazione + il 3% ad esempio) e non possono neppure essere previsti degli aumenti minimi delle tariffe.
- In caso di adeguamento superiore al 5% del canone, l’utente finale può richiedere all’operatore di passare a un’offerta di analoghe caratteristiche che non preveda il meccanismo di adeguamento. Il passaggio avviene senza costi per l’utente.
- L’Autorità, seguendo anche le nostre richieste, ha indicato un indice di riferimento uguale per tutti e facilmente recuperabile. Si tratta dell’Indice Nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) senza tabacchi.
Che cosa puoi fare
Le comunicazioni di adeguamento della tariffa all’inflazione ricevute negli scorsi mesi non sono valide. Per il futuro fai attenzione alle comunicazioni che riceverai dagli operatori. In base alla delibera Agcom, infatti, la proposta di modifica, da parte dell’operatore, delle condizioni contrattuali al fine di prevedere un adeguamento periodico all’indice dei prezzi al consumo, in caso di contratti che non prevedono già tale meccanismo, può essere attuata solo dopo esplicita accettazione, in forma scritta, da parte dell’utente finale. In caso di mancata accettazione esplicita della modifica contrattuale da parte dell’utente restano in vigore le condizioni contrattuali già previste.
WindTre e Tim non possono dunque applicare le modifiche già comunicate rispetto all’adeguamento all’inflazione: se lo fanno puoi protestare.
Che cosa puoi fare
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