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Comprare prodotti sfusi: dove farlo, cosa acquistare e quanto è davvero green

I negozi di prodotti sfusi sono una delle vie per ridurre i rifiuti: sono da incentivare. Abbiamo fatto un giro in qualche punto vendita. Ecco che cosa trovi.

08 maggio 2023
contenitori a cilindro con prodotti sfusi

Comprare “sfuso” non fa (almeno per ora) risparmiare dal punto di vista economico, ma di sicuro sgrava in parte l’ambiente di un peso considerevole: i rifiuti da imballaggio. Che sono tantissimi. Ciascun cittadino europeo produce 177 kg di rifiuti da imballaggio all’anno (erano 154 fino a dieci anni fa): significa il doppio del proprio peso. E in Italia facciamo anche peggio: nel 2020 ne abbiamo prodotti 208 kg a testa. Che fare per invertire questa tendenza? Gli esperti parlano chiaro e indicano nella riduzione e nel riuso la strada da percorrere. 

Il problema dei rifiuti

Entro il 2030 tutti gli imballaggi dovranno essere riutilizzabili o riciclabili (è quanto dice il nuovo piano d’azione per l’economia circolare), ma non solo: andranno ridotti i rifiuti di imballaggio e gli imballaggi eccessivi, favorendo la progettazione degli imballaggi ai fini del riutilizzo e della riciclabilità, semplificando la complessità dei materiali di imballaggio e introducendo nuovi obblighi sul contenuto riciclato negli imballaggi di plastica. Riciclare non rappresenta però la nostra via d’uscita da questa situazione. Il riciclo deve andare di pari passo con il riutilizzo: abbiamo bisogno di entrambi gli strumenti per rendere più circolare la filiera degli imballaggi e ridurre i consumi di materia prima vergine. Usare meno, usare più a lungo, riusare più volte: questi sono i principi chiave dell’economia del nostro futuro.

Quanti imballaggi si risparmiano con lo sfuso

Per capire il vantaggio di comprare sfuso non serve fare calcoli complicati. Eliminare gli imballaggi dalla spesa significa abbassare la quantità di rifiuti che produciamo a testa ogni anno. Uno studio (Life cycle assessment of waste prevention in the delivery of pasta, breakfast cereals, and rice, 2016) parla di un risparmio fra il 50 e 86% dei rifiuti di imballaggio su acquisti di pasta, cereali da colazione e riso. Molto dipende infatti dal tipo di packaging: se acquistando prodotti sfusi si evita di comprare confezioni plurimateriale (cioè fatte di materiali diversi o composte da due imballaggi differenti) il vantaggio è di sicuro maggiore. Prendiamo come esempio il riso (che di solito è confezionato in un sacchetto di plastica inserito in una scatola in cartone): se la quantità di riso che si consuma a testa l’anno (5 kg) venisse  acquistata “sfusa” si eviterebbe di produrre 260 grammi di rifiuti di imballaggio per persona all’anno. E questo vale solo per il riso, se si considerano quanti altri prodotti compriamo ogni giorno e si moltiplicano questi numeri su larga scala è chiaro che ciascuno di noi potrebbe evitare all’ambiente diversi chili di rifiuti da imballaggio. Se anche non si può - per svariate e comprensibili ragioni - trasformare totalmente la propria spesa in una “spesa sfusa”, il favore più grande che possiamo fare all’ambiente è evitare il sovraimballaggio e preferire confezioni monomateriale (o in carta o in plastica), così è più facile conferirle nella raccolta differenziata e avviarle al riciclo.

Senza imballaggio costa meno?

Per ora comprare in un negozio che vende prodotti sfusi non è un vantaggio per il portafoglio. Nei punti vendita che abbiamo visitato si trovano molte varietà di prodotti ricercate, spesso provenienti da agricoltura biologica o da piccoli produttori locali, materie prime pregiate: il confronto quindi con una spesa “base” al supermercato risulta perdente dal punto di vista economico. Forse in futuro i prezzi potranno cambiare: già ora alcuni circuiti più “grandi” come Negozio leggero sembrano sforzarsi di proporre anche prodotti a prezzi bassi, più simili a quelli della grande distribuzione. Ma la strada è ancora lunga perché i punti vendita sono pochi (Sfusitalia, la rete che raccoglie i negozi sfusi in Italia, ne conta circa 800) e non hanno spiccato il volo, nonostante tre anni fa (quando il Decreto Clima diventò legge) siano stati aperti due bandi da 40 milioni di euro destinati a supportare con un contributo di 5mila euro l’apertura di negozi o di spazi per i prodotti sfusi tra il 2020 e il 2023. Solo 600mila euro sono stati effettivamente erogati. Le cause? Prima il Covid, poi la guerra e infine la crisi energetica con la conseguente impennata dei prezzi delle materie prime. Oggi sono scomparsi del tutto i reparti di prodotti sfusi che alcuni super avevano provato ad avviare alcuni anni fa. Poco redditizi, in competizione con i prodotti confezionati o magari per problematiche di sicurezza, spreco, etichettatura, la grande distribuzione ha, almeno per ora, rinunciato a proporre la vendita di prodotti sfusi.

In giro per la “sfuseria”

A febbraio abbiamo visitato alcuni negozi di sfusi a Milano. Ecco come vengono venduti i vari prodotti e a cosa fare attenzione.

Sfuso sì, ma sicuro

Comprare sfuso non deve significare comprare senza etichette. La normativa attuale prevede che anche gli sfusi debbano “essere muniti di apposito cartello applicato ai recipienti che li contengono o di altro sistema equivalente, anche digitale, facilmente accessibile e riconoscibile, presente nei comparti in cui sono esposti”. 
Nei negozi quindi cercate il cartello che deve riportare almeno la denominazione dell’alimento, gli ingredienti - compresi gli allergeni - e le modalità di conservazione. La vendita di olio extravergine di oliva sfuso in Italia invece è vietata dalla legge: è un provvedimento in vigore da anni a tutela del consumatore e per combattere le frodi commerciali.

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