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Videogiochi e acquisti in-game: gli impegni di Electronic Arts dopo la nostra segnalazione

Avevamo segnalato al Garante Electronic Arts (e altri produttori di videgiochi) per l'utilizzo di meccanismi come gli acquisti in-game e i loot box. Ora l'azienda firma una serie di impegni per informare meglio chi acquista i suoi titoli e tutelare soprattutto i più giovani. Ecco come funzionano questi sistemi di vendita all'interno dei videogiochi.

  • di
  • Luca Cartapatti
15 ottobre 2020
  • di
  • Luca Cartapatti
Videogiochi

Fifa19, Fifa20 (ma anche il prossimo Fifa21), Starwars Battlefront II e Apex Legends sono alcuni dei più famosi videogiochi prodotti dalla Electronic Arts (EA), sui quali la software house americana ha preso impegni ben precisi nei confronti di Antitrust, che a sua volta ha provveduto a chiudere il procedimento a suo carico.

Un procedimento aperto grazie anche alla nostra segnalazione a seguito di un articolo pubblicato su Inchieste di maggio 2019. La questione riguardava le tecniche di vendita in-game e soprattutto dei cosiddetti loot box. Nel dettaglio Electronic Arts si è impegnata a:

  • fornire ai consumatori informazioni relativamente alla presenza nei videogiochi di acquisti in-game e loot box sulla piattaforma Origin (la piattaforma sulla quale EA commercializza direttamente anche sul mercato italiano i suoi videogiochi nella versione destinata ai pc);
  • fornire ai consumatori informazioni sul sito di Electronic Arts (www.ea.com);
  • fornire informazioni relativamente al diritto di recesso;
  • inserire come impostazione predefinitia per gli account "Adolescenti" un limite di spesa pari a 0 euro;
  • fornire informazioni ai genitori su come creare un account "Bambino".

Ma per comprendere a pieno la bontà degli impegni presi da Electronis Arts (di fatto in assenza una specifica normativa), occorre capire che cosa sono gli acquisti in-game e i loot box (denominate anche microtransazioni) e su quali leve psicologiche fondano la propria fortuna.

Il business degli acquisti in-game

Introdotta nei videogiochi gratuiti su smartphone, la possibilità di acquistare a poco prezzo (appunto con microtransazioni) all'interno del gioco stesso oggetti, funzionalità o poteri di fatto indispensabili o fortemente richiesti per avanzare nal gioco, ormai si trova ovunque, anche nei prodotti a pagamento, e in generale nei videogame di ogni tipo: fisici (dischi), digitali (console e pc) e app. 

Il motivo è che (purtroppo) il sistema delle microtransazioni all'interno del gioco funzionano. Le leve psicologiche esercitate da chi mette a punto i videogiochi vanno a toccare punti molto sensibili di chi sta affrontando il gioco. È normale che la sfida diventi più difficile man mano che si va avanti, ma alcuni videogiochi sono congegnati in modo tale che abilità, tempo e dedizione, anche ai livelli massimi, risultino comunque insufficienti per vincere. L'obiettivo di questa strategia è convertire le frustrazioni dei giocatori in vendite. In alcuni casi il gioco viene inzeppato di azioni così noiose e ripetitive che chi ha poca pazienza (e sono soprattutto i giovani) cede, e paga per avere una scorciatoia.

Nei giochi multiplayer, cioè con più utenti che si sfidano, si offrono a pagamento vantaggi in termini di potenza che fanno gola a chi non vuole assolutamente perdere. Questa componente narcisistica è sfruttata anche mettendo in vendita caratteristiche cosmetiche che appagano la voglia di sentirsi unici, grazie a elementi di distinzione (abiti, accessori e colori diversi). E, ancora una volta, i più sensibili a questi richiami sono i giovani.

Cosa sono i loot box

I cosiddetti loot box sono scatole virtuali con contenuto a sorpresa. Chi acquista questi pacchetti fa di fatto una scommessa, spera di trovare il contenuto desiderato (il bottino, in inglese loot) — un potenziamento o un oggetto cosmetico — ma è tutt'altro che sicuro che lo trovi: è questa la differenza rispetto ai normali stratagemmi per incentivare gli acquisti in-game.

I loot box importano nel gioco una componente di rischio che può essere assimilata all'azzardo, e in effetti si basa sugli stessi meccanismi psicologici, compresa la dipendenza, visto che si è portati a scommettere ancora. La polemica infuria da qualche anno e diversi paesi (tra cui non figura l'Italia) stanno discutendo sull'opportunità di prevedere norme che li vietino. Cosa che di fatto è avvenuta solo in Belgio. In Australia i videogiochi contenenti loot box dovrebbero avere un'etichetta specifica e potrebbero essere venduti solo ai maggiorenni. Il condizionale è d'obbligo, dal momento che si tratta di una raccomandazione che non è ancora stata accolta in una legge.