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Superlega, che a rimetterci non siano gli sportivi

Un campionato di calcio alternativo con solo le squadre più forti d'Europa. Questa la proposta che sta facendo infuriare Uefa e Fifa e che potrebbe causare un forte ridimesionamento di Champions League e Serie A. Da parte nostra vigileremo che il calcio non perda la sua dimesione collettiva e popolare, che la sua fruizione in tv non diventi più onerosa per i consumatori e che a pagare non sia l'intero movimento sportivo italiano.

  • di
  • Luca Cartapatti
19 aprile 2021
  • di
  • Luca Cartapatti
Superlega

Venti squadre di calcio, le più forti d'Europa. O forse le più ricche. 15 fisse, le altre 5 a invito. Divise in 2 gironi da 18 partite ciascuno, 9 di andata e 9 di ritorno. Le prime tre di ogni girone direttamente ai quarti, quarta e quinta si giocano gli spareggi per gli ultimi due posti. Infine semifinali e finali.

È la formula della cosiddetta Superlega, un campionato europeo "extra" sul modello dell'NBA americana o della NFL (il campionato USA di football): nessuno retrocede nelle serie inferiori (che non ci sono), nessuno viene promosso. Lo scopo? Un torneo di super campioni, delle squadre più blasonate d'Europa (o quasi), sotto i riflettori (e i diritti Tv) di proprietà esclusiva delle società stesse

Un fiume di soldi enorme

Una proposta che è diventata in queste ore ben più di una chiacchera, con le 12 squadre fondatrici della SLCo (Super League Company) che hanno annunciato di voler dare finalmente concretezza al progetto, e con un grosso investitore internazionale (JP Morgan) che ha confermato senza remore un finanziamento da ben 3,5 miliardi di euro alla nascente competizione sportiva. Un enorme fiume di soldi, introiti pubblicitari e diritti Tv, quindi, gestiti interamente dai club senza l'intermediazione di Uefa e Fifa.

Ma chi sono questi 12 club fondatori della nuova Superlega? Al momento ci sono 6 squadre inglesi (United, City, Liverpool, Tottenham, Arsenal e Chelsea), 3 spagnole (Atletico, Real e Barcellona) e 3 italiane (Juve, Milan e Inter). Mancano tuttavia all'appello club blasonati come Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Paris Sanit Germain.  

Le reazioni degli organismi internazionali

Era inevitabile, quindi, la durissima reazione di Fifa e Uefa, le due federazioni che organizzano e detengono i diritti delle grandi competizioni europee che la Superlega rischia di far passare in secondo piano (Champions League ed Europa League) ma che controllano anche i vari campionati nazionali e le competizioni per nazioni (Europei e Mondiali, per intenderci).

Mentre nelle intenzioni dei dodici club fondatori c'è quello di creare un torneo parallelo (ma non alternativo) a Champions ed Europa League, le dichiarazioni di Fifa e Uefa non lasciano molto spazio al compromesso: le squadre che decideranno di partecipare alla Superlega saranno escluse non solo da tutte le competizioni europee ma anche dai rispettivi campionati nazionali.

Campionati più poveri

Niente più serie A con Inter, Milan e Juve, quindi? Così parrebbe se la decisione dei club "ribelli" dovesse concretizzarsi. Tuttavia la questione di diritto sportivo è tra le più spinose: secondo alcuni esperti, al di là di una sanzione, non ci sarebbero i presupposti giuridici per impedire a queste società di iscriversi ai rispettivi campionati nazionali. Intanto però i procuratori dei giocatori stanno dando mandato ai loro avvocati di provare a formulare clausole ad hoc nei contratti dei calciatori per tutelarli in caso di convocazione in Nazionale. Staremo a vedere.

Che cosa potrebbe accadere

Il rischio di perdere una parte importante dei club protagonisti della storia del calcio italiano è concreto. Così come si potrebbe prospettare un probabile impoverimento tecnico sia dei campionati nazionali sia di quelli europei: Serie A, Europa League e Champions dovrebbero privarsi di una grossissima fetta dei club più ricchi e con i campioni più forti a libro paga. Con le stelle del calcio impegnate in un altro palcoscenico, potrebbero venire drasticamente ridotti i diritti tv e l'intero indotto che ruota attorno a quelle macchine da soldi che sono i grandi campioni.

Meno soldi per le federazioni internazionali significherebbe meno soldi anche per la Federazione Italiana Gioco Calcio e per il Coni (sostenuto in gran parte dal calcio). Un impoverimento che a cascata potrebbe alla lunga coinvolgere anche le federazioni di tutti gli altri sport, con ripercussioni in particolar modo sui settori giovanili e i movimenti dilettantistici. 

Vigilare perché a pagare non siano gli sportivi

Di fronte a questo scenario, l'impegno di Altroconsumo è quello di vigilare affinché:

  • il calcio non perda la sua natura di spettacolo popolare, accessibile a chiunque e di interesse collettivo;
  • non si impoveriscano i campionati nazionali, nei quali giocano tante squadre che raccolgono milioni di sostenitori;
  • la fruizione del calcio in tv (ma anche allo stadio quando si potrà tornare) non risulti sempre meno accessibile in un Paese che già soffre di diseguaglianze nel processo di digitalizzazione, e che una probabile rinegoziazione dei diritti Tv nei prossimi anni si trasformi in un salasso per i consumatori che voglio continuarea a godersi questo spettacolo sportivo;
  • non ci siano conseguenze negative su tutto il movimento sportivo italiano (di cui il calcio è il principale contributore), compreso lo sport di base, quello che pratichiamo un po' tutti anche a livello amatoriale e che rappresenta un valore fondamentale per la crescita dei nostri ragazzi.