Manovra 2026, sigarette: quanto costeranno? I passi indietro su e-cig e tabacco riscaldato
L'aumento delle accise porterà un rincaro fino a 15 centesimi a pacchetto per le sigarette. Aumenti inferiori per i dispositivi elettronici, con introiti per lo Stato che, in realtà, si ridurranno anziché aumentare. Abbiamo analizzato i calcoli del governo e quanto era previsto dalle manovre precedenti. Ecco come cambiano davvero i conti, chi ci guadagna e cosa significa per i cittadini perdere due miliardi di euro all'anno per i favori fiscali di cui da sempre godono sigarette elettroniche, Iqos & Co.
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Dal 2026, secondo quanto previsto al momento dalla manovra di Bilancio, sigarette, sigarette elettroniche e tabacco riscaldato dovranno pagare imposte più alte rispetto al 2025 (e dovrebbero aumentare di conseguenza anche i prezzi di vendita). Da un lato, la misura potrebbe sembrare totalmente positiva: aumentare le accise sui tabacchi fa aumentare gli incassi per lo Stato e, in generale, può essere uno strumento di contrasto al fumo, se i prezzi aumentano di conseguenza in modo significativo.
Ma, se andiamo a leggere nei meandri del testo e a vedere i passi indietro rispetto alle manovre precedenti, scopriamo che non è tutto come appare. Al contrario di quanto si potrebbe immaginare, quanto è stato deciso - nel caso di e-cig, Iqos & Co. - riduce anziché aumentare le entrate per lo Stato: risorse perse, che invece sarebbero utili per la collettività ma a cui tutti noi rinunciamo, in virtù dei favori fiscali per i nuovi prodotti dell'industria del tabacco; prodotti che oltretutto - anche con questa manovra - restano molto meno tassati rispetto alle sigarette, senza alcuna valida ragione scientifica.
BASTA FAVORI AI PRODUTTORI: FIRMA LA PETIZIONE
Ecco come potrebbero cambiare i prezzi, come cambiano davvero i conti per le casse dello Stato e cosa significa per i cittadini.
Torna all'inizioSigarette: quanto aumentano le accise? E i prezzi?
Secondo quanto previsto al momento dalla manovra di Bilancio 2026, l'aumento delle accise sulle sigarette dovrebbe portare a questi incassi in più per lo Stato nei prossimi tre anni.
- 2026: 15 centesimi in più a pacchetto
- 2027: si passa a circa 25 centesimi in più a pacchetto
- 2028: si arriva a circa 40 centesimi in più a pacchetto
Nel caso delle sigarette si tratta di un reale aumento delle accise nel tempo (anche guardando al passato) che, secondo le stime del governo, frutterebbe 1 miliardo e 181 milioni di entrate in più nei tre anni.
Se, come probabile, i produttori “ribalteranno” sui prezzi tutte le nuove imposte che dovranno pagare, un pacchetto da 5,50 euro passerà a:
- 5,65 euro nel 2026
- 5,75 euro nel 2027
- 5,90 euro nel 2028
Sigarette elettroniche: aumenti minimi, con passo indietro
Anche nel caso delle sigarette elettroniche la manovra di Bilancio prevede un aumento delle accise sui liquidi utilizzati per svapare. In particolare, si prevedono questi rialzi (percentuali al millilitro di liquido).
Torna all'inizioQuesti lievi aumenti, in euro, corrisponderanno nel 2028 soltanto a 6-7 centesimi di imposte in più per millilitro di liquido: una misura che, stando sempre alle stime del governo, frutterebbe allo Stato 91,5 milioni di euro di incassi aggiuntivi in tre anni. Peccato, però, che questo guadagno avrebbe dovuto essere molto più alto secondo quanto previsto precedentemente.
Le mancate entrate dovute alla "retromarcia"
Se ci fermassimo a quanto scritto nel testo della manovra 2026, l’aumento delle accise per le sigarette elettroniche, per quanto minimo, potrebbe sembrare comunque positivo. In realtà, facendo un’analisi più ampia, vediamo che non si tratta di un reale aumento ma che - nel tempo - c’è anzi stato un passo indietro.
Nel 2023, infatti, le accise erano al 20% (per i liquidi senza nicotina) e al 25% (con nicotina). Inspiegabilmente, poi, il governo aveva deciso di ridurle di molto, arrivando al 10-15% del 2024 e all’11-16% del 2025. Ed è stato questo il nuovo punto di partenza dei cosiddetti “aumenti” previsti dall'attuale manovra. Si tratta quindi, più che altro, di un tornare pian piano, e solo entro il 2028, a livelli un po' più vicini a quel 20-25% che i produttori pagavano nel 2023 (nel 2028 arriveremo infatti al 17-22% come abbiamo visto nella tabella).
Se avessimo mantenuto le accise del 2023 fino al 2028, lo Stato avrebbe avuto circa 350 milioni di euro in più di entrate in sei anni.
Torna all'inizioTabacco riscaldato: piccoli rialzi, sempre in "retromarcia"
Per gli stick di tabacco riscaldato succede qualcosa di simile al passo indietro visto con le sigarette elettroniche.
Nel testo della manovra per il 2026 si legge che le accise l'anno prossimo saliranno al 40,5% contro l'attuale 39,5%. Ma - in realtà - con la manovra del 2024 il governo aveva stabilito che nel 2026 saremmo dovuti passare al 42%. Ecco nella tabella come doveva cambiare la tassa sugli stick e come invece cambierà.
Torna all'inizioDi fatto, nei prossimi tre anni, ci sarà un aumento delle accise di circa cinque centesimi all’anno per pacchetto di stick (un pacchetto che costa attualmente 5 euro potrebbe quindi arrivare a 5,15 euro nel 2028 se i produttori riverseranno tutte le imposte sui prezzi finali). Peccato, però, che questo guadagno in più per le casse dello Stato avrebbe potuto essere più alto anche in questo caso, se non ci fossero stati dei passi indietro negli anni.
Le mancate entrate dovute alla "retromarcia"
La scelta del governo di spalmare su tre anni l'aumento al 42% delle accise (che sarebbe dovuto scattare già dal 2026) di fatto toglie alle casse dello Stato un guadagno di 54,2 milioni di euro.
Ma se guardiamo ancora più indietro, ce ne sono state anche altre di retromarce: nel 2023 le tasse sul tabacco riscaldato dovevano esser portate al 40%; poi il governo decise di abbassarle al 36,5%, prevedendo incrementi di pochi punti percentuali negli anni successivi.
Se fossero state mantenute le accise del 2023 fino al 2028 lo Stato avrebbe avuto circa 185 milioni di euro in più di incassi in sei anni.
Torna all'inizioI soldi persi per gli sconti fiscali a e-cig, Iqos & Co.: 2 mld all'anno
Se da un lato il governo punta a ottenere 1 miliardo e 218 milioni di euro in più grazie alle tasse su tutto il tabacco venduto, nella realtà - con i passi indietro sulle accise dei nuovi dispositivi - ha rinunciato a oltre mezzo miliardo di euro di ulteriori incassi in sei anni (350 milioni di euro sulle e-cig e 185 milioni di euro per quelli sul tabacco riscaldato).
A questo si aggiunge il guadagno perso dallo Stato applicando alle e-cig e agli stick tasse molto più basse rispetto a quelle delle sigarette tradizionali (e senza ragioni valide come vedremo in seguito). Se queste accise fossero equiparate si arriverebbe ad avere - ogni anno - circa 2 miliardi di euro in più nelle casse dello Stato (stima Altroconsumo su dati di Agenzia delle Dogane e Monopoli e governo, nell'arco temporale 2023-2028).
A quanto equivalgono i miliardi persi?
Quando si parla di cifre così elevate risulta difficile avere un metro di paragone per valutarle. E parlare di due miliardi all'anno persi per le casse dello Stato potrebbe non dare la contezza di ciò che significa per il benessere della collettività, delle famiglie, dei giovani e della salute. Cerchiamo di capirlo in pratica, analizzando altre misure presenti nella manovra di bilancio per il 2026, in cui sono previsti questi finanziamenti:
- 2,4 miliardi di euro per il finanziamento al Sistema sanitario nazionale
- 500 milioni di euro l'anno per l’eliminazione della prima casa dall’Isee
- 700 milioni di euro per il bonus per le madri lavoratrici
- 500 milioni di euro per la social card che eroga 500 euro all’anno a chi si trova in situazione di grave disagio economico
- 820 milioni di euro in tre anni per gli incentivi all’occupazione giovanile
- 800 milioni di euro in tre anni per l’Ape sociale (senza che venga però rifinanziata opzione donna)
- 3 miliardi di euro l'anno per la riduzione dell’Irpef che riconosce fino a 440 euro in più all’anno al ceto medio
È evidente, dunque, il valore che hanno quei due miliardi di euro persi ogni anno dallo Stato per concedere questi vantaggi fiscali ai produttori di e-cig e tabacco riscaldato: in pratica, è quasi quanto verrà stanziato nel 2026 per sostenere il nostro indispensabile e sofferente Servizio sanitario nazionale; ed è molto di più di quanto serve per finanziare altre importanti misure.
Torna all'inizioI produttori guadagnano, i cittadini perdono
Alla luce di tutto, dunque, è lecito chiedersi chi ci guadagnerà davvero da quanto previsto al momento dalla manovra di Bilancio.
Gli aumenti sulle accise in vista per sigarette, e-cig e tabacco riscaldato sono minimi e non incideranno in modo significativo sulle scelte di fumatori e svapatori, favorendo il contrasto al tabagismo; quindi, a guadagnarci, non sarà la salute pubblica.
Come abbiamo visto, neanche le casse dello Stato in realtà ci guadagnano quanto avrebbero potuto senza le continue marce indietro e i favori fiscali a e-cig e tabacco riscaldato: in realtà, anzi, ci perdono.
A guadagnarci resteranno i produttori dei nuovi dispositivi per il consumo di nicotina e tabacco. Oltre a beneficiare dei passi indietro sulle accise che devono pagare, continueranno a versare meno tasse rispetto ai produttori di sigarette: il 70% del costo di un pacchetto finisce nelle casse dello Stato, mentre per le sigarette con tabacco riscaldato il prelievo fiscale ammonta solo a circa il 34% del prezzo di vendita di un pacchetto; per le sigarette elettroniche siamo a meno del 20% su millilitro di liquido (percentuali riferite al 2025).
Con tasse così basse, che garantiscono guadagni maggiori, le aziende non possono che non essere interessate a investire e a espandersi in questo settore. E, infatti, il mercato dei nuovi dispositivi cresce costantemente senza reali freni e soprattutto tra le nuove generazioni (lo abbiamo visto in diverse inchieste su e-cig, sacchetti di nicotina, tabacco riscaldato). E tutto questo in nome di cosa?
Sconti non giustificati da ragioni di salute pubblica
L'agevolazione fiscale concessa a sigarette elettroniche e tabacco riscaldato rispetto alle sigarette tradizionali - che riduce l’introito statale di centinaia di milioni di euro - non è giustificato da ragioni di salute pubblica (anche se i produttori vantano di voler promuovere un "futuro senza fumo"): infatti, non esistono solide prove scientifiche che questi dispositivi facciano meno male, anzi dagli studi emerge che non sono affatto privi di rischi. La domanda che sorge spontanea allora è: ma se i soldi mancano per misure necessarie a livello statale, soprattutto in ambito sanitario, perché concedere un'agevolazione fiscale così importante in assenza di un comprovato beneficio per la salute pubblica?
Con la nostra petizione chiediamo proprio che si ponga fine a questi vantaggi fiscali e che la tassazione di sigarette elettroniche e tabacco riscaldato venga equiparata a quella delle sigarette, reinvestendo il denaro recuperato dallo Stato per il benessere di tutti.
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