Cereali: non solo carboidrati
Con il termine generico di "cereale", come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, si fa riferimento a tutte le piante erbacee, appartenenti alla famiglia delle Graminacee. Ma, pur essendo composti principalmente da carboidrati, i cereali sono fonte di numerosi micronutrienti. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Le graminacee, famiglia a cui appartengono i cereali, sono piante che producono semi amidacei, farinosi, commestibili (definiti "cariossidi", ma comunemente chiamati chicchi), utilizzati sia nell’alimentazione umana sia animale, e dalla cui macinazione si ottiene farina. Consultando le banche dati di composizione nutrizionale degli alimenti, emerge che i cereali sono costituti principalmente da carboidrati, in particolare amido. Pensare però che i cereali siano un semplice contenitore di carboidrati ci fa perdere di vista la complessità di un chicco di grano, delle lavorazioni che può subire, delle sue trasformazioni durante la cottura, per non parlare del suo utilizzo in cucina e del valore non solo nutrizionale, ma anche culturale.
Come sono composti i cereali?
La quota di carboidrati totali può variare dal 55% fino a superare l’80% in base alla varietà; anche la lavorazione della cariosside può portare a ottenere prodotti con differenti composizioni nutrizionali. Da cosa è rappresentata la restante parte? È presente:
- una piccola quota di acqua, che si aggira intorno al 10%;
- qualche grammo di grassi (1-2%);
- infine, una quota proteica che varia dal 7% fino a raggiungere il 17-18% in alcuni cereali.
I cereali sono inoltre una fonte di numerosi micronutrienti, come vitamine del gruppo B, fosforo, potassio, zinco e in misura minore ferro e calcio. La concentrazione di micronutrienti non è particolarmente elevata, ma tenendo in considerazione le porzioni di consumo giornaliere ideali, è possibile affermare che i cereali contribuiscano in maniera rilevante alla loro assunzione giornaliera.
La fibra alimentare è presente in quantità che possono variare molto, anche in questo caso in base alla varietà e al grado di lavorazione. Esistono poi tutta una serie di composti, chiamati fitocomposti poiché caratteristici del mondo vegetale, che non possono essere classificati come nutrienti e non forniscono energia. I più conosciuti appartengono alla categoria dei Polifenoli e a quella dei Carotenoidi.
Com’è composto un chicco
Prima di andare ad approfondire i valori nutrizionali di ogni singolo cereale può essere utile una breve panoramica sulla composizione della cariosside, il cosiddetto “chicco”, per comprendere al meglio anche tutti i prodotti derivati che si trovano sul mercato. In base al processo di lavorazione si possono distinguere in:
- Cereali integrali, quando comprendono anche l’involucro esterno del chicco, ovvero la crusca, e il germe.
- Cereali decorticati, ottenuti dopo un primo processo di raffinazione con la perdita di buona parte della crusca.
- Cereali perlati, risultato di un ulteriore grado di raffinazione che porta alla perdita totale della crusca e del germe. Del chicco rimane solo l’endosperma.
Visto che i nutrienti presenti nei cereali sono distribuiti nel chicco in maniera disomogenea, i processi di decorticazione (e di macinazione) hanno una profonda influenza sulla composizione dei vari prodotti finali. I cereali integrali e decorticati, per esempio, hanno un contenuto di fibra nettamente maggiore, proprio perché l’involucro esterno del chicco viene solo parzialmente eliminato. Va da sé che anche tutti i prodotti derivati da cereali integrali, come pasta e pane integrali, presenteranno un contenuto di fibra maggiore. Contrariamente a quanto si possa pensare, tali prodotti non hanno un apporto calorico ridotto, rispetto alla versione non integrale. L’energia fornita per una porzione è infatti paragonabile. Le Linee guida suggeriscono tuttavia di preferire la versione integrale, almeno un pasto al giorno, per garantire l’apporto giornaliero ideale di fibra che è pari a 25 grammi per la popolazione adulta.
I carboidrati nella dieta
Per fare chiarezza e comprendere l’importanza di questi nutrienti all’interno di un'alimenta-zione corretta, può essere utile approfondire le diverse tipologie di carboidrati, le principali fonti alimentari e l’assunzione raccomandata.
Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana è ideale che circa metà dell’apporto calorico giornaliero provenga dai carboidrati. La maggior parte di questa quota dovrebbe essere rap-presentata dai cosiddetti carboidrati complessi, mentre solo una piccola porzione dovrebbe derivare da carboidrati semplici. Andiamo a conoscere nel dettaglio le due categorie.
I carboidrati semplici
I carboidrati semplici racchiudono tutte le molecole di piccole dimensioni e che vengono definite con il termine “zuccheri”. L’OMS fa un’ulteriore distinzione degli zuccheri in due categorie: quelli che vengono chiamati “zuccheri liberi” comprendono gli zuccheri aggiunti alle preparazioni industriali e casalinghe, alle bevande, e gli zuccheri presenti naturalmente nel miele, negli sciroppi e nei succhi di frutta; e quelli definiti “zuccheri intrinseci”, ovvero incorporati all’interno di frutta, verdura e presenti naturalmente nel latte.
Per questi ultimi non esistono delle vere e proprie limitazioni, se non quelle relative alle porzioni suggerite dalle Linee guida. Mentre gli zuccheri liberi, secondo l’OMS, non dovrebbero superare il 10% dell’apporto calorico giornaliero.
I carboidrati complessi
I carboidrati complessi racchiudono invece gli amidi, presenti principalmente nei cereali e in tutti i loro derivati. Altre fonti importanti di amido sono le patate, i legumi, le castagne. Le molecole di amido sono formate da catene di glucosio, più o meno grandi e più o meno ramificate; queste catene iniziano a essere scomposte nella bocca, durante la masticazione, fino all’intestino, dagli enzimi predisposti. Man mano che l’amido viene scomposto in glucosio, quest’ultimo viene assorbito dall’organismo e grazie al circolo sanguigno arriva ai vari organi e tessuti per la produzione di energia. Il glucosio può inoltre essere immagazzinato nel fegato e nei muscoli, oppure, se in eccesso, trasformato in tessuto adiposo.
La salute in tavola: cereali integrali e prevenzione delle patologie croniche
Si parla spesso di cereali integrali come componenti essenziali di una dieta in grado di prevenire numerose malattie croniche, quali diabete, patologie cardiovascolari e alcune forme di cancro. Subito dopo l’astensione dal fumo di sigaretta, infatti, i fattori dietetici, secondo i dati del Global Burden of Disease, sono tra i comportamenti in grado di modificare gli anni di vita persi o vissuti con disabilità a causa di tali malattie. Al primo posto tra i fattori dietetici “scorretti” troviamo il basso consumo di cereali integrali. Ecco alcune ipotesi di meccanismi che sembrano spiegare tale relazione:
- ll consumo regolare di cereali integrali è associato a un ridotto rischio di malattie circolatorie. Questo effetto è legato soprattutto alla riduzione dell’assorbimento di colesterolo e a un minore livello di colesterolo LDL circolante.
- Il consumo regolare di cereali integrali permette di modulare il carico glicemico della dieta. È dimostrato infatti che la fibra sia in grado di ridurre la risposta glicemica e di conseguenza la produzione di insulina sia nei soggetti sani sia in persone affette da diabete di tipo 2, dimostrando sia valenza preventiva che di supporto dietetico alla terapia in caso di diabete.
- Il consumo regolare di cereali integrali è associato alla riduzione del rischio di sviluppare il cancro del colon-retto. Ci sono diversi meccanismi indagati. La fibra insolubile tipica della crusca velocizza il transito intestinale, riducendo i tempi di contatto tra le sostanze potenzialmente dannose e la mucosa intestinale. Inoltre, la fibra può essere fermentata nel colon dal microbiota, con la produzione di sostanze chiamate “acidi grassi a corta catena”. Questi composti sembrano stimolare il ricambio cellulare delle pareti intestinali, agendo da nutrimento per le cellule sane e andando invece a contrastare la crescita di cellule danneggiate presenti nell'intestino.
Parlando di cereali integrali, si fa riferimento ai derivati come pane e pasta e a tutti i cereali in chicco che, anche nelle loro forme perlate e decorticate, contribuiscono all’introito di fibra. Questa raccomandazione non ha l’obiettivo di demonizzare tutti i prodotti cosiddetti “raffinati” derivati da farine più lavorate, bensì di sensibilizzare i consumatori sull’importanza di alternarne il consumo con le loro versioni integrali.