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Cuocere a bassa temperatura con il roner: ecco le nostre prove

La cottura sottovuoto (un tempo pallino solo dei grandi chef) richiede l’utilizzo di una macchina per il sottovuoto e di un bagno termostatato (conosciuto anche come roner). L'abbiamo provato eseguendo due ricette: soddisfacente il risultato al palato, ma la procedura è laboriosa e si usano troppe buste di plastica usa e getta.

  • di
  • Simona Ovadia
21 novembre 2019
  • di
  • Simona Ovadia
Cucinare a basse temperature

La tecnica di cottura che più affascina in questo momento i grandi chef e gli appassionati di cucina è la cottura a bassa temperatura di alimenti messi sottovuoto. Per farlo, gli alimenti vengono prima sigillati sottovuoto in appositi sacchetti di plastica e in seguito cotti in acqua a temperatura costante non in ebollizione. Gli strumenti necessari a questa operazione sono due: la macchina per il sottovuoto e il bagno termostatato (conosciuto anche come roner, dal nome dell’azienda che per prima l’ha commercializzato), un apparecchio dotato di un riscaldatore a spirale, un termostato, una pompa e un pannello di controllo che si fissa a qualsiasi pentola piena d’acqua, la riscalda e la mantiene a temperatura fissa e controllata. In pratica, un bagnomaria evoluto che garantisce una temperatura costante e uniforme dell’acqua in tutto il recipiente.

Quali vantaggi ha questa tecnica?

La cottura sottovuoto è di fatto una cottura lenta a bassa temperatura e ne sfrutta i vantaggi, cioè la capacità di rendere morbidi alimenti all’origine duri, come i tagli di carne meno pregiati e ricchi di collagene, le carni dei crostacei e dei molluschi. In più, poiché l’alimento viene messo sottovuoto e protetto dal sacchetto durante la cottura, mantiene il suo colore naturale, concentra il sapore e subisce un minore calo di peso. Con questa tecnica, volendo, si può cucinare senza utilizzare grassi. Infine, l’alimento una volta cotto può essere conservato così com’è per alcuni giorni in frigorifero e utilizzato in un momento successivo.

Ci sono anche degli svantaggi?

Sicuramente la laboriosità. Non si tratta certo di un sistema pensato per velocizzare il lavoro in cucina, perché richiede diversi passaggi e una certa precisione. I cibi possono essere assemblati a crudo, con eventuali condimenti o marinature, per poi essere cotti dolcemente ed eventualmente ripassati in pentola in un secondo momento (per dare la croccantezza che questa tecnica non consente di dare), oppure essere prima passati in pentola o padella per poi terminare la cottura nel sacchetto. La cottura in acqua, poi, richiede generalmente parecchie ore e, anche se non serve fare nulla che già l’apparecchio non faccia, non è consigliabile abbandonare una pentola piena di acqua calda a se stessa senza essere perlomeno nei paraggi.

Un altro punto debole è l’uso eccessivo di plastica: se nelle cucine dei ristoranti le buste monoporzioni sigillate ottimizzano la linea di lavoro, i tempi di preparazione e l’igiene, nelle cucine di casa questi aspetti hanno un peso decisamente minore e si rischia di abusarne inutilmente. Se preparo un arrosto per mangiarlo la sera stessa o anche il giorno dopo, non è sicuramente necessario metterlo in una busta di plastica sottovuoto.

La nostra prova

Per la prova abbiamo utilizzato una macchina sottovuoto a estrazione (Magic Vac Alice, il modello Migliore del Test delle macchine sottovuoto) e un roner (modello Vpcock Slow Cooker, modello tra i più venduti su Amazon) destinati a un pubblico non professionale, e abbiamo preparato due ricette:  un guanciale di manzo al marsala e un’insalata di polpo.

Nel primo caso la ricetta prevedeva che la carne venisse rosolata in padella con le verdure e il marsala prima della cottura sottovuoto. Per l’insalata, invece, gli ingredienti tagliati grossolanamente - polpo, alloro, carote, sedano e cipolla -  sono stati inseriti direttamente nella busta a crudo. La fase della cottura con il roner è stata piuttosto semplice: l’apparecchio ha due soli comandi digitali sulla testa del riscaldatore con cui si impostano tempo e temperatura, un gancio che lo blocca al bordo della pentola tenendolo saldo in verticale, un anello di luce che passa dal rosso al verde quando l’acqua raggiunge la temperatura desiderata (momento dal quale parte il timer e si possono immergere le buste) e un segnale sonoro che avvisa quando il tempo è finito.

Mettere gli ingredienti sottovuoto è stato invece un po’ più complicato, in particolare quando abbiamo eseguito la prima ricetta. Il guanciale, infatti, essendo stato precedentemente precotto doveva essere sigillato con il suo liquido, che però la macchina del sottovuoto spingeva fuori dal sacchetto insieme all’aria. Le macchine per il sottovuoto casalinghe, infatti, sono “a estrazione” e, a differenza di quelle professionali “a campana”, non consentono di mettere sottovuoto i liquidi. Le ricette che prevedono una certa quantità di liquidi da inserire nel sacchetto insieme all’ingrediente principale, come nel caso delle marinature, sono complicate da realizzare con uno strumento casalingo. Entrambe le ricette prevedevano cotture lunghissime: rispettivamente 8 e 7 ore, a temperature tra i 70 e gli 80 °C.

Il risultato finale, dal punto di vista gastronomico è stato nel complesso soddisfacente: la carne ha assorbito bene il condimento risultando saporita e molto morbida; il polpo pur essendo particolarmente grosso e coriaceo, non è rimasto né duro né gommoso, ma ha raggiunto una consistenza perfetta e un sapore delicato. Lo sforzo è quindi stato ripagato, ma la considerazione che si è trattato di un lavoro troppo complesso per chi cucina tutti i giorni per la propria famiglia rimane confermata. Le stesse ricette si possono eseguire anche in altri modi meno complicati e “tecnici”, mantenendo comunque i vantaggi della cottura lenta. Per esempio utilizzando la pentola di coccio, che cuoce lentamente a fuoco bassissimo, il forno, la vaporiera o la pentola elettrica slow cooker (una pentola elettrica di cui abbiamo parlato sul numero di Altroconsumo Inchieste 336, maggio 2019). Magari non si otterrà proprio lo stesso risultato, ma sono una buona via di mezzo sicuramente più adatta a chi deve cucinare tutti i giorni.

È una tecnica sicura?

Questo tipo di procedimento può sollevare alcuni dubbi di sicurezza alimentare. Il primo riguarda la temperatura di cottura, generalmente più bassa rispetto a quella necessaria per rendere salubre un alimento dal punto di vista dei batteri. In linea teorica i cibi a rischio, come la carne, le uova e il pollame andrebbero cucinati a una temperatura non inferiore ai 70°C per il tempo necessario a raggiungere questa temperatura anche al cuore dell’alimento. Tuttavia, la durata prolungata necessaria per la cottura sottovuoto, anche se viene realizzata a temperature inferiori, dovrebbe garantire comunque la salubrità del cibo. L’importante è partire da una materia prima (carne, pesce…) di buona qualità igienica e cercare di non improvvisare, attenendosi alle temperature e ai tempi indicati nelle specifiche ricette.

Il secondo dubbio riguarda la possibilità che con il calore alcune sostanze di cui è composta la plastica passino dalla busta all’alimento, contaminandolo. Per evitare questa possibilità bisogna utilizzare sacchetti per il sottovuoto indicati anche per la cottura. Verificate le istruzioni riportate sulla confezione dei sacchetti: se non fanno esplicito riferimento al fatto che possono essere usati ad alte temperature non bisogna utilizzarli per cuocere, ma solo per conservare.

Quanto costa?

Si tratta di una tecnica di cottura che non ha nella convenienza il suo punto di forza. Prima di tutto bisogna considerare l’acquisto di due apparecchi, la macchina per il sottovuoto (quella che abbiamo utilizzato per la prova costa circa 90 euro) e il roner (circa 100 euro). Poi il costo dei sacchetti: il prezzo medio online per un sacchetto per il sottovuoto idoneo alla cottura è di circa 40 centesimi di euro (considerando la misura 25 x 30 cm). Come accade spesso, le confezioni più grandi hanno prezzi più convenienti, mentre i rotoli sono mediamente più cari, ma hanno il vantaggio di permettere più flessibilità nell’utilizzo. Alcuni produttori suggeriscono la possibilità di riutilizzarli, ma noi per motivi di igiene lo sconsigliamo. Infine il costo dell’energia elettrica: il roner che abbiamo utilizzato ha una potenza di 1.000 Watt, non moltissimo. Ma bisogna considerare che alcune ricette prevedono molte ore di cottura.