Pensioni minime 2026: in arrivo 20 euro in più al mese
Grazie alla manovra di bilancio attualmente in discussione da gennaio 2026 arriveranno 20 euro netti in più al mese a chi percepisce la pensione minima, oltre agli adeguamenti Istat che saranno resi ufficiali nei prossimi mesi ma che dovrebbero aggirarsi intorno all1,4%. Dopo il magro aumento del 2025 il Governo è intenzionato a portare le minime ad almeno 624 euro annui, aumentando di 260 euro la base di calcolo.
Nel 2025 sono arrivate non poche critiche perché nonostante il boost del 2,2% che il Governo aveva aggiunto alla percentuale di adeguamento automatico deciso da Istat, l’aumento si era tradotto in un caffè al mese. Ora, con la Manovra di bilancio che vedrà la luce nella sua versione definitiva solo a fine dicembre, l’esecutivo vuole garantire almeno 20 euro in più al mese a chi percepisce la pensione minima.
Torna all'inizioLe pensioni minime nella Manovra di bilancio
Il Governo Meloni, per dare un contributo concreto alle pensioni minime ha inserito nella manovra di bilancio un aumento netto di 20 euro al mese, che si traducono in 260 euro netti annui. L’iter della manovra è ancora lungo e solo con dicembre sapremo quale sia l’importo definitivo che verrà deciso, al momento non è certo un importo che possa garantire un livello minimo di sussistenza.
Quest’anno inoltre non dovrebbe arrivare nessun conguaglio sull’adeguamento previsionale fatto per il 2025, quindi le pensioni, comprese le minime aumenteranno solo grazie alla perequazione automatica che per il 2026 dovrebbe essere dell’1,4%, cui si aggiunge il boost dell’1,3% stabilito per il 2026 con la manovra di bilancio 2025.
Torna all'inizioPensioni minime: quanto sono salite nel 2025
Nel 2025 le pensioni minime sono di 603,40 euro per 13 mensilità, cui però si aggiungerà il boost del 2,2% che porta l’assegno a 616,67 euro. Vediamo come vengono fatti i conti.
Per calcolare l’importo della pensione minima nel 2025 bisogna però applicare la maggiorazione del 2,2% a 603,40 euro e si ottengono 616,67 euro. L’incremento dell’1,3% previsto per il 2026 verrà applicato sulla pensione base, rivalutata in base all’adeguamento Istat, pertanto non si cumulerà al 2,2% del 2025.
Infatti, i 603,40 euro derivano dallo 0,8% di adeguamento previsionale per il 2025 stabilito dal Ministero del lavoro che nello stesso provvedimento ha stabilito che non si aggiunge alcun conguaglio per il 2024, visto che la perequazione del 5,4% applicata da inizio anno è stata considerata sufficiente.
Torna all'inizioCos'è l'integrazione al minimo?
La pensione minima, anche detta “minimo”, viene utilizzata ogni anno come valore di riferimento per tutte le altre pensioni italiane compresa, ad esempio, la percentuale di adeguamento riconosciuta alle pensioni ordinarie.
Per chi ha un assegno che non arriva a quello della pensione minima di vecchiaia lo Stato prevede la cosiddetta "integrazione al minimo". Si tratta di un'integrazione introdotta nel 1983 per tutelare i pensionati che hanno maturato il diritto alla pensione, ma il cui importo è inferiore a un determinato livello di reddito che lo Stato fissa annualmente come minimo per garantire una vita dignitosa. Pertanto, se la pensione è al di sotto di questa soglia, il pensionato ha diritto ad una integrazione, cioè ad arrivare almeno alla pensione minima. L'integrazione varia in base a determinati requisiti di reddito e familiari. Ecco come calcolarla.
Torna all'inizioCome si calcola l'integrazione al minimo
La pensione minima di vecchiaia è il riferimento per capire se le altre prestazioni pensionistiche debbano esser integrate per raggiungere questa soglia. Tuttavia, per il 2025 viene presa in considerazione la pensione minima di 604,40 considerando solo l’adeguamento automatico rispetto al 2024 e non la maggiorazione eventualmente riconosciuta dallo Stato.
Per ottenere l’integrazione al minimo, si considerano i redditi individuali o quelli coniugali. Infatti, a seconda della situazione personale familiare del pensionato, i criteri per il calcolo dell’integrazione al minimo spettante possono variare.
1) Pensionato non sposato
Se il pensionato non è sposato o è separato, il limite di reddito per ottenere interamente l’integrazione è di 7.844,19 euro annui nel 2025. Per chi percepisce un reddito superiore, ma inferiore a 15.688,37 euro nel 2025, è prevista l’integrazione parziale. Oltre a questo limite non spetta alcuna integrazione.
ESEMPIO: se un pensionato ha un reddito di 4 mila euro e una pensione di 100 euro, può ottenere l’integrazione al minimo in misura piena. Se il reddito fosse di 9.000 euro e la pensione di 200 euro mensili, avrebbe diritto solo all’integrazione parziale, che viene calcolata sottraendo il reddito al massimale (15.688-9.000) e dividendo per 13 mensilità, in questo modo si ottengono 514 euro mensili, l’integrazione al minimo porta la pensione totale a 603,40 euro al mese.
2) Pensionato coniugato
Se il pensionato è sposato, ai fini del calcolo dell’integrazione al minimo si considerano i redditi coniugali, ma occorre verificare se la pensione abbia decorrenza antecedente al 1994 oppure successiva. Nel primo caso, i redditi coniugali non vengono considerati e ci si basa sui redditi individuali. Nel caso in cui la pensione decorra successivamente al 1994, devono esser soddisfatte due condizioni:
- il beneficiario non deve superare i 15.688,37 euro nel 2025 di reddito annuo individuale;
- i redditi coniugali non devono superare 4 volte il trattamento minimo nell'anno di riferimento. Per il 2025 pertanto il limite massimo di reddito coniugale è di 31.376,74 euro annui.
Per i soli pensionati che sono andati in pensione nel 1994, il limite di reddito coniugale è pari a 5 volte il trattamento minimo. Attenzione però, perché l’importo spettante di integrazione al minimo, è il minore che risulta dal confronto tra il reddito individuale e quello coniugale rispetto a quello conseguito.
Torna all'inizioQuali redditi sono esclusi dal calcolo
Ai fini del calcolo dei redditi individuali o coniugali non sono considerati:
- i redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni degli invalidi civili, trattamenti di famiglia…);
- la pensione da integrare al minimo;
- il reddito della casa di abitazione;
- gli arretrati soggetti a tassazione separata come il TFR.
Quali pensioni sono integrabili
Sono integrabili al minimo tutte le prestazioni previdenziali, comprese le indirette come la reversibilità (in questo articolo trovi tutto sulla pensione di reversibilità) erogate dall’Inps, dai fondi speciali per i lavoratori autonomi, dai fondi esclusivi e sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria ad eccezione della pensione supplementare.
Inoltre, l’integrazione al minimo non si applica alle pensioni liquidate esclusivamente con le regole del sistema contributivo cioè per chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 o ha esercitato l'opzione al sistema contributivo. Chi ha aderito ad opzione donna invece, può richiedere l’integrazione.
Leggi anche quali sono tutti i modi per andare in pensione nel 2024.
