730: ecco dove spariscono i 260 euro di rimborso
Il taglio dell'Irpef ha messo 260 euro in più all'anno nelle buste paga degli italiani, ma i contribuenti che guadagnano più di 50 mila euro lordi dovranno restituirli. Con il conguaglio che scaturisce dai calcoli del 730, infatti, questi soldi vengono sottratti dai rimborsi cui si ha diritto, senza che vengano indicati da nessuna parte. Ecco come funziona questo gioco delle tre carte, quali sono le detrazioni interessate e cosa conviene fare per ridurre al minimo le perdite.

Dal mutuo alla scuola dei figli, dall'abbonamento ai mezzi pubblici alle spese veterinarie: queste ed altre spese che gran parte dei cittadini porta normalmente in detrazione nel 730 sono entrate nel mirino del Governo, almeno per coloro che guadagnano più di 50 mila euro lordi all'anno (parliamo di chi ha uno stipendio di circa 2.700 euro netti al mese). A stabilirlo infatti, è stato il decreto legislativo approvato dal Governo in attuazione della delega fiscale, che da un lato ha ridotto le aliquote Irpef ma dall'altro ha stabilito che dal totale dei rimborsi per le spese portate in detrazione già nel 730 di quest'anno, vengano tolti 260 euro forfetari ai lavoratori. Dal 730 presentato nel 2026, invece, oltre a questo taglio, verrà applicata anche la sforbiciata prevista per i redditi oltre i 75 mila euro annui lordi.
Torna all'inizioCon una mano dà, con l'altra toglie (260 euro)
Il meccanismo è molto semplice, infatti, prevede che dal totale dei bonus spettanti in base alle detrazioni che il contribuente inserisce nella dichiarazione dei redditi, si sottraggono 260 euro. Nella pratica quindi, chi guadagna più di 50 mila euro lordi all’anno, parliamo degli stipendi che superano i 2.700 euro netti al mese, durante l’anno lavorativo ottiene 260 euro in più in busta paga grazie alla riforma delle aliquote Irpef di cui abbiamo parlato in questo contenuto, ma in sede di dichiarazione dei redditi li deve restituire sotto forma di taglio dei rimborsi che gli spettano.
Il Governo non ha fatto mistero della pessima condizione in cui vertono le casse dello Stato, dichiarando di voler concentrare le risorse sul dare sollievo ai redditi medio bassi impattati dalla situazione economica italiana. Tuttavia, se già durante il 2025 non pochi lavoratori si sono visti diminuire lo stipendio a causa del cambio di rotta del Governo sul taglio del cuneo fiscale che ha coinvolto i lavoratori che guadagnano tra i 15 mila e i 35 mila euro lordi, con l'arrivo della dichiarazione dei redditi, il Governo fa cassa chiedendo la restituzione dei 260 euro ottenuti nel 2024 da chi ha guadagnato dai 50 mila euro annui in su grazie al taglio delle aliquote fiscali.
Ovviamente sorgono non poche criticità con questa misura: innanzitutto, ci si domanda come sia possibile che a parità di reddito due persone subiscano trattamenti differenti. Infatti, se un contribuente non sostiene spese che danno diritto a bonus si tiene l’aumento di 260 euro annui riconosciuto con la modifica delle aliquote Irpef, viceversa chi ha figli che iscrive a scuola o a un’attività sportiva, all’università, o paga l’abbonamento ai mezzi pubblici debba restituire questo importo allo Stato sotto forma di riduzione dei bonus cui ha diritto.
Facciamo un esempio
Un genitore che ha un figlio che va all’asilo nido, ha diritto a recuperare il 19% su una spesa massima di 632 euro, cioè 120 euro. Se il suo reddito supera i 50.000 euro lordi annui, non solo perde completamente la detrazione ma non gli basta nemmeno per restituire i 260 euro che gli sono arrivati in busta paga durante l’anno. In casi come questo non è ancora chiaro come il Governo intenda muoversi per recuperare anche la parte restante dei 260 euro.
Secondariamente, una delle finalità perseguite con i bonus da portare in dichiarazione dei redditi è quella dell’utilizzo dei mezzi tracciabili di pagamento, venendo meno la convenienza una parte dei pagamenti di diverse prestazioni potrebbe ritornare a far parte dell’economia sommersa, che in termini di perdita di gettito, costa non poco allo Stato.
Dove vedere quanto hai perso con il 730
Partiamo da un fatto: verificare che ti sono stati trattenuti i 260 euro non te li farà riavere in alcun modo. Tuttavia, può esserti d'aiuto per gestire alcune spese nel 2025 e ridurne il taglio il prossimo anno, leggi i prossimi paragrafi per capire come fare.
Per verificare quanto hai perso puoi controllare il modello 730-3 che viene elaborato al termine della dichiarazione dei redditi. Se presenti il modello 730 precompilato o semplificato, ti basta compilare tutti campi delle detrazioni su cui viene rimborsato il 19% della spesa e fare questi passi:
- controlla se il reddito imponibile indicato nel rigo 14 del 730-3 sia maggiore di 50 mila euro, se è minore sei sicuro di non subire trattenute.
- somma tutti gli importi che hai inserito nei righi dall'E1 all'E14, rispettando i limiti di spesa consentiti (ad esempio per le spese scolastiche puoi indicare al massimo 800 euro a figlio);
- sottrai dal totale eventuali franchigie, come i 129,11 euro che si tolgono dalle spese sanitarie indicate nel rigo E1 colonna 2;
- calcola il 19% del totale che hai ottenuto.
A questo punto, la percentuale che hai calcolato dovrebbe esser indicata nel rigo 28 del 730-3, ma se hai inserito alcune delle spese che abbiamo elencato nel paragrafo successivo vedrai una differenza. Ad esempio, con due figli che vanno a scuola, se hai inserito solo i 1.600 euro di spese scolastiche tra gli oneri detraibili, invece che trovare una detrazione di 304 euro, troverai solo 44 euro. Se l'altro genitore ha un reddito imponibile minore conviene che le spese scolastiche siano pagate da quest'ultimo così da non perdere il rimborso a livello familiare.
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Il Governo Meloni ha stabilito che i bonus che verranno ridotti sono tutti quelli che garantiscono una detrazione del 19% della spesa sostenuta, come ad esempio:/p>
- gli interessi pagati per i mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale;
- le spese di istruzione scolastica, comprese quelle per i corsi di laurea;
- i canoni di locazione per studenti fuori sede;
- l’attività sportiva dei figli;
- l’abbonamento ai mezzi pubblici;
- le spese per studenti con DSA;
- l’assistenza personale per i non autosufficienti
- i premi pagati per l’assicurazione contro il rischio morte o invalidità;
- le spese veterinarie;
- le spese funebri;
Nella pratica questo significa che visto che i 260 euro sono il 19% della spesa che deriva complessivamente dalle voci che abbiamo appena visto, lo Stato elimina arbitrariamente ben 1.368 euro di spese detraibili sostenute dal 2024.
Fortunatamente il Governo ha “salvato” dalla scure alcune spese che continuano a poter esser detratte interamente nella dichiarazione dei redditi che verrà presentata nel 2025 sui redditi 2024. Ad esempio:
- le spese mediche;
- le spese sostenute per l’integrazione e l’autosufficienza dei disabili;
- l’acquisto di auto per disabili;
- le polizze assicurative per eventi calamitosi sostenute in caso di cessione del credito per interventi relativi al Sismabonus;
- le detrazioni che comportano una percentuale di sconto diversa dal 19% come nel caso delle donazioni alle Onlus;
- le detrazioni legate all’ecobonus, il bonus casa, il superbonus e il bonus mobili;
- il bonus barriere architettoniche;
- le spese che comportano una deduzione, come quelle specifiche per i disabili, il riscatto della laurea e i versamenti alla previdenza complementare.
In particolare, vengono salvati dal taglio le donazioni ai partiti politici, che evidentemente vengono considerati più meritevoli di tutela rispetto ad altre spese ben più necessarie per le famiglie italiane, come nel caso dell’assistenza ai non autosufficienti o l’abbonamento ai mezzi pubblici.
Partiamo da una precisazione importante, tutte le spese sostenute nel corso del 2023 non sono interessate dal taglio delle detrazioni, che interessa le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2024.
Quindi, come regolarsi per l’anno in corso? In caso di persone che fanno parte di un nucleo famigliare in cui sia presente un altro lavoratore che guadagna meno di 50 mila euro, è bene far intestare tutte le fatture (dove possibile) a quest’ultimo. Ad esempio, in caso di spese scolastiche e sportive per un figlio, si può recuperare tutto se l’intestazione della spesa viene attribuita al genitore con il reddito più basso. Tuttavia, prestiamo attenzione, perché se il reddito fosse troppo basso si potrebbe configurare una situazione di incapienza e, di conseguenza, verrebbero comunque perse.
Per chi è solo, o comunque per spese personali, come l’abbonamento per i mezzi pubblici, non c’è soluzione se non fare due conti e valutare se presentare la dichiarazione dei redditi. Infatti, al momento, parrebbe che il recupero dei 260 euro avvenga tramite la dichiarazione dei redditi e, se non si è obbligati a presentarla, in certi casi forse varrebbe la pena evitare di farlo per non dover restituire i 260 euro che sono stati scontati in busta paga.
Quel che ci tocca constatare purtroppo è che, in situazioni come questa, la spinta al ritorno al nero non è da sottovalutare.